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i nodi del capitale
- Subject: i nodi del capitale
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Sat, 17 Sep 2005 06:53:10 +0200
da repubblica di martedi 30 agosto
2005
I nodi del capitale LUIGI SPAVENTA Si è riaperto il dibattito sull´opportunità di aumentare la tassazione su interessi, dividendi e guadagni di capitale: un dibattito disordinato e confuso, in cui ricorrono argomentazioni che non trovano riscontro nei fatti. La proposta di aumentare il peso tributario sulle cosiddette rendite finanziarie per alleggerire, a pressione fiscale invariata, quello che grava su redditi di altra fonte poggia su ottime ragioni di principio. Da noi i redditi e le plusvalenze di attività finanziarie, con l´eccezione degli interessi sui depositi bancari, godono di un trattamento privilegiato: sia rispetto ai redditi da lavoro e da impresa, sia nel confronto con gli altri paesi europei, ove gli interessi dei titoli e i dividendi delle azioni, quando non confluiscono nella tassazione personale progressiva, sono soggetti a un ritenuta assai più alta del nostro 12,5%. Un aumento dell´aliquota a un livello del 20-22% produrrebbe, a regime, un gettito di qualche miliardo che contribuirebbe a finanziare una riduzione dell´Irap o dei contributi: avvicinandoci al livello europeo, si renderebbe il sistema fiscale non solo meno iniquo, ma anche meno penalizzante per la produzione e per l´occupazione. Ma, si ribatte, si tratta di benefici solo apparenti; l´aumento dell´aliquota farebbe aumentare i tassi di interesse che lo Stato deve corrispondere sui suoi titoli, con un aggravio di spesa pari alla maggiore entrata; oppure, si aggiunge, i capitali privati che lo "scudo fiscale" aveva fatto tornare in patria riprenderebbero la via della Svizzera. Entrambi questi argomenti sono fallaci e denotano una qualche ignoranza dei mercati e della legislazione comunitaria. La prima obiezione trascura il fatto che i prezzi dei titoli di Stato si fanno sul mercato all´ingrosso, dominato da investitori istituzionali, soprattutto esteri. Questi, da tempo esenti dal pagamento della trattenuta, sono perciò indifferenti alla misura dell´aliquota e considerano solo il rendimento lordo: lo prova la circostanza che i rendimenti dei titoli pubblici dei diversi stati nell´area dell´euro hanno differenze di pochi centesimi di punto, del tutto indipendenti dal regime fiscale. Non vi è dunque motivo di ritenere che i tassi di interesse si adeguerebbero a una maggiore aliquota. E la Svizzera? È noto anzitutto che una bella fetta dei capitali che hanno trovato la protezione dello scudo fiscale (quello che, nei programmi, doveva stimolare investimenti per una nuova stagione di crescita della nostra economia) non è affatto rientrata: dopo averla dichiarata e dopo aver pagato un modestissimo premio (spesso a carico delle banche estere interessate), chi possedeva quei fondi li ha lasciati, o li ha fatti tornare, dove erano prima. A parte questo, la nuova direttiva europea sulla tassazione dei redditi finanziari è stata approvata dopo un accordo con la Svizzera, che si è impegnata a tassare al 35% gli interessi sui titoli emessi dopo il 2001 intestati a cittadini residenti nei paesi dell´Unione europea, riversando queste entrate allo Stato di residenza. Possiamo davvero immaginare che gli individui sottoscrittori di Btp e di quant´altri titoli emessi negli ultimi tre anni intraprendano una complessa operazione di arbitraggio fiscale, vendendo quei titoli e acquistando (a prezzi crescenti) titoli emessi prima del 2001? Un aumento di aliquota, piuttosto, incontra alcune difficoltà tecniche nella transizione dal vecchio al nuovo regime, ove si accolga il principio che questo possa riguardare solo i redditi successivi, e non quelli precedenti alla decisione. La soluzione di colpire solo i titoli di nuova emissione non regge: avrebbe un costo elevato di frammentazione del mercato e risultati di gettito modestissimi. Si tratta piuttosto, al momento della transizione, di trattare diversamente i redditi e le plus/minusvalenze da capitale maturati (anche se non ancora riscossi) prima e dopo la data d´adozione. È un problema non elementare per i sostituti d´imposta (le banche), ma superabile, purché il provvedimento sia preso in tempo utile per consentire loro di attrezzarsi adeguatamente. Il parlare senza fare e le chiacchiere sui se e sui ma certamente non aiutano. Ma un malfidato potrebbe chiedersi se la ragione di tante obiezioni non debba rinvenirsi altrove: magari nella comprensibile resistenza a pagare più tasse opposta dal massimo percettore di redditi da capitale soggetti alla ritenuta, al cui consenso e alla cui iniziative il provvedimento è subordinato. |
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