scenari di vita urbana: quotidiano sostenibile



Quotidiano sostenibile

estratti dal volume:
Scenari di vita urbana
di Ezio Manzini, François Jégou

Come potrebbe essere la vita quotidiana in una società sostenibile? Come ci
si prende cura di sé e degli altri, si lavora, si studia, ci si muove, si
coltiva una rete di rapporti personali e sociali, si stabilisce una
relazione non distorta con l'ambiente? Quali sono i tratti comuni alle
diverse società sostenibili che oggi possiamo immaginare? E qual è invece l'
ampiezza delle scelte che a partire da questi elementi comuni si potrebbero
effettuare?
Quotidiano sostenibile presenta uno stato dell'arte sulle risposte che oggi
si possono dare a queste domande. E, a partire da qui, delinea scenari
possibili e alternative praticabili, riferendosi al campo d'applicazione
ampio, ma non onnicomprensivo, della dimensione quotidiana dell'esistenza
(il mondo visto da chi lo abita), con particolare riferimento all'ambiente
urbano (sia le città storiche che le nuove conurbazioni in divenire). Tratta
dunque del futuro dell'abitare, ma lo fa indicando una prospettiva assai
diversa da quella che tanti esempi di "case del futuro" ci hanno abituato a
immaginare. Il centro non è infatti sulle tecnologie che dovrebbero
ridefinire le funzioni tradizionali, ma è piuttosto su diverse "strategie di
vita" che oggi stanno emergendo, diventando possibili e, per alcuni almeno,
desiderabili. Diversi modi di vivere che derivano da forme d'innovazione
sociali e sistemiche più che tecnologiche.
Il libro, che è anche il catalogo di una mostra dallo stesso titolo, nasce
da una ricerca internazionale e da una serie di 15 workshop progettuali in
10 diversi paesi che hanno tracciato un articolato scenario della
quotidianità sostenibile: uno scenario che pone limiti e apre possibilità.
Che solleva nuove domande, offre inedite soluzioni e mostra possibili,
diversi modi di vivere. E lascia al lettore del libro, e al visitatore della
mostra, lo spazio per farsi una propria opinione e articolare le proprie
scelte.
Quotidiano sostenibile, dunque, parla di futuro e di "design" del futuro,
inteso come prefigurazione, progetto e politiche di intervento. Uno
strumento per (cercare di) orientare i modi di vita che verranno.

Quotidianità e sostenibilità

La quotidianità è il mondo visto e praticato da un soggetto collocato nei
suoi normali contesti di vita, quelli in cui avviene "ciò che si fa tutti i
giorni". E che proprio per questo sono i contesti cui ciascuno si riferisce
per giudicare la qualità della propria vita, per confrontarla con le proprie
aspettative di benessere e, nel caso, per decidere se e come agire per
migliorarla.
La vita delle persone si svolge attraverso una sequenza di contesti in cui
hanno luogo funzioni che, per varie ragioni, si incontrano quotidianamente.
L'insieme di questi contesti e delle funzioni che a essi si riferiscono è
dunque il teatro della quotidianità, delle forme di vita che in essa si
sviluppano e quindi anche delle pratiche di produzione, uso e consumo su cui
si basa la vita quotidiana.
D'altra parte, dato il loro carattere quotidiano, queste pratiche sono assai
spesso azioni routinarie: avvengono per abitudine a partire da motivazioni e
criteri di scelta che, giorno per giorno, appaiono come quasi inconsapevoli.
Solo in certi periodi, quando per una qualsiasi ragione cambiano il contesto
e/o le funzioni cui ci si riferisce, l'azione routinaria deve trasformarsi
in scelta consapevole e in progettazione di adeguate strategie d'azione.
Oggi - per diverse ragioni - siamo in uno di questi periodi: e la ragione
che risulta davvero più pressante è quella che qui più ci interessa, la
transizione verso la sostenibilità.
La transizione verso la sostenibilità, si è detto, comporta una
discontinuità sistemica. Tradotto in termini di quotidianità, ciò significa
che ciascuno di noi dovrà interrompere molte delle sequenze di azioni
ripetitive e quasi-inconsapevoli su cui basa la propria esistenza, trovare
nuove motivazioni e definire nuovi obiettivi. E, a partire da qui, costruire
le reti di persone, prodotti, servizi e conoscenze con cui raggiungerli e in
base alle quali generare nuove forme di quotidianità.
(.)

