rifiuti: la lezione campana



da edizioni ambiente . it

Rifiuti. La lezione campana

Roma, 12 febbraio 2008

La lezione campana
(riflessioni di uno che col "decreto Ronchi" e con i rifiuti ha avuto un pò a che fare)
1. Perché la crisi campana dei rifiuti?
Su questa crisi è aperto un dibattito pubblico nel quale si confrontano tesi, opzioni politiche e culturali, insieme ad analisi non sempre documentate.Visto che ne parlano in tanti, avendo avuto qualche esperienza e responsabilità in materia, forse è bene che proponga anch'io qualche riflessione.
Perché i rifiuti a Napoli e provincia e nel casertano sono stati abbandonati per strada per settimane?
La crisi esplosiva, i danni maggiori alla salute, all'ambiente e a tutto il resto sono stati causati proprio dall'abbandono dei rifiuti per le strade in grandi quantità e per un lungo periodo di tempo.
La prima risposta che individua anche la prima causa di questa crisi, è perfino ovvia: per l'indisponibilità di discariche e di siti di stoccaggio per le ecoballe. Così anche gli impianti di Cdr (combustibile derivato dai rifiuti) si intasano e non possono più ricevere rifiuti, perchè non possono più inviare le ecoballe (il Cdr ottenuto dalla lavorazione) fuori dagli impianti.
Poiché la produzione di rifiuti in Campania è nota,con anticipo di almeno un anno e poiché per predisporre una discarica o un sito di stoccaggio di ecoballe di Cdr, tecnicamente, un anno è più che sufficiente, non si può giustificare chi doveva assicurare queste discariche e questi stoccaggi e non lo ha fatto.Non ignoro le difficoltà: le opposizioni locali, la presenza della camorra, le pessime esperienze dei cittadini per la malagestione delle discariche esistenti e per la diffusa presenza di discariche illegali. Ma non bastano, non sono una giustificazione sufficiente: le discariche ed i siti di stoccaggio delle ecoballe andavano resi disponibili perché il costo dell'abbandono dei rifiuti per strada sarebbe stato, era del tutto prevedibile, molto alto e insostenibile. È ciò che sta cercando di fare il Commissario De Gennaro che va sostenuto decisamente in questa azione, con ogni mezzo lecito.
È ciò che hanno cercato di fare i suoi recenti predecessori, ma va detto, senza riuscirci. Per esempio la discarica di Serre, sostituita non da un'altra equivalente come capacità di smaltimento, ma con una molto più piccola e insufficiente.Di questa mancanza, impossibile da ignorare, di discariche e siti di stoccaggio, deve rispondere tutta la catena istituzionale: Comuni interessati, Province, Regione, Commissario e Governo.Come minimo il problema è stato sottovalutato, è mancata la capacità di decidere, di prendere tutte le decisioni necessarie e di far applicare le decisioni prese con l'impegno di mezzi adeguati e sufficienti. Non risultare in grado di decidere l'apertura di una discarica o di un sito di stoccaggio, mollare di fronte alle proteste senza trovare soluzioni alternative, a fronte di una situazione prevedibilmente drammatica (dei rifiuti per strada), alimentando anche la diffusione delle stesse proteste a macchia d'olio (se hanno ceduto lì, perchè qui dovremmo mollare?), non è accettabile. Tutta la filiera istituzionale (Comuni, Provincia, Regioni, Commissario e Governo) avrebbe dovuto muoversi compatta (se nemmeno in questi casi, quando?). La politica deve avere capacità operativa e di decisione almeno quando sono in gioco questioni così importanti per i cittadini. La politica e le istituzioni democratiche non possono arrendersi di fronte a proteste che producono, come conseguenza, danni prevedibili e ingenti per un gran numero di cittadini. Non è accettabile e non è scusabile. Si deve dialogare, discutere, trattare, cambiare se si può, se c'è un'altra soluzione, ma non arrendersi e lasciare che accada il peggio, sapendo che accadrà.
