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in città si muore d'ariaIl dossier sarà presentato oggi a Venezia: i più esposti sono gli anziani, ma rischiano anche i giovani
- Subject: in città si muore d'ariaIl dossier sarà presentato oggi a Venezia: i più esposti sono gli anziani, ma rischiano anche i giovani
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Fri, 24 Dec 2004 06:58:34 +0100
da ecodallecitta.it mercoledi 22 dicembre 2004 In città si muore d'aria Gli ultimi dati sul rapporto tra inquinamento atmosferico e salute in Italia Il 14 dicembre 2004 presso la sala Conferenze del centro culturale Candiani di Mestre, piazzale Candiani 7 alle ore 16.00 verranno presentati i risultati di MISA-2, il più ampio e aggiornato studio degli effetti dell'inquinamento atmosferico sulla mortalità e i ricoveri ospedalieri in 15 grandi città italiane (seguiranno presentazioni nelle città di Milano, Torino, Napoli, Genova e Palermo) Di inquinamento ci si ammala. E si muore. Questo, in estrema sintesi, è il risultato del MISA-2, un grande studio pianificato di metanalisi sugli effetti a breve termine degli inquinanti atmosferici (CO, NO2, SO2, PM10 e Ozono) rilevati nel periodo 1996-2002 in 15 città italiane (9 milioni di abitanti). Lo studio italiano MISA-2, coordinato da Annibale Biggeri, Università di Firenze, Pierantonio Bellini,Università di Padova e Benedetto Terracini, Università di Torino, si affianca ad altri studi europei e statunitensi dei quali condivide la metodologia pervenendo a risultati comparabili. Un pool di esperti distribuito nelle 15 più grandi città italiane ha stimato il numero di decessi (per tutte le cause naturali, per cause cardiovascolari e respiratorie) e di ricoveri ospedalieri (per cause cerebrovascolari e respiratorie) attribuibili all'inquinamento atmosferico. Si è visto così che nel periodo in studio il PM10 (la componente dell'inquinamento atmosferico costituita di particelle con diametro inferiore a 10 micron) ha provocato circa 900 decessi in più all'anno. Anche gli inquinanti gassosi (biossido d'azoto, NO2 e monossido di carbonio, CO) provocano un gran numero di vittime: si sono contati ogni anno circa 2.000 morti in più attribuibili all'NO2 e 1.900 morti attribuibili al CO. Rispetto all'anidride solforosa (SO2), rispetto agli anni Novanta si registra un dato positivo. La riduzione dell'uso del gasolio negli impianti di riscaldamento, infatti, ha contribuito a far diminuire la concentrazione di questo inquinante che, ora, in almeno sei città su 15, si è assestata al di sotto del limite di rilevabilità (5 mcg/m3). "Qui però va fatta una precisazione se si vuole comprendere il senso di queste stime" dice Benedetto Terracini, direttore di Epidemiologia&Prevenzione, uno dei coordinatori del MISA-2. "A rigore, infatti, questi inquinanti sono tutti espressione di un unico fenomeno più complesso, l'inquinamento atmosferico, e sono correlati tra loro (dove c'è un contaminante, spesso c'è anche l'altro) cosicché è impossibile scinderne gli effetti. In pratica, non si possono sommare i morti da PM10 con quelli da altri inquinanti, perché ognuno di essi è solo un indicatore degli effetti della contaminazione complessiva. Per questo motivo sono utili, ma non sono sufficienti, i provvedimenti tesi a ridurre i singoli componenti: l 'inquinamento va ridotto nel suo complesso". I risultati dello studio smentiscono, ancora una volta, che l'effetto negativo dell'inquinamento atmosferico si limiti all'anticipazione di pochi giorni del decesso di soggetti già fortemente compromessi. MISA-2 mostra un eccesso di morti statisticamente significativo che va ben al di là della semplice anticipazione di decessi che si sarebbero verificati comunque. L' aumento di mortalità cardiovascolare si manifesta entro i 4 giorni successivi al picco di inquinamento e, come era prevedibile, l'impatto più forte riguarda la mortalità per cause respiratorie. Di inquinamento, dunque, si continua a morire. E per la prima volta in Italia sono stati studiati anche gli effetti dell'aria di città sulle fasce estreme di età (neonati e ultraottantacinquenni). La relazione