Perche' l'Italia uscira' dall'Euro



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            Perche' l'Italia uscira' dall'Euro

            Opinioni / ECONOMIA E FINANZA
            Pubblicato il 03 
Mar 2008 - 18:40  
            Il 1° gennaio 2002 in Italia fu 
introdotto fisicamente l'Euro (a livello interbancario aveva già 
iniziato ad essere usato dal 1999, solamente come moneta scritturale) 
e, se ben ricordate, ma purtroppo la memoria degli italiani è 
solitamente corta, la nuova valuta ci fu "propinata" dall'allora 
Governo Prodi, e con il plauso di quasi tutta l'opposizione, come la 
panacea di tutti i mali cronici della nostra nazione [Fabrizio 
Zampieri].



            I bassi tassi d'interesse, la riduzione 
dell'inflazione, la stabilità dei cambi, la forza economica dei Paesi 
aderenti all'unione monetaria, l'eliminazione dei costi sulle 
transazioni valutarie dei Paesi UE, avrebbero dato sicuramente slancio 
all'economia e all'occupazione del nostro Bel Paese. Se ripensate 
ancora meglio, per quello storico evento venne fatta anche pagare una 
tassa agli italiani, la "tassa sull'euro", che non venne poi mai 
restituita del tutto, nonostante le promesse dei politici di allora.

            Venne anche creata la Banca Centrale Europea con sede a 
Francoforte, per accontentare i tedeschi che in virtù della forza della 
loro valuta (marco) pretendevano di avere una certa predominanza 
all'interno del nuovo organismo; una nuova Banca con il compito di 
stabilire e pianificare la politica monetaria all'interno dei Paesi 
aderenti all'euro.

            Ebbene, a distanza di 6 anni 
dall'introduzione della nuova moneta, possiamo onestamente affermare 
che l'Italia ha risolto, se non tutti, almeno una parte dei suoi 
problemi economici, finanziari e sociali?; dal mio punto di vista, 
l'esito è stato senz'altro negativo, ed aggiungerei peggiorativo; è 
proprio vero: gli italiani stavano meglio quando stavano peggio.

            In particolare:

            - il costo reale della vita, 
ad oggi (nell'arco di soli 6 anni), è aumentato in media del 50-80%, in 
alcuni settori anche del 100%, nonostante le inattendibili, 
inaffidabili e poco trasparenti rilevazioni dell'Istat che ci 
raccontavano il buon andamento dell'economia, almeno fino a qualche 
giorno fa, quando anche l'Ente pubblico ha dovuto ammettere che 
effettivamente il caro vita ha avuto incrementi maggiori di quelli 
pubblicati. Il problema però sta nel fatto che le retribuzioni degli 
italiani non hanno certamente seguito il medesimo trend ascendente dei 
costi. 

               E non fatevi incantare dai falsi palcoscenici 
televisivi dove vengono organizzate ad arte zuffe e litigi tra 
associazioni dei consumatori, commercianti e cittadini per tentare di 
trovare i responsabili di tali indiscriminati aumenti poiché i 
principali colpevoli sono ben altri e non vengono citati in giudizio: 
il vero colpevole è lo Stato e le principali amministrazioni pubbliche 
che, subito dopo l'introduzione dell'euro, hanno aumentato le tariffe 
postali, quelle dei pubblici servizi, dei trasporti,  hanno permesso 
l'incremento delle bollette energetiche, ed ovviamente non hanno 
attuato nessun tipo di controllo sui prezzi. Ciò ha naturalmente 
legittimato anche le altre categorie private ad attuare le stesse 
manovre.

            - I tassi d'interesse sicuramente partiti da 
livelli bassi (il tasso ufficiale di sconto nell'area Euro era al 2% ad 
inizio 2002) sono ormai raddoppiati e la tendenza nel lungo periodo 
permane al rialzo. E non credo sia necessario essere degli economisti 
per capire che ad ogni aumento del Tasso Ufficiale di Sconto, e quindi 
anche di tutti gli altri tassi interbancari collegati, corrisponde un 
aumento dell'importo della rata del mutuo o del prestito di un normale 
cittadino o ancora del finanziamento di una piccola e media impresa 
locale. Questo mix, composto dal costo della vita e dal rialzo dei 
tassi d'interesse, sta facendo registrare incrementi a livello di 
record di espropri immobiliari (più del doppio nell'arco dell'ultimo 
anno in Italia), dovuti al mancato pagamento dei mutui da parte dei 
cittadini, e di cessazioni di attività imprenditoriali di piccole e 
medie dimensioni; quelle di grandi dimensioni per il momento riescono a 
far fronte alla congiuntura negativa con licenziamenti e 
delocalizzazioni produttive. 