Crisi degli impianti di smaltimento, in particolare di discariche, sono accadute anche in passato:in Lombardia, in Puglia, in Sicilia e nella stessa Campania, per citare solo quelle che ricordo. Ma al massimo i rifiuti sono rimasti pochi giorni per strada, in zone più limitate ed in minori quantità. Ma sempre, anche in Campania in passato, la crisi è stata contenuta, governata, mai si era vista una crisi di questa dimensione e di questa durata. Perché? Si è verificato, in questa crisi, un concentrato di incapacità della politica e delle istituzioni di cogliere per tempo il problema, e la sua gravità, di essere operative, di praticare una scelta che sembrerebbe quasi ovvia: in ogni caso assicurare le discariche e non abbandonare i rifiuti per strada, in grandi quantità, in tante città e quartieri e per un tempo così lungo. Questo è un nodo essenziale, eluderlo significa, pur con le migliori intenzioni, in particolare nel centrosinistra che ha le maggiori responsabilità nella filiera istituzionale e politica coinvolta da questa crisi, non capire che, specie nel Mezzogiorno e sui temi ambientali, è necessaria una riflessione autocritica ed un salto politico nelle capacità gestionali e di governo. Ma se dagli assessorati di Comuni, Province e Regione, alle Asl, dalla struttura commissariale ai numerosi Consorzi di gestione dei rifiuti fino alle aziende di gestione vengono moltiplicate assunzioni ed incarichi, da parte del centrosinistra e del centrodestra, a volte lautamente retribuiti, basati sulla clientela politica, senza competenza e spesso anche nonostante la poca trasparenza e note connessioni con la criminalità, come si fa poi a prendere decisioni spinose che richiedono imparzialità, credibilità, competenza? Il primo responsabile di questa crisi è un sistema politico inefficiente perché clientelare.
Cambiarlo è un'impresa difficilissima, ma la prima lezione della Campania è questa: senza il coraggio e la determinazione per affrontare questo cambiamento, che nessuno nega in privato, ma pochi ancora affermano in pubblico, la Campania, il Mezzogiorno e l'Italia continueranno a pagare prezzi altissimi che nel mondo globalizzato di oggi, sono ormai insostenibili.

2. Perché le discariche e gli stoccaggi delle ecoballe sono rimasti quasi l'unica forma di gestione dei rifiuti in Campania?
A me sembrano chiare tre ragioni:
- la raccolta differenziata dei rifiuti ed il loro riciclaggio, che in altre regioni supera il 40%, è rimasta ferma a bassi livelli, intorno al 10%;
- perché dei due impianti di incenerimento con recupero di energia decisi circa otto anni fa, solo uno è in costruzione e non è ancora ultimato (il tempo medio per costruire un impianto di questo tipo è di circa tre anni);
- perché le ecoballe (il Cdr), non essendo disponibile l'inceneritore che le doveva bruciare, sono state accumulate in montagne (per oltre sei milioni di tonnellate). Inoltre non si sono trovati altri impianti che le potessero o le volessero bruciare (altri inceneritori, in Italia ce ne sono 48 funzionanti, oppure centrali elettriche, in parziale sostituzione del carbone o dell'olio combustibile, o in cementifici in parziale sostituzione di altri combustibili)
2.1 Perché non è decollata in Campania una consistente raccolta differenziata?
Ho coordinato nel 2001, dopo aver lasciato il Senato non ricandidandomi alle elezioni del 2001, una ricerca dell'Issi, in collaborazione con il Conai. Fu una ricerca approfondita condotta con una decina di ricercatori, con interviste agli assessori competenti di circa 400 comuni campani, con approfondimenti e indagini sul campo sui consorzi sulle aziende del settore operanti in Campania e con gruppi di cittadini. Cosa emerse? Per sommi capi: mentre un piccolo gruppo di Comuni, la gran parte in Provincia di Salerno, conosceva il tema, la credeva utile e praticabile (e la praticava nel proprio Comune con buoni risultati) la gran parte non sapeva come funzionava realmente, la riteneva poco utile, troppo costosa, non praticabile nel proprio Comune. I Consorzi di gestione dei rifiuti, salvo eccezioni, non si capiva bene cosa facessero, salvo avere consigli di amministrazione retribuiti dove era raro trovare qualcuno che si fosse realmente occupato di rifiuti, che avesse una qualche competenza nel settore. Le aziende di gestione dei rifiuti, in gran parte pubbliche, con organici numerosi (che poi si sommavano in alcuni consorzi con altri alle dirette dipendenze dei consorzi), sempre salvo eccezioni che pure c'erano, con costi di gestione mediamente elevati, scarsa presenza di manager e di capacità di programmazione e innovazione.