Quotidianità urbana
Il concetto di quotidianità urbana si riferisce a come le funzioni
quotidiane si presentano agli abitanti di una data città ed emerge dalla
combinazione di molteplici fattori di natura diversa. Tra essi, i più
rilevanti sono quelli riferibili alla forma della città e, in particolare,
alla sua densità, alla distribuzione delle sue funzioni, alla qualità delle
sue reti tecniche (energia, acqua, trasporti, rifiuti), dal grado di
connettività che offre ai suoi cittadini (capillarità e ampiezza dei canali
di comunicazione), alla sua dotazione di servizi (natura, quantità e qualità
di servizi accessibili a scala urbana e locale) e, infine, anche alle sue
tradizioni costruttive (tipologie edilizie prevalenti, sistemi costruttivi e
sistemi tecnici degli edifici).
A questo insieme di fattori fisici e territoriali se ne aggiungono altri che
costituiscono ciò che potremmo definire la forma sociale della città. In
particolare: la dimensione e il ruolo dei nuclei familiari (o, più in
generale, degli insiemi di persone che condividono un'abitazione e
affrontano congiuntamente alcune funzioni quotidiane), l'articolazione
locale delle aspettative di benessere (quegli standard di qualità che in
quel luogo e in quel momento sono socialmente riconosciute come accettabili)
e, ovviamente, la distribuzione della ricchezza e della conoscenza e l'
esistenza o meno di organismi di democrazia diffusa e partecipata.
Come si è detto, i fattori ora ricordati sono di natura molto diversa,
dipendono da una varietà di fenomeni sociali complessi e da scelte prese da
una molteplicità di persone e gruppi in momenti e luoghi anche molto lontani
tra loro. Il risultato è che, per il singolo cittadino, essi appaiono come
un insieme di condizioni che le scelte individuali non possono
sostanzialmente modificare.
Questa percezione è per molti versi corretta: la forma fisica e sociale
della città è qualcosa che il singolo cittadino può accettare, non accettare
o anche cercare di forzare, ma che da solo e sui tempi brevi non può
cambiare. Pertanto, costituisce quello che, per lui, in quel determinato
contesto, è il campo del possibile: il sistema di vincoli e possibilità che
definisce quello che si può e quello che non si può fare, la cornice di
senso entro cui far maturare i propri obiettivi e l'insieme delle
opportunità in base a cui definire le strategie per raggiungerli. E quindi
anche, nella misura in cui si proponesse di mettere in atto forme di vita
sostenibili, i limiti entro i quali può orientare i propri comportamenti e
le proprie scelte di consumo.

Quotidianità in-sostenibile
La quotidianità urbana, così come oggi si presenta, implica un peso
ambientale sostanzialmente insostenibile. In prima approssimazione possiamo
dire che questa sostanziale insostenibilità è verificata per ogni città
esistente e fino a oggi pensabile. Questa amara constatazione è il punto di
partenza di ogni altra considerazione. Tuttavia, nel processo sociale di
apprendimento in atto, non tutte le città, non tutte le forme urbane si
trovano alla stessa distanza dal traguardo, non tutte si muovono sulle
stesse traiettorie. Alcune presentano dinamiche di trasformazione che, a
ogni effetto, appaiono come negative e altre invece sperimentano iniziative
e politiche che potrebbero essere promettenti. Facciamo alcuni esempi.
Le città a bassa densità sono intrinsecamente peggiori di quelle a densità
medio-alta: basti pensare alla differente domanda di mobilità che esse
inducono e, più in generale, alla diversa efficienza tecnica, economica e
ambientale di ogni possibile idea di servizio. Contrariamente ai luoghi
comuni e agli stereotipi pseudo-ecologici in circolazione, in linea generale
è più facile pensare a soluzioni sostenibili in città compatte che in
situazioni a urbanizzazione rarefatta. Provocatoriamente: Hong Kong potrebbe
essere un punto di partenza verso la sostenibilità migliore di Los Angeles.
L'esistenza di alcune infrastrutture (sistemi di raccolta differenziata,
reti di distribuzione del gas, reti per la raccolta delle acque grigie)
rende praticabili da parte dei cittadini comportamenti "virtuosi" che
altrimenti non potrebbero essere agiti nemmeno dai meglio intenzionati. Non
serve a nulla separare i rifiuti se poi i rifiuti separati tornano ad essere
inceneriti tutti insieme, e quindi non valorizzati nei circuiti di riciclo.
Analogamente, l'esistenza di attività commerciali e di servizio decentrate
favorisce una vitalità di quartiere, che invece la concentrazione in grandi
poli commerciali periferici tende di fatto a indebolire.
La riduzione della dimensione media dei nuclei familiari incide pesantemente
sui consumi pro-capite: una persona che vive da sola consuma mediamente più
del doppio di quello che consumerebbe se, a parità di standard di benessere,
vivesse in un nucleo familiare di quattro persone. La dimensione del nucleo
familiare condiziona infatti pesantemente la quota pro capite di spazio
domestico attrezzato e climatizzato, l'efficienza nell'uso delle
apparecchiature domestiche e nelle modalità della conservazione e
preparazione degli alimenti.
Infine, è evidente che gli standard di benessere socialmente riconosciuti, e
per questo non così facilmente modificabili, incidono pesantemente sul
profilo generale dei consumi. Per esempio, le aspettative in termini di
riscaldamento invernale e condizionamento estivo sono il risultato di un
processo socio-culturale complesso, i cui esiti possono essere paradossali e
drammaticamente negativi in termini ambientali (si considerino, per esempio,
le artificiali temperature polari mantenute negli edifici pubblici e nei
centri commerciali in numerose città a clima tropicale e, simmetricamente,
le temperature tropicali in quelli delle città del nord del mondo).
Considerazioni analoghe possono essere fatte per tanti altri temi riguardo
ai quali una malintesa idea di benessere ha portato a situazioni veramente
assurde (oltre che drammatiche): come le distorsioni crescenti nella dieta
alimentare, che fanno dell'obesità uno dei maggiori problemi (sanitari e
sociali) a livello mondiale, mentre contemporaneamente gran parte del mondo
soffre di carenze alimentari. E, come se non bastasse, viene promosso lo
sviluppo di sistemi alimentari profondamente - e ormai conclamatamente -
insostenibili.

