Dell'interessante articolo riportato in lista
vorrei sottolineare un pezzetto, dove l'autore parla dell'aspetto
economico:
"La dimensione economica della sostenibilità
richiede, in particolare, di porre l'accento e l'attenzione sulla qualità e non
sulla quantità della crescita attraverso una maggiore efficienza nell'uso
dell'energia e delle materie e una riduzione delle emissioni di sostanze
nocive e nella produzione di scarti e rifiuti. Il principio di riferimento è,
molto semplicemente, "fare di più con meno", cioè produrre gli stessi beni e
servizi utilizzando meno risorse naturali, attraverso una maggiore efficienza
sia nell'uso dell'energia e delle materie prime, sia una riduzione delle
emissioni di sostanze nocive e della produzione di rifiuti. La sfida che le
nostre società hanno di fronte è quella del "fattore 4" (ma si parla già di
fattore 10) che significa quadruplicare la produttività delle risorse o, in
altri termini, "raddoppiare il benessere dimezzando il prelievo di risorse
naturali". La tecnologia diventa in questa azione una grande alleata
dell'ambiente e già oggi è in grado di dare delle risposte positive ed
innovative (lampadine a fluorescenza, elettrodomestici a basso consumo di acque
ed energia, ...). L' ecoefficienza significa anche sfida per le imprese, sempre
più chiamate a soddisfare e/o stimolare una crescente domanda di beni e servizi
di qualità."
Nell'ormai ventennale dibattito sullo sviluppo
sostenibile ci sono due interpretazioni ben distinte: la prima quella
dell'economia neoclassica tradizionale, che dice che sostanzialmente non
dobbiamo preoccuparci più di tanto perchè la tecnologia ci salverà; la seconda
quella di economisti come H. Daly (non citarlo in bibliografia è già un cattivo
indicatore), che definiscono chiaramente lo sviluppo sostenibile come quello
sviluppo che si ottiene abbandonando il concetto di crescita quantitativa
illimitata e passando allo sviluppo delle qualità, al controllo demografico e
alla redistribuzione della ricchezza. Quest'ultimo punto è quello distintivo
centrale: se la soluzione alla disuguaglianza non può più essere la crescita
economica (il classico mito americano: sei povero? lavora, datti da fare, cresci
e potrai uscire dalla povertà!), allora l'unico modo per garantire equità nel
mondo è quello di redistribuire le risorse! Esattamente il programma opposto a
quello dell'economia americana (e a seguire di quelle europee) da Reagan in
poi!
Ecco che allora "fare di più con meno" non basta:
c'è un limite globale allo sfruttamento dell'ecositema mondiale da parte del
sottositema economico e pare che molti indicatori stiano urlando che l'abbiamo
già superato; insomma noi paesi occidentali dobbiamo "fare di meno", dobbiamo
indirizzarci alla frugalità, alla sufficienza, alla
sobrietà.........
Ma queste parole d'ordine non sono mai uscite dalla
bocca di ricercatori o rappresentanti di fondazioni Lanza o Enrico Mattei, e
sembra che continuino a non uscire neppure negli articoli più illuminati come
questo....perchè?
saluti
daniele
N.B. bibliografia: Herman Daly "Oltre la crescita"
Ed. Comunità, 2001. Herman Daly, John Cobb, "Per il bene comune", Red Edizioni,
1994.
