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energia - ambiente rapporto di un declino
- Subject: energia - ambiente rapporto di un declino
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Sun, 19 Dec 2004 08:03:08 +0100
da e-gazete.it mercoledi 1 dicembre 2004 RAPPORTO ENEA ENERGIA-AMBIENTE, LA FOTOGRAFIA DI UN DECLINO Roma, 29 novembre - Cresce la dipendenza energetica dell'Italia dalle fonti d'importazione, crescono le emissioni di anidride carbonica, le fonti rinnovabili sono in difficoltà. La ricerca e l'innovazione languono. E' sconfortante il ritratto del Paese tratto dal Rapporto Energia e Ambiente 2004 realizzato dall'Enea e presentato nei giorni scorsi. Un ritratto che conferma il declino dell'Italia rilevato in altri settori. Il Rapporto Energia-Ambiente è un lavoro di analisi e di informazione annuale sulla situazione del Paese, avviato ormai da alcuni anni. Il documento si propone di presentare l'attuale quadro nazionale fra i cambiamenti in atto dettati dal riequilibrio dei poteri tra Stato e Regioni, la liberalizzazione dei mercati, lo sviluppo delle grandi reti di trasmissione, l'impatto ambientale dei sistemi energetici, il sostegno al risparmio energetico e alle fonti rinnovabili e la necessità di fronteggiare i grandi problemi nazionali della sicurezza degli approvvigionamenti, della forte dipendenza energetica, della salvaguardia dell'ambiente. Il Rapporto, analizzando la situazione italiana della domanda e dell'offerta di energia, la relazione tra sistema energetico e ambiente, le politiche energetico-ambientali a scala regionale, lo stato della ricerca, vuole essere un riferimento annuale per favorire la crescita delle conoscenze in campo energetico e accompagnare il dibattito nazionale attraverso informazioni coerenti e aggiornate. L'Enea, traendo spunto dalla presentazione del Rapporto, ha svolto un'ampia riflessione sui principali aspetti della situazione energetica del nostro Paese, affrontando questioni quali la dipendenza negli approvvigionamenti, i vincoli ambientali e il rispetto degli impegni di Kyoto, le attività di ricerca e sviluppo per le quali l'Enea auspica un sensibile incremento dei finanziamenti. Secondo l'organismo, fra le linee prioritarie, per cogliere l'opportunità di sviluppare nel nostro Paese tecnologie innovative per la produzione e l' utilizzo dell'energia nel rispetto dei valori ambientali, vi sono a esempio il solare ad alta temperatura per la generazione di elettricità e di idrogeno e i processi per l'uso del carbone agli stessi fini, soddisfacendo requisiti di bassissimo impatto ambientale: su tali tecnologie l'Enea sta realizzando importanti progetti di ricerca e sviluppo in stretta cooperazione con l'industria nazionale. Consumi energetici La stagnazione dell'economia italiana e le condizioni climatiche prevalenti (soprattutto una estate lunga e particolarmente calda) hanno determinato, nel corso del 2003, l'innalzamento della domanda complessiva di energia primaria a 192,9 milioni di tonnellate equivalenti petrolio (Mtep) con un +2,9% rispetto al 2002, e un peggioramento dell'intensità energetica rispetto all'anno precedente. Il fabbisogno di energia primaria per fonti, evidenzia una riduzione dei consumi di petrolio e prodotti petroliferi pari all1,4% e in parallelo il consolidarsi della tendenza all'aumento dei combustibili fossili, soprattutto del carbone e del gas (rispettivamente +8% e +9,4%), quali fonti sostitutive nella generazione elettrica. Tra gli impieghi finali di energia, particolarmente importante risulta essere l'incremento dei consumi del settore civile (residenziale e servizi) passato dai 40,5 Mtep del 2002 ai 43,6 Mtep nel 2003 (+8,4%) in seguito sia a fattori climatici sfavorevoli, sia a fattori economici e sociali. L'incremento dei consumi ha riguardato in particolare il gas (+10,4%), i prodotti petroliferi (+7,2%), e l'energia elettrica (+5%). L'incremento dei consumi nei trasporti, invece, è stato più contenuto (+2,3%), a causa dell'approssimarsi di situazioni di saturazione soprattutto nel trasporto su strada. In questo settore i consumi di prodotti petroliferi mostrano una crescita del 2,1% grazie alla crescita del gasolio quale sostituto della benzina. Infine, i consumi del settore industriale hanno avuto un incremento molto modesto: appena l'1,4%. La dipendenza energetica Il livello di dipendenza energetica è passato dall'84,1% del 2002 all'84,6% del 2003. Questo a sua volta si è tradotto in un aumento della fattura energetica (+104 milioni di euro) dell'Italia verso l'estero che, pur beneficiando dell'apprezzamento dell'euro nei confronti del dollaro, ha risentito dell'incremento dei volumi importati, in particolare