energia - ambiente rapporto di un declino



da e-gazete.it
mercoledi 1 dicembre 2004

RAPPORTO ENEA ENERGIA-AMBIENTE, LA FOTOGRAFIA DI UN DECLINO

Roma, 29 novembre - Cresce la dipendenza energetica dell'Italia dalle fonti
d'importazione, crescono le emissioni di anidride carbonica, le fonti
rinnovabili sono in difficoltà. La ricerca e l'innovazione languono. E'
sconfortante il ritratto del Paese tratto dal Rapporto Energia e Ambiente
2004 realizzato dall'Enea e presentato nei giorni scorsi. Un ritratto che
conferma il declino dell'Italia rilevato in altri settori.
Il Rapporto Energia-Ambiente è un lavoro di analisi e di informazione
annuale sulla situazione del Paese, avviato ormai da alcuni anni.
Il documento si propone di presentare l'attuale quadro nazionale fra i
cambiamenti in atto dettati dal riequilibrio dei poteri tra Stato e Regioni,
la liberalizzazione dei mercati, lo sviluppo delle grandi reti di
trasmissione, l'impatto ambientale dei sistemi energetici, il sostegno al
risparmio energetico e alle fonti rinnovabili e la necessità di fronteggiare
i grandi problemi nazionali della sicurezza degli approvvigionamenti, della
forte dipendenza energetica, della salvaguardia dell'ambiente.
Il Rapporto, analizzando la situazione italiana della domanda e dell'offerta
di energia, la relazione tra sistema energetico e ambiente, le politiche
energetico-ambientali a scala regionale, lo stato della ricerca, vuole
essere un riferimento annuale per favorire la crescita delle conoscenze in
campo energetico e accompagnare il dibattito nazionale attraverso
informazioni coerenti e aggiornate.
L'Enea, traendo spunto dalla presentazione del Rapporto, ha svolto un'ampia
riflessione sui principali aspetti della situazione energetica del nostro
Paese, affrontando questioni quali la dipendenza negli approvvigionamenti, i
vincoli ambientali e il rispetto degli impegni di Kyoto, le attività di
ricerca e sviluppo per le quali l'Enea auspica un sensibile incremento dei
finanziamenti.
Secondo l'organismo, fra le linee prioritarie, per cogliere l'opportunità di
sviluppare nel nostro Paese tecnologie innovative per la produzione e l'
utilizzo dell'energia nel rispetto dei valori ambientali, vi sono a esempio
il solare ad alta temperatura per la generazione di elettricità e di
idrogeno e i processi per l'uso del carbone agli stessi fini, soddisfacendo
requisiti di bassissimo impatto ambientale: su tali tecnologie l'Enea sta
realizzando importanti progetti di ricerca e sviluppo in stretta
cooperazione con l'industria nazionale.

Consumi energetici

La stagnazione dell'economia italiana e le condizioni climatiche prevalenti
(soprattutto una estate lunga e particolarmente calda) hanno determinato,
nel corso del 2003, l'innalzamento della domanda complessiva di energia
primaria a 192,9 milioni di tonnellate equivalenti petrolio (Mtep) con un
+2,9% rispetto al 2002, e un peggioramento dell'intensità energetica
rispetto all'anno precedente. Il fabbisogno di energia primaria per fonti,
evidenzia una riduzione dei consumi di petrolio e prodotti petroliferi pari
all1,4% e in parallelo il consolidarsi della tendenza all'aumento dei
combustibili fossili, soprattutto del carbone e del gas (rispettivamente +8%
e +9,4%), quali fonti sostitutive nella generazione elettrica.
Tra gli impieghi finali di energia, particolarmente importante risulta
essere l'incremento dei consumi del settore civile (residenziale e servizi)
passato dai 40,5 Mtep del 2002 ai 43,6 Mtep nel 2003 (+8,4%) in seguito sia
a fattori climatici sfavorevoli, sia a fattori economici e sociali.
L'incremento dei consumi ha riguardato in particolare il gas (+10,4%), i
prodotti petroliferi (+7,2%), e l'energia elettrica (+5%).
L'incremento dei consumi nei trasporti, invece, è stato più contenuto
(+2,3%), a causa dell'approssimarsi di situazioni di saturazione soprattutto
nel trasporto su strada. In questo settore i consumi di prodotti petroliferi
mostrano una crescita del 2,1% grazie alla crescita del gasolio quale
sostituto della benzina. Infine, i consumi del settore industriale hanno
avuto un incremento molto modesto: appena l'1,4%.

