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aviaria: chi ha un pollo e mezzo, chi non ne ha
- Subject: aviaria: chi ha un pollo e mezzo, chi non ne ha
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Sat, 4 Mar 2006 06:46:31 +0100
da Eddyburg
Chi ha un pollo e mezzo. Chi non ne ha Data di pubblicazione: 24.02.2006 Aviaria: il vero problema non sono gli uccelli migratori, ma il mercato globale. The Economist, 23 febbraio 2006 Titolo originale: The Ave and the Ave Not – Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini IN CIRCA UN MESE, l’influenza a viaria ha fatto la sua comparsa in un numero apparentemente allarmante di nuovi paesi. La malattia è già endemica nella popolazione dei polli di gran parte dell’Asia. Di fronte alla marcia inarrestabile del virus H5N1 per il mondo, il fatalismo non è una risposta adeguata. Meglio guardare attentamente a quello che sta succedendo. L’arrivo dell’influenza dei polli in Europa e dintorni ha causato gran parte dell’agitazione, ma i vari casi in Azerbagian, Bulgaria, Grecia, Italia, Slovenia, Iran, Austria, Germania, Francia, Ungheria e Croazia riguardano solo uccelli selvatici. In Nigeria, Egitto e India, il virus è stato scoperto ampiamente distribuito nella popolazione dei polli. Se la presenza del virus in qualunque forma è un problema, Nigeria, Egitto e India hanno di fronte rischi maggiori con popolazioni allevate in modo intensivo, e sono meno attrezzate ad affrontarli. Più significativo, appare sempre più evidente che la questione vera e più immediata è sino a che punto possano essere gli animali selvatici, o gli stessi esseri umani, i responsabili della diffusione delle infezioni nei polli. Un rapporto di ricerca pubblicato online il febbraio su Proceedings of the National Academy of Sciences, mostra che il virus H5N1 persiste nel luogo di nascita, la Cina meridionale, da quasi dieci anni, ed è stato introdotto in Vietnam in almeno tre occasioni e in Indonesia. Gli autori suppongono che questa trasmissione venga perpetuata soprattutto dal movimento di polli e prodotti correlati, anziché da uccelli migratori. Si tratta di un’ipotesi di grande significato, sostenuta da chi protegge la fauna aviaria, e che sostiene come la maggior parte delle comparse della malattia in Asia sud-orientale possano essere collegate allo spostamento di polli e prodotti correlati, o di materiale infetto da allevamenti, come fango sui veicoli o scarpe delle persone. I conservazionisti sostengono anche che i mercati degli animali vivi hanno giocato un ruolo importante nella diffusione del H5N1. Sono stati questi mercati la fonte del primo manifestarsi noto a Hong Kong nel 1997 quando 20% dei polli vivi sul mercato risultavano infetti. BirdLife International, gruppo conservazionista, giudica esistano tre probabili forme di trasmissione di H5N1: scambi commerciali e spostamento di pollame; commercio di uccelli selvatici; uso di letame infetto da polli come fertilizzante in agricoltura. I coservazionisti aggiungono che nonostante gli uccelli migratori possano portare e trasmettere il virus, spesso non è chiaro dove, abbiano contratto l’infezione dai polli. In Nigeria, c’è l’idea che sia stato il commercio, e non gli uccelli migratori, a causare la diffusione. Per cominciare, l’infezione è stata rilevata dapprima in un allevamento commerciale con 46.000 polli e non fra gli animali da cortile che rappresentano il 60% della produzione nazionale: e che si ritiene abbia maggiori probabilità di contatti con gli uccelli selvatici. La Food and Agriculture Organisation (FAO) delle Nazioni Unite stima che la Nigeria importi circa 1,2 milioni di pulcini di un giorno all’anno. In più, corre voce che molti di questi pulcini continuino ad arrivare da paesi con infezioni interne da H5N1, come Cina e Turchia. Joseph Domenech, capo del servizio mortalità animale alla sede centrale FAO di Roma, dice che l’importazione di polli da paesi contaminati è proibita. Il governo nogeriano ora sta intraprendendo azioni per eliminare il virus. La sfida è quella di far passare il messaggio alla popolazione comune, sull’urgente bisogno di abbattere gli uccelli, impedire il trasporto e disinfettare gli allevamenti. Dick Thompson, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha dichiarato in una intervista che sono stati visti nigeriani prelevare polli morti da una discarica di uccelli abbattuti, e che si tratta di una “attività spaventosa, qualcosa che non si era mai visto prima”. Anche i paesi confinanti si stanno muovendo. Questa settimana è stato tenuto un incontro in Senegal per tentare di fissare una strategia regionale di contenimento. I fondi dovrebbero essere disponibili. Lo scorso mese si sono impegnati 1,9 miliardi di dollari da parte di vari paesi e gruppi internazionali per la lotta all’influenza aviaria: mezzo milione in più di quanto previsto, il che sottolinea quanto l’infezione sia valutata come rischio globale. La diffusione in Africa aumenterebbe la probabilità che il virus si trasformi per diventare trasmissibile fra esseri umani. Ma c’è un’altra dimensione vitale: la perdita di reddito da attività di allevamento, e di proteine essenziali, che potrebbero essere devastanti per l’Africa. È questo che dovrebbe far pensare gli europei, preoccupati per qualche cigno morto. |
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