tra concentrazioni degli inquinanti e mortalità e ricoveri ospedalieri è risultata tendenzialmente maggiore tra gli anziani, in particolare tra i soggetti con più di 85 anni, e, per NO2 e CO, per i neonati fino a 24 mesi. Ciò non significa che gli effetti deleteri dell'inquinamento riguardino solo un sottoinsieme della popolazione, perché sono stati osservati rischi anche in quelle fasce giovani-adulte che si ritenevano meno suscettibili. Con una differenza, comunque: mentre nei più anziani l'inquinamento può uccidere, perché peggiora le condizioni di un fisico già debilitato, nei più piccoli gli effetti si manifestano appieno solo a lungo termine, con la comparsa di ulteriori malattie."Ecco perché", come auspica Biggeri, "gli effetti cronici degli inquinanti, andrebbero investigati con studi ad hoc, che oggi mancano del tutto". Per la prima volta in Italia, lo studio MISA-2 ha potuto misurato direttamente gli effetti del PM10 presente nell'aria delle nostre città. "Negli studi precedenti si è misurato il particolato totale da cui si riusciva solo a inferire, grazie all'utilizzo di fattori di conversione, la concentrazione delle particelle con diametro inferiore ai dieci micron. Nello studio odierno siamo stati per la prima volta in grado di misurare direttamente la concentrazione delle particelle PM10" spiega Biggeri. "E abbiamo così potuto confermare che, tra le 15 città esaminate, quattro (Bologna, Genova, Milano e Torino) hanno superato il livello di 50 mcg/m3, sono quindi ben al di sopra del limite dei 20 mcg/m3 come media annuale stabilito dalle direttive europee che entreranno in vigore tra 5 anni". A proposito di direttive: dai dati dello studio si ricava che, se in Italia il limite previsto dall'Unione europea (Direttiva UE 1999/30/CE, Direttiva UE 2002/3/CE) fosse già stato rispettato, si sarebbero potuti risparmiare tutti i morti in eccesso da PM10 (900) e due terzi dei morti da NO2 (1.400). Ma non basta: MISA-2 offre un'altra indicazione importante. I risultati mostrano che rispettare i limiti può non essere sufficiente: per il CO, infatti, siamo già al di sotto dei limiti previsti dalla UE. Nonostante ciò, di monossido di carbonio si continua ad ammalarsi e morire: se si fosse ridotta la media giornaliera delle concentrazioni di CO di un ulteriore mg/mc si sarebbero risparmiati più di 800 decessi annui. MISA-2 mostra anche che l'impatto sanitario dell'inquinamento varia da città a città. Il carico di morti e ricoveri è maggiore nelle sedi in cui il traffico veicolare (specialmente da veicoli diesel) rappresenta la sorgente principale di particelle sospese (informazione che i ricercatori desumono dal calcolo del rapporto tra NO2/PM10). Inoltre, in estate tutti gli inquinanti risultano più dannosi. Perché? "Difficile dirlo con certezza. Questo fenomeno è stato rilevato in tutti gli studi americani ed europei sull'inquinamento atmosferico. E' possibile che la temperatura elevata renda i singoli composti chimici più pericolosi e che d'estate nelle città rimangano le persone più deboli: anziani e malati. Infine, non va trascurato che tenendo le finestre aperte, ci si espone più a lungo agli inquinanti atmosferici esterni". Suggerimenti? "C'è solo una direzione sensata in cui muoversi" conclude Lorenzo Simonato, dell'Università di Padova. "Occorre diminuire drasticamente il traffico nelle città affrontando la questione della mobilità urbana nel suo complesso. Sul fronte della ricerca, poi, occorre allestire una rete di monitoraggio che già nella fase di progettazione tenga conto della necessità di raccogliere dati per lo studio dei rapporti tra inquinanti e salute: non c'è ancora, infatti, una sinergia di intenti tra tutti coloro che si occupano di misurare e di studiare gli effetti sulla salute degli inquinanti ambientali. Inoltre, è necessario predisporre ricerche che analizzino gli effetti non più dei singoli inquinanti, ma della miscela che si respira ogni giorno. Perché il killer non è ancora stato identificato, e non è nemmeno detto che sia uno". Va aggiunto infatti che il particolato è di per sé costituito di una miscela di composti