               Da ultime statistiche, 
inoltre risulterebbe che in area Europa nel corso del 2008, a fronte di 
un totale di 15.000 miliardi di euro di debito delle famiglie nei 
confronti delle Banche, almeno l'8-10%, corrispondente a 1.200-1.500 
miliardi di euro, verrà considerato credito "incagliato", ovvero 
difficilmente recuperabile se non mediante azioni giudiziarie e di 
esproprio e con relativa perdita degli immobili da parte dei cittadini.

            - E che dire relativamente alla stabilità dei cambi, 
sbandierata come un'altra delle positività della nuova valuta..?; 
ebbene l'Euro è tutt'altro che stabile, anzi è una valuta che dopo un 
inizio incerto di debolezza, si è apprezzata notevolmente nei confronti 
di tutte le principali monete (attualmente il cambio dell'euro rispetto 
al dollaro è di circa 1,52!!! -massimo storico dall'introduzione 
dell'Euro-; rispetto allo Yen giapponese ha raggiunto invece la 
quotazione di circa 170 a luglio scorso -altro record storico da 15 
anni-; e così via rispetto anche alle altre principali valute 
internazionali). E ancora una volta non è necessario essere un 
economista per comprendere che un Euro forte penalizza fortemente le 
esportazioni (vendite) delle aziende europee. Sono molte le imprese 
italiane in difficoltà a seguito di questo fenomeno, che hanno 
registrato ingenti cali di vendite e riduzioni di fatturato, il tutto 
con gravi ripercussioni sulla produzione e sull'occupazione.

               Molti si chiedono perché la BCE non stia facendo molto 
sotto questo aspetto, pur avendone le possibilità, per sostenere i 
cittadini e le imprese del territorio dei Paesi UE.

               La 
Banca Centrale Europea non sta facendo quasi nulla poiché è una Banca 
privata, indipendente ed autonoma. E qui possiamo rilevare una serie di 
fatti piuttosto preoccupanti: le Banche Centrali delle singole nazioni 
europee, prima del Trattato di Maastricht, avevano un'indipendenza dal 
potere politico variabile tra il 40 e il 65%; attualmente, dopo 
l'introduzione dell'Euro, l'indipendenza si aggira intorno al 90%. 
Dunque, mentre nessuna influenza può giungere dal potere politico alla 
BCE, dai vertici monetari giungono invece ai nostri governanti continue 
indicazioni, parametri cui attenersi, rigidi vincoli che coinvolgono 
l'intera vita e l'economia delle nazioni.

            Inoltre, l'art. 
4 del Trattato non menziona la BCE tra le Istituzioni della Comunità 
(Parlamento Europeo, Consiglio, Corte di Giustizia, Corte dei Conti e 
Commissione); alla BCE però il Trattato conferisce personalità 
giuridica e lo Statuto ne riconosce la più ampia capacità di agire 
all'interno di ciascuno degli Stati membri.

            Sotto il 
profilo giuridico-formale, la BCE non è dunque un'Istituzione 
Comunitaria, ed i singoli Paesi aderenti all'Unione Monetaria non 
possono interferire in alcun modo con la sua politica economica; essa 
può quindi fissare a suo arbitrio il livello del tasso ufficiale di 
sconto (TUS), la quantità di denaro da immettere sul mercato, decidere 
la disponibilità ed il costo del finanziamento del sistema bancario e 
qualsiasi altra azione di sua competenza, in modo indipendente (art. 7 
del Protocollo SEBC: "Indipendenza").

            Ed in aggiunta, 
mentre i dibattiti e le sedute della Camera dei Deputati e del Senato 
sono aperti al pubblico e le sentenze delle Corti di Giustizia devono 
essere dettagliatamente motivate e pubblicizzate, dall'altra parte, le 
riunioni del Consiglio Direttivo della BCE sono assolutamente 
secretate, ed è lo stesso Consiglio che, di volta in volta, decide se 
pubblicare le proprie delibere, se pubblicarne solo alcune parti, o se 
non pubblicarle affatto. Oltre tutto questo, i dirigenti della BCE 
godono di una sostanziale immunità: non sono infatti previste, 
all'interno della BCE, sanzioni per comportamenti impropri degli stessi 
dirigenti (art. 12 del Protocollo: "Responsabilità degli organi 
decisionali").