La dipendenza energetica

Il livello di dipendenza energetica è passato dall'84,1% del 2002 all'84,6%
del 2003. Questo a sua volta si è tradotto in un aumento della fattura
energetica (+104 milioni di euro) dell'Italia verso l'estero che, pur
beneficiando dell'apprezzamento dell'euro nei confronti del dollaro, ha
risentito dell'incremento dei volumi importati, in particolare di quelli di
gas naturale.
Nel 2003, la produzione nazionale di fonti energetiche ha subito una leggera
contrazione (-1%) rispetto all'anno precedente, in seguito a una riduzione
significativa della produzione di gas naturale (-6,3% rispetto al 2002) e di
una più leggera diminuzione nell'output di petrolio greggio, dovute al
progressivo esaurirsi dei giacimenti nazionali di idrocarburi attualmente in
uso. Si è assistito inoltre ad una contrazione della produzione di
elettricità da rinnovabili imputabile alla riduzione del contributo da fonte
idroelettrica e al rallentamento dei tassi di crescita di tutte le altre
fonti energetiche rinnovabili.
Il black-out del 28 settembre 2003 (il più grosso verificatosi in Italia
negli ultimi 50 anni), con una perdita di carico di 19.600 megawatt e l'
interruzione delle forniture alla quasi totalità degli utenti italiani per
circa 24 ore, ha riportato alla ribalta il problema della sicurezza degli
approvvigionamenti energetici, e della loro efficienza ed affidabilità per
una economia sviluppata.

Petrolio

Il prezzo del greggio nel 2003 ha sfiorato i 30$/bl a seguito della crisi in
Iraq e della ripresa dell'attività produttiva mondiale, ma anche della
decisione dei Paesi produttori di compensare con prezzi più alti la perdita
di potere d'acquisto dovuta all'indebolimento del dollaro.
Durante l'anno in corso (2004), la crescita dell'economia mondiale
(soprattutto asiatica), le pressioni speculative, il peggioramento della
situazione politica mediorientale e altre situazioni contingenti, hanno
portato le quotazioni oltre i 50 dollari al barile ad ottobre. Se la
pressione sui prezzi sembra essersi attenuata, i dati congiunturali fanno
temere che resterà su livelli alti fino alla fine dell'inverno 2004-2005.

Efficienza energetica

Gli indici di efficienza energetica per macrosettori economici, sembrano
restare stazionari o tutt'al più leggermente migliorati. Gli indicatori di
intensità energetica negli ultimi anni, in Italia, si sono mantenuti sui
valori relativamente bassi degli anni '90, ma non sono riusciti a seguire i
trend degli altri Paesi in direzione di un ulteriore abbassamento.

Protocollo di Kyoto

Il settore energetico italiano è stato responsabile dell'emissione di circa
443 milioni di tonnellate di anidride carbonica nel 2002 (+1,3% rispetto al
2001). Il 35% di queste emissioni proviene dai processi di trasformazione
dell'energia, il 28,2% dal settore dei trasporti, il 18% dalle industrie
manifatturiere e delle costruzioni e un altro 18% dagli altri settori. Il
settore dei trasporti è responsabile dell'incremento più elevato (22,7%)
rispetto al 1990, seguito dal settore della produzione e trasformazione
energetica (15%). Solo il settore delle industrie manifatturiere e delle
costruzioni ha evidenziato una contrazione del livello di emissioni (3,3%).
La traiettoria crescente delle emissioni dell'Italia rende imprescindibile
il ricorso ai meccanismi flessibili previsti dal Protocollo di Kyoto.