Quotidianità sostenibile?
Considerando gli esempi ora riportati, risulta evidente che l'
insostenibilità della vita quotidiana nelle attuali città è il risultato di
processi sociali complessi e di scelte politiche ed economiche prese nel
passato e ora consolidate. Oppure prese recentemente, ma in ambiti lontani e
non facilmente raggiungibili dall'azione individuale e quotidiana. Tutto
questo porta a pensare che ciò che può essere fatto alla scala e nelle forme
che qui più c'interessano, la scala della quotidianità e le iniziative "dal
basso", non abbia grandi margini di libertà e, a fronte dei problemi sul
tappeto, non possa essere veramente incisivo.
Questa impressione è, al tempo stesso, vera e falsa. È vera poiché i
comportamentali individuali e le scelte d'acquisto di ciascuno non possono,
in quanto tali, modificare la forma fisica e sociale della città. È falsa
perché la trasformazione di sistemi complessi come quello di cui stiamo
parlando richiede che il sistema esistente, quello che dovrebbe
trasformarsi, sia messo in tensione da una molteplicità d'iniziative che,
esercitando una sorta di pressione dall'interno e alla scala "micro",
preparino le condizioni per renderne possibile e probabile il cambiamento
alla scala "macro". Ed è proprio questo ciò che i singoli cittadini e le
loro comunità possono fare e che, per fortuna, in parte stanno già facendo.
In effetti, osservando attentamente le dinamiche sociali che investono le
città, ci si accorge che qualcosa sta avvenendo: i limiti dati dalle scelte
pregresse possono essere forzati, l'esistente può essere reinventato
immaginandone usi diversi e fino a ora impensati e la tecnologia e le
attuali competenze organizzative possono aprire nuove opportunità. Tutto
questo può generare le condizioni culturali e operative per inedite - e
forse oggi ancora inimmaginabili - soluzioni e forme di vita sostenibili.
Questo "qualcosa che sta avvenendo" emerge da un insieme articolato di
ricerche, progetti, iniziative concrete che mostrano strade promettenti e
praticabili: promettenti perché, coerentemente con alcune linee guida per la
sostenibilità, indicano modi per rompere con le idee dominanti e con i modi
di fare consolidati. Praticabili perché le opportunità che presentano sono
sostenute anche da dinamiche sociali e trend tecnologici in atto che, se
opportunamente orientati, possono facilitarne la realizzabilità. E, nel caso
le iniziative in questione corrispondano ad attività imprenditoriali,
possono favorirne l'accettabilità da parte del mercato.
Per concludere, si può osservare che tutto questo si traduce anche in un
insieme di idee: idee cosmopolite che nascono da qualche parte nel mondo, ma
che poi hanno la forza di entrare nella rete mondiale delle comunicazioni,
di migrare in altri luoghi, di rigenerarsi in altri contesti e di mettere in
movimento altre, autonome esperienze.
( di Ezio Manzini, François Jégou )

Il cibo naturale evoluto

Il cibo naturale evoluto è un insieme di alimenti biologici, freschi,
stagionali e (per quanto possibile) prodotti localmente che un innovativo
sistema di produzione e distribuzione rende apprezzabili e facilmente
accessibili anche in un ambiente urbano.
Il sistema alimentare urbano è un'entità complessa in rapida trasformazione.
L'incremento demografico, la crescita delle metropoli e l'estendersi di
modelli alimentari oggi dominanti comportano, al tempo stesso, un aumento
della domanda di prodotti e il suo orientamento verso diete sostanzialmente
insostenibili. Un'insostenibilità motivata dall'entità delle risorse
ambientali che l'adozione di queste diete porta a consumare, dalle patologie
che esse stesse generano e dalla perdita di varietà biologica e culturale
indotta dalla loro diffusione.
Sul piano quantitativo, considerando la domanda di cibo da parte delle
popolazioni urbane del futuro e il costo ambientale dei modelli alimentari
oggi dominati, appare evidente la sostanziale insostenibilità delle tendenze
in atto. Sul piano qualitativo, l'aumento dell'obesità, che è diventata una
patologia diffusa, in un mondo in cui i più sono ancora in condizioni di
sotto-alimentazione, rappresenta uno dei paradossi più drammaticamente
emblematici della sostanziale insostenibilità materiale, ma anche sociale ed
etica, del modello alimentare oggi dominante.
Infine, la diffusione di questo modello alimentare comporta la perdita di
varietà nei prodotti e nelle culture alimentari locali, travolti dalla
crescente omologazione dei gusti e, dietro a essa, dei sistemi agricoli e
produttivi che li sostengono. Nella prospettiva della sostenibilità ogni
riduzione di diversità, quella biologica, ma anche quella culturale, è una
perdita grave: una tappa verso l'impoverimento del sistema complessivo.