azotati e solfatati, oltre a contenere residui carboniosi, metalli e idrocarburi policiclici: questo spiega la correlazione rilevata tra inquinanti diversi e complica ulteriormente le possibilità di identificare l'effetto preponderante di un singolo componente. SCHEDA MISA-2 Lo studio MISA-2 è stato condotto grazie ai finanziamenti del Ministero della salute e del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica. Il progetto è stato realizzato dalle numerose istituzioni (Università, Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, Aziende sanitarie e ospedaliere, Regioni e Comuni...), che hanno partecipato mettendo a disposizione le risorse umane e materiali indispensabili alla sua esecuzione. Il MISA-2 è un ampliamento dello studio MISA-1, pubblicato su Epidemiologia & Prevenzione nel 2001, che aveva valutato l'impatto dell'inquinamento atmosferico in 8 città italiane nel corso degli anni Novanta. Il MISA-2 ha ampliato a 15 il numero delle città (Bologna, Catania, Firenze, Genova, Mestre-Venezia, Milano, Napoli, Palermo, Pisa, Ravenna, Roma, Taranto, Torino, Trieste, Verona) e ha analizzato le serie giornaliere degli anni 1996-2002. Questa volta sono ben rappresentate anche le città del Sud (nel MISA-1 era compresa solo Palermo). Sono coperti dall'indagine 9.100.000 abitanti (censimento 2001). Sono stati analizzati 362.254 decessi e 794.528 ricoveri non programmati. Raccolta dei dati Rispetto allo studio precedente, si sono analizzati i dati provenienti da una rete di centraline che, grazie ad un'accurata selezione, riflette maggiormente la reale esposizione della popolazione agli inquinanti. A differenza dello studio precedente, MISA-2 dispone di misure dirette del PM10 per quasi tutte le città analizzate per almeno un triennio (mediamente 4.3 anni). Per quanto riguarda la raccolta dei dati sanitari, si rileva un miglioramento della completezza e accuratezza delle schede di dimissione ospedaliera (SDO) con una diminuzione degli errori dal 20% al 5%. Da lungo tempo è stato invece raggiunto un buon livello di omogeneità delle statistiche di mortalità. SINTESI DELLO STUDIO Introduzione. La metanalisi italiana degli studi sugli effetti a breve termine dell'inquinamento atmosferico per il periodo 1996-2002 (MISA-2) è uno studio pianificato su 15 città italiane, tra i principali centri urbani del paese per un totale di 9 milioni e centomila abitanti al censimento 2001. Dati sugli esiti sanitari. E' stata considerata la mortalità per tutte le cause naturali (362254 decessi), per cause respiratorie (22317) e per cause cardiovascolari (146830) raccolta tramite i Registri di Mortalità regionali o delle Aziende sanitarie, ed i ricoveri ospedalieri non programmati per cause respiratorie (278028 ricoveri), cardiache (455540) e cerebrovascolari (60960) selezionati tramite una procedura uniforme a partire dagli archivi regionali o delle aziende ospedaliere (le percentuali di esclusioni oscillano sul totale dei ricoveri dal 45% all'82%). Per ogni città si hanno in media serie giornaliere di 4.3 anni, con un minimo di tre anni consecutivi. Dati sugli inquinanti. Le serie delle concentrazioni giornaliere degli inquinanti (SO2, NO2, CO, PM10, O3) provengono dalle reti di monitoraggio della qualità dell'aria urbana delle Agenzie regionali per la protezione ambientale, dalle Province o dai Comuni interessati. La selezione dei monitor è stata condotta da un gruppo di lavoro comprendente i responsabili delle reti secondo criteri di rappresentatività dell'esposizione della popolazione generale a ogni specifico inquinante, privilegiando stazioni di monitoraggio non a bordo di strade a elevato traffico; garantendo un numero di centraline per ogni città ed inquinante intorno a 3-4 e considerando la continuità delle misurazioni nel periodo considerato (almeno il 75% di dati orari validi). Nella costruzione della serie giornaliera si è mediato sulle centraline selezionate e si sono imputati i valori mancanti assumendo la proporzionalità tra centraline dei valori di concentrazione. La mediana dei coefficienti di correlazione di Pearson tra coppie di monitor è 0.62 e il range