Significativa anche la carenza impiantistica: trovammo un solo impianto di compostaggio (malfunzionante), poche aree ecologiche attrezzate, pochi impianti di riciclaggio di vetro, carta e plastica.
Nei gruppi di interviste guidate riscontrammo una scarsa propensione alla raccolta differenziata negli anziani e nei maschi adulti (scetticismo del genere "tanto poi buttano tutto in discarica", sfiducia nell'azione delle amministrazioni locali, scarsa comprensione del problema e poca disponibilità ad un impegno civile e ambientale), maggiore disponibilità fra le donne (per non sprecare, per tenere più pulito) e fra i giovanissimi (l'importanza di un intervento nelle scuole).
Per far decollare la raccolta differenziata in Campania non basta mettere qualche cassonetto in più per strada, attaccare qualche manifesto o fare qualche campagna pubblicitaria. Serve una diversa e migliore capacità amministrativa, formazione degli amministratori e amministratori e personale capaci e motivati, non politici interessati troppo alle clientele e personale clientelare, incontri mirati con caseggiati e gruppi di cittadini condotti da tutor preparati, assistenza tecnica, formazione del personale addetto e personale che si impegni nel proprio lavoro, coinvolgimento delle scuole e dei centri di aggregazione, adeguamento impiantistico, aziende più efficienti, sistemi tariffari premiali per chi la fa, controllo continuo e adeguamento flessibile delle gestioni verso un graduale passaggio alla raccolta domiciliare e altro ancora. Un lavoro non semplice, ma possibile, utile non solo per i rifiuti ma per migliorare la qualità dell'amministrazione locale, la coesione e la partecipazione dei cittadini.
Sarebbe molto utile anche la presenza di amministratori e imprese del settore che hanno fatto, e sono tanti in Italia, esperienze positive e avanzate in grado di citare esempi e successi e di suggerire soluzioni ai tanti piccoli e grandi problemi che si presentano.
2.2 Perché non sono ancora funzionanti i due inceneritori decisi otto anni fa?
La prima risposta che viene solitamente data a questa domanda è: "sono state le proteste dei cittadini alimentate e sostenute da una parte degli ambientalisti, da alcune forze ed esponenti politici e a volte anche dal clero locale".
Ciò è in parte vero e le forze e i politici (e i parroci) che le hanno sostenute hanno sbagliato, ancora di più in quella situazione.
Lamento l'assenza, non solo in Campania, di autorevoli agenzie tecniche indipendenti, capaci di presentare credibili analisi del ciclo dei rifiuti e comparazioni razionali degli impatti ambientali delle diverse forme di gestione dei rifiuti, delle tecnologie e tecniche in grado di abbattere le emissioni a livelli sostenibili. Per convincere occorre essere credibili e competenti: dove la politica manca di competenza e di credibilità tutto diventa più difficile.
Lamento anche l'abbondanza di improvvisatori che non esitano a predicare effetti devastanti di ogni tipo di termovalorizzatore. Ed anche di troppi piccoli politici che cavalcano queste proteste, pensando spesso solo a coltivare piccole nicchie di consenso o anche di quelli che, armati di buone intenzioni e di scarsa o nessuna competenza, purtroppo hanno contribuito a fare danni. Spero che, vedendo la crisi attuale, ci ripensino e non stiano zitti solo perché, di fronte all'evidenza, oggi non conviene parlare.
Dicevo che le proteste sono solo parte della causa dei ritardi. Un'altra parte dipende dall'inadeguatezza tecnica, tecnologica e perfino finanziaria del gruppo al quale è stata aggiudicata la gara d'appalto: Fibe-Impregilo. E' probabile che la decisione di assegnare l'appalto a Fibe-Impregilo, in base al massimo ribasso, non abbia tenuto in debito conto della capacità d'impresa nel settore né del livello tecnologico del suo progetto, come ho letto sulla stampa e come sembrerebbe evidente dagli esiti.
