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contabilità ambientale per lo sviluppo ( indicatori settoriali di pressione ambientale ISPA )
- Subject: contabilità ambientale per lo sviluppo ( indicatori settoriali di pressione ambientale ISPA )
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Mon, 22 Nov 2004 06:41:44 +0100
Contabilità ambientale come strumento di sviluppo sostenibile Strasburgo, 24 gennaio 2004 L'Assemblea del Consiglio d'Europa ha approvato, il 2 marzo 2004, una Raccomandazione agli Stati membri per l'adozione, a tutti i livelli di governo, di strumenti di contabilità ambientale, e in particolare di bilanci "verdi" per perseguire uno sviluppo più sostenibile. La risoluzione impegna tra l'altro il Congresso dei poteri locali del Consiglio d'Europa, che raggruppa i rappresentanti di centinaia di città, a diffondere a livello urbano la contabilità ambientale, e in particolare il bilancio ambientale. (traduzione di Ilaria Di Bella) ISPA Il concetto di "pressione esercitata dall'uomo sull'ambiente naturale" non può essere definito a prescindere da una divisione ideale del mondo in due sfere (o sistemi): sfera "antropica", o "tecnosfera", e sfera "naturale" o "ecosfera". Tali sistemi sono chiaramente parti non separabili - se non a livello concettuale - di un tutto fortemente integrato, ma possono essere identificati, a fini analitici, come ambiti distinti pur se fortemente interagenti tra loro. La sfera antropica è caratterizzata dal controllo umano sui processi che vi si svolgono, ovvero costituisce il dominio della tecnologia; nel sistema naturale le forze della natura non sono "gestite" dall'uomo come nel sistema antropico, bensì si auto-organizzano. L'esistenza stessa della sfera antropica dipende crucialmente dal permanere di condizioni di sostanziale equilibrio nell'ecosfera. La sfera antropica si trova infatti "incastonata" in quella naturale, e la sua "sostenibilità" si realizza se essa si inserisce negli equilibri naturali in maniera armonica e non distruttiva. L'azione dell'uomo - o, meglio, l'esistenza, il funzionamento e lo sviluppo dell'antroposfera - contribuisce, infatti, a determinare gli equilibri naturali e la loro evoluzione. Interazioni tra le due sfere direttamente rilevanti per gli equilibri naturali si hanno principalmente attraverso i prelievi o gli apporti di materia e di energia da parte dell'antroposfera, ma anche la semplice presenza nell'ambiente di manufatti antropici, in uso o in disuso (occupazione dello spazio da parte dello stock materiale dell'antroposfera) comporta deviazioni, volontarie o involontarie, dei flussi naturali (ad esempio, una diga rispetto al ciclo delle acque interne). Gli scambi energetici e materiali e le conseguenze dell'accumulazione degli stock antropici possono quindi essere visti come sollecitazioni che l'uomo esercita sugli equilibri naturali, tendendo a modificarli: essi comportano, in altre parole, pressioni sull'ambiente naturale. (.) È utile, per meglio comprenderne la posizione nell'ambito del complesso dei rapporti uomo-natura, inquadrare le pressioni nella rappresentazione complessiva di tali rapporti fornita dal modello concettuale "Determinanti - Pressioni - Stato - Impatto - Risposte", fondamentale punto di riferimento di tutta la ricerca e il dibattito internazionale in materia di informazione ambientale (OCSE, 1993; Eurostat, 1997; European Environment Agency, 1998; Eurostat, 1999). Tale modello evidenzia l'esistenza, "a monte" delle pressioni, di forze motrici, o determinanti, che in sostanza possono essere identificati con le attività e i processi antropici che causano le pressioni. A ciascuna attività può essere associato un certo insieme di interazioni dirette con l' ambiente naturale. A "valle" delle pressioni sta invece lo stato della natura, che si modifica - a tutti i livelli, da quello microscopico a quello planetario - in seguito alle sollecitazioni umane. Il modificarsi dello stato della natura comporta impatti sul sistema antropico. Tali impatti sono per lo più - ma non necessariamente - negativi, poiché il modificarsi dello stato della natura in genere coincide con un suo allontanarsi dalle condizioni inizialmente esistenti, favorevoli alla prosperità umana. Si chiude qui un primo ciclo di rapporti causali, con la retroazione (negativa) dello sviluppo su se stesso, attraverso il deterioramento della natura che lo sostiene. La società e l'economia, di fronte a tale retroazione negativa, reagiscono fornendo risposte basate sulla consapevolezza dei meccanismi che la determinano. Le risposte sono dirette sia alle cause immediate degli impatti (i cambiamenti dello stato) sia alle loro cause più profonde, risalendo "a monte" fino alle pressioni stesse e ai "fattori" che le generano. Il cerchio così si chiude nuovamente, con la retroazione consapevole della società alle conseguenze negative del suo stesso sviluppo. Di fronte all'impossibilità pratica di enumerare (ancor prima che di quantificare) tutte le pressioni, si pone l'esigenza, per