interquartile 0.42-0.77. Metodi statistici. Per ogni città è stato adattato un modello lineare generalizzato sulla frequenza giornaliere degli eventi sanitari in studio. L 'effetto degli inquinanti è stato specificato come lineare e come modelli bi-pollutant sono stati considerati PM10+NO2 e PM10+O3 . La temperatura è stata modellata in modo parametrico con punto di svolta a ventuno gradi e con effetti ritardati. Umidità, giorno della settimana, festività nazionali ed epidemie influenzali (definite usando i dati del sistema nazionale di sorveglianza dal 1999 in poi) sono gli altri confondenti nel modello. Una spline cubica naturale specifica per classe di età è stata introdotta sulla stagionalità con mediamente 5 gradi di libertà per anno per la mortalità e 7 per i ricoveri. Il modello base è stratificato per classi di età (0-64, 65-74, 75+ anni). Sono stati adattati modelli specifici per genere, età, stagione. Cinque analisi di sensibilità sono state condotte usando modelli additivi generalizzati, variando i gradi di libertà delle spline, specificando funzioni non parametriche sulla temperatura. Sono stati adattati modelli a ritardi distribuiti vincolati per studiare l'eventuale effetto di anticipazione del decesso. La metanalisi è stata condotta a partire dai risultati città-specifici. E' stato usato un modello gerarchico bayesiano ad effetti casuali. Quattro diversi modelli sono stati usati per l 'analisi di sensibilità, assegnando peso diverso all'eterogeneità tra città ed adattando un modello robusto ad eventuali outlier. E' stata eseguita una meta-regressione bayesiana sul modello base, bi-pollutant e specifico per stagione. Le stime dei decessi attribuibili sono state eseguite usando un metodo MonteCarlo a partire dalle distribuzioni degli effetti, degli inquinanti e della mortalità generale. Sono stati usati quattordici scenari per il PM10 e dieci per NO2 e CO, usando stime meta-analitiche e città specifiche a posteriori. Risultati. Gli effetti degli inquinanti sono espressi come variazioni percentuali di mortalità o ricovero ospedaliero per incrementi di 10 m g/m3 per SO2 NO2 e PM10, e di 1 mg/m3 per il CO. Si è osservato un aumento della mortalità giornaliera per tutte le cause naturali collegato ad incrementi della concentrazione degli inquinanti atmosferici studiati (in particolare NO2 0.6% 95%ICr 0.3,0.9; CO 1.2% 0.6,1.7 ; PM10 0.31% -0.2,0.7). Tale rilievo riguarda anche la mortalità per cause cardiorespiratorie e la ricoverabilità per malattie cardiache e respiratorie. Non vi sono differenze per genere. Vi è una debole evidenza che vi siano effetti maggiori nelle classi di età estreme (tra 0-24 mesi e sopra gli 85 anni; per la mortalità per tutte le cause PM10 0.39% ICr95% 0.0,0.8). Vi è una forte evidenza che, per ciascuno degli inquinanti, le variazioni percentuali di mortalità e ricoveri ospedalieri siano più elevate nella stagione calda (per la mortalità generale PM10 1.95% ICr95% 0.6,3.3). Le associazioni tra concentrazioni ambientali di inquinanti ed effetti sanitari in studio si manifestano con un ritardo variabile a seconda dell' inquinante e dell'esito considerato. Per la mortalità, l'aumento di rischio si manifesta entro pochi giorni dal picco di inquinamento (due giorni per il PM10, fino a quattro giorni per NO2 e CO). L'anticipazione del decesso è contenuta e si verifica entro due settimane. L'effetto cumulativo a quindici giorni mostra rischi maggiori per le cause respiratorie (PM10 1.65 IC95% 0.3,3.0). Nella meta-regressione, le variazioni percentuali della mortalità e dei ricoveri ospedalieri in funzione degli incrementi di concentrazione di PM10 sono più elevate nelle città con una mortalità per tutte le cause più alta e un rapporto PM10/NO2 più basso. Consistente è la differenza tra città dell' effetto del PM10 legata alla temperatura, presente sugli indicatori di mortalità e ricovero ospedaliero e anche nei modelli bi-pollutant. Questa modificazione di effetto, con effetti maggiori quanto maggiore è la temperatura media della città, tende ad essere presente maggiormente nei mesi invernali. L'impatto "complessivo" sulla