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il governo propone centrali a carbone
- Subject: il governo propone centrali a carbone
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 23 Sep 2004 06:55:18 +0200
Dossier Unità On Line Energia Fra fonti rinnovabili e inquinamento 22.08.2004 La mossa miope del governo italiano che promuove le nuove centrali a carbone di Giuseppe Onufrio A fronte di una crescita assai ridotta della produzione di ricchezza tra il 2000 e il 2003 si è avuto un aumento nella produzione di energia elettrica di oltre il 7% in tre anni e proprio in quest'ultimo anno si registra una ulteriore tendenza verso l'alto, nonostante i consumi industriali siano sostanzialmente stabili. Una tendenza concentrata nel settore civile e in particolare nel terziario. Se si guarda all'andamento della produzione di elettricità al netto di perdite e autoconsumi, a partire dal 1990, balza agli occhi la produzione di elettricità da gas naturale che cresce di 3 volte, e la contrazione dei consumi dei derivati del petrolio che si dimezza quasi, mentre il carbone segna una lieve crescita. Nel loro piccolo le fonti rinnovabili, oltre l'idroelettrico, raddoppiano il contributo e un consistente aumento si ha anche per le importazioni dall'estero. Il processo di liberalizzazione del mercato ha avuto rallentamenti e difficoltà che hanno generato una minore capacità di gestione - si è smantellato un sistema collaudato senza sostituirlo con un altro di pari affidabilità - e i blackout dell'anno scorso ne sono stati la conseguenza più evidente, aggravata, se si vuole, dalla crescita del parco dei condizionatori (circa 3,5 milioni di pezzi in più negli ultimi 2 anni. Seppure con un ritardo di due anni, l'approvazione dei decreti sull'efficienza energetica consente, anche in Italia, l'apertura del mercato dell'efficienza energetica negli usi finali, il cui potenziale tecnico è significativo. Nel giro di 5 anni, l'applicazione della norma prevista già nei Decreti Bersani e Letta, consentirà il risparmio a regime di 1,3 Mtep per i consumi di gas e 1,6 Mtep per l'elettricità. Questo dovrebbe consentire di ridurre i consumi al 2008 di circa 7 TWh e, secondo stime recenti, 12 TWh al 2010. Le potenzialità di risparmio sono notevoli, ma richiedono cambiamenti complessi del mercato: in linea di principio occorrerebbe un meccanismo che renda remunerativo il risparmio. Vedremo se il meccanismo dei certificati bianchi appena nato funzionerà. Dal punto di vista delle emissioni di gas serra, siamo ben lontani dall'appuntamento con Kyoto. Ancora con la delibera CIPE del 2002 si prevedevano interventi che avrebbero portato le emissioni previste al 2010 del settore elettrico in sostanziale stabilizzazione con quelle del 1990 a circa 125 Mt di anidride carbonica. Il Piano di allocazione nazionale, disponibile sul sito del Ministero dell'ambiente, va in totale controtendenza, «regalando» al settore elettrico uno spazio di oltre 30 Mt di anidride carbonica in più di quelli previsti al 2010. Così, una direttiva pensata per attivare un circolo virtuoso attraverso lo scambio dei diritti di emissione - e dunque forzando il mercato verso una maggiore efficienza, lo sviluppo della cogenerazione e della generazione distribuita e fonti più pulite - si traduce in un grande spazio che sembra fatto apposta per aumentare in maniera assai significativa la quota di elettricità da carbone. Appare una mossa miope. Non solo, per i nuovi impianti il costo dell'elettrictà da carbone non è più basso di quello da gas naturale, essendo i costi di investimento delle centrali ultracritiche assai più elevati di quelli dei cicli combinati a gas. Peraltro l'andamento del costo del carbone è cresciuto significativamente nel corso dell'ultimo anno, sfatando il mito del carbone a costi stabilmente bassi. Gli investimenti in risparmio energetico e in fonti rinnovabili, almeno, rimarrebbero in buona parte in Italia. Questo Piano di allocazione non potrà reggere, se in futuro una politica seria per la salvaguardia del clima globale avrà uno spazio reale. È già successo nella piccola Danimarca: una centrale a carbone di nuova generazione convertita a gas per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni. Dossier Energia: oggi importiamo l'85% del fabbisogno. E domani sarà peggio di Federico Ungaro Con il prezzo del petrolio alle stelle e le tensioni politiche che colpiscono alcuni tra i principali paesi produttori di petrolio al mondo, non fa certo piacere sapere che dal punto di vista energetico l'Italia è ancora fortemente dipendente dalle fonti estere. Infatti, secondo l'ultimo rapporto energia-ambiente dell'Enea (pubblicato nel febbraio del 2004) nel 2002 abbiamo importato circa l'84,7 per cento del nostro fabbisogno: la parte del leone la fanno i prodotti petroliferi (che riguardano il 54 per cento delle importazioni) seguiti dal gas naturale (30 per cento), combustibili solidi, in particolare carbone, (8 per cento) ed energia elettrica (7 per cento). I paesi «fonti privilegiate» sono Medio Oriente e Nord Africa per il petrolio, Algeria e Federazione Russa per il gas naturale. Una situazione, quella della dipendenza dalle fonti estere, che colpisce un po' tutta l'Unione Europea. Secondo l'Enea, nel 2030 la percentuale di energia