Inadeguatezza che si sarebbe verificata anche nella costruzione e nella gestione degli impianti di Cdr. Sulla vicenda è aperta un'indagine della magistratura, non sta a me anticipare giudizi. Certo è che si è reso necessario interrompere il contratto con Fibe, indire una nuova gara per il completamento dell'impianto di Acerra che per ora è andata deserta. La gran parte del ritardo nella costruzione dell'inceneritore di Acerra ha, quindi, poco a che vedere con le proteste.
2.3 Perché le montagne di ecoballe?
Sull'accumulo delle montagne di ecoballe di Cdr ho già detto che è dovuto al mancato utilizzo sia di Acerra sia di altri impianti. Ho letto, ma non dispongo sul tema di una documentazione, che alcuni impianti hanno fatto delle prove, ma lo hanno respinto perché quello campano non sarebbe un vero e proprio Cdr: troppa umidità e troppi materiali che non ci dovrebbero essere. Di certo i controlli predisposti dalla magistratura e dai Noe (i carabinieri del Ministero dell'ambiente) hanno rivelato una rilevante difformità normativa fra le ecoballe campane ed il Cdr.
Vista la pessima qualità non era il caso di interrompere la lavorazione dei rifiuti per produrre Cdr in Campania? Quando sarà pronto l'inceneritore di Acerra sarà bene avere del buon Cdr e quindi sistemare prima gli impianti. Occorrerebbe verificare se, facendo un buon Cdr, sarebbe possibile impiegarlo, almeno in parte, in altri inceneritori, in co-combustione in centrali elettriche (come si è fatto a Fusina in provincia di Venezia) o in cementifici. Quello che c'è già e rimane va messo in discariche da aprire ad hoc. Penso abbia ragione il Commissario De Gennaro che ha deciso di procedere per far riaprire gli impianti di Cdr rimettendoli, un pò alla volta, a posto.Ritengo lo abbia fatto perché gestire e stoccare il Cdr è meno impegnativo e meno difficile che smaltire la quantità equivalente di rifiuti tal quali che comportano maggiori impatti (maggiore puzza, emissione di biogas, percolato, volumi maggiori) e che richiedono discariche che scarseggiano.

3. La gestione commissariale, in corso dal 1994, non è stata essa stessa causa della crisi?
In quella degli ultimi due anni (calcolando un anno, come ho scritto, il tempo massimo per realizzare una discarica o un deposito di stoccaggio) mi pare difficile escludere responsabilità anche della gestione commissariale, come parte rilevante della filiera istituzionale tenuta ad assicurare, almeno, il non abbandono dei rifiuti per strada e, quindi, ad assicurare, come minimo, discariche e siti di stoccaggio di ecoballe sufficienti. Contiamo che il Commissario De Gennaro ce la faccia e che abbia tutto il sostegno necessario della filiera istituzionale.
Ma la critica alla gestione commissariale è più ampia, coinvolge in generale le gestioni commissariali e tutto il lungo periodo di questa gestione commissariale.
La critica si riassume in due argomenti di fondo: tale gestione avrebbe deresponsabilizzato, esautorato i comuni, le province e la regione dalle loro competenze e dalle loro attività, finendo così con l'aggravare i problemi che avrebbe dovuto affrontare; tale gestione creerebbe una struttura autonoma, con scarsi controlli, dotata di risorse finanziarie significative, incoraggiando sprechi, assunzioni clientelari e anche un interesse non a risolvere il problema, ma a prolungarlo per trarne benefici per la struttura stessa.
Una recente relazione della Corte dei Conti e ciò che compare sulla stampa dell'indagine della magistratura sembrano sostenere, con una certa forza, questi argomenti.
Quindi sarebbe meglio, arginata la crisi con un numero di discariche e di stoccaggi sufficienti a ripulire le strade, che se la vedessero i comuni, le rrovince e la Regione Campania (salvo la definitiva regolazione del contenzioso sul pregresso)? Mentre non ho dubbi sulla necessità di dimagrire la struttura commissariale, rimandando a casa tutto ciò che di clientelare e inefficiente contiene, non sarei così drastico nell'eliminazione immediata di ogni intervento commissariale: per esempio ho seri dubbi che per le vie ordinarie si faccia prima e meglio a completare e far funzionare l'impianto di Acerra e realizzare gli altri due inceneritori previsti. Preferirei un'uscita più graduale. Non sarei infine così drasticamente negativo sullo strumento "gestioni commissariali", in generale.