Proposta
Sviluppare un sistema alimentare innovativo che renda effettivamente
accessibili in ambiente urbano cibi biologici il più possibile freschi,
stagionali e prodotti localmente.
Usare le nuove tecnologie per facilitare queste attività e, in particolare,
per introdurre sistemi innovativi di preparazione e distribuzione, per
promuove relazioni dirette e trasparenti tra produttori e consumatori e, in
fine, per sviluppare attività culturali e formative sul tema dell'
alimentazione e della salute.

Caratteristiche
Questa prospettiva, che definiamo cibo naturale evoluto, risulta promettente
per diverse ragioni. Prima di tutto perché promuove la conoscenza e il
consumo di prodotti alimentari biologici, locali e stagionali. Così facendo,
da un lato favorisce un'alimentazione più sana ed equilibrata (riducendo
anche l'uso di prodotti farmaceutici) e, dall'altro lato, rigenera e
valorizza saperi locali legati alla preparazione alimentare e all'uso medico
degli alimenti.
Parallelamente, questa stessa prospettiva favorisce lo sviluppo di sistemi
produttivi e tecnologie di preparazione altamente eco-efficienti, di sistemi
distributivi a bassa intensità di trasporti e d'iniziative economiche a
scala locale, che utilizzano risorse fisiche e sociali localmente
disponibili.
Il concetto di cibo naturale evoluto integra saperi e pratiche tradizionali
con l'impiego di conoscenze, tecnologie e logiche organizzative avanzate. Il
suo carattere più innovativo sta nell'unione dell'idea di "fresco e
tradizionale", con quella di "tecnologicamente avanzato" e nella possibilità
di utilizzare le migliori tecnologie per aumentare la trasparenza del
sistema alimentare, per offrire informazioni e generare competenze in campo
alimentare e per supportare inedite forme d'organizzazione tra consumatori e
tra consumatori e produttori.

Praticabilità
Il cibo naturale evoluto consente agli abitanti della città di
approvvigionarsi di cibi sicuramente freschi e biologici, di essere
informati su come utilizzarli e di essere materialmente in grado di
preparali. Risponde dunque a esigenze diverse e contraddittorie oggi
emergenti nelle società contemporanee: domande di freschezza e salubrità e,
allo stesso tempo, domande di prodotti e servizi che permettano di superare
la mancanza di tempo e di competenze necessarie nella preparazione di cibi
di qualità.
Il cibo naturale evoluto permette dunque di collegare la qualità
gastronomica degli alimenti con la ricerca del benessere, fino ad arrivare,
in certe culture (come quella cinese) a integrare il tema alimentare con
quello della prevenzione e della cura di specifiche malattie. Le parole
chiave della sua praticabilità sono:
. freschezza e salubrità, intese come qualità del sistema, per cui i
prodotti sono (e vengono percepiti) come freschi, salubri e di origine
controllata. La loro chiara localizzazione e la loro stagionalità aumentano
questa percezione. Una serie di servizi integrativi aiuta a comprenderne le
proprietà e a perfezionare il modo di inserirli nella propria dieta;
. accessibilità e facilità, intese come qualità del sistema, per cui i
prodotti sono (e vengono percepiti) come "facili da preparare". La loro
preparazione e i servizi collegati permettono infatti di estenderne l'
accesso anche a chi, altrimenti, non avrebbe il tempo e le conoscenze
necessari per adottarli.
( di Ezio Manzini, François Jégou )

Il vicinato elettivo

Il vicinato elettivo è una rete locale di persone che si danno un reciproco
aiuto nella soluzione di qualche specifico problema e/o che si confrontano e
interagiscono su temi di comune interesse.
Il tessuto sociale urbano è una risorsa sociale che nelle attuali città
risulta sempre più rara e difficile da riprodurre. Le cause di questa crisi
sono diverse e complesse ma, in ultima istanza, tutte riconducibili alla
progressiva individualizzazione della società, che ha raggiunto livelli
estremi nelle società industriali più mature: ha di fatto interrotto i
processi spontanei di costruzione di comunità di vicinato.
Spieghiamoci meglio. La vita quotidiana delle persone si è sempre largamente
basata su forme d'aiuto reciproco tra i membri della stessa comunità di
vicinato. Qualunque fosse la natura di queste comunità esse hanno sempre
costituito reti locali orientate alla collaborazione, in grado di supportare
i singoli membri nella maggior parte degli eventi della vita. Queste reti
collaborative, che tradizionalmente erano il frutto di processi sociali
lenti e autogenerati, oggi si sono logorate e tendono a non riprodursi più.
O, almeno, tendono a non farlo più nello stesso modo del passato. In
particolare, l'azione congiunta della virtualizzazione delle relazioni,
della flessibilizzazione dei modi di vita e della desicronizzazione dei
tempi della giornata hanno inibito la possibilità di rigenerare quelle
condizioni di prossimità, stabilità e continuità di rapporto che erano alla
base di ogni tradizionale idea di comunità. Il che ha ripercussioni gravi
sulla vita delle persone. E, in particolare, sulla loro quotidianità e sulla
qualità dei loro contesti di vita.