Stato e regioni: rispettivi ruoli in materia energetica

Il rapporto tra i ruoli del Governo e delle Regioni e la continua ricerca di
un equilibrio tra di essi hanno costituito un elemento importante nelle
diverse scelte energetiche fatte nel 2003-2004, come è emerso nel recente
processo autorizzativo di nuove centrali elettriche di fronte al gran numero
di domande. La legge per il riordino del settore energetico 23 agosto 2004,
n. 239 tenta di chiarire le competenze in questo campo. Già più della metà
delle Regioni si sono dotate di strumenti di programmazione
energetico-ambientale, mentre altre li stanno predisponendo o stanno
predisponendo strumenti legislativi adeguati alla liberalizzazione dei
mercati energetici e al rinnovato Titolo V della Costituzione.

Investimenti per la ricerca

L'Italia continua a situarsi molto indietro fra i Paesi aderenti all'Ocse
per intensità d'investimenti in ricerca rispetto al Pil (Prodotto interno
lordo). Nel 2001, con circa l'1,1% di spesa per ricerca e sviluppo sul Pil,
l'Italia ha un rapporto pari a poco più di un terzo di quello del Giappone e
a meno della metà di quello degli Stati Uniti.
Esso risulta pari a circa la metà di quello delle nostre dirette concorrenti
sul piano economico-commerciale (Francia (2,2%) e la Germania (2,5%)) e ben
al di sotto della media europea, contribuendo alla perdita di competitività
dell'industria nazionale. Tale preoccupante situazione è un fenomeno
strutturale e storicamente consolidato che deriva da un orientamento del
sistema industriale italiano verso produzioni a basso valore aggiunto.
Fra le conseguenze di questa specializzazione del sistema produttivo
nazionale, sembra esservi il ridotto impegno in ricerca del sistema-Italia,
la minore crescita conseguita dalla nostra economia in questi ultimi anni e
la perdita di quote di mercato nell'export.
Per quanto riguarda le spese pubbliche di ricerca e sviluppo in campo
energetico, il trend è decisamente negativo, con un livello della spesa nel
2003 ridotto a poco meno della metà del livello del 1990 in termini reali.
La riduzione ha interessato soprattutto le attività di ricerca su tecnologie
orizzontali e la ricerca sul nucleare, che si è focalizzata sulla fusione
termonucleare e, per la fissione, sui temi della sicurezza e del trattamento
delle scorie. E' diminuita anche la ricerca riguardante il risparmio e l'
efficienza energetica.