Attenzione: intanto a non credere che le ordinanze di protezione civile per l'emergenza abbiano eliminato tutte le competenze ordinarie delle regioni (gran parte della gestione commissariale è stata affidata ai Presidenti della Regione, rafforzando i loro poteri ordinari) e nemmeno tutte quelle dei comuni, dei consorzi e delle aziende, in materia di gestione dei rifiuti urbani. Per esempio: nessuna ordinanza ha sottratto ai comuni, ai consorzi e alle aziende dedicate alla gestione dei rifiuti competenze in materia di raccolte differenziate: era loro compito e sono loro che non l'hanno svolto. Anche per le discariche vale lo stesso ragionamento: le ordinanze non hanno mai vietato ai comuni di predisporle o di trovarle con accordi con altri comuni, né di farle insieme a livello consortile o provinciale. Il Commissario doveva intervenire perché non c'erano, perché i comuni e i loro consorzi non le facevano o non erano in grado di farle, non il contrario.
Se poi il discorso si allarga ai Commissariamenti, in generale e senza distinzioni, in un Paese, specie nel Mezzogiorno, spesso bloccato, con presenza forte della criminalità e delle clientele, con non trascurabili emergenze ambientali, allora le mie perplessità diventano contrarietà.
Cito come esempio un'esperienza che seguo personalmente (anche come cittadino onorario del Comune di Scafati) da circa 9 anni: l'intervento per il risanamento del fiume Sarno, proprio in Campania. L'intervento è alla sua fase conclusiva: due dei tre depuratori previsti sono realizzati, il terzo sarà ultimato nei prossimi mesi, il rifacimento di altri due è quasi ultimato, la rete dei collettori è realizzata all'80%, dei trentanove cantieri previsti per fare le reti fognarie in altrettanti comuni, 23 sono aperti e al 60% dei lavori, gli altri saranno aperti entro 6 mesi, gli impianti di 80 concerie e di un centinaio di industrie conserviere del pomodoro sono stati sistemati con notevoli modifiche che hanno migliorato di molto gli scarichi, la rimozione dei sedimi inquinati, la loro bonifica è in corso, tutta la fase di progettazione del sistema, dei singoli progetti, delle gare d'appalto è stata svolta con correttezza ed efficacia impiegando nei cantieri oltre mille persone. Non faccio l'elenco delle difficoltà, numerose, che ci sono state, ma posso dire una cosa: senza il Commissariamento, senza un Commissario straordinario (anche come persona), il generale Iucci e senza la sua struttura (fatta da un gruppo selezionato di tecnici, alcuni di primissimo livello) tutto ciò in quella zona non era nemmeno immaginabile. Oggi si può dire che il risanamento di quello che era stato classificato come il fiume più inquinato d'Europa non è più un sogno, ma una realtà a portata di mano. Anche in Campania i Commissariamenti possono funzionare. Per favore prima di dare giudizi generalizzati, informatevi della bonifica del Sarno!
Ovviamente le proteste ci sono state anche per la localizzazione dei depuratori, per alcuni collettori, per i depositi dei fanghi dei sedimi, un cantiere è stato occupato per sette mesi, ma tali proteste sono state affrontate e superate, non hanno bloccato l'intervento. Potrei citare anche altri esempi che conosco direttamente: come la bonifica del sito dell'Acna di Cengio dove è stato portato avanti un intervento, con ordinanze di emergenza, molto positivo grazie in particolare all'ottimo lavoro del commissario Stefano Leoni.

4. Ma tu che sei stato Ministro dell'Ambiente cosa hai fatto per la Campania?
Sono stato Ministro dell'ambiente dall'aprile del 1996 all'aprile del 2000. Da allora sono passati 8 anni e altri tre Ministri: scusate se dopo tutto questo tempo e questi Ministri non riesco a collegare con quella mia esperienza l'attuale crisi. Sarà un mio limite.
