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grandi opee inutili, bisogni veri e futuro dell'economia
- Subject: grandi opee inutili, bisogni veri e futuro dell'economia
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Mon, 5 Dec 2005 06:51:54 +0100
da liberazione.it di venerdi 2 dicembre
2005
IO DICO CHE DOBBIAMO SCEGLIERE IL "CICLO
CORTO"
Grandi opere inutili, bisogni veri e
futuro dell'economia
di fabrizio giovenale
Discutiamo. Lui fa: «E’ vero
che con tutti i problemi che abbiamo l’idea del far concorrenza agli aerei coi treni ad Alta Velocità fu abbastanza balorda. D’accordo che della Tav a Val di Susa coi suoi cinquanta chilometri di galleria se ne può fare benissimo a meno. Lo so anch’io che le cose davvero importanti da fare per il nostro paese sono altre: rimboschimenti, regolazione delle acque, e combattere gli inaridimenti, e la "messa in sicurezza" del territorio contro frane- e-erosioni, e cose così. Resta il fatto, però, che se non risolviamo prima i problemi del traffico-merci - dei tir che congestionano le autostrade, appestano l’aria e paralizzano tutto - non risolveremo nessun altro problema». Non fa una grinza. E dunque ragioniamoci sopra un po’ ancora. Fino adesso, si sa, la ricetta ambientalista diceva: primo, meno merci su strada e più su rotaia; secondo, più merci via-mare col cabotaggio costiero. A monte però mi sembra ci sia ancora una cosa da dire. E’ che se il problema è l’andirivieni di merci, chiaro che non si potrà mai risolvere finché quello seguita a crescere. Se non riusciremo a ridurlo. Il che significa innanzitutto recuperare il controllo pubblico sui flussi economici, e poi darci come obiettivo di usarlo, quel controllo, in senso contrario al mercato: per porre freni all’import-export e per promuovere all’interno del paese i "cicli corti" di produzioni-e-consumi luogo per luogo. Col minimo di trasporti di merci. Chiaro che non è una scelta da poco. Significa né più né meno mettersi - di fatto, e non solo a parole - sulla strada bertinottiana della "sinistra cui non piace il mercato": in totale contrasto con gli orientamenti mondiali, con quelli dell’economia nazio- nale (che punta da sempre sulle esportazioni, anche se da quel lato oggi le cose non vanno più tanto bene) e della gran maggioranza delle forze politiche. E tuttavia il rischio di restar soffocati come paese dal traffico-merci è talmente grosso, e le pretese di schivarlo scavando gallerie ferroviarie (che saranno finite fra 10-15 anni, se pure) come per la Tav di Val di Susa appaiono talmente balorde che uno sforzo per uscirne fuori in qualche altro modo bisogna pur farlo. ... Anche perché ci può essere,
in questa faccenda, un risvolto assai positivo. E cioè che se ce la mettiamo tutta per agevolare in ogni modo possibile le iniziative di produzione- e-consumo "a ciclo corto" - legate alle attività di ricerca, all’agricoltura biologica, alle culture e tradizioni locali, al commercio equo-esolidale e quant’altro - ne potrà derivare la proliferazione di tutto un tessuto di alternative economiche locali al Sistema. Un tessuto diversificatissimo, fatto di innumerevoli tasselli, disteso a tappeto su tutto il paese. La cosa da capire, in sostanza, è che la scelta del "ciclo corto" non è necessariamente una scelta di contrazione dell’economia. Tutt’altro. Lo è casomai di quell’economia dell’inutile, del superfluo, del "farci comprare per forza anche quel che non ci serve" dominata dalle Multinazionali e dagli ipermercati. Mentre ha tutte le possibilità di dar vita a una fioritura continua di occasioni di lavoro e di reddito. Con questo di speciale: che i suoi proventi sarebbero per loro stessa natura minutamente ripartiti fra i cittadini. Come dire che muoverci controcorrente rispetto al Sistema avrebbe anche l’effetto di sfilare i profitti dalle solite tasche e ripartirli fra tutti. E va ricordato che esempi di iniziative economiche locali di "ciclo corto" che già funzionano - e funzionano bene, magari senza eccessive pretese - a Roma e nel Lazio ad esempio già se ne vedono. Non c’è che da scegliere. Se mai ci arrivassimo, dunque, raggiungeremmo due risultati importanti: l’alleggerimento del traffico-merci - coi benefici che ne verrebbero all’ambiente e alla qualità delle nostre vite - e una riconversione dell’economia che la riporti più vicina alle vocazioni territoriali e ne ripartisca più equamente i vantaggi. Questo naturalmente in aggiunta alle altre due grandi scelte: riconversione dei trasporti e risanamento territoriale- ambientale. E dunque proviamo a figurarcela, un’Italia così. Con la rete stradale decongestionata e rimessa in sesto, a Sud specialmente. Con le linee ferroviarie potenziate e integrate soprattutto per i trasporti di merci. Con tutto il sistema dei porti mercantili messo in condizione di sostenere la scelta del trasporto merci via-mare. Con le due coste e le isole maggiori avvolte da flussi continui di navi- traghetto e porta-container (che renderebbero ancora più inutile il Ponte sullo Stretto, tra l’altro). E all’ interno di questo grande disegno - nel vivo del territorio - le operazioni di risanamento. Ne parlo da ultimo, ma è chiaro che di tutte le cose da fare restano queste le più importanti. Non c’è dubbio infatti che niente è più potenzialmente dannoso del dissesto del territorio. E nemmeno che dei rimboschimenti ne abbiamo bisogno come del pane: non solo per concorrere allo sforzo mondiale di arginamento dell’effetto-serra ma per combattere gli inaridimenti e ricostituire i cicli di riproduzione delle acque all’interno del nostro paese. Così come non ci possono esser dubbi sul fatto che di consolidare i tanti terreni franosi c’è estremo bisogno, che di acquedotti e fognature da rimettere in sesto ce n’è a non finire, e che ripulire il territorio dalle troppe schifezze che seguitiamo a scaricarci sopra è questione di vita o di morte. Già me lo sento però, a questo punto, chi dice: «E non vuoi nient’altro? ma ti rendi conto di quel che pretenderesti da un nuovo governo? non ce la farebbe nemmeno una dozzina di padreterni assortiti»... D’accordo, d’accordo. Mi contenterei, però, che si cominciasse a prendere confidenza mentale con la possibilità di darci questo diverso pacchetto di obiettivi. Un pacchetto fatto di cose normali - le scelte ambientali di necessità evidentissima, quelle dei "cicli corti" che nascono spontaneamente dalle necessità elementari e dalle capacità d’iniziativa locali, quelle per i trasporti a stretto lume di logica - ma che nel loro insieme, rispetto ai modi di ragionare correnti, configurano un quadro di totale diversità. Come se si parlasse di cose lunari. Vedete che siamo di fronte a qualcosa di paradossale. La logica economica del Sistema Globale ci ha tanto assuefatti a rincorrere quel che non serve che le cose più necessarie non le sappiamo nemmeno più riconoscere... C’è un gran lavoro di disintossicazione mentale da fare. |
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