----- Original Message -----
Sent: Sunday, March 13, 2005 7:56
AM
Subject: la dimensione etica dello
sviluppo sostenibile
Per uno sviluppo capace di
futuro* Matteo Mascia Coordinatore del Progetto Etica e Politiche
Ambientali Fondazione Lanza
1. Lo sviluppo umano
sostenibile Negli ultimi vent'anni si è affermato il più ampio ed esteso
processo di revisione e di critica delle tradizionali teorie dello sviluppo
a livello internazionale e nazionale come conseguenza di un evidente
degrado dei sistemi sociali e di quelli ambientali a causa del modello di
sviluppo dominante nelle nostre società che privilegia la dimensione
economica e la "quantità" della produzione e del consumo rispetto a
qualsiasi altro fattore sociale, culturale, ambientale. Due sono le
riflessioni di questi anni che parallelamente, ma da punti di vista
diversi, hanno contribuito ad evidenziare i limiti del modello di sviluppo
produttivista, e i danni causati e che sta causando, e a stimolare ed
avviare innovativi approcci per un diverso impatto delle società
umane sugli equilibri sociali e ambientali del pianeta. Da un lato, la
riflessione elaborata in ambito internazionale dalla Commissione mondiale
per l'ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite nel 1987 sullo sviluppo
sostenibile che viene definito come "uno sviluppo che soddisfa i bisogni
del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di
soddisfare i propri bisogni". Due sono i concetti chiave che si rilevano da
questa definizione: il fine dello sviluppo sostenibile è la persona umana,
per cui lo sviluppo per essere sostenibile deve essere indirizzato a
promuovere i bisogni essenziali/diritti umani delle persone in una
prospettiva intragenerazionale (tutte le persone che vivono oggi sul
pianeta) e intergenerazionale (le future generazioni); il secondo
principio, insito nelle preoccupazione per le generazioni di
domani, afferma e riconosce i limiti della natura, cioè che il pianeta
terra è un sistema chiuso e limitato. L'approccio della sostenibilità non
si propone di bloccare il progresso delle società umane, ma di guidarlo nel
rispetto dei vincoli dati dalla capacità di rigenerazione delle risorse e
di assorbimento dei rifiuti e dell'inquinamento da parte dell'ambiente
naturale. Dall'altro l'innovativo approccio dello sviluppo umano elaborato
dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp) in quegli stessi
anni, impone un ripensamento della concezione dello sviluppo esclusivamente
come crescita economica. Viene elaborato l'indice di sviluppo umano (Isu)
che registra il livello di benessere raggiunto da ciascun paese affiancando
al tradizionale indicatore del reddito, indicatori quali il livello
di alfabetizzazione e l'aspettativa di vita delle persone. Se, da un lato,
lo sviluppo sostenibile propone il superamento della
tradizionale contrapposizione tra sviluppo e ambiente, riconoscendone
invece la complementarietà per cui le risorse naturali sono indispensabili
per promuovere lo sviluppo economico, dall'altro lo sviluppo umano
evidenzia, sulla base di dati empirici, come il benessere e la qualità
della vita non dipendano esclusivamente dalla ricchezza economica di un
paese misurata dal Pil, ma sono dati dall'ampliamento delle possibilità di
scelta delle persone e dal riconoscimento che non vi è alcun automatismo
tra crescita economica e benessere di una società in quanto molto dipende
dal comportamento delle istituzioni, degli operatori economici, delle
famiglie, della società civile.
2. Tre dimensioni della
sostenibilità Lo sviluppo umano sostenibile è l'approccio attorno a cui si
sono venute costruendo le risposte delle organizzazioni internazionali,
degli stati e della società civile alla questione ambientale e alle
disuguaglianze tra Nord e Sud del mondo. Risposte che devono saper
integrare e valorizzare almeno tre dimensioni fondamentali delle nostre
società: · la sostenibilità ambientale,
secondo cui l'uso delle risorse ambientali per essere sostenibile deve
rispettare i vincoli dati dalla capacità di rigenerazione e di assorbimento
da parte dell'ambiente naturale. La finalità di fondo è data non dalla
necessità di mantenere un equilibrio statico, che di per sé non esiste in
natura, ma di salvaguardare e non compromettere i processi dinamici di
autorganizzazione dei sistemi bio-ecologici. La dimensione ecologica della
sostenibilità si basa su un principio piuttosto semplice "vivere bene con
quello che l'ecosistema Terra è in grado di dare", ciò presuppone una
strategia di sviluppo che tenga conto dei valori ambientali e di una loro
eguale distribuzione su scala planetaria. Tale riflessione ha favorito
l'elaborazione di nuovi indicatori quali lo spazio ambientale e l'impronta
ecologica che consentono di calcolare e di valutare l'impatto delle
comunità umane, a livello locale e nazionale, sul sistema naturale globale.