poter giungere a delle misurazioni, di individuare le pressioni che maggiormente interessano in relazione agli scopi cui deve servire l'informazione. Nella pratica si prendono in genere le mosse dai "problemi (temi) ambientali", individuando per ciascuno di essi le principali cause immediate di origine antropica, ovvero le principali pressioni che li determinano. Si può realizzare così implicitamente anche una classificazione delle pressioni secondo gli elementi dello stato dell'ambiente sui quali vanno ad agire. Ad esempio, se si parla di "cambiamenti climatici", la lista delle pressioni sarà quella dei gas, emessi dall'uomo, che tendono a "imprigionare" nell' atmosfera i raggi infrarossi della radiazione solare ("effetto serra"). Vi sono numerosi esempi di pressioni che agiscono contemporaneamente su più di un tema, talvolta con contributi di valenza opposta, come ad esempio nel caso delle emissioni di anidride carbonica, che sono le maggiori responsabili dell'"effetto serra", ma mitigano l'azione delle sostanze responsabili dello "assottigliamento dello strato d'ozono troposferico". Individuati i fenomeni d'interesse, per costruire un adeguato sistema di indicatori si devono stabilire delle definizioni che chiameremo "operative", per distinguerle da quelle "astratte" proprie del modello concettuale. Questo passaggio richiede di stabilire tutta una serie di definizioni e convenzioni che precisano e rendono in linea di principio osservabili nella realtà i fenomeni corrispondenti alle entità stilizzate del modello teorico adottato. In particolare, ai fini operativi, occorre adeguare la definizione delle pressioni agli scopi per i quali si vogliono costruire le loro misure. Se ad esempio lo scopo è il controllo della qualità delle acque sotterranee, è da preferire una serie di indicatori specifici relativi ai quantitativi dei diversi pesticidi che penetrano nel sottosuolo; se invece si vuole una misura globale del potenziale impatto ambientale dell'agricoltura, è preferibile una misura più aggregata. (.) Se invece si volesse esaminare l' impatto dei trasporti internazionali sul territorio italiano, il problema sarebbe l'ambito geografico di riferimento e dovrebbero essere attuate convenzioni specifiche, nel senso che le emissioni di gas inquinanti andrebbero incluse in un calcolo delle pressioni esercitate all'interno del paese ed escluse se si trattasse di calcolare le pressioni generate dagli italiani. In questi casi, può essere opportuno stabilire una corrispondenza con aggregati di tipo economico o sociale. Per costruire infine gli indicatori, le pressioni, come definite dal punto di vista operativo, vanno confrontate con i dati esistenti o con quelli ottenibili mediante nuove indagini o stime. Vanno identificati cioè i migliori correlati empirici delle grandezze desiderate; raramente questi rispondono esattamente alla definizione operativa che si è data della pressione, e in genere ne costituiscono solo una approssimazione. In molti casi si deve ricorrere a grandezze che, pur non essendo riferibili immediatamente alle pressioni, forniscono informazioni significative sulla loro entità, poiché sono ad esse correlate dal punto di vista statistico e ne permettono una quantificazione indiretta. A seconda delle limitazioni poste dai dati disponibili può essere necessario far ricorso a misure relative a un insieme aggregato di fenomeni che si vorrebbero tenere distinti (come ad esempio quando si conoscono solo le quantità totali di pesticidi sparse sul suolo e invece si vorrebbero tenere separati i quantitativi che vanno nella falda e quelli che vanno in atmosfera), oppure a misure relative a "precursori" delle quantità desiderate (ad es. le quantità vendute di pesticidi in luogo di quelle effettivamente utilizzate), o ancora a grandezze collegate a quelle desiderate da relazioni tecnico-funzionali (ad es. la superficie coltivata con l'uso di pesticidi in luogo delle quantità utilizzate di questi ultimi). Tali grandezze possono essere, a seconda dei casi, utilizzate tal quali sono, oppure sottoposte ad elaborazioni per ottenere una stima indiretta della pressione. Quanto detto sopra vale per gli indicatori di pressione in generale. La costruzione di un sistema di indicatori settoriali di pressione ambientale risponde alla particolare esigenza di disporre di disaggregazioni dei dati significative ai fini di un intervento politico che si specifica per settore-obiettivo. Di particolare interesse sono dunque le disaggregazioni delle pressioni secondo la loro provenienza in termini di macrosettori di attività (agricoltura, industria, turismo.). Tale partizione si riflette in una disaggregazione che riguarda ciascuna pressione presa singolarmente, indipendentemente dal tipo di modificazione indotta nello stato dell' ambiente, e quindi è altra cosa rispetto al raggruppamento delle diverse pressioni in base al tema per il quale sono rilevanti. Le attività raccolte in uno stesso settore sono accomunate dalle relazioni di tipo "funzionale" che tra esse