Proposta
Facilitare la vita delle persone permettendo loro di affrontare e risolvere
una gamma di problemi a livello (il più possibile) locale, utilizzando
competenze e infrastrutture esistenti nella comunità di vicinato, combinando
tra loro diverse forme di economia (mercato, baratto ed economia del dono).
Utilizzare le nuove tecnologie e i nuovi sistemi organizzativi per generare
reti di vicinato capaci di dare l'appoggio richiesto ogniqualvolta ciò si
renda necessario e che, allo stesso tempo, presentino quei caratteri di
flessibilità e reversibilità che la vita nelle città contemporanee oggi
sembra richiedere.

Caratteristiche
Il valore sociale della prospettiva del vicinato elettivo è evidente:
proponendo di valorizzare le competenze e le capacità locali, favorisce la
rigenerazione dei contesti di vita delle persone e delle comunità. Presenta
però caratteristiche interessanti anche dal punto di vista ambientale in
quanto, promuovendo l'uso condiviso di materiali, prodotti e infrastrutture,
riduce la domanda di nuovi prodotti e ottimizza l'impiego di quelli
esistenti.
Il concetto di vicinato elettivo si avvicina, ovviamente, a quello di
vicinato inteso nel suo senso tradizionale di tessuto di relazioni sociali
localizzate e stabili, nel quale i singoli individui e/o le singole famiglie
potevano trovare varie forme di sostegno.
Ciò che distingue il nuovo concetto di vicinato da quello tradizionale è il
fatto che esso propone una forma di comunità reversibile nel tempo e
flessibile nello spazio, una forma di comunità che può essere adottata e/o
lasciata se e quando il soggetto lo ritiene necessario. In altre parole, il
nuovo vicinato non è un obbligo, ma una scelta. Il che implica anche che non
è un dato di fatto in cui ci si trova a vivere e con cui, volenti o nolenti,
ci si deve confrontare (com'era nel passato), ma è un'entità sociale da
progettare e costruire e gestire nel tempo.
D'altra parte, anche se il vicinato elettivo presenta un legame territoriale
più lasco di quanto non fosse per il vicinato tradizionale, questo legame
esiste in quanto è proprio la vicinanza fisica che rende praticabili i
contatti diretti e le attività di aiuto reciproco su cui anche il vicinato
elettivo si basa, rendendo questa proposta diversa da altre forme emergenti
di comunità contemporanee. Queste ultime, infatti, sono prevalentemente
virtuali (in esse prevale il rapporto mediato dai mezzi di comunicazione),
de-localizzate (sono scollegate da ogni base territoriale) e molto spesso,
mono-tematiche (sono determinate da un solo, ben preciso tema di interesse).
Per contrasto, possiamo dire che le comunità riportabili al concetto di
vicinato elettivo sono invece, prevalentemente, comunità reali (anche se
possono appoggiarsi su reti telematiche), localizzate (anche se il "luogo"
non è necessariamente limitato a spazi tra loro adiacenti) e multi-tematiche
(anche se possono avere qualche forma di specializzazione).

Praticabilità
Il concetto di vicinato elettivo propone un equilibrio tra diverse domande:
la domanda di libertà individuale, intesa come flessibilità e reversibilità
nelle scelte di vita, che si presenta come uno dei tratti caratterizzanti i
soggetti metropolitani contemporanei, quella di comunità, intesa come senso
di appartenenza e di identità, e quella di localizzazione, intesa come
costruzione di una rete locale di appoggio, di cui ciascuno, oggi come in
passato, sente il bisogno per risolvere una gamma di piccoli e grandi
problemi quotidiani. Le parole chiave della sua praticabilità sono:
. elettività, intesa come la possibilità di scegliere come, quando, con chi
e per quanto tempo generare una relazione sociale più stretta;
. accessibilità, intesa come la possibilità di rendere più fluide le
interazioni di vicinato tra soggetti, per altro, sempre più mobili sul
territorio e con tempi di vita sempre più diversificati;
. economicità, intesa come la possibilità di accesso a "servizi" basati
(totalmente o in parte) su forme di economia sociale, che offrono soluzioni
mediamente più economiche di quelle che si potrebbero ottenere da analoghi
servizi offerti all'interno di un economia (totalmente) di mercato.
( di Ezio Manzini, François Jégou )

Il 'luogo potenziato'