mortalità per tutte le cause naturali è compreso tra l'1.4% ed il 4.1% per gli inquinanti gassosi (NO2 e CO). Molto più imprecisa è la valutazione per il PM10, date le differenze delle stime di effetto tra le città in studio (0.1% ; 3.3%). I limiti fissati dalle direttive europee per il 2010 avrebbero contribuito se applicati a risparmiare circa 900 decessi (1.4%) per il PM10 e 1400 decessi per l'NO2 (1.7%) nell'insieme delle città considerate, usando le stime città-specifiche a posteriori. Inquinamento atmosferico e salute: gli ultimi dati in Italia Di inquinamento ci si ammala. E si muore. Questo, in estrema sintesi, è il risultato del MISA-2, un grande studio pianificato di metanalisi sugli effetti a breve termine degli inquinanti atmosferici (CO, NO2, SO2, PM10 e Ozono) rilevati nel periodo 1996-2002 in 15 città italiane (9 milioni di abitanti) ed i cui dati sono stati illustrati questa mattina a Mestre. Lo studio italiano MISA-2, coordinato da Annibale Biggeri, Università di Firenze, Pierantonio Bellini,Università di Padova e Benedetto Terracini, Università di Torino, si affianca ad altri studi europei e statunitensi dei quali condivide la metodologia pervenendo a risultati comparabili. Un pool di esperti distribuito nelle 15 più grandi città italiane ha stimato il numero di decessi (per tutte le cause naturali, per cause cardiovascolari e respiratorie) e di ricoveri ospedalieri (per cause cerebrovascolari e respiratorie) attribuibili all'inquinamento atmosferico. Si è visto così che nel periodo in studio il PM10 (la componente dell'inquinamento atmosferico costituita di particelle con diametro inferiore a 10 micron) ha provocato circa 900 decessi in più all'anno. Anche gli inquinanti gassosi (biossido d'azoto, NO2 e monossido di carbonio, CO) provocano un gran numero di vittime: si sono contati ogni anno circa 2.000 morti in più attribuibili all'NO2 e 1.900 morti attribuibili al CO. Per quanto riguarda l'anidride solforosa (SO2), rispetto agli anni Novanta, si registra un dato positivo. La riduzione dell'uso del gasolio negli impianti di riscaldamento, infatti, ha contribuito a far diminuire la concentrazione di questo inquinante che, ora, in almeno sei città su 15, si è assestata al di sotto del limite di rilevabilità (5 mcg/m3). "Qui però va fatta una precisazione se si vuole comprendere il senso di queste stime - ha affermato Benedetto Terracini, direttore di Epidemiologia&Prevenzione, uno dei coordinatori del MISA-2 - A rigore, infatti, questi inquinanti sono tutti espressione di un unico fenomeno più complesso, l'inquinamento atmosferico, e sono correlati tra loro (dove c'è un contaminante, spesso c'è anche l'altro) cosicché è impossibile scinderne gli effetti. In pratica, non si possono sommare i morti da PM10 con quelli da altri inquinanti, perché ognuno di essi è solo un indicatore degli effetti della contaminazione complessiva. Per questo motivo sono utili, ma non sono sufficienti, i provvedimenti tesi a ridurre i singoli componenti: l'inquinamento va ridotto nel suo complesso". I risultati dello studio smentiscono, ancora una volta, che l'effetto negativo dell'inquinamento atmosferico si limiti all'anticipazione di pochi giorni del decesso di soggetti già fortemente compromessi. MISA-2 mostra un eccesso di morti statisticamente significativo che va ben al di là della semplice anticipazione di decessi che si sarebbero verificati comunque. L'aumento di mortalità cardiovascolare si manifesta entro i 4 giorni successivi al picco di inquinamento. L'aumento di mortalità per cause respiratorie si protrae per almeno 10 giorni. Di inquinamento, dunque, si continua a morire. E per la prima volta in Italia sono stati studiati anche gli effetti dell'aria di città sulle fasce estreme di età (neonati e ultraottantacinquenni). La relazione tra concentrazioni degli inquinanti e mortalità e ricoveri ospedalieri è risultata tendenzialmente maggiore tra gli anziani, in particolare tra i soggetti con più di 85 anni, e, per NO2 e CO, per i neonati fino a 24 mesi. Ciò non significa che gli effetti deleteri dell'inquinamento riguardino solo un sottoinsieme della