intercorrono (ad es. di "integrazione verticale"), oppure dalla similarità del ruolo che svolgono nel sistema socioeconomico (come ad esempio l'unitarietà dei mercati di approvvigionamento dei fattori o di sbocco dei prodotti), oppure dall' omogeneità nella finalità delle attività (ad es. ricreativa, nel caso del turismo). Inoltre la "classificazione" delle attività nei settori non è esaustiva (non comprende cioè tutte le attività), in quanto non tutti i settori dell'economia vengono considerati, né le sue categorie (i settori) sono mutuamente esclusive (ovvero, un'attività può appartenere a più d'un settore contemporaneamente). In definitiva, poiché la settorialità degli indicatori di pressione risponde ad esigenze specifiche, è necessario un raggruppamento definito ad hoc dei fattori di pressione. Dal momento che i settori di maggiore interesse sono individuati "in astratto", si pone anche per essi il problema di darne una definizione operativa, stabilendo in maniera convenzionale la collocazione delle attività "elementari" nei diversi settori. Si tratta poi di individuare per ciascun settore gli indicatori maggiormente rilevanti, escludendo quelli relativi a pressioni che il settore non genera o cui fornisce (presumibilmente) contributi di scarsa rilevanza. La disaggregazione delle singole pressioni per settore d'origine, infine, va ad incrociarsi con il raggruppamento delle diverse pressioni secondo i temi, e quindi gli elementi dello stato dell'ambiente sui quali vanno ad agire. A che cosa serve il sistema di indicatori settoriali di pressione ambientale? Gli indicatori di pressione, in generale, hanno un ovvio interesse scientifico, poiché forniscono elementi di fondamentale importanza per la conoscenza dei fenomeni naturali e dell'interazione uomo-natura, specie se messi in relazione agli indicatori relativi allo stato dell'ambiente da una parte, e ai fattori di pressione dall'altra. L'interesse scientifico, d'altro canto, non è quasi mai fine a se stesso, e certamente non lo è nel caso delle pressioni sull'ambiente. L'affermarsi dell'idea che lo sviluppo debba essere reso "sostenibile" dal punto di vista ecologico mediante una cosciente azione di risposta da parte della società, ha infatti stimolato un forte interesse della politica per lo sviluppo degli strumenti di conoscenza dell'ambiente e dell'azione dell'uomo su di esso. L' importanza degli indicatori settoriali di pressione ai fini dei processi decisionali delle politiche per la sostenibilità dello sviluppo è sancita a livello europeo dal Quinto programma di azione, che si articola per settori (Agricoltura, Industria, Trasporti, Energia e Turismo) e per temi (Cambiamento del clima, Acidificazione e qualità dell'aria, Protezione della natura e della diversità biologica, Gestione delle risorse idriche, Ambiente urbano, Zone costiere, Gestione dei rifiuti). L'effetto considerevole che hanno le pressioni antropiche nel modificare lo stato dell'ambiente implica che l'attenzione si concentri in buona misura proprio su queste. (.) Gli indicatori settoriali di pressione offrono però informazioni utili sia alla definizione della politica per l'ambiente - si possono stabilire con riferimento ad essi gli obiettivi da raggiungere - sia al monitoraggio dell'efficacia (raggiungimento degli obiettivi a livello macro) delle misure adottate. Opportunamente confrontati con indicatori relativi ai costi delle misure stesse, essi permettono anche di valutarne l' efficienza (intesa come rapporto tra costi e benefici delle scelte effettuate); confrontati con indicatori relativi alle conseguenze sociali ed economiche delle politiche volte a ridurre le cause del degrado ambientale, contribuiscono alla possibilità di dare una valutazione complessiva della situazione e delle politiche. L'approccio per settori alla costruzione di indicatori delle pressioni è particolarmente rispondente alle necessità della politica. Da questo punto di vista l'utilità degli indicatori è infatti tanto maggiore quanto più le attività raccolte in uno stesso settore sono omogenee rispetto all'influenza esercitata dalle politiche pubbliche su di esse. I settori, in quanto insiemi di attività accomunate da relazioni funzionali o da ruoli simili nel sistema socioeconomico, rispondono tendenzialmente a tale requisito, e possono essere definiti operativamente in maniera da massimizzare tale rispondenza, ovvero da avere la minima perdita di informazione possibile a seguito dell'aggregazione delle pressioni generate da diverse attività. Inoltre i macrosettori sono molto meno numerosi rispetto ad altre possibili aggregazioni non totali delle attività (ad esempio, rispetto alle branche di produzione omogenea). Di conseguenza, gli indicatori relativi ai macrosettori godono di una minore analiticità, ma a fronte di tale perdita (più grave per gli scopi scientifici che per quelli politici), essi risultano molto più facilmente intelligibili e utilizzabili a fini pratici. fausto giovannelli
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