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areriosclerosi e multinazionali del farmaco.
- Subject: areriosclerosi e multinazionali del farmaco.
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Mon, 25 Oct 2004 06:39:02 +0200
il manifesto - 23 Giugno 2004 Le nostre arterie da Limone a Pfizer Le mani di Big pharma sulla proteina «spontanea» che rimuove il colesterolo Fantastici orizzonti (medici e finanziari) aperti dalla riproduzione sintetica di un «farmaco» autoprodottosi con mutazioni genetiche spontanee negli organismi degli abitanti di una piccola e isolata comunità lombarda. Ma forse anche i modi di vita contano qualcosa... GABRIELLA ZIPOLI Un paio di settimane fa i media hanno fatto una «scoperta» sensazionale, e per un giorno hanno acceso i riflettori sulla «proteina che pulisce le arterie dal colesterolo». Poi è calato, rapido, il buio del silenzio: ma la vicenda merita di essere ricostruita. Tanto per cominciare, non è una vicenda nuovissima, essendo iniziata quasi trent'anni fa: un dipendente delle ferrovie dello stato, originario di Limone del Garda ma milanese d'adozione, viene ricoverato in ospedale per normali accertamenti; gli esami di routine segnalano colesterolo e trigliceridi con valori molto alti, ma il paziente non presenta alcun segno clinico rilevante, nessun danno evidente al sistema cardio-circolatorio. I medici, sbalorditi, decidono di indagare più a fondo. Il mistero viene svelato all'Istituto di chemioterapia dell'Università di Milano, dove viene identificata nel sangue del paziente una strana molecola, un'allora sconosciuta proteina, che viene chiamata «apolipoproteina A-1 Milano». Dopo cinque anni di ricerche, l'équipe del professor Cesare Sirtori scopre che la particolarità di quella proteina è dovuta ad una mutazione genetica casuale, riscontrata anche nel padre e nella figlia del paziente. Le apolipoproteine sono molecole attive nel metabolismo dei grassi, catturano cioè il colesterolo fluttuante nel sangue. Le abbiamo tutti. Ma la felice anomalia scoperta nel ferroviere di Limone sembra responsabile di una significativa protezione contro lo sviluppo dell'arteriosclerosi e delle malattie cardiovascolari: grazie alla casuale sostituzione chimica di un gene, questa proteina è più attiva e libera più rapidamente le arterie dai grassi, che vengono poi degradati dal fegato. I ricercatori si mettono sulle tracce di questa mutazione: tutti gli abitanti di Limone vengono sottoposti ad approfondite indagini ematiche. I referti sono molto interessanti: un numero notevole di residenti è portatore del gene che codifica per la proteina «spazzina», nessuno dei portatori presenta sintomi di cardiopatie precoci e tutti sono decisamente longevi. Le ricerche proseguono, per mettere in evidenza i fattori ereditari ed ambientali che possono aver determinato la diffusione del gene. E si scopre che i portatori sono tutti discendenti da un'unica coppia, Cristoforo Pomaroli e Cattarina Zito, sposi nel 1752 a Limone. Mutazione ereditaria Quella particolare mutazione genetica ereditaria, determinata da favorevoli quanto casuali condizioni esterne e rimasta per secoli una peculiarità degli abitanti a causa dell'isolamento geografico, diventa così un caso che appassiona per anni ricercatori e genetisti di tutto il mondo e che porta a ricostruire con cura 250 anni di storia di Limone, in un complesso albero genealogico che vede al momento censiti 40 portatori viventi, ai quali nei primi mesi del 2004 si sono aggiunti quattro neonati: Amedeo, Ariel, Giuliano e Jacopo. La scoperta della proteina «spazzina» è una conquista scientifica con interessanti possibilità di applicazione: dapprima ci prova il grande complesso farmaceutico Pharmacia, che però dimentica per anni il progetto nei cassetti. Dato che la ricerca pubblica riceve sempre meno finanziamenti e quella privata investe solo se il rischio è ridotto, assistiamo alla nascita di operazioni spin-off : alcuni ricercatori intraprendenti diventano protagonisti di iniziative imprenditoriali - più o meno autogestite - per realizzare alcune idee «personali» concepite per «inventare» nuovi farmaci. E' quello che fa il prof. Sirtori, autore della scoperta, che nel 1998 negli Stati uniti con altri ricercatori fonda la società di biotecnologie Esperion Therapeutics: l'obiettivo è provare l'Apo-A1 Milano come farmaco per il trattamento di aterosclerosi e problemi cardiovascolari. E ci riesce: la proteina viene prodotta in laboratorio. Lo scorso novembre, dagli Usa arriva la notizia che un gruppo di ricercatori (guidati da Steven Nissen) con l'Apo-A1 Milano ha prodotto un farmaco sperimentale che, somministrato a 47 pazienti con gravi forme di arteriosclerosi, ha prodotto un risultato sorprendente: la riduzione del 4,2% della placca lipidica in 6 settimane. Una riduzione che ai profani può sembrare modesta, ma che rappresenta un accumulo di colesterolo di parecchi anni e consente di rimandare o addirittura evitare un intervento di by-pass. Un mese dopo, con