Re: aviaria: chi ha un pollo e mezzo, chi non ne ha



Occorre chiarire una volta per tutte che questi virus
sono tutti virus da laboratorio (aids, ebola, mucca
pazza, aviaria, ecc, ecc) fanno parte della guerra
batteriologica i cui obiettivi sono sempre gli stessi:
controllo sociale, eliminazione di popolazione umana
inservibile o inutilizzabile, eliminazione di merci in
sovrannumero, introduzione di regolamentazioni che
obbligano ad una intensità di capitale maggiore e
conseguente conquista di mercati per le
multinazionali: il resto è tragica poesia. Se
l'umanità nelle sue diverse articolazioni non riesce a
trovare la capacità interiore e le forze sufficienti
per disennerscare le multinazionali è destinata a
devastazioni e sofferenze, a rate si ma senza fine:
apocalypse now!
--- ANDREA AGOSTINI <lonanoda at tin.it> ha scritto: 

> da Eddyburg 
> 
> Chi ha un pollo e mezzo. Chi non ne ha 
> Data di pubblicazione: 24.02.2006
> 
> Aviaria: il vero problema non sono gli uccelli
> migratori, ma il mercato globale. The Economist, 23
> febbraio 2006 
> 
> Titolo originale: The Ave and the Ave Not –
> Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini 
> 
> IN CIRCA UN MESE, l’influenza a viaria ha fatto la
> sua comparsa in un numero apparentemente allarmante
> di nuovi paesi. La malattia è già endemica nella
> popolazione dei polli di gran parte dell’Asia. Di
> fronte alla marcia inarrestabile del virus H5N1 per
> il mondo, il fatalismo non è una risposta adeguata.
> Meglio guardare attentamente a quello che sta
> succedendo. 
> L’arrivo dell’influenza dei polli in Europa e
> dintorni ha causato gran parte dell’agitazione, ma i
> vari casi in Azerbagian, Bulgaria, Grecia, Italia,
> Slovenia, Iran, Austria, Germania, Francia, Ungheria
> e Croazia riguardano solo uccelli selvatici. In
> Nigeria, Egitto e India, il virus è stato scoperto
> ampiamente distribuito nella popolazione dei polli. 
> Se la presenza del virus in qualunque forma è un
> problema, Nigeria, Egitto e India hanno di fronte
> rischi maggiori con popolazioni allevate in modo
> intensivo, e sono meno attrezzate ad affrontarli.
> Più significativo, appare sempre più evidente che la
> questione vera e più immediata è sino a che punto
> possano essere gli animali selvatici, o gli stessi
> esseri umani, i responsabili della diffusione delle
> infezioni nei polli. 
> Un rapporto di ricerca pubblicato online il febbraio
> su Proceedings of the National Academy of Sciences,
> mostra che il virus H5N1 persiste nel luogo di
> nascita, la Cina meridionale, da quasi dieci anni,
> ed è stato introdotto in Vietnam in almeno tre
> occasioni e in Indonesia. Gli autori suppongono che
> questa trasmissione venga perpetuata soprattutto dal
> movimento di polli e prodotti correlati, anziché da
> uccelli migratori. 
> Si tratta di un’ipotesi di grande significato,
> sostenuta da chi protegge la fauna aviaria, e che
> sostiene come la maggior parte delle comparse della
> malattia in Asia sud-orientale possano essere
> collegate allo spostamento di polli e prodotti
> correlati, o di materiale infetto da allevamenti,
> come fango sui veicoli o scarpe delle persone. I
> conservazionisti sostengono anche che i mercati
> degli animali vivi hanno giocato un ruolo importante
> nella diffusione del H5N1. Sono stati questi mercati
> la fonte del primo manifestarsi noto a Hong Kong nel
> 1997 quando 20% dei polli vivi sul mercato
> risultavano infetti. 
> BirdLife International, gruppo conservazionista,
> giudica esistano tre probabili forme di trasmissione
> di H5N1: scambi commerciali e spostamento di
> pollame; commercio di uccelli selvatici; uso di
> letame infetto da polli come fertilizzante in
> agricoltura. I coservazionisti aggiungono che
> nonostante gli uccelli migratori possano portare e
> trasmettere il virus, spesso non è chiaro dove,
> abbiano contratto l’infezione dai polli. 
> In Nigeria, c’è l’idea che sia stato il commercio, e
> non gli uccelli migratori, a causare la diffusione.
> Per cominciare, l’infezione è stata rilevata
> dapprima in un allevamento commerciale con 46.000
> polli e non fra gli animali da cortile che
> rappresentano il 60% della produzione nazionale: e
> che si ritiene abbia maggiori probabilità di
> contatti con gli uccelli selvatici. 
> La Food and Agriculture Organisation (FAO) delle
> Nazioni Unite stima che la Nigeria importi circa 1,2
> milioni di pulcini di un giorno all’anno. In più,
> corre voce che molti di questi pulcini continuino ad
> arrivare da paesi con infezioni interne da H5N1,
> come Cina e Turchia. Joseph Domenech, capo del
> servizio mortalità animale alla sede centrale FAO di
> Roma, dice che l’importazione di polli da paesi
> contaminati è proibita. 
> Il governo nogeriano ora sta intraprendendo azioni
> per eliminare il virus. La sfida è quella di far
> passare il messaggio alla popolazione comune,
> sull’urgente bisogno di abbattere gli uccelli,
> impedire il trasporto e disinfettare gli
> allevamenti. Dick Thompson, dell’Organizzazione
> Mondiale della Sanità, ha dichiarato in una
> intervista che sono stati visti nigeriani prelevare
> polli morti da una discarica di uccelli abbattuti, e
> che si tratta di una “attività spaventosa, qualcosa
> che non si era mai visto prima”. 
> Anche i paesi confinanti si stanno muovendo. Questa
> settimana è stato tenuto un incontro in Senegal per
> tentare di fissare una strategia regionale di
> contenimento. I fondi dovrebbero essere disponibili.
> Lo scorso mese si sono impegnati 1,9 miliardi di
> dollari da parte di vari paesi e gruppi
> internazionali per la lotta all’influenza aviaria:
> mezzo milione in più di quanto previsto, il che
> sottolinea quanto l’infezione sia valutata come
> rischio globale. La diffusione in Africa
> aumenterebbe la probabilità che il virus si
> trasformi per diventare trasmissibile fra esseri
> umani. Ma c’è un’altra dimensione vitale: la perdita
> di reddito da attività di allevamento, e di proteine
> essenziali, che potrebbero essere devastanti per
> l’Africa. È questo che dovrebbe far pensare gli
> europei, preoccupati per qualche cigno morto. 



	

	
		
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