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scenari di vita urbana: quotidiano sostenibile
- Subject: scenari di vita urbana: quotidiano sostenibile
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 17 Mar 2005 23:54:01 +0100
Quotidiano
sostenibile estratti dal volume: Scenari di vita urbana di Ezio Manzini, François Jégou Come potrebbe essere la vita quotidiana in una società sostenibile? Come ci si prende cura di sé e degli altri, si lavora, si studia, ci si muove, si coltiva una rete di rapporti personali e sociali, si stabilisce una relazione non distorta con l'ambiente? Quali sono i tratti comuni alle diverse società sostenibili che oggi possiamo immaginare? E qual è invece l' ampiezza delle scelte che a partire da questi elementi comuni si potrebbero effettuare? Quotidiano sostenibile presenta uno stato dell'arte sulle risposte che oggi si possono dare a queste domande. E, a partire da qui, delinea scenari possibili e alternative praticabili, riferendosi al campo d'applicazione ampio, ma non onnicomprensivo, della dimensione quotidiana dell'esistenza (il mondo visto da chi lo abita), con particolare riferimento all'ambiente urbano (sia le città storiche che le nuove conurbazioni in divenire). Tratta dunque del futuro dell'abitare, ma lo fa indicando una prospettiva assai diversa da quella che tanti esempi di "case del futuro" ci hanno abituato a immaginare. Il centro non è infatti sulle tecnologie che dovrebbero ridefinire le funzioni tradizionali, ma è piuttosto su diverse "strategie di vita" che oggi stanno emergendo, diventando possibili e, per alcuni almeno, desiderabili. Diversi modi di vivere che derivano da forme d'innovazione sociali e sistemiche più che tecnologiche. Il libro, che è anche il catalogo di una mostra dallo stesso titolo, nasce da una ricerca internazionale e da una serie di 15 workshop progettuali in 10 diversi paesi che hanno tracciato un articolato scenario della quotidianità sostenibile: uno scenario che pone limiti e apre possibilità. Che solleva nuove domande, offre inedite soluzioni e mostra possibili, diversi modi di vivere. E lascia al lettore del libro, e al visitatore della mostra, lo spazio per farsi una propria opinione e articolare le proprie scelte. Quotidiano sostenibile, dunque, parla di futuro e di "design" del futuro, inteso come prefigurazione, progetto e politiche di intervento. Uno strumento per (cercare di) orientare i modi di vita che verranno. Quotidianità e sostenibilità La quotidianità è il mondo visto e praticato da un soggetto collocato nei suoi normali contesti di vita, quelli in cui avviene "ciò che si fa tutti i giorni". E che proprio per questo sono i contesti cui ciascuno si riferisce per giudicare la qualità della propria vita, per confrontarla con le proprie aspettative di benessere e, nel caso, per decidere se e come agire per migliorarla. La vita delle persone si svolge attraverso una sequenza di contesti in cui hanno luogo funzioni che, per varie ragioni, si incontrano quotidianamente. L'insieme di questi contesti e delle funzioni che a essi si riferiscono è dunque il teatro della quotidianità, delle forme di vita che in essa si sviluppano e quindi anche delle pratiche di produzione, uso e consumo su cui si basa la vita quotidiana. D'altra parte, dato il loro carattere quotidiano, queste pratiche sono assai spesso azioni routinarie: avvengono per abitudine a partire da motivazioni e criteri di scelta che, giorno per giorno, appaiono come quasi inconsapevoli. Solo in certi periodi, quando per una qualsiasi ragione cambiano il contesto e/o le funzioni cui ci si riferisce, l'azione routinaria deve trasformarsi in scelta consapevole e in progettazione di adeguate strategie d'azione. Oggi - per diverse ragioni - siamo in uno di questi periodi: e la ragione che risulta davvero più pressante è quella che qui più ci interessa, la transizione verso la sostenibilità. La transizione verso la sostenibilità, si è detto, comporta una discontinuità sistemica. Tradotto in termini di quotidianità, ciò significa che ciascuno di noi dovrà interrompere molte delle sequenze di azioni ripetitive e quasi-inconsapevoli su cui basa la propria esistenza, trovare nuove motivazioni e definire nuovi obiettivi. E, a partire da qui, costruire le reti di persone, prodotti, servizi e conoscenze con cui raggiungerli e in base alle quali generare nuove forme di quotidianità. (.) Quotidianità urbana Il concetto di quotidianità urbana si riferisce a come le funzioni quotidiane si presentano agli abitanti di una data città ed emerge dalla combinazione di molteplici fattori di natura diversa. Tra essi, i più rilevanti sono quelli riferibili alla forma della città e, in particolare, alla sua densità, alla distribuzione delle sue funzioni, alla qualità delle sue reti tecniche (energia, acqua, trasporti, rifiuti), dal grado di connettività che offre ai suoi cittadini (capillarità e ampiezza dei canali di comunicazione), alla sua dotazione di servizi (natura, quantità e qualità di servizi accessibili a scala urbana e