di quelli di gas naturale. Nel 2003, la produzione nazionale di fonti energetiche ha subito una leggera contrazione (-1%) rispetto all'anno precedente, in seguito a una riduzione significativa della produzione di gas naturale (-6,3% rispetto al 2002) e di una più leggera diminuzione nell'output di petrolio greggio, dovute al progressivo esaurirsi dei giacimenti nazionali di idrocarburi attualmente in uso. Si è assistito inoltre ad una contrazione della produzione di elettricità da rinnovabili imputabile alla riduzione del contributo da fonte idroelettrica e al rallentamento dei tassi di crescita di tutte le altre fonti energetiche rinnovabili. Il black-out del 28 settembre 2003 (il più grosso verificatosi in Italia negli ultimi 50 anni), con una perdita di carico di 19.600 megawatt e l' interruzione delle forniture alla quasi totalità degli utenti italiani per circa 24 ore, ha riportato alla ribalta il problema della sicurezza degli approvvigionamenti energetici, e della loro efficienza ed affidabilità per una economia sviluppata. Petrolio Il prezzo del greggio nel 2003 ha sfiorato i 30$/bl a seguito della crisi in Iraq e della ripresa dell'attività produttiva mondiale, ma anche della decisione dei Paesi produttori di compensare con prezzi più alti la perdita di potere d'acquisto dovuta all'indebolimento del dollaro. Durante l'anno in corso (2004), la crescita dell'economia mondiale (soprattutto asiatica), le pressioni speculative, il peggioramento della situazione politica mediorientale e altre situazioni contingenti, hanno portato le quotazioni oltre i 50 dollari al barile ad ottobre. Se la pressione sui prezzi sembra essersi attenuata, i dati congiunturali fanno temere che resterà su livelli alti fino alla fine dell'inverno 2004-2005. Efficienza energetica Gli indici di efficienza energetica per macrosettori economici, sembrano restare stazionari o tutt'al più leggermente migliorati. Gli indicatori di intensità energetica negli ultimi anni, in Italia, si sono mantenuti sui valori relativamente bassi degli anni '90, ma non sono riusciti a seguire i trend degli altri Paesi in direzione di un ulteriore abbassamento. Protocollo di Kyoto Il settore energetico italiano è stato responsabile dell'emissione di circa 443 milioni di tonnellate di anidride carbonica nel 2002 (+1,3% rispetto al 2001). Il 35% di queste emissioni proviene dai processi di trasformazione dell'energia, il 28,2% dal settore dei trasporti, il 18% dalle industrie manifatturiere e delle costruzioni e un altro 18% dagli altri settori. Il settore dei trasporti è responsabile dell'incremento più elevato (22,7%) rispetto al 1990, seguito dal settore della produzione e trasformazione energetica (15%). Solo il settore delle industrie manifatturiere e delle costruzioni ha evidenziato una contrazione del livello di emissioni (3,3%). La traiettoria crescente delle emissioni dell'Italia rende imprescindibile il ricorso ai meccanismi flessibili previsti dal Protocollo di Kyoto. Stato e regioni: rispettivi ruoli in materia energetica Il rapporto tra i ruoli del Governo e delle Regioni e la continua ricerca di un equilibrio tra di essi hanno costituito un elemento importante nelle diverse scelte energetiche fatte nel 2003-2004, come è emerso nel recente processo autorizzativo di nuove centrali elettriche di fronte al gran numero di domande. La legge per il riordino del settore energetico 23 agosto 2004, n. 239 tenta di chiarire le competenze in questo campo. Già più della metà delle Regioni si sono dotate di strumenti di programmazione energetico-ambientale, mentre altre li stanno predisponendo o stanno predisponendo strumenti legislativi adeguati alla liberalizzazione dei mercati energetici e al rinnovato Titolo V della Costituzione. Investimenti per la ricerca L'Italia continua a situarsi molto indietro fra i Paesi aderenti all'Ocse per intensità d'investimenti in ricerca rispetto al Pil (Prodotto interno lordo). Nel 2001, con circa l'1,1% di spesa per ricerca e sviluppo sul Pil, l'Italia ha un rapporto pari a poco più di un terzo di quello del Giappone e a meno della metà di quello degli Stati Uniti. Esso risulta pari a circa la metà di quello delle nostre dirette concorrenti sul piano economico-commerciale (Francia (2,2%) e la Germania (2,5%)) e ben al di sotto della media europea, contribuendo alla perdita di competitività dell'industria nazionale. Tale preoccupante situazione è un fenomeno strutturale e storicamente consolidato che deriva da un orientamento del sistema industriale italiano verso produzioni a basso valore aggiunto. Fra le conseguenze di questa specializzazione del sistema produttivo nazionale, sembra esservi il ridotto impegno in