legambiente: dossier cave in italia



 
da La Nuova Ecologia.it - il giornale di Legambiente
mercoledì 27 maggio 2009

CAVE 
           
Cave, persi 500.000 euro l'anno
 
Seimila le cave attive e 10.000 quelle dismesse, 5 miliardi l’anno di indotto e 142 milioni di metri cubi di inerti prelevati. Poche regole e oneri di concessione irrisori. Nel dossier di Legambiente i numeri dell’attività estrattiva in Italia. «Va promosso il recupero degli inerti provenienti dalle demolizioni in edilizia, che può sostituire quelli di cava»
 
Ogni anno in Italia dalle 6mila cave attive vengono prelevati circa 142 milioni di metri cubi di inerti e circa la metà di questi (68 milioni di metri cubi) solo in Puglia, Lombardia e Lazio. Sabbia e ghiaia, usati soprattutto in edilizia, da cui i cavatori ricavano 1 miliardo e 735 milioni di Euro l’anno ma che fruttano alle regioni neanche 53 milioni di Euro. In media infatti, nelle regioni italiane si paga il 4% del prezzo di vendita degli inerti e in alcune come Valle d’Aosta, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna si cava addirittura gratis. A dettare le regole per l’attività estrattiva dovrebbero essere oggi le Regioni, a cui sono stati trasferiti i poteri in materia nel 1977. Ma le Regioni sembrano guardare con disinteresse alla materia, mentre le entrate degli enti pubblici dovute all’applicazione dei canoni sono ridicole in confronto al volume d’affari del settore. A fare i conti dell’attività estrattiva nel Belpese è Legambiente che in un dossier quantifica in 500 milioni di euro i soldi che Stato e Regioni rinunciano a incassare “svendendo” il territorio ed esponendolo al pericolo dell’illegalità.
“Se si considera il peso che le Ecomafie hanno nella gestione del ciclo del cemento e nel controllo della aree di cava nel Mezzogiorno – sostiene il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza - emerge in tutta la sua evidenza, la gravità della situazione in troppe aree del Paese praticamente prive di regole”. Basti pensare che in Puglia si cavano ogni anno 25 milioni di tonnellate di soli inerti che fruttano 312 milioni di Euro di introiti ai fortunati cavatori che nulla devono al territorio e che anche dove si paga, come nel Lazio, il rapporto tra le entrate regionali e quelle delle aziende è di 1 a 40, e cioè 5,7 milioni di Euro contro 234,4 milioni incassati. Per uscire dalla crisi economica, secondo Legambiente occorrono investimenti, ma occorre anche promuovere riforme che spingano l’innovazione nei settori.
“Con oneri di concessione per l’attività estrattiva così bassi – continua Cogliati Dezza - l’Italia continuerà a essere devastata dalle cave, sono circa 10mila quelle dimesse. E si rinuncia a promuovere un settore innovativo come quello del recupero degli inerti provenienti dalle demolizioni in edilizia, che può sostituire quelli di cava, come sta avvenendo in molti Paesi europei e che consente di avere molti più occupati e di risparmiare il paesaggio”. Per una cava da 100mila metri cubi l’anno gli addetti in media sono 9 mentre per un impianto di riciclaggio di inerti gli occupati sono più di 12.  Legambiente chiede quindi di adeguare, in tutte le Regioni, il canone al prezzo medio che si paga oggi in Gran Bretagna per l’attività di cava, ossia il 20%. In questo modo, secondo l’associazione si potrebbero ottenere risorse pari a 567milioni di Euro, rispetto agli attuali 53 milioni di Euro. Nella sola Puglia si potrebbero ottenere 99,5 milioni Euro; in Lombardia si passerebbe da 10milioni a 94milioni di Euro ogni anno.
“Uscire da una gestione troppo spesso illegale o condotta con mentalità predatoria, recuperare aree del Paese che sembrano abbandonate a se stesse, curare le ferite del paesaggio è quanto mai urgente.  L’Italia può scegliere questa strada, e seguire i Paesi europei che intorno a una moderna gestione delle attività estrattive hanno creato un settore economico capace di legare ricerca e innovazione nel recupero dei materiali”. Tra questi la  Danimarca dove da oltre 20 anni ci si è posti il problema di come ridurre le estrazioni da cava e si promuovere il recupero dei rifiuti da costruzione e demolizione, con una politica di tassazione che arriva a far pagare 50 euro a tonnellata per il conferimento in discarica degli inerti. Un meccanismo questo, che ha funzionato visto che oggi si fa ricorso per il 90% ad inerti riciclati invece che di cava. E la Repubblica Ceca che ha introdotto il concetto di consumo di suolo tassando oltre alla quantità di materiale prelevato anche la superficie occupata dalle cave. Nel Regno Unito il canone di concessione di più di 6 volte quello richiesto in media in Italia.