locale) e, infine, anche alle sue tradizioni costruttive (tipologie edilizie prevalenti, sistemi costruttivi e sistemi tecnici degli edifici). A questo insieme di fattori fisici e territoriali se ne aggiungono altri che costituiscono ciò che potremmo definire la forma sociale della città. In particolare: la dimensione e il ruolo dei nuclei familiari (o, più in generale, degli insiemi di persone che condividono un'abitazione e affrontano congiuntamente alcune funzioni quotidiane), l'articolazione locale delle aspettative di benessere (quegli standard di qualità che in quel luogo e in quel momento sono socialmente riconosciute come accettabili) e, ovviamente, la distribuzione della ricchezza e della conoscenza e l' esistenza o meno di organismi di democrazia diffusa e partecipata. Come si è detto, i fattori ora ricordati sono di natura molto diversa, dipendono da una varietà di fenomeni sociali complessi e da scelte prese da una molteplicità di persone e gruppi in momenti e luoghi anche molto lontani tra loro. Il risultato è che, per il singolo cittadino, essi appaiono come un insieme di condizioni che le scelte individuali non possono sostanzialmente modificare. Questa percezione è per molti versi corretta: la forma fisica e sociale della città è qualcosa che il singolo cittadino può accettare, non accettare o anche cercare di forzare, ma che da solo e sui tempi brevi non può cambiare. Pertanto, costituisce quello che, per lui, in quel determinato contesto, è il campo del possibile: il sistema di vincoli e possibilità che definisce quello che si può e quello che non si può fare, la cornice di senso entro cui far maturare i propri obiettivi e l'insieme delle opportunità in base a cui definire le strategie per raggiungerli. E quindi anche, nella misura in cui si proponesse di mettere in atto forme di vita sostenibili, i limiti entro i quali può orientare i propri comportamenti e le proprie scelte di consumo. Quotidianità in-sostenibile La quotidianità urbana, così come oggi si presenta, implica un peso ambientale sostanzialmente insostenibile. In prima approssimazione possiamo dire che questa sostanziale insostenibilità è verificata per ogni città esistente e fino a oggi pensabile. Questa amara constatazione è il punto di partenza di ogni altra considerazione. Tuttavia, nel processo sociale di apprendimento in atto, non tutte le città, non tutte le forme urbane si trovano alla stessa distanza dal traguardo, non tutte si muovono sulle stesse traiettorie. Alcune presentano dinamiche di trasformazione che, a ogni effetto, appaiono come negative e altre invece sperimentano iniziative e politiche che potrebbero essere promettenti. Facciamo alcuni esempi. Le città a bassa densità sono intrinsecamente peggiori di quelle a densità medio-alta: basti pensare alla differente domanda di mobilità che esse inducono e, più in generale, alla diversa efficienza tecnica, economica e ambientale di ogni possibile idea di servizio. Contrariamente ai luoghi comuni e agli stereotipi pseudo-ecologici in circolazione, in linea generale è più facile pensare a soluzioni sostenibili in città compatte che in situazioni a urbanizzazione rarefatta. Provocatoriamente: Hong Kong potrebbe essere un punto di partenza verso la sostenibilità migliore di Los Angeles. L'esistenza di alcune infrastrutture (sistemi di raccolta differenziata, reti di distribuzione del gas, reti per la raccolta delle acque grigie) rende praticabili da parte dei cittadini comportamenti "virtuosi" che altrimenti non potrebbero essere agiti nemmeno dai meglio intenzionati. Non serve a nulla separare i rifiuti se poi i rifiuti separati tornano ad essere inceneriti tutti insieme, e quindi non valorizzati nei circuiti di riciclo. Analogamente, l'esistenza di attività commerciali e di servizio decentrate favorisce una vitalità di quartiere, che invece la concentrazione in grandi poli commerciali periferici tende di fatto a indebolire. La riduzione della dimensione media dei nuclei familiari incide pesantemente sui consumi pro-capite: una persona che vive da sola consuma mediamente più del doppio di quello che consumerebbe se, a parità di standard di benessere, vivesse in un nucleo familiare di quattro persone. La dimensione del nucleo familiare condiziona infatti pesantemente la quota pro capite di spazio domestico attrezzato e climatizzato, l'efficienza nell'uso delle apparecchiature domestiche e nelle modalità della conservazione e preparazione degli alimenti. Infine, è evidente che gli standard di benessere socialmente riconosciuti, e per questo non così facilmente modificabili, incidono pesantemente sul profilo generale dei consumi. Per esempio, le aspettative in termini di riscaldamento invernale e condizionamento estivo sono il risultato di un processo socio-culturale complesso, i cui esiti possono essere paradossali e drammaticamente negativi in termini ambientali (si considerino, per esempio, le artificiali temperature polari mantenute negli edifici pubblici e nei centri commerciali in numerose città a clima tropicale e, simmetricamente, le