            Senza esagerazioni, il Trattato di 
Maastricht ha fatto di loro membri intoccabili di una Società privata 
ed autonoma, in parte segreta, che condiziona Stati e popoli.

            Inoltre all'interno della stessa Banca Centrale prevalgono 
gli interessi tedeschi i quali sembrano avere come unico obiettivo 
quello della lotta all'inflazione, a costo di mandare sul lastrico 
famiglie ed aziende, mantenendo un alto livello di tassi d'interesse, e 
facendo finta di non accorgersi che la maggioranza dei Paesi dell'area 
Euro non ha fondamentali così buoni come quelli tedeschi. Gli interessi 
tedeschi devono però fare i conti con quelli americani, prevalenti 
anch'essi all'interno della BCE: infatti molti esponenti e dirigenti 
della stessa BCE provengono dalle grandi Banche d'affari Usa (Bini 
Smaghi, Mario Draghi, ecc.) e sapendo che agli Stati Uniti serve in 
questo momento un Dollaro assai debole che permetterebbe loro di 
ridurre il notevole disavanzo pubblico, in parte utilizzato per 
finanziare le varie guerre e missioni militari nel mondo, e di 
rilanciare le esportazione delle loro aziende verso l'estero, si 
riuscirebbe a  comprendere meglio come mai la nostra Banca Centrale non 
è ancora intervenuta e né interverrà sul mercato delle valute favorendo 
un Euro così "forte" e un Dollaro così debole che, in termini 
economici, si traduce in una notevole difficoltà per le nostre aziende 
di vendere i propri prodotti/servizi all'estero. 

            In poche 
parole, I Paesi dell'area Euro, compresa l'Italia, stanno pagando il 
"conto" degli amici americani con la compiacenza della nostra Banca 
Centrale. 

            Ne deriva inoltre che i singoli Stati 
dell'Unione Monetaria hanno perso la sovranità monetaria e legislativa 
in campo monetario, sovranità che sono parti essenziali della sovranità 
nazionale. 

            Appurato che la BCE è un "Ente" privato ed 
autonomo, ora è più facile comprendere le cause e le dinamiche di 
questo stato di cose.

            - Ed ancora, affrontiamo il tema 
della congiuntura economica, la quale avrebbe dovuto prendere slancio 
positivo con l'utilizzo della nuova valuta, facendo leva sui bassi 
tassi.., sulla stabilità dei cambi, e sulla forza del sistema Europa. 
Dunque, possiamo certamente affermare che attualmente i Paesi 
dell'Unione Monetaria, compresa l'Italia, si trovano in una negativa 
fase di stagflazione, ovvero di stagnazione economica abbinata ad 
inflazione, ma ad una inflazione ben più pericolosa poiché importata 
soprattutto dal rincaro delle fonti energetiche e non legata 
all'aumento dei consumi interni, i quali sono bloccati a causa delle 
difficoltà economiche della classe media italiana (1 famiglia su 4 
ormai non arriva a fine mese con il proprio stipendio); inoltre, per il 
nostro Paese si può parlare quasi con certezza di recessione tecnica, 
il preludio ad una fase di recessione vera e propria se i prossimi dati 
macroeconomici non miglioreranno.

               Alla crisi economica 
si è aggiunta ora anche una crisi finanziaria, generata da quelle 
Banche ed Istituzioni finanziarie che avrebbero dovuto essere 
controllate dalle Banche Centrali, nel loro operato a volte poco 
trasparente, ma che così non è stato; ed il fenomeno è maggiormente 
comprensibile se si pensa che molte Banche Centrali sono di proprietà 
delle stesse Banche "controllate". L'esempio eclatante è dato dalla 
nostra Banca d'Italia, il cui pacchetto azionario è detenuto per oltre 
il 90% da Banche private (i gruppi Intesa-San Paolo e Unicredit-
Capitalia possiedono oltre il 40% delle azioni di Banca d'Italia!). 