proveniente dall'esterno del Vecchio Continente potrebbe salire dal 50 per cento odierno al 70 per cento. Un fenomeno che richiederebbe maggiori sforzi sia nel settore della diversificazione delle fonti di approvvigionamento, che in quello dello sviluppo dell'efficienza energetica e dell'uso razionale dell'energia. Sempre nel 2002 è risultata essere in calo la produzione di petrolio da fonti italiane (pari a 5,5 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti su un totale importato di 107,4 milioni di tonnellate): la produzione nazionale da tutte le fonti è complessivamente calata del 2,1 per cento rispetto all'anno precedente (29,8 milioni di tonnellate su un consumo interno lordo di 186,7 milioni). Per quanto riguarda invece l'andamento dell'uso delle fonti energetiche e dei consumi nel medio periodo l'Enea ha previsto che in questo decennio ci sarà un aumento dell'uso del gas naturale, sia per la produzione di energia elettrica che per l'uso domestico, una crescita dei consumi elettrici e una riduzione dell'uso di petrolio in parte sostituito dal carbone, che sta ritornando ad essere molto più conveniente rispetto all'oro nero. Da questo punto di vista, è interessante notare come nel 2002 il consumo di carbone è aumentato del 3,5 per cento rispetto al 2001 (mentre quello di prodotti petroliferi è calato dello 0,3 per cento) e come nel 2003 il carbone abbia fatto registrare un picco nel consumo per venire incontro alla forte domanda di energia elettrica dei mesi estivi, quando i condizionatori sono stati spinti al massimo per cercare di limitare gli effetti dell'ondata di calore che si è abbattuta sull'Europa. Per quanto riguarda la produzione di energia elettrica, i dati pubblicati qualche giorno fa dal Gestore delle rete nazionale elettrica (Grtn) evidenziano come questa produzione nel 2003 sia dipesa soprattutto dal gas naturale, che contribuisce per un valore doppio rispetto al petrolio e agli altri oli combustibili, cioè circa 112 miliardi di kilowatt/ora contro 61,5 miliardi. Il carbone è al terzo posto con 35,5 miliardi. In diminuzione invece la produzione di energia idroelettrica, che è stata di 43,6 miliardi di kilowatt/ora con un calo del 6,4 per cento rispetto al 2002. Un calo dovuto soprattutto alle condizioni climatiche e alla carenza di precipitazioni che ha ridotto molti bacini al livello di guardia. Per quanto riguarda il numero di impianti, in Italia esistono 2005 impianti idroelettrici, 975 termoelettrici, di cui 34 geotermici, e 119 tra impianti eolici e fotovoltaici. Sul fronte dei consumi, invece, a farla da padrone è ovviamente l'industria. Nel 2003, il consumo è stato di 152.720 gigawatt/ora con un aumento dello 0,9 per cento rispetto al 2002. L'industria meccanica e quella chimica sono i settori più energivori, insieme al settore energetico e dell'acqua. Al secondo posto il terziario con un consumo di 76.889 gigawatt/ora (più 7,1 per cento rispetto al 2002): qui i settori che consumano di più sono il commercio e gli alberghi. All'ultimo posto l'agricoltura, con un consumo di soli 5162 gigawatt/ora (più 5,6 per cento rispetto al 2002) superata anche dal consumo domestico che nel 2003 ha toccato quota 65.015 gigawatt/ora con un aumento del 3,3 per cento. Da questo punto di vista è interessante notare che l'Italia è tra le potenze industrializzate quella con i minori consumi procapite di energia elettrica. In media, ogni cittadino della penisola consuma solo 5017 kilowatt/ora contro i 5697 del Regno Unito, i 6106 della Germania, i 6633 della Francia, i 12.040 degli Stati Uniti e i 7598 del Giappone. Una caratteristica questa dovuta proprio alla nostra dipendenza da fonti energetiche estere, che ha portato allo sviluppo di comportamenti tendenti al risparmio. Senza dimenticare, inoltre, il ruolo svolto dal livello di imposte sull'energia che accresce il peso economico dei consumi energetici sulle famiglie e le aziende, dal fatto che la penisola è densamente popolata e quindi i trasporti in media sono meno lunghi e da temperature generalmente miti, anche se i cambiamenti climatici iniziano a farsi sentire. Negli ultimi dieci anni però, i consumi totali sono aumentati di circa il 15 per cento contro una media europea di circa il dodici per cento. Cosa che ha fatto lanciare un allarme a Legambiente. «Invece di ridurre le emissioni di anidride carbonica come previsto dal Protocollo di Kyoto - dicono gli ambientalisti - continuiamo a incrementare i consumi senza sviluppare le energie rinnovabili». E dal punto di vista dei finanziamenti per la ricerca sulle nuove fonti di energia, la situazione è tutt'altro che rosea. Dopo un forte impegno economico negli anni Ottanta, i fondi sono costantemente diminuiti, tanto che oggi sono circa la metà rispetto al 1990. Le spese pubbliche si concentrano soprattutto sui settori del nucleare (in particolare fusione nucleare e sicurezza delle scorie delle centrali a fissione ormai dismesse), sulle energie rinnovabili (con grandi sforzi sul fotovoltaico) e sulle tecnologie di accumulo e trasmissione dell'elettricità. Dipendono invece totalmente da investimenti privati, quelle per l'individuazione di nuovi giacimenti di idrocarburi e quelle sulla trasformazione e il trasporto del carbone.
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