temperature tropicali in quelli delle città del nord del mondo). Considerazioni analoghe possono essere fatte per tanti altri temi riguardo ai quali una malintesa idea di benessere ha portato a situazioni veramente assurde (oltre che drammatiche): come le distorsioni crescenti nella dieta alimentare, che fanno dell'obesità uno dei maggiori problemi (sanitari e sociali) a livello mondiale, mentre contemporaneamente gran parte del mondo soffre di carenze alimentari. E, come se non bastasse, viene promosso lo sviluppo di sistemi alimentari profondamente - e ormai conclamatamente - insostenibili. Quotidianità sostenibile? Considerando gli esempi ora riportati, risulta evidente che l' insostenibilità della vita quotidiana nelle attuali città è il risultato di processi sociali complessi e di scelte politiche ed economiche prese nel passato e ora consolidate. Oppure prese recentemente, ma in ambiti lontani e non facilmente raggiungibili dall'azione individuale e quotidiana. Tutto questo porta a pensare che ciò che può essere fatto alla scala e nelle forme che qui più c'interessano, la scala della quotidianità e le iniziative "dal basso", non abbia grandi margini di libertà e, a fronte dei problemi sul tappeto, non possa essere veramente incisivo. Questa impressione è, al tempo stesso, vera e falsa. È vera poiché i comportamentali individuali e le scelte d'acquisto di ciascuno non possono, in quanto tali, modificare la forma fisica e sociale della città. È falsa perché la trasformazione di sistemi complessi come quello di cui stiamo parlando richiede che il sistema esistente, quello che dovrebbe trasformarsi, sia messo in tensione da una molteplicità d'iniziative che, esercitando una sorta di pressione dall'interno e alla scala "micro", preparino le condizioni per renderne possibile e probabile il cambiamento alla scala "macro". Ed è proprio questo ciò che i singoli cittadini e le loro comunità possono fare e che, per fortuna, in parte stanno già facendo. In effetti, osservando attentamente le dinamiche sociali che investono le città, ci si accorge che qualcosa sta avvenendo: i limiti dati dalle scelte pregresse possono essere forzati, l'esistente può essere reinventato immaginandone usi diversi e fino a ora impensati e la tecnologia e le attuali competenze organizzative possono aprire nuove opportunità. Tutto questo può generare le condizioni culturali e operative per inedite - e forse oggi ancora inimmaginabili - soluzioni e forme di vita sostenibili. Questo "qualcosa che sta avvenendo" emerge da un insieme articolato di ricerche, progetti, iniziative concrete che mostrano strade promettenti e praticabili: promettenti perché, coerentemente con alcune linee guida per la sostenibilità, indicano modi per rompere con le idee dominanti e con i modi di fare consolidati. Praticabili perché le opportunità che presentano sono sostenute anche da dinamiche sociali e trend tecnologici in atto che, se opportunamente orientati, possono facilitarne la realizzabilità. E, nel caso le iniziative in questione corrispondano ad attività imprenditoriali, possono favorirne l'accettabilità da parte del mercato. Per concludere, si può osservare che tutto questo si traduce anche in un insieme di idee: idee cosmopolite che nascono da qualche parte nel mondo, ma che poi hanno la forza di entrare nella rete mondiale delle comunicazioni, di migrare in altri luoghi, di rigenerarsi in altri contesti e di mettere in movimento altre, autonome esperienze. ( di Ezio Manzini, François Jégou ) Il cibo naturale evoluto Il cibo naturale evoluto è un insieme di alimenti biologici, freschi, stagionali e (per quanto possibile) prodotti localmente che un innovativo sistema di produzione e distribuzione rende apprezzabili e facilmente accessibili anche in un ambiente urbano. Il sistema alimentare urbano è un'entità complessa in rapida trasformazione. L'incremento demografico, la crescita delle metropoli e l'estendersi di modelli alimentari oggi dominanti comportano, al tempo stesso, un aumento della domanda di prodotti e il suo orientamento verso diete sostanzialmente insostenibili. Un'insostenibilità motivata dall'entità delle risorse ambientali che l'adozione di queste diete porta a consumare, dalle patologie che esse stesse generano e dalla perdita di varietà biologica e culturale indotta dalla loro diffusione. Sul piano quantitativo, considerando la domanda di cibo da parte delle popolazioni urbane del futuro e il costo ambientale dei modelli alimentari oggi dominati, appare evidente la sostanziale insostenibilità delle tendenze in atto. Sul piano qualitativo, l'aumento dell'obesità, che è diventata una patologia diffusa, in un mondo in cui i più sono ancora in condizioni di sotto-alimentazione, rappresenta uno dei paradossi più drammaticamente emblematici della sostanziale insostenibilità materiale, ma anche sociale ed etica, del modello alimentare oggi dominante. Infine, la diffusione di questo modello alimentare comporta la perdita di varietà nei prodotti e nelle culture alimentari locali, travolti