            Dopo queste premesse, credo quasi ogni cittadino, secondo 
logica, firmerebbe una dichiarazione o voterebbe, in sede di 
referendum, per l'uscita dell'Italia dall'Euro ma purtroppo nel nostro 
Paese sono dichiarati anticostituzionali i referendum che hanno come 
oggetto materia fiscale e finanziaria, inoltre la classe politica, sia 
per ignoranza in materia, sia perché spesso sobillata e controllata dal 
potere finanziario che sponsorizza le loro campagne elettorali e 
business diversi, è alquanto restia a parlare o a prendere iniziative 
relativamente a queste tematiche; in aggiunta, un altro fattore molto 
importante è costituito dal fatto che, nel nostro Paese, esiste anche 
una forte censura da parte dei media e dei principali quotidiani (quasi 
tutti partecipati a livello azionario, in misura più o meno ampia, da 
una o più Banche) su questa materia.

            Ma, a parte questo, 
l'Italia uscirà dall'Euro soprattutto per motivi tecnico-finanziari.

            Infatti recentemente si è verificato che il differenziale 
tra i Btp italiani (titoli di Stato a reddito fisso con durata 
decennale) e i Bund tedeschi, di colpo, è salito a 40 punti base, il 
massimo dal 2001 (vigilia dell'entrata dell'Euro). Ma il fenomeno è 
ancor più strano poiché, dal momento che Btp e Bund sono emessi da 
Paesi aderenti all'UE ed entrambi in euro, il differenziale dovrebbe 
essere pari a zero; nonostante questo invece tale differenza è rimasta 
sullo 0,20 (20 punti base) per questi anni, indicando un certo livello 
di diffidenza nei confronti del nostro Paese; Francia e Spagna avevano 
un differenziale solamente dello 0,04 (4 punti base) rispetto alla 
Germania.

            Solitamente un differenziale così ampio tra 
titoli di Stato anticipa un movimento o accadimento assai negativo, ed 
ora il mercato inizia a muoversi sull'Italia, scommettendo sull'uscita 
dall'Euro del nostro Paese. E' quindi solamente una questione di tempo.

            L'Italia per non crollare economicamente avrebbe bisogno 
di un cambio eur/usd a 1 e non agli attuali 1,52.., e di un cambio 
eur/jpy (yen) a 100 e non certo all'attuale 160, e di tassi d'interesse 
tra i 2,5-3%.

            La Germania, che influenza notevolmente le 
decisioni della BCE, come abbiamo visto in precedenza, ha attualmente 
un surplus estero di 130 miliardi di euro (record) seppure con l'euro a 
1,50, ha inoltre un mercato immobiliare stagnante da anni a livello di 
prezzi, e non presenta problemi di debito in generale: è naturale 
quindi sia più che contenta di avere un euro forte e  l'unico aspetto 
che le interessa è quello di controllare l'inflazione, mantenendo alti 
i principali tassi d'interesse.

            Il problema è che la 
felice situazione della Germania non è paragonabile a quella della 
maggioranza degli altri Paesi dell'area Euro.

            In Italia, 
per rimanere a casa nostra, la crescita è ormai vicina allo zero, tanto 
ché si sta parlando ormai di recessione tecnica, la spesa per i consumi 
nello scorso mese di ottobre ha persino registrato un valore negativo 
(-0,6%) rispetto all'anno precedente; c'era solamente l'export che ci 
dava qualche soddisfazione con ottimi saldi positivi, ma ora anche 
questo si è contratto notevolmente a causa dell'euro forte. 


            E' quindi doveroso insistere sul fatto che se l'Italia 
rimarrà con questi valori all'inizio della recessione vera e propria, 
verrà inesorabilmente buttata fuori dall'Euro nonostante la volontà 
contraria di banchieri e politici. E non credete alle loro parole 
quando dichiarano, senza cognizione di causa o perché spinti da loro 
interessi, che se non avessimo adottato l'Euro, ora con la "vecchia" 
Lira saremmo in condizioni peggiori.., non credetegli, che lo 
dimostrino tecnicamente.

            E per rimanere nel tecnico, il 
differenziale Btp-Bund, fino a questa estate, era sullo 0,20 (20 punti 
base), ora è saltato improvvisamente a 0,40; quando si arriverà sullo 
0,80-0,90 (80-90 punti base) significherà che l'Italia sarà costretta 
ad uscire dall'Euro, senza bisogno di alcun referendum da parte degli 
Italiani, ma con una situazione economico-finanziaria e sociale ben più 
grave e disastrata di quella attuale.

            Fabrizio Zampieri - 
Economista ed Analista Finanziario - email: fabrifinanz at hotmail.com