Grazie all'utilizzo di questi indicatori che rilevano, da un punto di vista
quantitativo e qualitativo, il livello di utilizzo delle risorse naturali
(aria, acqua, suolo) è possibile elaborare politiche realmente sostenibili
in grado di guidare le attività umane senza mettere a repentaglio/rischio i
delicati equilibri ecologici
del pianeta; · la sostenibilità economica
che presuppone di integrare nel calcolo economico di un intervento oltre ai
due tradizionali parametri del capitale e del lavoro, anche il capitale
naturale, dato dall'insieme dei sistemi naturali (mari, fiumi, laghi,
foreste, fauna, flora, territorio), dai prodotti della natura (agricoltura,
caccia, pesca) e dal patrimonio artistico costruito dalle società umane. La
dimensione economica della sostenibilità richiede, in particolare, di porre
l'accento e l'attenzione sulla qualità e non sulla quantità della crescita
attraverso una maggiore efficienza nell'uso dell'energia e delle materie e
una riduzione delle emissioni di sostanze nocive e nella produzione di
scarti e rifiuti. Il principio di riferimento è, molto semplicemente, "fare
di più con meno", cioè produrre gli stessi beni e servizi utilizzando meno
risorse naturali, attraverso una maggiore efficienza sia nell'uso
dell'energia e delle materie prime, sia una riduzione delle emissioni di
sostanze nocive e della produzione di rifiuti. La sfida che le nostre
società hanno di fronte è quella del "fattore 4" (ma si parla già di
fattore 10) che significa quadruplicare la produttività delle risorse o, in
altri termini, "raddoppiare il benessere dimezzando il prelievo di risorse
naturali". La tecnologia diventa in questa azione una grande alleata
dell'ambiente e già oggi è in grado di dare delle risposte positive ed
innovative (lampadine a fluorescenza, elettrodomestici a basso consumo di
acque ed energia, ...). L' ecoefficienza significa anche sfida per le
imprese, sempre più chiamate a soddisfare e/o stimolare una crescente
domanda di beni e servizi di qualità. E' la qualità il valore aggiunto per
le imprese da spendere sul mercato con un duplice positivo risultato, da un
lato ampliare i margini di crescita e quindi di guadagno per l'impresa e
dall'altro diminuire l'impatto ambientale della produzione e del
consumo. · la sostenibilità sociale, infine,
pone l'accento sulla necessità di migliorare le condizioni di vita
attraverso un migliore accesso ai servizi sanitari, educativi, sociali, al
lavoro, ma anche il riconoscimento e la valorizzazione del pluralismo
culturale e delle tradizioni locali, il sostegno e la ricerca della
partecipazione popolare, nonché un cambiamento sostanziale negli stili di
vita dei consumatori, promuovendo comportamenti sociali e istituzionali
sostenibili. Anche in questo caso il principio di riferimento è molto
semplice "stare meglio, nel senso di avere più benessere e felicità, con
meno beni e servizi". Ciò significa, soprattutto nei paesi ricchi
(economicamente) del Nord del mondo, promuovere comportamenti sociali e
istituzionali che favoriscano l'assunzione di nuovi valori,
attitudini, stili di vita in modo da modificare le scelte di consumo e i
modelli di comportamento, così da sostituire alla cultura dell'"usa e
getta" una nuova cultura della manutenzione, della riparazione e della
sostituzione dei beni con servizi (condivisione di alcuni beni quali per
esempio l'auto). Si tratta di responsabilizzare il
cittadino/utente/consumatore sia per l' influenza diretta che le sue scelte
hanno nei confronti dell'impatto ambientale e sociale (pensiamo al consumo
energetico domestico, all'uso dell 'auto, ai prodotti fabbricati sfruttando
il lavoro minorile), sia perché la sua scelta può influenzare in via
indiretta le scelte a monte delle imprese, acquistando o meno un prodotto o
un servizio, e decretando così il successo dello stesso sul mercato. Grande
impegno deve essere rivolto nell'azione informativa e formativa dei
cittadini, che devono essere messi nelle condizioni di poter conoscere e
saper distinguere i beni e servizi socio ed ecocompatibili e nello stesso
tempo essere educati ai "valori forti" di solidarietà, di giustizia, di
dignità della persona umana, oggi troppo spesso dimenticati di fronte ai
più facili valori del denaro, del successo, dell'avere piuttosto che
dell'essere.