Mi hanno chiesto"ma si chiama decreto Ronchi la normativa sui rifiuti, anche il suo decreto avrà contribuito a questa crisi". Inoltre: "ma lei cosa ha fatto quando era Ministro?" E ancora: "visto lo scandalo delle montagne di ecoballe la decisione di fare il Cdr, presa durante la sua gestione, potrebbe essere una delle cause della crisi" e, infine "il Piano del Presidente Commissario Rastrelli prevedeva cinque inceneritori, uno per provincia, lei lo convinse a farne due, rendendo più difficile la loro localizzazione"
Provo a rispondere, anche se ho avuto l'impressione che tirando in ballo il sottoscritto alcuni abbiano cercato di attenuare o minimizzare le responsabilità vere.
Se si fosse applicato il decreto Ronchi la crisi in Campania non ci sarebbe stata. Tale decreto è risultato applicabile e applicato con esiti positivi nella gran parte delle Regioni italiane. Purtroppo questo è un Paese dove, non solo in materia ambientale, troppe volte le leggi non si applicano.
4.1. Ricordo che allora era in emergenza Milano, e altri Comuni della Lombardia, c'era emergenza rifiuti in Sicilia, Puglia, Calabria e, ovviamente, Campania. Circa l'80% dei rifiuti urbani finiva in discarica. Ho fatto quello che penso sia il primo compito di un governo: promuovere una riforma per affrontare il problema in modo organico. In 8 mesi, compresa la legge delega, la concertazione con le regioni, gli enti locali, il parere del Parlamento, veniva pubblicato in Gazzetta, a febbraio del 1997, una riforma organica della gestione dei rifiuti, il ricordato decreto Ronchi.
Non è il caso di fare qui il bilancio di quella riforma che è giudicata da quelli che si occupano di rifiuti in Italia con un voto che va da buono ad ottimo. Basta chiedere a qualcuno del settore, compresi molti amministratori di destra che mi è capitato di incontrare in questi anni.

4.2. Durante la mia gestione i poteri straordinari dei Commissari furono richiesti dai Presidenti della Regione e furono loro attribuiti dal Presidente del Consiglio (su sua delega dal ministro dell'Interno, delegato alla protezione civile). Furono Commissari quindi i presidenti della Regione, prima Rastrelli e poi Losco (Bassolino fu eletto Presidente della Regione quando io non ero già più al Ministero dell'Ambiente). Avere Presidenti Commissari riduce ovviamente l'intervento diretto del Governo (che non opera attraverso un suo Commissario) e quindi anche del Ministro dell'Ambiente, responsabilizza di più la Regione, non rende necessaria un'altra struttura parallela a quella della regione, salvo qualche potenziamento che effettua lo stesso Commissario-Presidente.
Assicurai ai Presidenti il sostegno tecnico del Ministero, quando c'erano difficoltà sui siti per le discariche (e c'erano anche allora) , intervenni anche direttamente con diversi incontri con sindaci e consiglieri comunali, comitati. In quei quattro anni i rifiuti per strada per tanti giorni non furono mai lasciati. Forse la crisi era meno grave, forse la filiera istituzionale funzionò meglio. Difficile dirlo ora, ma resta il fatto: non furono lasciati i rifiuti per strada
Ricordo che questa preoccupazione era ben presente, ricordo diverse riunioni dove al primo punto si discuteva di discariche, di capacità residua delle discariche esistenti, di programmi che assicurassero nuove discariche, o ampliamenti, in tempo per accogliere tutti i rifiuti.
4.3. Sostenni l'iniziativa del Presidente Commissario Rastrelli per definire, con l'accordo delle province e con un'ampia consultazione dei Comuni, un piano regionale per la gestione dei rifiuti, che non c'era. Il Presidente Rastrelli, di An, aveva presentato un piano che prevedeva cinque inceneritori, uno per Provincia, per bruciare tutti i rifiuti campani. Lo discussi con lui e con i suoi collaboratori sostenendo che c'era una normativa (il decreto Ronchi) che prevedeva, in attuazione delle direttive europee, anche le raccolte differenziate ed il riciclo, che partire con cinque inceneritori sarebbe stata una scelta molto difficile da gestire, che le difficoltà si concentravano nella provincia di Napoli (la più densamente popolata dell'Italia) dove si produceva la gran parte dei rifiuti campani e nella vicina provincia di Caserta. Che partire con due inceneritori, uno a nord, uno a sud di Napoli sarebbe stato meglio, che invece di bruciare i rifiuti tal quali, con maggiori quantità e maggiori difficoltà nella gestione e nella accettazione degli impianti, sarebbe forse stato meglio produrre Cdr, con almeno un impianto per provincia e due o tre nella provincia di Napoli. Rastrelli si riservò il tempo di una rapida consultazione e dopo poche settimane accolse le mie osservazioni con una riserva: se due inceneritori poi non fossero stati sufficienti se ne sarebbe aggiunto un altro. Concordammo anche sulla riserva, e il piano, modificato, dopo una nuova consultazione della regione e delle province, fu varato.
