Analisi incompleta: Re: Perche' l'Italia uscira' dall'Euro



Egregio Dott.Fabrizio Zampieri
 
essendo Lei un Economista ed Analista Finanziario, mi stupisce che nella Sua analisi non consideri i vantaggi di una valuta forte specialmente nell'acquisto di commodities come i prodotti energetic di cui il nostro paese è dipendente dall'estero all'85%.
 
Per sfizio potrebbe calcolare il prezzo che avremmo avuto in Italia con la lira per un litro di benzina (o un barile di petrolio) considerando ovviamente la svalutazione dovuta alle crisi finanziarie Parmalat e l'instabilità di governo. Se non avessimo avuto l'Euro che ha garantito stabilità monetaria all'Italia, e che si è apprezzato sul dollaro, essendo il mercato del petrolio, in dollari, ora pagheremmo una bolletta molto, molto piu alta di quella che paghiamo oggi (gia' maggiore in termini assoluti degli anni passati).
 
Vero è che il cambio oltre 1,50 puo danneggiare le produzioni di media e bassa qualità o che si basano su una strategia di low costs (che in ogni caso sono in fase di delocalizzazione nelle economie emergenti per costi di manodopera ecc). 
 
Cordialmente
 
--
Pietro De Matteis
PhD Candidate - University of Cambridge



 
Il 05/03/08, camillo.coppola at tin.it <camillo.coppola at tin.it> ha scritto:
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sid-3624-topic-2.html

           Perche' l'Italia uscira' dall'Euro

           Opinioni / ECONOMIA E FINANZA
           Pubblicato il 03
Mar 2008 - 18:40
           Il 1° gennaio 2002 in Italia fu
introdotto fisicamente l'Euro (a livello interbancario aveva già
iniziato ad essere usato dal 1999, solamente come moneta scritturale)
e, se ben ricordate, ma purtroppo la memoria degli italiani è
solitamente corta, la nuova valuta ci fu "propinata" dall'allora
Governo Prodi, e con il plauso di quasi tutta l'opposizione, come la
panacea di tutti i mali cronici della nostra nazione [Fabrizio
Zampieri].



           I bassi tassi d'interesse, la riduzione
dell'inflazione, la stabilità dei cambi, la forza economica dei Paesi
aderenti all'unione monetaria, l'eliminazione dei costi sulle
transazioni valutarie dei Paesi UE, avrebbero dato sicuramente slancio
all'economia e all'occupazione del nostro Bel Paese. Se ripensate
ancora meglio, per quello storico evento venne fatta anche pagare una
tassa agli italiani, la "tassa sull'euro", che non venne poi mai
restituita del tutto, nonostante le promesse dei politici di allora.

           Venne anche creata la Banca Centrale Europea con sede a
Francoforte, per accontentare i tedeschi che in virtù della forza della
loro valuta (marco) pretendevano di avere una certa predominanza
all'interno del nuovo organismo; una nuova Banca con il compito di
stabilire e pianificare la politica monetaria all'interno dei Paesi
aderenti all'euro.

           Ebbene, a distanza di 6 anni
dall'introduzione della nuova moneta, possiamo onestamente affermare
che l'Italia ha risolto, se non tutti, almeno una parte dei suoi
problemi economici, finanziari e sociali?; dal mio punto di vista,
l'esito è stato senz'altro negativo, ed aggiungerei peggiorativo; è
proprio vero: gli italiani stavano meglio quando stavano peggio.

           In particolare:

           - il costo reale della vita,
ad oggi (nell'arco di soli 6 anni), è aumentato in media del 50-80%, in
alcuni settori anche del 100%, nonostante le inattendibili,
inaffidabili e poco trasparenti rilevazioni dell'Istat che ci
raccontavano il buon andamento dell'economia, almeno fino a qualche
giorno fa, quando anche l'Ente pubblico ha dovuto ammettere che
effettivamente il caro vita ha avuto incrementi maggiori di quelli
pubblicati. Il problema però sta nel fatto che le retribuzioni degli
italiani non hanno certamente seguito il medesimo trend ascendente dei
costi.

              E non fatevi incantare dai falsi palcoscenici
televisivi dove vengono organizzate ad arte zuffe e litigi tra
associazioni dei consumatori, commercianti e cittadini per tentare di
trovare i responsabili di tali indiscriminati aumenti poiché i
principali colpevoli sono ben altri e non vengono citati in giudizio:
il vero colpevole è lo Stato e le principali amministrazioni pubbliche
che, subito dopo l'introduzione dell'euro, hanno aumentato le tariffe
postali, quelle dei pubblici servizi, dei trasporti,  hanno permesso
l'incremento delle bollette energetiche, ed ovviamente non hanno
attuato nessun tipo di controllo sui prezzi. Ciò ha naturalmente
legittimato anche le altre categorie private ad attuare le stesse
manovre.

