i rifiuti sono un rischio



da ecodallecittà.it
giovedi 3 novembre 2005

I rifiuti sono un rischio
Salvatore Procopio per il seminario dell' Ecositituto del Piemonte
LA RIFIUTOPROTEZIONE
[WASTE PROTECTION]
S. Procopio
Ecoistituto del Piemonte “P. Cavaliere”- Centro Studi Sereno Regis-
Via Garibaldi, 13 -Torino

RIASSUNTO
Questo minuto contributo è un appassionato omaggio a tutti quelli che credono nella “utopia” della riduzione. Edoardo Galeano a proposito di utopia scrive:”essa è come un punto all’orizzonte, tu cammini e non arrivi mai. E allora a che cosa serve l’utopia? Serve proprio per continuare a camminare”. L’anima ispiratrice di questo lavoro è accompagnata da un insieme di valutazioni intorno ad alcuni vincoli che caratterizzano la relazione, di natura complessa uomo-rifiuto e del sistema di produzione e gestione dei rifiuti solidi soprattutto di origine urbana. Alcune delle proposte a cui si arriva con un’accurata definizione delle condizioni al contorno, potrebbero essere applicate anche alla gestione dei rifiuti di origine diversa da quella urbana.Scortato da un sempre più vituperato principio di responsabilità soggettiva mi oriento verso i lidi della consapevolezza al problema senza premeditazione ed inibizione partendo dalla definizione della mia stessa natura: singolo produttore di rifiuti quindi una fonte di pressione sull’ambiente o sorgente di un agente inquinante, il rifiuto. L’applicazione soggettiva del principio di responsabilità non riduce la mia impronta ecologica ma è il punto di partenza per un’analisi del problema con una diversa prospettiva soprattutto rispetto a quanti beneficiano commercialmente e lautamente sulla produzione dei rifiuti. L’intento più o meno dichiarato di quest’ultimi è basato sull’imperativo della produzione indipendentemente dalla tipologia di rifiuto generata (secca, umida),dal tipo di raccolta praticata e dal destino ultimo che la stessa subirà. E senza voler soppesare l’etica imprenditoriale di taluni è necessario rammentare che i diversi operatori del settore ingrassano i propri bilanci aziendali sul costo del rifiuto gestito. Per codesti vale la più efficiente e sicura legge economica:“R;+,+”: più rifiuto prodotto, più ricchezza.
Inserirsi più o meno legittimamente nella problematica rifiuti, serbando qualche interesse commerciale per questa o l’altra tecnologia di raccolta o smaltimento paventando risoluzioni bucoliche di sicuro non costituisce reato; ma accaparrarsi la fede di cittadini e amministratori incantandoli con l’uso improprio di una terminologia tecnica, questo si, potrebbe essere un illecito. Forse non in senso strettamente giuridico in quanto il dicastero della giustizia potrebbe essere in ritardo di previsione e non ha ancora disposto le procedure opportune per contemplare nell’ordinamento giuridico nuovi reati ambientali. Si attende il nuovo Codice Penale. E non c’è da scompigliarsi per il ritardo se si rammenta che il primo dicastero dedicato alle questioni ambientali risale al 1986. Se si analizza il problema da vicino non è difficile imbattersi nelle maestranze della tecnica che lontani dalla piazza e con i riflettori mediatici spenti evocano la discarica come il metodo più sicuro per smaltire i rifiuti, naturalmente quest’ultima concepita con logiche completamente diverse da quelle del passato. E in altre circostanze gli stessi uomini indossando le macilenti spoglie di tecnologi rivolgersi alle comunità sostenendo che in una gestione integrata del sistema dei rifiuti l’incenerimento, che con un lefting comunicativo viene denominato la termovalorizzazione è la tecnologia più sostenibile per smaltire i rifiuti. E, a queste verità tecnologiche spontanee e disinteressate che nelle innumerevoli manifestazioni organizzate sul tema, con una verosimiglianza stocastica si contrappongono le tesi più illuminate dei mercanti dell’ambiente.In armonia con le proprie e non condivise verità un numero circoscritto di uomini che dichiara di appartenere ad associazioni ambientaliste, tradendo i principi statutari di ciascuna associazione e difendendo i propri interessi commerciali o politici e non quelli dell’ambiente sobillano cittadini ignari contro presunti amministratori irresponsabili e incapaci. Il nobile e prezioso lavoro di sensibilizzazione, educazione e vigilanza delle associazioni ambientaliste e di volontariato non è e non deve essere in alcun modo soggetto a speculazioni inflazionistiche o confuso con l’aggiotaggio pseudo - scientifico dei mercanti dell’ambiente. Si comprende abbastanza agevolmente che per indagare su intuizioni più verosimili del problema è indispensabile essere avulsi da qualsiasi forma di contraddizione o interesse soprattutto di tipo commerciale: porta a porta o cassonetti stradali, forni a letto fluido anziché a griglia. La consapevolezza e la condivisione di certe soluzioni devono necessariamente riesumare la differenza sempre più annebbiata tra la scienza e la tecnologia e, rispetto al problema esaminato valutare le proposte della scienza che dovrebbero avere finalità diverse rispetto alle applicazioni tecnologiche. Gli strumenti che la prima delle due sorelle impiega, le cui potenzialità sono ancora per alcuni di noi straordinariamente misteriose, ci appaiono almeno sul piano teorico come svincolati dalla natura di coloro che adoperano gli stessi strumenti, e quindi non facilmente contaminabili soprattutto da singoli interessi. E’ indispensabile comprendere e stimolare gli esperti e gli amministratori locali verso nuove e piú indipendenti direzioni.
In questo quadro deve nascere e svilupparsi una nuova e inedita strategia di lotta alla produzione dei rifiuti partendo dalla definizione di un neo-paradigma basato sull’identitá: rifiuto = rischio in grado di regalare alla vecchia uguaglianza rifiuto = risorsa un meritato stato di quiescienza. A chi convinto di avere disbrigato la questione rifiuti, magari potrebbe essere interessante discutere se per convinzione propria o indotta, continua a sostenere che il proprio comune o la propria famiglia pratica la raccolta differenziata rammento che nel nostro paese dal 1997 e in alcune Regioni anche prima, la raccolta differenziata è un obbligo di legge.Come tante altre regole comuni,quindi ottemperando alla legge quadro di riferimento il D.lgs 22/02/1997 che prevede la pratica di raccogliere i rifiuti prodotti in modo non tradizionale cioè differenziandoli, si conviene soltanto ad un obbligo quindi ad un dovere di cittadino della Repubblica Italiana. Il problema forse andrebbe posto in termini di efficacia della legge o di un suo miglioramento.