Il commento del Wwf

Il rapporto Energia e Ambiente dell'Enea, afferma l'associazione ecologista
Wwf, "dà una chiara indicazione: investire in ricerca e sviluppo di fonti
rinnovabili di energia, in particolare quella solare, per poter ridurre
l'uso di petrolio e carbone, al fine di rispettare il Protocollo di Kyoto".
Di parere contrario è apparso, durante la presentazione del rapporto Enea,
Sergio Garribba, direttore generale del ministero delle Attività produttive,
che ha definito i limiti della crescita delle fonti rinnovabili, includendo
fra esse anche l'incenerimento dei rifiuti, che nessun beneficio comporta
per la riduzione delle emissioni clima-alteranti.
"Garribba ha confermato l'opzione preferenziale di questo Governo per il
carbone - sottolinea Andrea Masullo, pesponsabile Energia e clima del Wwf -
contraddicendo la dovuta affermazione iniziale del rispetto del Protocollo
di Kyoto. Il carbone è il combustibile con il maggior contenuto di carbonio
e che la stessa ipotesi di catturare l'anidride carbonica ed immagazzinarla
in giacimenti geologici comporterebbe rischi, in termini di vite umane,
peggiore dell'incidente nucleare di Cernobyl. Una centrale a carbone da 1000
megawatt nel suo ciclo di vita produce circa 500 milioni di tonnellate di
anidride carbonica che deve essere conservata per almeno 2000 anni in un
enorme serbatoio sotterraneo. Se fuoriuscisse incidentalmente, anche in
minima parte, questo gas si accumulerebbe al suolo negli avvallamenti,
uccidendo in pochi minuti qualsiasi forma di vita. A questo scenario
apocalittico aggiungiamo che nessuno sa quanta energia e quanti soldi
occorreranno effettivamente per catturare e conservare cosi a lungo la CO2,
per cui puntare sul carbone, come fa questo Governo, è una scelta al buio,
che a fronte di un beneficio economico immediato, di breve durata e
relativamente modesto, rischia di lasciarci per i prossimi anni una
pesantissima eredità sia in termini economici che di rischio ambientale".
Secondo il Wwf bisogna invertire la tendenza che ha visto gli investimenti
nella ricerca in campo energetico dimezzarsi in soli 10 anni ed indirizzati
per circa il 50% sulla gestione delle scorie nucleari e lo smantellamento
delle poche centrali atomiche lasciateci in eredità dalla fallimentare
scelta nucleare del nostro passato. "Invece di guardare al passato, cioè
nucleare e carbone, l'Italia dovrebbe impegnarsi nel creare un'industria
delle rinnovabili - conclude Masullo - ed anche in questo campo dipende
ormai totalmente dall'estero. Le imprese italiane non investono più in
innovazione ed efficienza, ma si sono attestate su produzioni di modesto
profilo tecnologico con scarse probabilità di poter competere sul mercato
mondiale".
Il Wwf presenterà a giorni, in Italia, la campagna internazionale "Power
Switch!" che si propone di creare su scala mondiale un sistema energetico
basato su efficienza e fonti rinnovabili, per ridurre progressivamente il
ricorso a carbone, petrolio e nucleare.

I dati della Legambiente

"I numeri della bilancia energetica italiana parlano chiaro: senza una
chiara inversione di tendenza nelle politiche del settore - afferma la
Legambiente - sarà impossibile raggiungere gli obiettivi stabiliti
dall'Unione Europea per il 2010". L'allarme lanciato dall'associazione
ecologista riguarda le fonti rinnovabili di energia. Secondo la Legambiente,
che ha presentato nei giorni scorsi un rapporto, per passare dall'attuale
6,6% al 12% per quanto riguarda i consumi complessivi di energia, e dal
19,4% al 25% per quanto riguarda la produzione elettrica nel 2010, con gli
attuali trend di crescita, non basteranno né il mercato, né tanto meno i
provvedimenti messi in campo dal governo attraverso il recepimento della
Direttiva Europea 2001/77 sulla promozione dell'energia elettrica da fonti
rinnovabili, ma "occorre una decisa svolta". In Italia, considerando la
produzione energetica complessiva, le rinnovabili tra il 1990 e il 2002 sono
passate dal 7,7% all'8,7%.