dalla crescente omologazione dei gusti e, dietro a essa, dei sistemi agricoli e produttivi che li sostengono. Nella prospettiva della sostenibilità ogni riduzione di diversità, quella biologica, ma anche quella culturale, è una perdita grave: una tappa verso l'impoverimento del sistema complessivo. Proposta Sviluppare un sistema alimentare innovativo che renda effettivamente accessibili in ambiente urbano cibi biologici il più possibile freschi, stagionali e prodotti localmente. Usare le nuove tecnologie per facilitare queste attività e, in particolare, per introdurre sistemi innovativi di preparazione e distribuzione, per promuove relazioni dirette e trasparenti tra produttori e consumatori e, in fine, per sviluppare attività culturali e formative sul tema dell' alimentazione e della salute. Caratteristiche Questa prospettiva, che definiamo cibo naturale evoluto, risulta promettente per diverse ragioni. Prima di tutto perché promuove la conoscenza e il consumo di prodotti alimentari biologici, locali e stagionali. Così facendo, da un lato favorisce un'alimentazione più sana ed equilibrata (riducendo anche l'uso di prodotti farmaceutici) e, dall'altro lato, rigenera e valorizza saperi locali legati alla preparazione alimentare e all'uso medico degli alimenti. Parallelamente, questa stessa prospettiva favorisce lo sviluppo di sistemi produttivi e tecnologie di preparazione altamente eco-efficienti, di sistemi distributivi a bassa intensità di trasporti e d'iniziative economiche a scala locale, che utilizzano risorse fisiche e sociali localmente disponibili. Il concetto di cibo naturale evoluto integra saperi e pratiche tradizionali con l'impiego di conoscenze, tecnologie e logiche organizzative avanzate. Il suo carattere più innovativo sta nell'unione dell'idea di "fresco e tradizionale", con quella di "tecnologicamente avanzato" e nella possibilità di utilizzare le migliori tecnologie per aumentare la trasparenza del sistema alimentare, per offrire informazioni e generare competenze in campo alimentare e per supportare inedite forme d'organizzazione tra consumatori e tra consumatori e produttori. Praticabilità Il cibo naturale evoluto consente agli abitanti della città di approvvigionarsi di cibi sicuramente freschi e biologici, di essere informati su come utilizzarli e di essere materialmente in grado di preparali. Risponde dunque a esigenze diverse e contraddittorie oggi emergenti nelle società contemporanee: domande di freschezza e salubrità e, allo stesso tempo, domande di prodotti e servizi che permettano di superare la mancanza di tempo e di competenze necessarie nella preparazione di cibi di qualità. Il cibo naturale evoluto permette dunque di collegare la qualità gastronomica degli alimenti con la ricerca del benessere, fino ad arrivare, in certe culture (come quella cinese) a integrare il tema alimentare con quello della prevenzione e della cura di specifiche malattie. Le parole chiave della sua praticabilità sono: . freschezza e salubrità, intese come qualità del sistema, per cui i prodotti sono (e vengono percepiti) come freschi, salubri e di origine controllata. La loro chiara localizzazione e la loro stagionalità aumentano questa percezione. Una serie di servizi integrativi aiuta a comprenderne le proprietà e a perfezionare il modo di inserirli nella propria dieta; . accessibilità e facilità, intese come qualità del sistema, per cui i prodotti sono (e vengono percepiti) come "facili da preparare". La loro preparazione e i servizi collegati permettono infatti di estenderne l' accesso anche a chi, altrimenti, non avrebbe il tempo e le conoscenze necessari per adottarli. ( di Ezio Manzini, François Jégou ) Il vicinato elettivo Il vicinato elettivo è una rete locale di persone che si danno un reciproco aiuto nella soluzione di qualche specifico problema e/o che si confrontano e interagiscono su temi di comune interesse. Il tessuto sociale urbano è una risorsa sociale che nelle attuali città risulta sempre più rara e difficile da riprodurre. Le cause di questa crisi sono diverse e complesse ma, in ultima istanza, tutte riconducibili alla progressiva individualizzazione della società, che ha raggiunto livelli estremi nelle società industriali più mature: ha di fatto interrotto i processi spontanei di costruzione di comunità di vicinato. Spieghiamoci meglio. La vita quotidiana delle persone si è sempre largamente basata su forme d'aiuto reciproco tra i membri della stessa comunità di vicinato. Qualunque fosse la natura di queste comunità esse hanno sempre costituito reti locali orientate alla collaborazione, in grado di supportare i singoli membri nella maggior parte degli eventi della vita. Queste reti collaborative, che tradizionalmente erano il frutto di processi sociali lenti e autogenerati, oggi si sono logorate e tendono a non riprodursi più. O, almeno, tendono a non farlo più nello stesso modo del passato. In particolare, l'azione congiunta della virtualizzazione delle relazioni, della flessibilizzazione dei modi di vita e della desicronizzazione