1. Un luogo può essere definito come potenziato quando è dotato di un
sistema tecnico che ne "aumenta" le proprietà, generando una particolare
forma di realtà aumentata (augmented reality).
In pratica, tale sistema tecnico si configura, nei confronti del luogo, come
un nuovo tipo di protesi che, invece di costituire un'estensione delle
possibilità di un individuo, è concepita come un'estensione delle
possibilità di un luogo.
Questo ruolo di protesi dei luoghi può essere svolto (e, di fatto, lo è
stato) anche dalle tecnologie più tradizionali: da quelle edilizie alla
telefonia fissa. Oggi però è emersa una nuova famiglia di tecnologie (dalla
tele-presenza all'ambient intelligence) che aprono alle protesi dei luoghi
nuove e impensate possibilità.
2. Un luogo potenziato è un luogo ibrido (fisico e virtuale), in rete con
altri luoghi, in cui sono realizzabili inedite forme di organizzazione, di
conoscenze e di interazione sociale. Relazioni flessibili, reversibili ma
potenzialmente stabili, in quanto radicate in un luogo (per esempio in un
quartiere) e connesse alla rete delle comunità che in quel luogo si
intrecciano.
I luoghi potenziati sono dunque luoghi dove può essere svolta una varietà di
attività complementari, dove diversi flussi di materiali ed energia possono
essere integrati e diverse reti (relative a diversi specifici temi e alla
erogazione di diversi specifici servizi) si collegano tra loro generando
integrazioni multifunzionali. Infine, essi sono dei luoghi connotati e
connotanti, in cui l'interconnessione di un particolare insieme di reti e
servizi, particolarmente rilevanti, ne determina le specificità fino alla
più ampia scala.
3. L'ipotesi di un possibile sviluppo di luoghi potenziati appare in
contrasto con la tendenza che in questi anni è apparsa dominate: la crisi
del senso del luogo, con le relative implicazioni sul piano sociale,
economico e culturale. D'altro lato, in questi anni è risultato chiaro che
questa tendenza dominante genera controtendenze. Il tema dei luoghi
potenziati si colloca in questo stesso filone. Ma, a differenza di altre
tendenze verso la localizzazione, non ha particolari nostalgie per il
passato: il nuovo senso del luogo che suggerisce vuole essere coerente con
la natura più profonda delle esperienze umane (che sono sempre esperienze
situate, cioè collocate in un ben definito contesto fisico e sociale), ma,
allo stesso tempo, intende anche accettare la sfida della contemporaneità.
Il che, in questo caso, significa scommettere che il nuovo senso del luogo
possa emergere dall'incontro tra nuovi comportamenti e le nuove potenzialità
tecnologiche.
( di Ezio Manzini )

La sostenibilità dell'esperienza. Tecnologie virtuali per rappacificarsi con
la materia

Ci troviamo a vivere in un contesto nel quale vediamo crescere insicurezza e
paura, sentimenti che gli eventi politici e sociali degli ultimi anni hanno
alimentato. Le costanti emergenze ambientali non fanno che accrescere questo
stato di malessere che finisce per investire tutti gli aspetti della nostra
esistenza e delle comunità nelle quali viviamo. In questo scenario le nuove
tecnologie sono spesso presentate come una soluzione praticabile, attraverso
la possibilità di tradurre in "immaterialità" la materialità degli oggetti,
riducendo consumi, scarti, impatto e incrementando efficienza e
potenzialità. Tuttavia proprio in questi tempi da Rumore Bianco la
materialità, il corpo e il contatto umano costituiscono un antidoto all'
ansia cui è difficile rinunciare.
Viviamo inoltre nella società della conoscenza e della tecnologia digitale e
il nostro sistema economico e produttivo - intendo quello dei paesi
occidentali - è basato sempre più su valori immateriali: la nostra
materialità l'abbiamo "esportata" nei paesi in via di sviluppo o di recente
industrializzazione. Tuttavia, in questo modo stiamo rischiando di perdere
quelle forme di cultura del fare, legate alla materia e tramandate
attraverso l'esperienza, che hanno dato vita a preziosi giacimenti culturali
e ambientali.
È quasi come se stessimo coltivando una forma di fobia nei confronti della
materia che ci si è rivoltata contro e cerchiamo di allontanare e annullare;
persino l'estetica di questi ultimi anni denuncia questo modo di sentire
attraverso un minimalismo estremizzato, l'assenza del colore e l'
essenzialità delle forme. È tuttavia una fobia che denuncia una
contraddizione forte con il nostro sempre più frenetico bisogno di
 "produrre" e "consumare" merci per garantire la sopravvivenza del sistema
che abbiamo costruito.
Nello scenario che mi piace immaginare, la tecnologia non è affatto la
soluzione in grado di emancipare l'individuo dalla materia ma la via per
riappacificarlo con essa. Una realtà in cui reti digitali e minuscoli
oggetti multifunzionali e intelligenti non si sostituiscano al piacere di
sfogliare le pagine di un libro ma moltiplichino questa possibilità.
Immagino cioè una società in cui la "leggerezza" non sia frutto della
"miniaturizzazione" o della "virtualizzazione" della materia - dalle merci
alle esperienze - ma piuttosto della capacità di figurarsi nuovi modi di
"scambio" che non annullino le merci, anzi le rendano più disponibili, più
diffuse, più condivise ma paradossalmente meno "consumate". Le visioni più
interessanti e contemporanee dell'economia dei servizi vanno, credo, in
questa direzione: macchine condivise, biciclette condivise, guardaroba
condivisi. Ma la società stessa sta trovano modi autonomi e spontanei per
esprimere questa inclinazione. Per esempio ho trovato in metropolitana il
mio primo libro di una catena di book crossing, anche se non so quanto
questo fenomeno possa essere ricondotto a una reale necessità di relazione e
condivisione piuttosto che alla moda del momento. Eppure penso che realmente
ci troviamo di fronte all'emergere "dal basso" di una nuova modalità di
"consumo" nella quale la disponibilità di merci (di servizi, di conoscenza,
di esperienza) non necessariamente coincida con il loro "possesso". Tutta la
letteratura sull'avvento della società dei servizi ha in qualche modo sempre
sostenuto questa tendenza, ma credo che ciò che abbiamo di fronte oggi sia
qualcosa di un po' diverso. Si tratta di servizi nei quali la componente di
partecipazione attiva, se vogliamo di "auto-organizzazione" da parte dell'
utente, ha una rilevanza determinante. Questa partecipazione è per la prima
volta garantita, anzi amplificata, dalle possibilità che le nuove tecnologie
offrono. La circolazione d'informazione e di conoscenza attraverso le reti
digitali è in grado di tradurre concretamente la disponibilità "virtuale" di
merci e servizi in "accesso" reale: posso sapere dove e quando trovare ciò
che sto cercando. Ma, aspetto ancora più importante, può facilmente
aggregare comunità con caratteristiche affini, interessi, gusti, stili di
vita, esigenze. Mai come in questo momento il fenomeno delle "comunità
virtuali" sta mettendo in evidenza il proprio prorompente impatto sulle
comunità reali, rivoluzionando i tradizionali motori di aggregazione sociale
e politica.
Credo che difficilmente tutto questo potrà non avere impatto sulle dinamiche
di "consumo" e sulla forma dei mercati e delle merci.
Lo scenario che mi piace immaginare potrei raccontarlo con un immagine, una
piccola storia: partire per un lungo viaggio portandomi solo gli abiti che
indosso e potendomi permettere di pronunciare a cuor leggero la frase di
quel filosofo greco, Biante, che, a chi si meravigliava che non portasse con
se alcun bagaglio fuggendo con gli altri dalla sua città conquistata da
Ciro, disse Omnia mea mecum porto, "porto con me tutto ciò che possiedo".
Nel mio caso non mi riferirei alla sola mia saggezza e al mio ingegno, come
intendeva quel filosofo, ma al minuscolo oggetto elettronico nella mia
tasca, garanzia di trovare sulla mia strada tutto il necessario e al momento
giusto, per poter poi lasciare tutto quanto alla disponibilità di altri.
( di Alberto Seassaro )