popolazione, perché sono stati osservati rischi anche in quelle fasce giovani-adulte che si ritenevano meno suscettibili. Con una differenza, comunque: mentre nei più anziani l'inquinamento può uccidere, perché peggiora le condizioni di un fisico già debilitato, nei più piccoli gli effetti si manifestano appieno solo a lungo termine, con la comparsa di ulteriori malattie. "Ecco perché - come ha auspicato Biggeri - gli effetti cronici degli inquinanti, andrebbero investigati con studi ad hoc, che oggi mancano del tutto". Per la prima volta in Italia, lo studio MISA-2 ha potuto misurato direttamente gli effetti del PM10 presente nell'aria delle nostre città. "Negli studi precedenti si è misurato il particolato totale da cui si riusciva solo a inferire, grazie all'utilizzo di fattori di conversione, la concentrazione delle particelle con diametro inferiore ai dieci micron. Nello studio odierno siamo stati per la prima volta in grado di misurare direttamente la concentrazione delle particelle PM10 - ha spiegato Biggeri - E abbiamo così potuto confermare che, tra le 15 città esaminate, quattro (Bologna, Genova, Milano e Torino) hanno superato il livello di 50 mcg/m3, sono quindi ben al di sopra del limite dei 20 mcg/m3 come media annuale stabilito dalle direttive europee che entreranno in vigore tra 5 anni". A proposito di direttive: dai dati dello studio si ricava che, se in Italia il limite previsto dall'Unione europea (Direttiva UE 1999/30/CE, Direttiva UE 2002/3/CE) fosse già stato rispettato, si sarebbero potuti risparmiare tutti i morti in eccesso da PM10 (900) e due terzi dei morti da NO2 (1.400). Ma non basta: MISA-2 offre un'altra indicazione importante. I risultati mostrano che rispettare i limiti può non essere sufficiente: per il CO, infatti, siamo già al di sotto dei limiti previsti dalla UE. Nonostante ciò, di monossido di carbonio si continua ad ammalarsi e morire: se si fosse ridotta la media giornaliera delle concentrazioni di CO di un ulteriore mg/mc si sarebbero risparmiati più di 800 decessi annui. MISA-2 mostra anche che l'impatto sanitario dell'inquinamento varia da città a città. Il carico di morti e ricoveri è maggiore nelle sedi in cui il traffico veicolare (specialmente da veicoli diesel) rappresenta la sorgente principale di particelle sospese (informazione che i ricercatori desumono dal calcolo del rapporto tra NO2/PM10). Inoltre, in estate tutti gli inquinanti risultano più dannosi. Perché? "Difficile dirlo con certezza. Questo fenomeno è stato rilevato in tutti gli studi americani ed europei sull'inquinamento atmosferico. E' possibile che la temperatura elevata renda i singoli composti chimici più pericolosi e che d'estate nelle città rimangano le persone più deboli: anziani e malati. Infine, non va trascurato che tenendo le finestre aperte, ci si espone più a lungo agli inquinanti atmosferici esterni". Suggerimenti? "C'è solo una direzione sensata in cui muoversi - ha concluso Lorenzo Simonato, dell'Università di Padova - Occorre diminuire drasticamente il traffico nelle città affrontando la questione della mobilità urbana nel suo complesso. Sul fronte della ricerca, poi, occorre allestire una rete di monitoraggio che già nella fase di progettazione tenga conto della necessità di raccogliere dati per lo studio dei rapporti tra inquinanti e salute: non c'è ancora, infatti, una sinergia di intenti tra tutti coloro che si occupano di misurare e di studiare gli effetti sulla salute degli inquinanti ambientali. Inoltre, è necessario predisporre ricerche che analizzino gli effetti non più dei singoli inquinanti, ma della miscela che si respira ogni giorno. Perché il killer non è ancora stato identificato, e non è nemmeno detto che sia uno". Va aggiunto infatti che il particolato è di per sé costituito di una miscela di composti azotati e solfatati, oltre a contenere residui carboniosi, metalli e idrocarburi policiclici: questo spiega la correlazione rilevata tra inquinanti diversi e complica ulteriormente le possibilità di identificare l'effetto preponderante di un singolo componente.
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