l'inesorabile puntualità che accompagna i grandi movimenti di capitale, il Financial Times annuncia che il colosso farmaceutico Pfizer sta per acquisire (per 1,3 miliardi di dollari) l'Esperion Therapeutics, che dal 2004 diventerà una divisione della più grande corporation del biotech. Nell'aprile 2003 anche Pharmacia era stata assorbita da Pfizer, per 60 miliardi di dollari. Quando si annulla la concorrenza è perché si è fiutato un buon affare. Lo studio Nissen, pubblicato su Jama (Journal of the American Medical Association) alla fine del 2003, è alla base della «Hdl Therapy», una prospettiva di cura - per il momento ancora a livello sperimentale - che potrebbe non solo riuscire a ristabilire la salute del paziente (in quanto molto più efficace di altri farmaci), ma anche essere meno costosa. La terapia tradizionale per ridurre il colesterolo richiede tempi lunghi e costi elevati. I farmaci oggi più utilizzati sono le statine, che per altro hanno alcune serie controindicazioni e per le quali solo in Italia si spendono circa 400 milioni di euro all'anno. Nel mondo, due soli farmaci di questa classe (atorvastatina e simvastatina) hanno determinato una spesa globale annua di oltre 17 miliardi di dollari: questa cifra enorme potrebbe essere ridimensionata con l'utilizzo della proteina «spazzina», che non solo ha un effetto sulle coronarie molto superiore a quello indotto dalle statine, ma potrebbe richiedere un minor numero di accertamenti diagnostici per verificarne l'efficacia. E per dimostrare questa ipotesi c'è un nuovo progetto, presentato al ministero dell'Università e Ricerca scientifica (con accesso al Fondo incentivazione ricerca di base) da un gruppo di lavoro coordinato dal prof. Sirtori. Un milione di angiografie Il progetto propone, tra l'altro, di sostituire la costosa e invasiva angiografia con la risonanza magnetica, che permetterebbe di valutare ripetutamente il malato senza interventi «pesanti». E per di più con costi minori, tenendo conto che nel 2003 negli Usa sono state eseguite oltre un milione di angiografie coronariche diagnostiche con una spesa complessiva di 15-20 miliardi di dollari, e che nel nostro paese si spendono circa 600 milioni di euro all'anno per accertare la presenza di malattie cardiovascolari, prima causa di morte nel mondo e responsabili solo in Italia di 242mila decessi ogni anno. Fatta la diagnosi, la cura sarebbe centrata su infusioni terapeutiche di Apo-1 Milano. Il problema attuale è che il nuovo farmaco è un prodotto biotech difficile da produrre a causa dei costi elevati. Ma è di poche settimane fa la notizia che la Pfizer ha deciso di investire alla grande su questo obiettivo, a cui si dedicano a tempo pieno 30 ricercatori. «Il costo attuale è elevato (intorno ai 15 mila dollari per ciclo di trattamento)», ha spiegato il prof. Sirtori nel corso di un convegno internazionale tenuto alla fine di maggio proprio a Limone del Garda; «ma studi in corso sembrano dimostrare che la proteina funzioni anche in dosi significativamente più basse di quelle impiegate nelle precedenti osservazioni. Diminuiranno dunque i costi per il farmaco, senza intaccarne l'efficacia clinica. Presto partirà una grande sperimentazione internazionale con 5000 pazienti sulla Hdl Therapy: l'obiettivo è di rendere disponibile il nuovo farmaco a partire dal 2007». L'interesse della comunità scientifica internazionale si riaccende, e Limone sul Garda torna alla ribalta guadagnandosi le prime pagine sulle riviste di tutto il mondo. 987 abitanti sulla riva occidentale del Lago di Garda, in provincia di Brescia, Limone è sempre stata terra di confine ed isolata dal mondo, tanto che l'origine del nome del paese viene fatto risalire alla voce latina limen, confine. Per secoli infatti la località è stata un vero e proprio confine invalicabile: vi si giungeva solo a piedi per impervi sentieri montani, oppure in barca dal lago. Non sorprende quindi l'isolamento genetico, causato dai numerosi matrimoni tra consanguinei che caratterizzarono la storia del paese fino al 1932, anno in cui fu inaugurata la Gardesana occidentale. La strada statale, che da Cremona raggiunge Trento, ha aperto la comunità al resto del mondo, che l'ha da subito apprezzata per le sue tradizioni agricole e per il clima mediterraneo, dovuto all'azione mitigatrice del lago. Olivi, limoni e pesce: l'economia della zona si è tradotta per secoli in una salubre alimentazione, ricca di acidi grassi insaturi e di vitamina C; quindi non c'è da stupirsi neanche per la longevità degli abitanti di Limone, che in alta percentuale superano gli 80 anni. Di certo l'evoluzione prende strade diverse in funzione anche dell'isolamento geografico, ma viene da pensare che se riuscissimo a ripristinare i fattori ambientali che hanno portato all'affermazione dell'Apo-A1 Milano nella popolazione di Limone del Garda, potremmo rendere un servizio maggiore alla comunità umana, invece che alle grandi corporation del biotech.
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