Gli esempi di casa estesa oggi nel mondo

Casa estesa come co-housing
In molti paesi è apparso in questi anni un modo di abitare che, a prima
vista, può ricordare le vecchie comuni degli anni '60, ma che, invece, ne è
molto lontano. È caratterizzato da due aspetti qualificanti: l'integrazione
di spazi privati con un insieme di strutture condivise e la creazione di
comunità di persone che scelgono di abitare insieme in base a una meditata
serie di considerazioni assai più di carattere pratico che ideologico (in
pratica, una negoziazione con cui sono definite con chiarezza le regole
della futura possibile convivenza).
Le strutture che, con questo processo decisionale vengono condivise possono
essere: la cucina, la lavanderia, il laboratorio per il fai-da-te, gli spazi
per bambini, le stanze per gli ospiti, il giardini e gli attrezzi da
giardino. In ogni caso, però, la proposta di condividere qualcosa viene
considerata dai residenti come un'opportunità: la possibilità di avere
accesso a spazi e strutture che altrimenti non avrebbero potuto avere. Lo
sviluppo di queste iniziative ha portato alla creazione di diverse
organizzazioni finalizzate a socializzare le esperienze. Per esempio: The
Cohousing Association of the US, Canadian Cohousing Network, Cohousing
Australia, Cohousing Network Japan, Swedish Collective Housing Network.

Casa estesa come service-apartment
Un altro modo di abitare che si sta diffondendo e che, per molti versi
richiama il concetto di casa estesa, è quello dei service-apartment:
appartamenti (minimi) dotati di (ampi) servizi condominali. L'idea e la
pratica di questa tipologia abitativa non è certamente nuova. Ciò nondimeno,
date le trasformazioni sociologiche ed economiche in atto, essi si stanno
estendendo. Un caso emblematico di questa tendenza è Hong Kong, dove la
maggior parte dell'edilizia recente è realizzata in questo modo. Ovviamente,
così come sono oggi concepiti, questi service-apartment non possono essere
considerati esempi positivi di casa estesa. Tuttavia essi mostrano in
concreto la possibilità, e il possibile successo, di un modo di considerare
lo spazio abitativo diverso da quello tradizionale.

Lavanderia e altro
Da più parti nel mondo le lavanderie stanno evolvendo. Una delle possibili
linee evolutive è la loro integrazione con un bar o un ristorante. Per
esempio: Brain Wash, San Francisco, The Laundry Bar, Miami Beach, Waschbar,
Linz, Wasch Bar, Amburgo, The Laundry Café, Londra, Holly's, Berlino.
Queste lavanderie evolute sono l'esempio di come una funzione domestica a
carattere essenzialmente tecnico, come quella di fare il bucato, possa
essere portata fuori dall'ambito privato, offrendo una struttura e
attrezzature di alta qualità. E migliorando gli standard (ambientali ed
estetici) delle attuali lavanderie pubbliche, arricchendone il servizio e
rendendo la lavanderia stessa un luogo di intrattenimento e, potenzialmente,
di socializzazione.