           - I tassi d'interesse sicuramente partiti da
livelli bassi (il tasso ufficiale di sconto nell'area Euro era al 2% ad
inizio 2002) sono ormai raddoppiati e la tendenza nel lungo periodo
permane al rialzo. E non credo sia necessario essere degli economisti
per capire che ad ogni aumento del Tasso Ufficiale di Sconto, e quindi
anche di tutti gli altri tassi interbancari collegati, corrisponde un
aumento dell'importo della rata del mutuo o del prestito di un normale
cittadino o ancora del finanziamento di una piccola e media impresa
locale. Questo mix, composto dal costo della vita e dal rialzo dei
tassi d'interesse, sta facendo registrare incrementi a livello di
record di espropri immobiliari (più del doppio nell'arco dell'ultimo
anno in Italia), dovuti al mancato pagamento dei mutui da parte dei
cittadini, e di cessazioni di attività imprenditoriali di piccole e
medie dimensioni; quelle di grandi dimensioni per il momento riescono a
far fronte alla congiuntura negativa con licenziamenti e
delocalizzazioni produttive.

              Da ultime statistiche,
inoltre risulterebbe che in area Europa nel corso del 2008, a fronte di
un totale di 15.000 miliardi di euro di debito delle famiglie nei
confronti delle Banche, almeno l'8-10%, corrispondente a 1.200-1.500
miliardi di euro, verrà considerato credito "incagliato", ovvero
difficilmente recuperabile se non mediante azioni giudiziarie e di
esproprio e con relativa perdita degli immobili da parte dei cittadini.

           - E che dire relativamente alla stabilità dei cambi,
sbandierata come un'altra delle positività della nuova valuta..?;
ebbene l'Euro è tutt'altro che stabile, anzi è una valuta che dopo un
inizio incerto di debolezza, si è apprezzata notevolmente nei confronti
di tutte le principali monete (attualmente il cambio dell'euro rispetto
al dollaro è di circa 1,52!!! -massimo storico dall'introduzione
dell'Euro-; rispetto allo Yen giapponese ha raggiunto invece la
quotazione di circa 170 a luglio scorso -altro record storico da 15
anni-; e così via rispetto anche alle altre principali valute
internazionali). E ancora una volta non è necessario essere un
economista per comprendere che un Euro forte penalizza fortemente le
esportazioni (vendite) delle aziende europee. Sono molte le imprese
italiane in difficoltà a seguito di questo fenomeno, che hanno
registrato ingenti cali di vendite e riduzioni di fatturato, il tutto
con gravi ripercussioni sulla produzione e sull'occupazione.

              Molti si chiedono perché la BCE non stia facendo molto
sotto questo aspetto, pur avendone le possibilità, per sostenere i
cittadini e le imprese del territorio dei Paesi UE.

              La
Banca Centrale Europea non sta facendo quasi nulla poiché è una Banca
privata, indipendente ed autonoma. E qui possiamo rilevare una serie di
fatti piuttosto preoccupanti: le Banche Centrali delle singole nazioni
europee, prima del Trattato di Maastricht, avevano un'indipendenza dal
potere politico variabile tra il 40 e il 65%; attualmente, dopo
l'introduzione dell'Euro, l'indipendenza si aggira intorno al 90%.
Dunque, mentre nessuna influenza può giungere dal potere politico alla
BCE, dai vertici monetari giungono invece ai nostri governanti continue
indicazioni, parametri cui attenersi, rigidi vincoli che coinvolgono
l'intera vita e l'economia delle nazioni.

           Inoltre, l'art.
4 del Trattato non menziona la BCE tra le Istituzioni della Comunità
(Parlamento Europeo, Consiglio, Corte di Giustizia, Corte dei Conti e
Commissione); alla BCE però il Trattato conferisce personalità
giuridica e lo Statuto ne riconosce la più ampia capacità di agire
all'interno di ciascuno degli Stati membri.

           Sotto il
profilo giuridico-formale, la BCE non è dunque un'Istituzione
Comunitaria, ed i singoli Paesi aderenti all'Unione Monetaria non
possono interferire in alcun modo con la sua politica economica; essa
può quindi fissare a suo arbitrio il livello del tasso ufficiale di
sconto (TUS), la quantità di denaro da immettere sul mercato, decidere
la disponibilità ed il costo del finanziamento del sistema bancario e
qualsiasi altra azione di sua competenza, in modo indipendente (art. 7
del Protocollo SEBC: "Indipendenza").