dei tempi della giornata hanno inibito la possibilità di rigenerare quelle condizioni di prossimità, stabilità e continuità di rapporto che erano alla base di ogni tradizionale idea di comunità. Il che ha ripercussioni gravi sulla vita delle persone. E, in particolare, sulla loro quotidianità e sulla qualità dei loro contesti di vita. Proposta Facilitare la vita delle persone permettendo loro di affrontare e risolvere una gamma di problemi a livello (il più possibile) locale, utilizzando competenze e infrastrutture esistenti nella comunità di vicinato, combinando tra loro diverse forme di economia (mercato, baratto ed economia del dono). Utilizzare le nuove tecnologie e i nuovi sistemi organizzativi per generare reti di vicinato capaci di dare l'appoggio richiesto ogniqualvolta ciò si renda necessario e che, allo stesso tempo, presentino quei caratteri di flessibilità e reversibilità che la vita nelle città contemporanee oggi sembra richiedere. Caratteristiche Il valore sociale della prospettiva del vicinato elettivo è evidente: proponendo di valorizzare le competenze e le capacità locali, favorisce la rigenerazione dei contesti di vita delle persone e delle comunità. Presenta però caratteristiche interessanti anche dal punto di vista ambientale in quanto, promuovendo l'uso condiviso di materiali, prodotti e infrastrutture, riduce la domanda di nuovi prodotti e ottimizza l'impiego di quelli esistenti. Il concetto di vicinato elettivo si avvicina, ovviamente, a quello di vicinato inteso nel suo senso tradizionale di tessuto di relazioni sociali localizzate e stabili, nel quale i singoli individui e/o le singole famiglie potevano trovare varie forme di sostegno. Ciò che distingue il nuovo concetto di vicinato da quello tradizionale è il fatto che esso propone una forma di comunità reversibile nel tempo e flessibile nello spazio, una forma di comunità che può essere adottata e/o lasciata se e quando il soggetto lo ritiene necessario. In altre parole, il nuovo vicinato non è un obbligo, ma una scelta. Il che implica anche che non è un dato di fatto in cui ci si trova a vivere e con cui, volenti o nolenti, ci si deve confrontare (com'era nel passato), ma è un'entità sociale da progettare e costruire e gestire nel tempo. D'altra parte, anche se il vicinato elettivo presenta un legame territoriale più lasco di quanto non fosse per il vicinato tradizionale, questo legame esiste in quanto è proprio la vicinanza fisica che rende praticabili i contatti diretti e le attività di aiuto reciproco su cui anche il vicinato elettivo si basa, rendendo questa proposta diversa da altre forme emergenti di comunità contemporanee. Queste ultime, infatti, sono prevalentemente virtuali (in esse prevale il rapporto mediato dai mezzi di comunicazione), de-localizzate (sono scollegate da ogni base territoriale) e molto spesso, mono-tematiche (sono determinate da un solo, ben preciso tema di interesse). Per contrasto, possiamo dire che le comunità riportabili al concetto di vicinato elettivo sono invece, prevalentemente, comunità reali (anche se possono appoggiarsi su reti telematiche), localizzate (anche se il "luogo" non è necessariamente limitato a spazi tra loro adiacenti) e multi-tematiche (anche se possono avere qualche forma di specializzazione). Praticabilità Il concetto di vicinato elettivo propone un equilibrio tra diverse domande: la domanda di libertà individuale, intesa come flessibilità e reversibilità nelle scelte di vita, che si presenta come uno dei tratti caratterizzanti i soggetti metropolitani contemporanei, quella di comunità, intesa come senso di appartenenza e di identità, e quella di localizzazione, intesa come costruzione di una rete locale di appoggio, di cui ciascuno, oggi come in passato, sente il bisogno per risolvere una gamma di piccoli e grandi problemi quotidiani. Le parole chiave della sua praticabilità sono: . elettività, intesa come la possibilità di scegliere come, quando, con chi e per quanto tempo generare una relazione sociale più stretta; . accessibilità, intesa come la possibilità di rendere più fluide le interazioni di vicinato tra soggetti, per altro, sempre più mobili sul territorio e con tempi di vita sempre più diversificati; . economicità, intesa come la possibilità di accesso a "servizi" basati (totalmente o in parte) su forme di economia sociale, che offrono soluzioni mediamente più economiche di quelle che si potrebbero ottenere da analoghi servizi offerti all'interno di un economia (totalmente) di mercato. ( di Ezio Manzini, François Jégou ) Il 'luogo potenziato' 1. Un luogo può essere definito come potenziato quando è dotato di un sistema tecnico che ne "aumenta" le proprietà, generando una particolare forma di realtà aumentata (augmented reality). In pratica, tale sistema tecnico si configura, nei confronti del luogo, come un nuovo tipo di protesi che, invece di costituire un'estensione delle possibilità di un individuo, è concepita come un'estensione delle possibilità di un luogo. Questo ruolo di protesi dei luoghi può essere svolto (e, di fatto, lo è stato) anche dalle tecnologie più tradizionali: da quelle edilizie alla telefonia fissa. Oggi però è emersa una nuova famiglia di tecnologie (dalla tele-presenza all'ambient intelligence) che aprono alle protesi dei luoghi nuove e impensate possibilità. 