tassare le rendite e la speculazione. Una proposta



dal manifesto.it


Tassare le rendite e la speculazione. Così torna di moda un'idea
«minoritaria»
Ora il tabù finanziario comincia a vacillare

PAOLO ANDRUCCIOLI

Timidamente, l'idea si fa strada: una tassa sulle rendite finanziarie, i
patrimoni e le speculazioni di Borsa. Se ne parlerà per tre giorni - accanto
ai temi della deindustralizzazione - al meeting di Parma, la
«controCernobbio», organizzata anche quest'anno dalla campagna Sbilanciamoci
(vedi scheda), che cerca di costruire proposte forti per «un'economia
alternativa». Ma di una tassa sulla rendita finanziaria ne ha parlato al
meeting di Cl a Rimini anche il segretario generale della Cgil, Guglielmo
Epifani, secondo il quale c'è la necessità di cominciare a ragionare su una
«patrimoniale», visto che «abbiamo una ricchezza finanziaria e patrimoniale
pari a 8 volte il reddito annuale». Se ne parla quasi in sordina anche a
sinistra, tra i partiti dell'Ulivo, nella difficile costruzione del
«programma». Laura Pennacchi dei ds affronta la questione più generale delle
tasse sui patrimoni nel suo libro «L'eguaglianza e le tasse» (Donzelli),
mentre alcuni deputati ulivisti stanno lavorando a una proposta di tassa non
tanto sulle speculazioni finanziarie, quanto sull'utilizzo dell'etere da
parte dei magnati televisivi alla Berlusconi. Un altro esponente dei ds,
Alfiero Grandi, ha condotto la battaglia in commissione per inserire il tema
della Tobin tax all'ordine del giorno, mentre anche Enrico Letta della
Margherita ha parlato sul riformista della necessità di cominciare a porsi
il problema di spostare il prelievo fiscale «dal lavoro alla rendita».

Idee minoritarie

Solo qualche tempo fa, simili bestemmie facevano parte delle proposte
«minoritarie», anche se in realtà «la lotta contro la rendita» ha antiche
radici anche nella cultura di quella che è oggi la sinistra «istituzionale».
Quella cultura, cresciuta soprattutto dentro il Pci, si era progressivamente
persa e negli ultimi anni del tema si continuava a parlare solo dentro il
sindacato, nei convegni tra gli intellettuali, in qualche intervento di
Fausto Bertinotti, il segretario di Rifondazione, che - suscitando
scandalo - per un periodo si era ostinato a ragionare sui capital gains; ne
ha parlato molto questo giornale, che ultimamente ha lanciato anche la
proposta di un «oil tax», ovvero una tassa sui futures del petrolio,
proposta che ha suscitato anche polemiche tra i lettori. E' stato
soprattutto un tema del movimento contro la globalizzazione: Attac ha
costruito sulla Tobin tax, la tassa sulle speculazioni finanziarie, una
campagna internazionale per alleggerire il debito dei paesi poveri. Ma il
«Granello di sabbia» (titolo del libro di Bellofiore e Brancaccio per
Feltrinelli) ha sempre avuto molta difficoltà a entrare nel dibattito che
conta. Ora registriamo invece alcune novità. Intanto le proposte
sull'applicazione della Tobin tax (dal nome dell'economista che la lanciò
negli anni Settanta), sono discusse pubblicamente, dove l'audience è
sicuramente alta. Poi sono perfino entrate anche nel Palazzo. Le proposte
dei movimenti sono infatte diventate oggetto dei lavori parlamentari della
Commissione finanze in Italia proprio quando l'ex ministro dell'ecomomia
Giulio Tremonti metteva in moto la sua potente macchina della de tax.
Proprio quando nel paese si tentava di copiare l'America sulla detassazione
alla Reagan, ha fatto il suo ingresso a Montecitorio una proposta
«alternativa». In Francia la legge voluta da Attac è stata introdotta
formalmente nel 2001, ma sarà applicata solo quando anche gli altri paesi
europei la recepiranno, mentre anche il parlamento belga ha approvato il
testo della Tobin tax, che sarà immediatamente applicata. Il tabù
dell'intoccabilità della finanza e dei guadagni speculativi di borsa
vacilla? La risposta non è semplice. Diciamo che ci sono segnali positivi in
un sistema economico che oltre a globalizzarsi tende sempre più a
finanziarizzarsi. E non si tratta di dare giudizi moralistici sui guadagni
di Borsa, o di meravigliarsi e spaventarsi per la voracità del capitale
finanziario che tende a mangiarsi anche il capitale produttivo industriale,
quanto di prendere atto dei fenomeni. «La riduzione dei tempi di possesso
delle azioni - si legge nell'Atlante di Le Monde Diplomatique - appena sette
mesi in media sulle Borse mondiali (già alla fine del 2001) dimostra che la
speculazione è un obiettivo prioritario per i detentori di attivi
finanziari».