LEGAMBIENTE: ITALIA FANALINO DI CODA DELL'UNIONE EUROPEA NELLE RINNOVABILI

Roma, 29 novembre - I numeri della bilancia energetica italiana parlano
chiaro: senza una netta inversione di tendenza nelle politiche del settore,
sarà impossibile raggiungere gli obiettivi stabiliti dall'Unione europea per
il 2010. E' quanto emerso al convegno organizzato a Roma da Legambiente su
"Idee e proposte di rilancio per le rinnovabili" della scorsa settimana.
Per passare entro il 2010 dall'attuale 6,6% al 12% dei consumi energetici
prodotti con fonti rinnovabili e dal 19,4% al 25% per la produzione
elettrica - è stato sostenuto - con gli attuali trend di crescita, non
basteranno né il mercato né tantomeno i provvedimenti messi in campo dal
governo attraverso il recepimento della Direttiva Europea 2001/77 sulla
promozione dell'energia elettrica da fonti rinnovabili.
In Italia, considerando la produzione energetica complessiva, le rinnovabili
tra il 1990 e il 2002 sono passate dal 7,7% all'8,7%. Ma in realtà la quota
di rinnovabili vere e proprie (escludendo il grande idroelettrico e i
rifiuti) è ferma al 4,6%. Il nostro paese - ha osservato Legambiente -
fatica a seguire il passo dello sviluppo mondiale nell'impiego delle fonti
energetiche rinnovabili, in particolare per solare e l'eolico.
"Il 16 febbraio 2005 sarà una data storica - ha commentato Roberto Della
Seta, presidente nazionale dell'associazione ambientalista - perché entrerà
definitivamente in vigore il Protocollo di Kyoto, a seguito della ratifica
della Russia. Un appuntamento che riguarda tutti i Paesi Europei, ma
soprattutto quelli che hanno aumentato le proprie emissioni di CO2, come
l'Italia con oltre il 9% in più rispetto al 1990, invece di una riduzione
del 6,5%. Entreranno poi in vigore i meccanismi di verifica e di sanzione
nei confronti dei Paesi previsti dal Protocollo con conseguenze che solo in
parte sono state comprese e valutate da parte del sistema industriale
italiano". Per Legambiente raddoppiare il contributo delle fonti rinnovabili
alla bilancia energetica italiana, all'interno di una prospettiva di
riduzione dei consumi termici e elettrici del 20% è quindi, secondo
l'associazione ambientalista, l'obiettivo a dieci anni.
I motivi dei ritardi accumulati dall'Italia nella partita delle rinnovabili
sono svariati ma profondamente intrecciati. A partire dal 1992 grazie al
provvedimento CIP6 sono stati distribuiti 30 miliardi di euro di incentivi
che, invece di servire a promuovere le fonti energetiche pulite sono andati
per il 92% alla realizzazione di centrali tradizionali e inceneritori.
Inoltre, il meccanismo dei Certificati Verdi introdotti dal decreto Bersani
per promuovere e incentivare la produzione di energia da fonti rinnovabili
non si sta rivelando efficace.
Per colmare il ritardo dell'Italia è necessario intervenire subito, sostiene
Legambiente, e approvare al più presto i provvedimenti previsti dal decreto
legislativo 387 del 29/12/2003 con cui è stata recepita la direttiva europea
sulla promozione delle fonti rinnovabili (2001/77), che scontano già ritardi
di diversi mesi e che dovevano servire ad articolare e chiarire gli
obiettivi che riguardano le fonti rinnovabili; rivedere il sistema degli
incentivi per realizzare almeno l'obiettivo minimo del 2% da fonti
rinnovabili attraverso il meccanismo dei Certificati Verdi; togliere la
parte non biodegradabile dei rifiuti tra le fonti rinnovabili ammesse a
beneficiare degli incentivi.
Per Legambiente, occorre fissare obiettivi ambiziosi per lo sviluppo delle
rinnovabili, ma parallelamente è necessario intervenire sulle cause che oggi
impediscono lo sviluppo del settore. Priorità dell'associazione sono:
introdurre il "conto energia" per la produzione di energia da fonti
rinnovabili, ossia un meccanismo che permetta di incentivare piccoli e
grandi produttori di calore e elettricità da fonti rinnovabili in rete
attraverso tariffe di acquisto trasparenti e vantaggiose, che vada a
sostituire il sistema dei Certificati Verdi e i residui del CIP6 che
premiano le "finte rinnovabili"; creare le condizioni per lo sviluppo delle
fonti rinnovabili nel territorio italiano, rivedendo le regole insieme alle
Regioni e semplificando le procedure; puntare sulle fonti rinnovabili per
produrre nuova occupazione in un settore industriale innovativo, ad alto
contenuto di ricerca e di posti di lavoro. In fine è necessario costruire un
modello di generazione distribuita, investendo nella rete di distribuzione
elettrica per permettere a cittadini e imprese di produrre e interscambiare
energia pulita, chiudendo le vecchie centrali e evitando la costruzione dei
grandi elettrodotti.