2. Un luogo potenziato è un luogo ibrido (fisico e virtuale), in rete con altri luoghi, in cui sono realizzabili inedite forme di organizzazione, di conoscenze e di interazione sociale. Relazioni flessibili, reversibili ma potenzialmente stabili, in quanto radicate in un luogo (per esempio in un quartiere) e connesse alla rete delle comunità che in quel luogo si intrecciano. I luoghi potenziati sono dunque luoghi dove può essere svolta una varietà di attività complementari, dove diversi flussi di materiali ed energia possono essere integrati e diverse reti (relative a diversi specifici temi e alla erogazione di diversi specifici servizi) si collegano tra loro generando integrazioni multifunzionali. Infine, essi sono dei luoghi connotati e connotanti, in cui l'interconnessione di un particolare insieme di reti e servizi, particolarmente rilevanti, ne determina le specificità fino alla più ampia scala. 3. L'ipotesi di un possibile sviluppo di luoghi potenziati appare in contrasto con la tendenza che in questi anni è apparsa dominate: la crisi del senso del luogo, con le relative implicazioni sul piano sociale, economico e culturale. D'altro lato, in questi anni è risultato chiaro che questa tendenza dominante genera controtendenze. Il tema dei luoghi potenziati si colloca in questo stesso filone. Ma, a differenza di altre tendenze verso la localizzazione, non ha particolari nostalgie per il passato: il nuovo senso del luogo che suggerisce vuole essere coerente con la natura più profonda delle esperienze umane (che sono sempre esperienze situate, cioè collocate in un ben definito contesto fisico e sociale), ma, allo stesso tempo, intende anche accettare la sfida della contemporaneità. Il che, in questo caso, significa scommettere che il nuovo senso del luogo possa emergere dall'incontro tra nuovi comportamenti e le nuove potenzialità tecnologiche. ( di Ezio Manzini ) La sostenibilità dell'esperienza. Tecnologie virtuali per rappacificarsi con la materia Ci troviamo a vivere in un contesto nel quale vediamo crescere insicurezza e paura, sentimenti che gli eventi politici e sociali degli ultimi anni hanno alimentato. Le costanti emergenze ambientali non fanno che accrescere questo stato di malessere che finisce per investire tutti gli aspetti della nostra esistenza e delle comunità nelle quali viviamo. In questo scenario le nuove tecnologie sono spesso presentate come una soluzione praticabile, attraverso la possibilità di tradurre in "immaterialità" la materialità degli oggetti, riducendo consumi, scarti, impatto e incrementando efficienza e potenzialità. Tuttavia proprio in questi tempi da Rumore Bianco la materialità, il corpo e il contatto umano costituiscono un antidoto all' ansia cui è difficile rinunciare. Viviamo inoltre nella società della conoscenza e della tecnologia digitale e il nostro sistema economico e produttivo - intendo quello dei paesi occidentali - è basato sempre più su valori immateriali: la nostra materialità l'abbiamo "esportata" nei paesi in via di sviluppo o di recente industrializzazione. Tuttavia, in questo modo stiamo rischiando di perdere quelle forme di cultura del fare, legate alla materia e tramandate attraverso l'esperienza, che hanno dato vita a preziosi giacimenti culturali e ambientali. È quasi come se stessimo coltivando una forma di fobia nei confronti della materia che ci si è rivoltata contro e cerchiamo di allontanare e annullare; persino l'estetica di questi ultimi anni denuncia questo modo di sentire attraverso un minimalismo estremizzato, l'assenza del colore e l' essenzialità delle forme. È tuttavia una fobia che denuncia una contraddizione forte con il nostro sempre più frenetico bisogno di "produrre" e "consumare" merci per garantire la sopravvivenza del sistema che abbiamo costruito. Nello scenario che mi piace immaginare, la tecnologia non è affatto la soluzione in grado di emancipare l'individuo dalla materia ma la via per riappacificarlo con essa. Una realtà in cui reti digitali e minuscoli oggetti multifunzionali e intelligenti non si sostituiscano al piacere di sfogliare le pagine di un libro ma moltiplichino questa possibilità. Immagino cioè una società in cui la "leggerezza" non sia frutto della "miniaturizzazione" o della "virtualizzazione" della materia - dalle merci alle esperienze - ma piuttosto della capacità di figurarsi nuovi modi di "scambio" che non annullino le merci, anzi le rendano più disponibili, più diffuse, più condivise ma paradossalmente meno "consumate". Le visioni più interessanti e contemporanee dell'economia dei servizi vanno, credo, in questa direzione: macchine condivise, biciclette condivise, guardaroba condivisi. Ma la società stessa sta trovano modi autonomi e spontanei per esprimere questa inclinazione. Per esempio ho