Tutto questo è ormai assodato. Meno facile è capire se e come si possono
introdurre dei prelievi fiscali sulla rendita, che una volta era un concetto
identificabile e stabile, ora è sfuggente e spesso invisibile (se non a
cavallo con l'illecito). Secondo Angelo Marano, docente dell'Università
della Tuscia che parlerà al convegno di Parma, il problema della rendita
assume oggi una sua centralità nel contesto del declino italiano. «Ci
troviamo - dice Marano - in una situazione nella quale tutti, dalle imprese,
ai commercianti, ai proprietari, ai professionisti, alle stesse famiglie,
cercando di trasformare i propri redditi in rendita di posizione, in
monopolio, in speculazione». In assenza di alcun tentativo di contrasto,
anzi con l'avallo dei principali policymaker, questi comportamenti si
trasformano in un freno allo sviluppo. Anzi, rischiano «addirittura di far
deragliare il sistema economico».

Per rilanciare il discorso contro l'egoismo della rendita e introdurre
quindi quello sulle proposte fiscali alternative, Marano si rifà prima ad
Adamo Smith, il padre dell'idea della «mano invisibile» che sosteneva anche
la tesi che senza symphaty, senza la condivisione dei valori comuni si
rischia la rovina e poi a Enrico Berlinguer, che si batteva contro i
«sovraprofitti di monopolio e le rendite». Nella tre giorni di Parma, che
avrà il suo avvio ufficiale oggi a Bologna, interverrà tra gli altri
ancheAlessandro Santoro, docente all'Università di Milano Bicocca. Il suo
compito sarà quello di tracciare un quadro sulla tassazione dei capitali. E'
il tempo delle scelte radicali? Santoro se lo chiede.

La via europea

Nei fatti, spiegherà l'economista, per quanto riguarda l'Europa la libera
circolazione dei capitali e l'integrazione dei mercati finanziari hanno
determinato «la riduzione della tassazione dei redditi finanziari, la
riduzione della tassazione dei profitti a livello societario per le
multinazionali in grado di avvantaggiarsi della concorrenza fiscale, la
riduzione della progressività derivante dal fatto che, in misura crescente,
i redditi da capitale vengono tassati con aliquote fisse che prescindono dal
raddito complessivo di chi percepisce questi redditi. Inoltre è palese,
soprattutto qui da noi, l'aumento dell'evasione e dell'elusione fiscale,
favorite dall'assenza di controlli, dalla diffusione dell'anonimato, «nonché
dalla capacità dei mercati finanziari di introdurre sempre nuove forme e
tipologie di distribuzione dei redditi finanziari in grado di evitare
(legalmente) la tassazione». E allora?

Sempre secondo Santoro, c'è da fissare una pre-condizione. Qualsiasi
discorso sulla tassazione dei capitali non può che essere europeo. Andrebbe
sviluppata un'iniziativa politica che induca l'Unione europea a rivedere sia
i termini di formulazione, sia i tempi di applicazione della nuova direttiva
sulla tassazione del risparmio. «I paesi - dice Santoro - che non accettano
di rivelare l'identità degli investitori stranieri andrebbero costretti ad
adottare da subito (e non dal 2011) un'aliquota del 35% sui redditi da
capitale percepiti da non residenti». Il principio andrebbe imposto anche ai
paesi membri che continuano a sottrarsi allo scambio di informazioni. In
secondo luogo bisognerebbe pensare all'introduzione di tassazioni ad hoc
sulle multinazionali europee, mentre in Italia andrebbe introdotta
un'aliquota unica, per esempio del 23%, sull'interesse e il guadagno da
capitale.

Da Cernobbio a Parma

Ci saranno 92 relatori internazionali e italiani, 3 tavole rotonde, 4
sessioni plenarie, 6 seminari paralleli, riunioni e gruppi di lavoro, oltre
80 organizzazioni e associazioni rappresentate: questi alcuni dei numeri del
II forum dell'Impresa di un'economia diversa, la «controcernobbio»
organizzata da Sbilanciamoci e che inizia oggi a Bologna (Facoltà di
Economia, alle 17.30) con una tavola rotonda sul declino industriale
dell'Italia (R. Bindi, F. Bertinotti. N. Rossi, G. Marcon, M. Pianta, G.
Guidi, M. Maulucci). Il Forum prosegue dal 3 al 5 settembre a Parma (alla
Facoltà di Economia, in V. Kennedy e al Teatro al Parco), con tre sessioni
sui temi al centro del dibattito di quest'anno: perché abbiamo bisogno del
Welfare (D. Mitterrand, L. Balbo, A. Fumagalli, G. Bologna ); perché abbiamo
bisogno delle tasse (C. Guerra, A. Marano, A. Santoro, R. Murray, M.
Gubbiotti), la responsabilità sociale d'impresa (G. Rinaldini, F. Garibaldo,
A. Pettifor, F. Alberti, U. Musumeci, V. Comito, R. Troisi). Segue poi la
tavola rotonda sul caso Parmalat (con Malagutti, Marchisio, Arrighetti) e
sei seminari paralleli il 4 pomeriggio su vari temi: la critica dello
sviluppo, il Wto, l'industria bellica e la spese militari, la
precarizzazione, le guerra per il petrolio. Le conclusioni il 5 settembre
con la tavola rotonda con i rappresentanti delle esperienze dell'altra
economia e le proposte per un'economia diversa: ad intervenire sono: T.
Perna, S. Sassen, M. Albert, R. Petrella, F. Gesualdi. Per registrarsi ed
avere informazioni sul programma: www.sbilanciamoci.org, tel. 06 8841880.