           Ed in aggiunta,
mentre i dibattiti e le sedute della Camera dei Deputati e del Senato
sono aperti al pubblico e le sentenze delle Corti di Giustizia devono
essere dettagliatamente motivate e pubblicizzate, dall'altra parte, le
riunioni del Consiglio Direttivo della BCE sono assolutamente
secretate, ed è lo stesso Consiglio che, di volta in volta, decide se
pubblicare le proprie delibere, se pubblicarne solo alcune parti, o se
non pubblicarle affatto. Oltre tutto questo, i dirigenti della BCE
godono di una sostanziale immunità: non sono infatti previste,
all'interno della BCE, sanzioni per comportamenti impropri degli stessi
dirigenti (art. 12 del Protocollo: "Responsabilità degli organi
decisionali").

           Senza esagerazioni, il Trattato di
Maastricht ha fatto di loro membri intoccabili di una Società privata
ed autonoma, in parte segreta, che condiziona Stati e popoli.

           Inoltre all'interno della stessa Banca Centrale prevalgono
gli interessi tedeschi i quali sembrano avere come unico obiettivo
quello della lotta all'inflazione, a costo di mandare sul lastrico
famiglie ed aziende, mantenendo un alto livello di tassi d'interesse, e
facendo finta di non accorgersi che la maggioranza dei Paesi dell'area
Euro non ha fondamentali così buoni come quelli tedeschi. Gli interessi
tedeschi devono però fare i conti con quelli americani, prevalenti
anch'essi all'interno della BCE: infatti molti esponenti e dirigenti
della stessa BCE provengono dalle grandi Banche d'affari Usa (Bini
Smaghi, Mario Draghi, ecc.) e sapendo che agli Stati Uniti serve in
questo momento un Dollaro assai debole che permetterebbe loro di
ridurre il notevole disavanzo pubblico, in parte utilizzato per
finanziare le varie guerre e missioni militari nel mondo, e di
rilanciare le esportazione delle loro aziende verso l'estero, si
riuscirebbe a  comprendere meglio come mai la nostra Banca Centrale non
è ancora intervenuta e né interverrà sul mercato delle valute favorendo
un Euro così "forte" e un Dollaro così debole che, in termini
economici, si traduce in una notevole difficoltà per le nostre aziende
di vendere i propri prodotti/servizi all'estero.

           In poche
parole, I Paesi dell'area Euro, compresa l'Italia, stanno pagando il
"conto" degli amici americani con la compiacenza della nostra Banca
Centrale.

           Ne deriva inoltre che i singoli Stati
dell'Unione Monetaria hanno perso la sovranità monetaria e legislativa
in campo monetario, sovranità che sono parti essenziali della sovranità
nazionale.

           Appurato che la BCE è un "Ente" privato ed
autonomo, ora è più facile comprendere le cause e le dinamiche di
questo stato di cose.

           - Ed ancora, affrontiamo il tema
della congiuntura economica, la quale avrebbe dovuto prendere slancio
positivo con l'utilizzo della nuova valuta, facendo leva sui bassi
tassi.., sulla stabilità dei cambi, e sulla forza del sistema Europa.
Dunque, possiamo certamente affermare che attualmente i Paesi
dell'Unione Monetaria, compresa l'Italia, si trovano in una negativa
fase di stagflazione, ovvero di stagnazione economica abbinata ad
inflazione, ma ad una inflazione ben più pericolosa poiché importata
soprattutto dal rincaro delle fonti energetiche e non legata
all'aumento dei consumi interni, i quali sono bloccati a causa delle
difficoltà economiche della classe media italiana (1 famiglia su 4
ormai non arriva a fine mese con il proprio stipendio); inoltre, per il
nostro Paese si può parlare quasi con certezza di recessione tecnica,
il preludio ad una fase di recessione vera e propria se i prossimi dati
macroeconomici non miglioreranno.

              Alla crisi economica
si è aggiunta ora anche una crisi finanziaria, generata da quelle
Banche ed Istituzioni finanziarie che avrebbero dovuto essere
controllate dalle Banche Centrali, nel loro operato a volte poco
trasparente, ma che così non è stato; ed il fenomeno è maggiormente
comprensibile se si pensa che molte Banche Centrali sono di proprietà
delle stesse Banche "controllate". L'esempio eclatante è dato dalla
nostra Banca d'Italia, il cui pacchetto azionario è detenuto per oltre
il 90% da Banche private (i gruppi Intesa-San Paolo e Unicredit-
Capitalia possiedono oltre il 40% delle azioni di Banca d'Italia!).