trovato in metropolitana il mio primo libro di una catena di book crossing, anche se non so quanto questo fenomeno possa essere ricondotto a una reale necessità di relazione e condivisione piuttosto che alla moda del momento. Eppure penso che realmente ci troviamo di fronte all'emergere "dal basso" di una nuova modalità di "consumo" nella quale la disponibilità di merci (di servizi, di conoscenza, di esperienza) non necessariamente coincida con il loro "possesso". Tutta la letteratura sull'avvento della società dei servizi ha in qualche modo sempre sostenuto questa tendenza, ma credo che ciò che abbiamo di fronte oggi sia qualcosa di un po' diverso. Si tratta di servizi nei quali la componente di partecipazione attiva, se vogliamo di "auto-organizzazione" da parte dell' utente, ha una rilevanza determinante. Questa partecipazione è per la prima volta garantita, anzi amplificata, dalle possibilità che le nuove tecnologie offrono. La circolazione d'informazione e di conoscenza attraverso le reti digitali è in grado di tradurre concretamente la disponibilità "virtuale" di merci e servizi in "accesso" reale: posso sapere dove e quando trovare ciò che sto cercando. Ma, aspetto ancora più importante, può facilmente aggregare comunità con caratteristiche affini, interessi, gusti, stili di vita, esigenze. Mai come in questo momento il fenomeno delle "comunità virtuali" sta mettendo in evidenza il proprio prorompente impatto sulle comunità reali, rivoluzionando i tradizionali motori di aggregazione sociale e politica. Credo che difficilmente tutto questo potrà non avere impatto sulle dinamiche di "consumo" e sulla forma dei mercati e delle merci. Lo scenario che mi piace immaginare potrei raccontarlo con un immagine, una piccola storia: partire per un lungo viaggio portandomi solo gli abiti che indosso e potendomi permettere di pronunciare a cuor leggero la frase di quel filosofo greco, Biante, che, a chi si meravigliava che non portasse con se alcun bagaglio fuggendo con gli altri dalla sua città conquistata da Ciro, disse Omnia mea mecum porto, "porto con me tutto ciò che possiedo". Nel mio caso non mi riferirei alla sola mia saggezza e al mio ingegno, come intendeva quel filosofo, ma al minuscolo oggetto elettronico nella mia tasca, garanzia di trovare sulla mia strada tutto il necessario e al momento giusto, per poter poi lasciare tutto quanto alla disponibilità di altri. ( di Alberto Seassaro ) Gli esempi di casa estesa oggi nel mondo Casa estesa come co-housing In molti paesi è apparso in questi anni un modo di abitare che, a prima vista, può ricordare le vecchie comuni degli anni '60, ma che, invece, ne è molto lontano. È caratterizzato da due aspetti qualificanti: l'integrazione di spazi privati con un insieme di strutture condivise e la creazione di comunità di persone che scelgono di abitare insieme in base a una meditata serie di considerazioni assai più di carattere pratico che ideologico (in pratica, una negoziazione con cui sono definite con chiarezza le regole della futura possibile convivenza). Le strutture che, con questo processo decisionale vengono condivise possono essere: la cucina, la lavanderia, il laboratorio per il fai-da-te, gli spazi per bambini, le stanze per gli ospiti, il giardini e gli attrezzi da giardino. In ogni caso, però, la proposta di condividere qualcosa viene considerata dai residenti come un'opportunità: la possibilità di avere accesso a spazi e strutture che altrimenti non avrebbero potuto avere. Lo sviluppo di queste iniziative ha portato alla creazione di diverse organizzazioni finalizzate a socializzare le esperienze. Per esempio: The Cohousing Association of the US, Canadian Cohousing Network, Cohousing Australia, Cohousing Network Japan, Swedish Collective Housing Network. Casa estesa come service-apartment Un altro modo di abitare che si sta diffondendo e che, per molti versi richiama il concetto di casa estesa, è quello dei service-apartment: appartamenti (minimi) dotati di (ampi) servizi condominali. L'idea e la pratica di questa tipologia abitativa non è certamente nuova. Ciò nondimeno, date le trasformazioni sociologiche ed economiche in atto, essi si stanno estendendo. Un caso emblematico di questa tendenza è Hong Kong, dove la maggior parte dell'edilizia recente è realizzata in questo modo. Ovviamente, così come sono oggi concepiti, questi service-apartment non possono essere considerati esempi positivi di casa estesa. Tuttavia essi mostrano in concreto la possibilità, e il possibile successo, di un modo di considerare lo spazio abitativo diverso da quello tradizionale. Lavanderia e altro Da più parti nel mondo le lavanderie stanno evolvendo. Una delle possibili linee evolutive è la loro integrazione con un bar o un ristorante. Per esempio: Brain Wash, San Francisco, The Laundry Bar, Miami Beach, Waschbar, Linz, Wasch Bar, Amburgo, The Laundry Café, Londra, Holly's, Berlino. Queste lavanderie evolute sono l'esempio di come una funzione domestica a carattere essenzialmente tecnico, come quella di fare il bucato, possa