Cucine, saune e bagni termali condivisi
Numerosi esempi di casa estesa, visti nel loro tradizionale contesto,
appaiono quasi ovvi. Invece, immaginando di trasferirli a contesti d'uso o
culturali diversi, possono fornire spunti interessanti. Per esempio: la
condivisione delle cucine è un fatto comune in molti campus studenteschi in
tutto il mondo, ma questa stessa soluzione potrebbe essere introdotta in
situazioni abitative diverse, progettate per giovani, persone che abitano da
sole o persone che risiedono in una città per periodi di tempo limitati.
Oppure: le saune condominali in Finlandia e i bagni termali in comune in
Giappone sono un'ovvietà nei loro paesi d'origine, ma mostrano che è
possibile immaginare la condivisione di alcuni luoghi di benessere e di cura
del corpo.
( di Ezio Manzini, François Jégou )

Il concetto di casa estesa

La casa estesa è un contesto fisico e sociale articolato in spazi privati e
in spazi semi-privati e pubblici in cui, in modo aperto e flessibile, si
distribuiscono le diverse funzioni della vita quotidiana.
La domanda complessiva di spazio domestico sta crescendo velocemente. L'
incremento demografico, il cambiamento nella composizione dei nuclei
familiari e il diffondersi dei modelli abitativi e di consumo delle società
industriali stanno innalzandone la domanda (sia in termini di spazio
domestico individuale - metri quadrati pro-capite, sia in termini di
dotazioni tecniche - apparecchiature richieste per la climatizzazione, per
la manutenzione, per la cura dell'abbigliamento, ecc.). Il risultato è un
grande aumento dei consumi di risorse ambientali legato all'ampliamento
dello spazio domestico attrezzato per persona, all'aumento delle prestazioni
richieste e all'inefficienza delle dotazioni tecniche mediamente adottate.

Proposta
Liberare lo spazio domestico da alcune attività e con questo ridurlo senza
penalizzarne la vivibilità. Il che significa: dedicare lo spazio privato
soltanto alle attività che ciascuno giudica più attinenti al proprio
desiderio di intimità e trasferire le altre in diverse unità di servizio
esterne e di uso condiviso: i servizi integrativi della casa estesa.
Sviluppare una gamma di servizi integrativi che non solo "liberino lo spazio
domestico", ma anche diano accesso a servizi di qualità mediamente non
raggiungibili con soluzioni rivolte all'uso personale domestico. Servizi la
cui qualità sia valutabile sia da parte dell'utente singolo, che da quello
della comunità e dell'ambiente.

Caratteristiche
Questa prospettiva, che definiamo la casa estesa, appare promettente per due
ragioni fondamentali: permette di contenere l'impiego di spazio domestico
attrezzato pro-capite e, utilizzando al meglio le attrezzature impiegate,
riduce le risorse consumate per unità di servizio reso (e quindi, per unità
di utente soddisfatto). Inoltre, proponendo lo sviluppo di attrezzature e
spazi a uso pubblico o quasi-pubblico, crea occasioni di socialità e nuove
opportunità per la comunità di vicinato.
Si può osservare che il concetto di casa estesa, di per sé, non è certamente
nuovo e che la proposta di ridurre lo spazio domestico privato per aumentare
quello pubblico ha già avuto nel secolo scorso una vasta eco. In passato,
però, queste idee hanno portato a proposte la cui applicazione è avvenuta -
quando è avvenuta - solo sotto l'azione di forti pressioni ideologiche e/o
di pressanti necessità.
Nella visione di casa estesa che oggi emerge, viceversa, risulta evidente il
carattere non ideologico (o comunque assai meno ideologico) delle proposte:
la riduzione della dimensione quantitativa dello spazio domestico privato,
infatti, vi compare come un espediente per aumentarne la componente
qualitativa e per accrescere la libertà di accesso ai servizi integrativi di
qualità.

Praticabilità
La prospettiva della casa estesa amplia la possibilità d'accesso ai servizi
della quotidianità, proponendo soluzioni nuove, più avanzate o,
semplicemente, più adattabili alle domande degli utenti in diversi momenti.
Le parole chiave della sua praticabilità sono:
. flessibilità, intesa come la possibilità di mettere in atto strategie di
vita adattabili nel tempo, componendo di volta in volta il "pacchetto di
servizi" che in quel momento meglio corrispondono alle proprie necessità ed
ai propri interessi;
. qualità del servizio, intesa come accessibilità a servizi integrativi
caratterizzati da standard di qualità superiori a quelli mediamente
raggiungibili adottando la configurazione abitativa tradizionale e i
tradizionali servizi ad uso individuale;
. spazio libero: spazio domestico, per uso privato, liberato da funzionalità
e apparecchiature indesiderate.
( di Ezio Manzini, François Jégou )