           Dopo queste premesse, credo quasi ogni cittadino, secondo
logica, firmerebbe una dichiarazione o voterebbe, in sede di
referendum, per l'uscita dell'Italia dall'Euro ma purtroppo nel nostro
Paese sono dichiarati anticostituzionali i referendum che hanno come
oggetto materia fiscale e finanziaria, inoltre la classe politica, sia
per ignoranza in materia, sia perché spesso sobillata e controllata dal
potere finanziario che sponsorizza le loro campagne elettorali e
business diversi, è alquanto restia a parlare o a prendere iniziative
relativamente a queste tematiche; in aggiunta, un altro fattore molto
importante è costituito dal fatto che, nel nostro Paese, esiste anche
una forte censura da parte dei media e dei principali quotidiani (quasi
tutti partecipati a livello azionario, in misura più o meno ampia, da
una o più Banche) su questa materia.

           Ma, a parte questo,
l'Italia uscirà dall'Euro soprattutto per motivi tecnico-finanziari.

           Infatti recentemente si è verificato che il differenziale
tra i Btp italiani (titoli di Stato a reddito fisso con durata
decennale) e i Bund tedeschi, di colpo, è salito a 40 punti base, il
massimo dal 2001 (vigilia dell'entrata dell'Euro). Ma il fenomeno è
ancor più strano poiché, dal momento che Btp e Bund sono emessi da
Paesi aderenti all'UE ed entrambi in euro, il differenziale dovrebbe
essere pari a zero; nonostante questo invece tale differenza è rimasta
sullo 0,20 (20 punti base) per questi anni, indicando un certo livello
di diffidenza nei confronti del nostro Paese; Francia e Spagna avevano
un differenziale solamente dello 0,04 (4 punti base) rispetto alla
Germania.

           Solitamente un differenziale così ampio tra
titoli di Stato anticipa un movimento o accadimento assai negativo, ed
ora il mercato inizia a muoversi sull'Italia, scommettendo sull'uscita
dall'Euro del nostro Paese. E' quindi solamente una questione di tempo.

           L'Italia per non crollare economicamente avrebbe bisogno
di un cambio eur/usd a 1 e non agli attuali 1,52.., e di un cambio
eur/jpy (yen) a 100 e non certo all'attuale 160, e di tassi d'interesse
tra i 2,5-3%.

           La Germania, che influenza notevolmente le
decisioni della BCE, come abbiamo visto in precedenza, ha attualmente
un surplus estero di 130 miliardi di euro (record) seppure con l'euro a
1,50, ha inoltre un mercato immobiliare stagnante da anni a livello di
prezzi, e non presenta problemi di debito in generale: è naturale
quindi sia più che contenta di avere un euro forte e  l'unico aspetto
che le interessa è quello di controllare l'inflazione, mantenendo alti
i principali tassi d'interesse.

           Il problema è che la
felice situazione della Germania non è paragonabile a quella della
maggioranza degli altri Paesi dell'area Euro.

           In Italia,
per rimanere a casa nostra, la crescita è ormai vicina allo zero, tanto
ché si sta parlando ormai di recessione tecnica, la spesa per i consumi
nello scorso mese di ottobre ha persino registrato un valore negativo
(-0,6%) rispetto all'anno precedente; c'era solamente l'export che ci
dava qualche soddisfazione con ottimi saldi positivi, ma ora anche
questo si è contratto notevolmente a causa dell'euro forte.


           E' quindi doveroso insistere sul fatto che se l'Italia
rimarrà con questi valori all'inizio della recessione vera e propria,
verrà inesorabilmente buttata fuori dall'Euro nonostante la volontà
contraria di banchieri e politici. E non credete alle loro parole
quando dichiarano, senza cognizione di causa o perché spinti da loro
interessi, che se non avessimo adottato l'Euro, ora con la "vecchia"
Lira saremmo in condizioni peggiori.., non credetegli, che lo
dimostrino tecnicamente.

           E per rimanere nel tecnico, il
differenziale Btp-Bund, fino a questa estate, era sullo 0,20 (20 punti
base), ora è saltato improvvisamente a 0,40; quando si arriverà sullo
0,80-0,90 (80-90 punti base) significherà che l'Italia sarà costretta
ad uscire dall'Euro, senza bisogno di alcun referendum da parte degli
Italiani, ma con una situazione economico-finanziaria e sociale ben più
grave e disastrata di quella attuale.

           Fabrizio Zampieri -
Economista ed Analista Finanziario - email: fabrifinanz at hotmail.com

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