essere portata fuori dall'ambito privato, offrendo una struttura e attrezzature di alta qualità. E migliorando gli standard (ambientali ed estetici) delle attuali lavanderie pubbliche, arricchendone il servizio e rendendo la lavanderia stessa un luogo di intrattenimento e, potenzialmente, di socializzazione. Cucine, saune e bagni termali condivisi Numerosi esempi di casa estesa, visti nel loro tradizionale contesto, appaiono quasi ovvi. Invece, immaginando di trasferirli a contesti d'uso o culturali diversi, possono fornire spunti interessanti. Per esempio: la condivisione delle cucine è un fatto comune in molti campus studenteschi in tutto il mondo, ma questa stessa soluzione potrebbe essere introdotta in situazioni abitative diverse, progettate per giovani, persone che abitano da sole o persone che risiedono in una città per periodi di tempo limitati. Oppure: le saune condominali in Finlandia e i bagni termali in comune in Giappone sono un'ovvietà nei loro paesi d'origine, ma mostrano che è possibile immaginare la condivisione di alcuni luoghi di benessere e di cura del corpo. ( di Ezio Manzini, François Jégou ) Il concetto di casa estesa La casa estesa è un contesto fisico e sociale articolato in spazi privati e in spazi semi-privati e pubblici in cui, in modo aperto e flessibile, si distribuiscono le diverse funzioni della vita quotidiana. La domanda complessiva di spazio domestico sta crescendo velocemente. L' incremento demografico, il cambiamento nella composizione dei nuclei familiari e il diffondersi dei modelli abitativi e di consumo delle società industriali stanno innalzandone la domanda (sia in termini di spazio domestico individuale - metri quadrati pro-capite, sia in termini di dotazioni tecniche - apparecchiature richieste per la climatizzazione, per la manutenzione, per la cura dell'abbigliamento, ecc.). Il risultato è un grande aumento dei consumi di risorse ambientali legato all'ampliamento dello spazio domestico attrezzato per persona, all'aumento delle prestazioni richieste e all'inefficienza delle dotazioni tecniche mediamente adottate. Proposta Liberare lo spazio domestico da alcune attività e con questo ridurlo senza penalizzarne la vivibilità. Il che significa: dedicare lo spazio privato soltanto alle attività che ciascuno giudica più attinenti al proprio desiderio di intimità e trasferire le altre in diverse unità di servizio esterne e di uso condiviso: i servizi integrativi della casa estesa. Sviluppare una gamma di servizi integrativi che non solo "liberino lo spazio domestico", ma anche diano accesso a servizi di qualità mediamente non raggiungibili con soluzioni rivolte all'uso personale domestico. Servizi la cui qualità sia valutabile sia da parte dell'utente singolo, che da quello della comunità e dell'ambiente. Caratteristiche Questa prospettiva, che definiamo la casa estesa, appare promettente per due ragioni fondamentali: permette di contenere l'impiego di spazio domestico attrezzato pro-capite e, utilizzando al meglio le attrezzature impiegate, riduce le risorse consumate per unità di servizio reso (e quindi, per unità di utente soddisfatto). Inoltre, proponendo lo sviluppo di attrezzature e spazi a uso pubblico o quasi-pubblico, crea occasioni di socialità e nuove opportunità per la comunità di vicinato. Si può osservare che il concetto di casa estesa, di per sé, non è certamente nuovo e che la proposta di ridurre lo spazio domestico privato per aumentare quello pubblico ha già avuto nel secolo scorso una vasta eco. In passato, però, queste idee hanno portato a proposte la cui applicazione è avvenuta - quando è avvenuta - solo sotto l'azione di forti pressioni ideologiche e/o di pressanti necessità. Nella visione di casa estesa che oggi emerge, viceversa, risulta evidente il carattere non ideologico (o comunque assai meno ideologico) delle proposte: la riduzione della dimensione quantitativa dello spazio domestico privato, infatti, vi compare come un espediente per aumentarne la componente qualitativa e per accrescere la libertà di accesso ai servizi integrativi di qualità. Praticabilità La prospettiva della casa estesa amplia la possibilità d'accesso ai servizi della quotidianità, proponendo soluzioni nuove, più avanzate o, semplicemente, più adattabili alle domande degli utenti in diversi momenti. Le parole chiave della sua praticabilità sono: . flessibilità, intesa come la possibilità di mettere in atto strategie di vita adattabili nel tempo, componendo di volta in volta il "pacchetto di servizi" che in quel momento meglio corrispondono alle proprie necessità ed ai propri interessi; . qualità del servizio, intesa come accessibilità a servizi integrativi caratterizzati da standard di qualità superiori a quelli mediamente raggiungibili adottando la configurazione abitativa tradizionale e i tradizionali servizi ad uso individuale; . spazio libero: spazio domestico, per uso privato, liberato da funzionalità e apparecchiature indesiderate. ( di Ezio Manzini, François Jégou ) |
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