ricerca del sistema-Italia, la minore crescita conseguita dalla nostra economia in questi ultimi anni e la perdita di quote di mercato nell'export. Per quanto riguarda le spese pubbliche di ricerca e sviluppo in campo energetico, il trend è decisamente negativo, con un livello della spesa nel 2003 ridotto a poco meno della metà del livello del 1990 in termini reali. La riduzione ha interessato soprattutto le attività di ricerca su tecnologie orizzontali e la ricerca sul nucleare, che si è focalizzata sulla fusione termonucleare e, per la fissione, sui temi della sicurezza e del trattamento delle scorie. E' diminuita anche la ricerca riguardante il risparmio e l' efficienza energetica. Il commento del Wwf Il rapporto Energia e Ambiente dell'Enea, afferma l'associazione ecologista Wwf, "dà una chiara indicazione: investire in ricerca e sviluppo di fonti rinnovabili di energia, in particolare quella solare, per poter ridurre l'uso di petrolio e carbone, al fine di rispettare il Protocollo di Kyoto". Di parere contrario è apparso, durante la presentazione del rapporto Enea, Sergio Garribba, direttore generale del ministero delle Attività produttive, che ha definito i limiti della crescita delle fonti rinnovabili, includendo fra esse anche l'incenerimento dei rifiuti, che nessun beneficio comporta per la riduzione delle emissioni clima-alteranti. "Garribba ha confermato l'opzione preferenziale di questo Governo per il carbone - sottolinea Andrea Masullo, pesponsabile Energia e clima del Wwf - contraddicendo la dovuta affermazione iniziale del rispetto del Protocollo di Kyoto. Il carbone è il combustibile con il maggior contenuto di carbonio e che la stessa ipotesi di catturare l'anidride carbonica ed immagazzinarla in giacimenti geologici comporterebbe rischi, in termini di vite umane, peggiore dell'incidente nucleare di Cernobyl. Una centrale a carbone da 1000 megawatt nel suo ciclo di vita produce circa 500 milioni di tonnellate di anidride carbonica che deve essere conservata per almeno 2000 anni in un enorme serbatoio sotterraneo. Se fuoriuscisse incidentalmente, anche in minima parte, questo gas si accumulerebbe al suolo negli avvallamenti, uccidendo in pochi minuti qualsiasi forma di vita. A questo scenario apocalittico aggiungiamo che nessuno sa quanta energia e quanti soldi occorreranno effettivamente per catturare e conservare cosi a lungo la CO2, per cui puntare sul carbone, come fa questo Governo, è una scelta al buio, che a fronte di un beneficio economico immediato, di breve durata e relativamente modesto, rischia di lasciarci per i prossimi anni una pesantissima eredità sia in termini economici che di rischio ambientale". Secondo il Wwf bisogna invertire la tendenza che ha visto gli investimenti nella ricerca in campo energetico dimezzarsi in soli 10 anni ed indirizzati per circa il 50% sulla gestione delle scorie nucleari e lo smantellamento delle poche centrali atomiche lasciateci in eredità dalla fallimentare scelta nucleare del nostro passato. "Invece di guardare al passato, cioè nucleare e carbone, l'Italia dovrebbe impegnarsi nel creare un'industria delle rinnovabili - conclude Masullo - ed anche in questo campo dipende ormai totalmente dall'estero. Le imprese italiane non investono più in innovazione ed efficienza, ma si sono attestate su produzioni di modesto profilo tecnologico con scarse probabilità di poter competere sul mercato mondiale". Il Wwf presenterà a giorni, in Italia, la campagna internazionale "Power Switch!" che si propone di creare su scala mondiale un sistema energetico basato su efficienza e fonti rinnovabili, per ridurre progressivamente il ricorso a carbone, petrolio e nucleare. I dati della Legambiente "I numeri della bilancia energetica italiana parlano chiaro: senza una chiara inversione di tendenza nelle politiche del settore - afferma la Legambiente - sarà impossibile raggiungere gli obiettivi stabiliti dall'Unione Europea per il 2010". L'allarme lanciato dall'associazione ecologista riguarda le fonti rinnovabili di energia. Secondo la Legambiente, che ha presentato nei giorni scorsi un rapporto, per passare dall'attuale 6,6% al 12% per quanto riguarda i consumi complessivi di energia, e dal 19,4% al 25% per quanto riguarda la produzione elettrica nel 2010, con gli attuali trend di crescita, non basteranno né il mercato, né tanto meno i provvedimenti messi in campo dal governo attraverso il recepimento della Direttiva Europea 2001/77 sulla promozione dell'energia elettrica da fonti rinnovabili, ma "occorre una decisa svolta". In Italia, considerando la produzione energetica complessiva, le rinnovabili tra il 1990 e il 2002 sono passate dal 7,7% all'8,7%. LEGAMBIENTE: ITALIA FANALINO DI CODA DELL'UNIONE EUROPEA NELLE RINNOVABILI Roma, 29 novembre - I numeri della bilancia energetica italiana parlano chiaro: senza una netta inversione di tendenza nelle politiche del settore, sarà impossibile raggiungere gli obiettivi stabiliti dall'Unione europea per il 2010. E' quanto emerso al convegno organizzato a Roma da Legambiente su "Idee e proposte di rilancio per le rinnovabili" della scorsa settimana. Per passare entro il 2010 dall'attuale 6,6% al 12% dei consumi energetici prodotti con fonti rinnovabili e dal 19,4% al 25% per la produzione elettrica - è stato sostenuto - con gli attuali trend di crescita, non basteranno né il mercato né tantomeno i provvedimenti messi in campo dal governo attraverso il recepimento della Direttiva Europea 2001/77 sulla promozione dell'energia elettrica da fonti rinnovabili. In Italia, considerando la produzione energetica complessiva, le rinnovabili tra il 1990 e il 2002 sono passate dal 7,7% all'8,7%. Ma in realtà la quota di rinnovabili vere e proprie (escludendo il grande idroelettrico e i rifiuti) è ferma al 4,6%. Il nostro paese - ha osservato Legambiente - fatica a seguire il passo dello sviluppo mondiale nell'impiego delle fonti energetiche rinnovabili, in particolare per solare e l'eolico. "Il 16 febbraio 2005 sarà una data storica - ha commentato Roberto Della Seta, presidente nazionale dell'associazione ambientalista - perché entrerà definitivamente in vigore il Protocollo di Kyoto, a seguito della ratifica della Russia. Un appuntamento che riguarda tutti i Paesi Europei, ma soprattutto quelli che hanno aumentato le proprie emissioni di CO2, come l'Italia con oltre il 9% in più rispetto al 1990, invece di una riduzione del 6,5%. Entreranno poi in vigore i meccanismi di verifica e di sanzione nei confronti dei Paesi previsti dal Protocollo con conseguenze che solo in parte sono state comprese e valutate da parte del sistema industriale italiano". Per Legambiente raddoppiare il contributo delle fonti rinnovabili alla bilancia energetica italiana, all'interno di una prospettiva di riduzione dei consumi termici e elettrici del 20% è quindi, secondo l'associazione ambientalista, l'obiettivo a dieci anni. I motivi dei ritardi accumulati dall'Italia nella partita delle rinnovabili sono svariati ma profondamente intrecciati. A partire dal 1992 grazie al provvedimento CIP6 sono stati distribuiti 30 miliardi di euro di incentivi che, invece di servire a promuovere le fonti energetiche pulite sono andati per il 92% alla realizzazione di centrali tradizionali e inceneritori. Inoltre, il meccanismo dei Certificati Verdi introdotti dal decreto Bersani per promuovere e incentivare la produzione di energia da fonti rinnovabili non si sta rivelando efficace. Per colmare il ritardo dell'Italia è necessario intervenire subito, sostiene Legambiente, e approvare al più presto i provvedimenti previsti dal decreto legislativo 387 del 29/12/2003 con cui è stata recepita la direttiva europea sulla promozione delle fonti rinnovabili (2001/77), che scontano già ritardi di diversi mesi e che dovevano servire ad articolare e chiarire gli obiettivi che riguardano le fonti rinnovabili; rivedere il sistema degli incentivi per realizzare almeno l'obiettivo minimo del 2% da fonti rinnovabili attraverso il meccanismo dei Certificati Verdi; togliere la parte non biodegradabile dei rifiuti tra le fonti rinnovabili ammesse a beneficiare degli incentivi. Per Legambiente, occorre fissare obiettivi ambiziosi per lo sviluppo delle rinnovabili, ma parallelamente è necessario intervenire sulle cause che oggi impediscono lo sviluppo del settore. Priorità dell'associazione sono: introdurre il "conto energia" per la produzione di energia da fonti rinnovabili, ossia un meccanismo che permetta di incentivare piccoli e grandi produttori di calore e elettricità da fonti rinnovabili in rete attraverso tariffe di acquisto trasparenti e vantaggiose, che vada a sostituire il sistema dei Certificati Verdi e i residui del CIP6 che premiano le "finte rinnovabili"; creare le condizioni per lo sviluppo delle fonti rinnovabili nel territorio italiano, rivedendo le regole insieme alle Regioni e semplificando le procedure; puntare sulle fonti rinnovabili per produrre nuova occupazione in un settore industriale innovativo, ad alto contenuto di ricerca e di posti di lavoro. In fine è necessario costruire un modello di generazione distribuita, investendo nella rete di distribuzione elettrica per permettere a cittadini e imprese di produrre e interscambiare energia pulita, chiudendo le vecchie centrali e evitando la costruzione dei grandi elettrodotti.
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