3. Lo sviluppo umano sostenibile per un nuovo patto
sociale globale Lo sviluppo umano sostenibile, dunque, si propone di
rispondere in modo innovativo e propositivo alle ricadute negative dei
processi di globalizzazione, quale la stretta interrelazione esistente tra
degrado ambientale, povertà e crescita economica, utilizzando le
evidenti opportunità derivanti dallo sviluppo scientifico e tecnologico, ma
nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone e del valore
intrinseco della natura e delle forme di vita nonumane. Di più, credo
che si possa affermare che la riflessione e le proposte sulla sostenibilità
rappresentano un contributo ed uno stimolo importante per risignificare la
pratica stessa della democrazia così come si è venuta realizzando nelle
società occidentali. La concreta realizzazione di uno sviluppo umano e
sostenibile presuppone, infatti, il coinvolgimento diretto ed effettivo
delle singole persone e dei soggetti attivi nella
definizione, realizzazione e valutazione delle scelte di sviluppo di una
comunità. Queste brevi considerazioni evidenziano la forte valenza
culturale ed etica della riflessione sullo sviluppo umano sostenibile, data
dal fatto che il contenuto più profondo del concetto di sostenibilità non è
di pura e semplice natura strumentale, ma racchiude in sé un progetto, una
visione del mondo attraverso cui riorientare non solo le relazioni
uomo/natura, ma anche quelle uomo/uomo in un'ottica di giustizia ed equità
planetaria.
Per saperne di più: Commissione Mondiale per l'Ambiente
e lo Sviluppo, Il futuro di noi tutti, Bompiani, Milano, 1988 Undp,
Rapporto sullo sviluppo umano, Rosenberg&Sellier, Milano, 1990.
I Rapporti hanno cadenza annuale e sono stati tutti tradotti in
italiano. Wuppertal Institute, Futuro sostenibile, Emi, Bologna, e Edizioni
Ambiente, Milano, 1997 E.U. Von Weizsacker, A.B. Lovins, L.H. Lovins,
Fattore 4, Emi, Bologna, e Edizioni Ambiente, Milano, 1998 M. Carley, P.
Spapens, Condividere il mondo. Equità e sviluppo sostenibile nel
ventunesimo secolo, Edizioni Ambiente, Milano, 1999 G. Bologna (a cura di),
Italia capace di futuro, Emi, Bologna 2000 H. French, Ambiente e
globalizzazione. Le contraddizioni tra neoliberismo e sostenibilità,
Edizioni Ambiente, Milano 2000 F. Giovanelli, I. Di Bella, R. Coizet, La
natura nel conto. Contabilità ambientale: uno strumento per lo sviluppo
sostenibile, Edizioni Ambiente, Milano 2000. Worldwatch Istitute, Vital
Signs 2000. I trend ambientali e sociali che disegnano il nostro futuro,
Edizioni Ambiente, Milano 2000 Worldwatch Istitute, State of the World
2001, Edizioni Ambiente, Milano 2001 (e precedenti) P. Hawken, A.
Lovins, Capitalismo naturale. La prossima rivoluzione industriale, Edizioni
Ambiente, Milano, 2001
*Questo articolo è stato pubblicato nel
periodico delle Banche di credito cooperativo Omnibus, n. 3, ottobre
2001.
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