Vi fu poi, dopo due anni circa, la crisi della maggioranza di Rastrelli e gli successe Losco come Presidente e come Commissario. Losco doveva, sulla base del piano, indire la gara per assegnare l'attuazione degli impianti previsti. Qualcuno, oggi, ha contestato anche la scelta di fare una gara, sostiene che si doveva affidare direttamente l'esecuzione dei lavori. Data l'entità consistente dei lavori non era in ogni caso possibile derogare le norme europee. Ritengo inoltre che, data la situazione campana del settore, con diffuse presenze della criminalità organizzata, fosse obbligata la scelta di cercare, con gara, l'intervento di una consistente realtà industriale, meglio se proveniente da fuori Regione.
Poiché la predisposizione del bando di gara era affidata alla stazione appaltante (la Regione ed il Commissario - Presidente) ed il Ministero dell'ambiente non era mai stato una stazione appaltante (le competenze del Governo in materia di opere di emergenza stavano nella sede dei titolari del potere di ordinanza, la protezione civile), ritenendo utile, per semplificare e accelerare le successive valutazioni di impatto ambientale, di competenza dell'Ambiente, chiesi che fosse previsto nel bando un accordo di programma col Ministero dell'Ambiente e il soggetto che vinceva la gara in modo che assicurasse una localizzazione ambientalmente adeguata, che si adottasse la migliore tecnologia disponibile ambientalmente sicura e si consentisse un monitoraggio dei lavori per assicurare che gli accordi raggiunti fossero rispettati.
Ho saputo successivamente, quando lasciai il Ministero dell'Ambiente, che tale proposta fu lasciata cadere. Dell'aggiudicazione non posso dire nulla perché quando fu fatta non ero più Ministro dell'Ambiente. Posso solo osservare che l'aggiudicazione al massimo ribasso, se tale fu il criterio seguito perché l'ho letto solo sui giornali, a me pare scarsamente compatibile con quella proposta di accordo di programma che doveva prevedere la migliore tecnologia disponibile e sicura ambientalmente. Personalmente penso che non lo fosse nemmeno la localizzazione di tutte e due gli impianti a poca distanza fra loro e tutti e due a Nord-est di Napoli. Ma queste sono solo mie considerazioni che, come ho detto, non hanno avuto alcun rilievo pratico in quella aggiudicazione e che non avevo nemmeno alcun titolo per ribadire visto che non ero più il responsabile del Ministero dell'Ambiente e, ancor meno, ritengo si debba intervenire, in situazioni delicate, non rispettando il ruolo di un tuo successore. Ne parlo ora perché è passato tanto tempo e perché mi viene richiesta una ricostruzione di quello che ho fatto come Ministro dell'Ambiente.
Come personale riflessione aggiungo che anche questa vicenda conferma quanto sia stato sbagliato sostituire un ministro dell'Ambiente, nominandolo Ministro delle politiche comunitarie. Penso anche (lo dico anche perché un caro giornalista di Repubblica ha scritto che sono stato"cacciato dal governo") di aver fatto bene a dimettermi da Ministro delle Politiche comunitarie, non solo per il metodo praticato della rotazione delle poltrone a prescindere dalle competenze, ma perché avevo aperto ancora questioni importanti che avrei dovuto cercare di chiudere nell'ultimo anno di legislatura.
Per quanto riguarda la scelta del Cdr visto che tale combustibile da rifiuti, come risulta da una recente pubblicazione di Nomisma Energia, è prodotto in circa 8,5 milioni di tonnellate in varie Regioni d'Italia, visto che anche il recentissimo piano regionale di gestione dei rifiuti nella regione Lazio lo prevede, qualche ragione ci sarà: con un trattamento dei rifiuti urbani raccolti (frammentati e asciugati) si migliora il potere calorico e si può ridurre la presenza di vetro e metalli (da mandare al riciclo) ma anche di materiali delicati e più rischiosi per la combustione (come le batterie, le apparecchiature elettroniche, barattoli con scarti di vernici, ecc).
