farmaci antitumorali e mancanza di controlli



da affari italiani Sabato 10.09.05


Antitumorali/ Garattini ad Affari: "L'Emea non svolge controlli adeguati"
 
 
"L'European Medicines Agency (Emea) negli ultimi nove anni ha autorizzato
l'immissione sul mercato europeo di una serie di farmaci antitumorali,
testati sulla base di studi di fase due, ossia su piccoli gruppi di
pazienti, composti in media da un centinaio di persone, e non dopo due
studi di fase tre, svolti su migliaia di persone, come, del resto,
richiedono le linee guida fissate dalla stessa Emea. Questo modo di
procedere ci sembra una scorciatoia pericolosa, che può mettere in pericolo
la salute pubblica, portando all’approvazione di farmaci privi di una
adeguata valutazione del loro reale beneficio per i pazienti", dice ad
Affari Silvio Garattini, direttore dell'Istituto "Mario Negri" di Milano,
che ha curato uno studio sui farmaci antitumorali approvati dall'Emea,
un'organismo dell'Unione Europea, tra il 1995 e il 2004.
Perchè l'Emea ha concesso delle autorizzazioni prima che la procedura
prevista venisse completata?
"Senza dubbio c'è una forte pressione dell'industria che preme affinchè i
suoi prodotti arrivino in fretta sul mercato. Poi, entrano in gioco le
speranze dei malati e delle loro famiglie che vorrebbero subito poter
disporre di un farmaco, non appena negli ambienti accademici e sulla stampa
se ne ipotizza una qualche efficacia".
Avete mosso altre critiche all'operato dell'Emea?
"In alcuni casi sono stati approvati dei prodotti, pur idonei a far
regredire la malattia, senza valutare l'eventuale miglioramento
dell'aspettativa di vita dei pazienti".
Non crede che, a volte, possa essere importante accelerare l'arrivo sul
mercato di un farmaco efficace?
"Non c'è dubbio. Le esigenze da considerare sono numerose. Però, credo che
non sia corretto usare prodotti sperimentati solo su pochi pazienti. In
questo modo si gioca con la salute delle persone e si rischia di addossare
sul Servizio Sanitario Nazionale l'onere di rimborsare farmaci che, poi, si
rivelano inutili o dannosi. Piuttosto si dovrebbe cercare una via per
accorciare il periodo di sperimentazione, che dura dai quattro ai cinque
anni, senza pregiudicare il rigore delle analisi".
In che modo?
"Si potrebbe provare a unire alcuni passaggi della sperimentazione,
ottenendo un test di fase 2 svolto su un campione di pazienti molto più
esteso".
Come va la ricerca antitumorale in Italia?
"Nel nostro Paese ci sono dei buoni centri di ricerca, come l'Istituto
Nazionale dei Tumori, l'Istituto Europeo Oncologico e lo stesso "Mario
Negri", che danno un importante contributo alla conoscenza in campo
oncologico. Tuttavia, da noi l'industria farmaceutica è ormai molto
piccola, così accade che alcune importanti scoperte fatte in Italia,
vengano, poi, utilizzate e commercializzate all'estero".
Il biotech può essere una svolta nella realizzazione di nuovi farmaci?
"Fino ad ora non mi sembra che le biotecnologie abbiano portato particolari
benefici nella cura dei pazienti. Con le tecniche biotech non sono stati
prodotti nuovi farmaci più efficaci rispetto a quelli ottenuti con le
tecniche classiche. Insomma, i risultati non sono quelli che si
aspettavano. Di certo, il biotech ha permesso di sintetizzare delle
sostanze che prima non c'erano. Non escludo, però, che in futuro questo
settore della ricerca possa perfezionarsi e portare dei benefici maggiori"
E' favorevole all'uso degli Ogm?
"Vanno valutati caso per caso, senza formulare a priori sentenze di
apertura o di chiusura".
Nel tempo il progresso della medicina e delle tecnologie ha permesso un
allungamento della vita. Ritiene che l'organismo umano abbia dei limiti
fisiologici di sopravvivenza?
"Per quello che sappiamo ora non ci sono ragioni per pensare che ci siano
dei limiti fisici alla sopravvivenza dell'uomo".

Luca Vaglio