Ricordo inoltre che la recente direttiva europea sull'incenerimento dei rifiuti comporta caratteristiche definite anche per quello che si brucia negli inceneritori che comportano un pretrattamento e che ciò porta non pochi a dire "visto che devo pretrattare allora perché non fare un Cdr". Comunque l'idea che qualcuno ancora scrive sui giornali che sarebbe meglio versare i camion direttamente, con i rifiuti tal quali, nell'inceneritore, non è più consentito dalla normativa europea né per gli inceneritori, né per le discariche, nemmeno in Campania, a meno che li si pensi di operare per sempre in emergenza e con deroghe della normativa europea.
Sul fatto che sarebbe stato meglio fare cinque inceneritori perché si sarebbero responsabilizzate tutte le Province, non si dovrebbe nemmeno discutere. Scusate, ma ne erano previsti due e ancora non se ne è costruito nemmeno uno e mi si dice che era meglio costruirne cinque. Si vede che si sono sbagliate anche tutte le altre regioni italiane dove si sono fatti inceneritori: nessuna ne ha costruiti cinque in una volta, tutte ne hanno fatto uno, al massimo due alla volta. Tranne una :la Sicilia che ne ha previsti quattro, tutti insieme. E, infatti, non ne ha realizzato ancora nemmeno uno.
4.4. Per promuovere la raccolta differenziata inserii nel decreto Ronchi dei target minimi precisi, graduati nel tempo (15%, 25%, 35%) collegati all'aumento della tassa sulle discariche per chi non li raggiungeva, introdussi il contributo ambientale sugli imballaggi immessi al consumo a carico dei produttori e utilizzatori degli imballaggi, e che questo contributo fosse utilizzato per i corrispettivi delle raccolte differenziate istituendo il sistema del Conai e dei Consorzi di filiera per ritirare ed assicurare il riciclo dei materiali raccolti in modo differenziato, introdussi la tariffa con la previsione di una differenziazione a favore delle raccolte differenziate.
In Campania, nello specifico, proposi e ottenni che il piano regionale non prevedesse di bruciare tutti i rifiuti, ma che lasciasse spazio anche alla raccolta differenziata.
Sostenni in particolare la linea, che in altre Regioni aveva dato buoni risultati, di far partire alcuni comuni pilota, con sostegni mirati, in modo che l'esempio della buona pratica potesse poi diffondersi più facilmente. La diffusione fu invece, negli anni successivi, molto modesta: c'è anche in Campania un gruppo di Comuni con raccolte differenziate di buon livello, ma sono rimasti pochi, ritengo, per le ragioni che ho esposto al punto 2.1.

5. I possibili esiti della crisi Campana
La crisi del vino al metanolo, affrontata nel modo giusto, ha contribuito ad un salto positivo del vino italiano che, per risalire la china in cui era precipitato, ha puntato, con successo, sulla massima qualità.
La crisi provocata dal terremoto in alcune aree del Mezzogiorno, affrontata nel modo sbagliato, ha lasciato spesso nelle zone colpite opere non concluse, maggiore degrado, un rafforzamento della criminalità.
Anche la crisi dei rifiuti in Campania potrebbe avere esiti di segno opposto: o diventare una spinta per il rinnovamento della politica, in Campania ma non solo, per cambiare la gestione dei rifiuti in Campania con standard europei, o aumentare degrado e rassegnazione politica, mantenendo una gestione dei rifiuti basata sulle discariche più un pò di incenerimento.
Starei anche attento alle ripercussioni nazionali: o verso un maggiore impegno ambientale e verso un ambientalismo razionale, oppure come insofferenza verso l'ambientalismo (tutto senza distinzioni); o verso una migliore gestione europea e integrata dei rifiuti con priorità del riciclo, e quindi delle raccolte differenziate, e con la chiusura del ciclo con una quota di termovalorizzazione con recupero di energia, lasciando alle discariche solo il residuo finale non recuperabile, oppure verso impostazioni arretrate del tipo "bruciamo tutto".
Il passaggio è delicato: va seguito con cura, impegno e competenza.


di Edo Ronchi