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tassare le rendite e la speculazione. Una proposta
- Subject: tassare le rendite e la speculazione. Una proposta
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Sun, 5 Sep 2004 08:34:54 +0200
dal manifesto.it Tassare le rendite e la speculazione. Così torna di moda un'idea «minoritaria» Ora il tabù finanziario comincia a vacillare PAOLO ANDRUCCIOLI Timidamente, l'idea si fa strada: una tassa sulle rendite finanziarie, i patrimoni e le speculazioni di Borsa. Se ne parlerà per tre giorni - accanto ai temi della deindustralizzazione - al meeting di Parma, la «controCernobbio», organizzata anche quest'anno dalla campagna Sbilanciamoci (vedi scheda), che cerca di costruire proposte forti per «un'economia alternativa». Ma di una tassa sulla rendita finanziaria ne ha parlato al meeting di Cl a Rimini anche il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, secondo il quale c'è la necessità di cominciare a ragionare su una «patrimoniale», visto che «abbiamo una ricchezza finanziaria e patrimoniale pari a 8 volte il reddito annuale». Se ne parla quasi in sordina anche a sinistra, tra i partiti dell'Ulivo, nella difficile costruzione del «programma». Laura Pennacchi dei ds affronta la questione più generale delle tasse sui patrimoni nel suo libro «L'eguaglianza e le tasse» (Donzelli), mentre alcuni deputati ulivisti stanno lavorando a una proposta di tassa non tanto sulle speculazioni finanziarie, quanto sull'utilizzo dell'etere da parte dei magnati televisivi alla Berlusconi. Un altro esponente dei ds, Alfiero Grandi, ha condotto la battaglia in commissione per inserire il tema della Tobin tax all'ordine del giorno, mentre anche Enrico Letta della Margherita ha parlato sul riformista della necessità di cominciare a porsi il problema di spostare il prelievo fiscale «dal lavoro alla rendita». Idee minoritarie Solo qualche tempo fa, simili bestemmie facevano parte delle proposte «minoritarie», anche se in realtà «la lotta contro la rendita» ha antiche radici anche nella cultura di quella che è oggi la sinistra «istituzionale». Quella cultura, cresciuta soprattutto dentro il Pci, si era progressivamente persa e negli ultimi anni del tema si continuava a parlare solo dentro il sindacato, nei convegni tra gli intellettuali, in qualche intervento di Fausto Bertinotti, il segretario di Rifondazione, che - suscitando scandalo - per un periodo si era ostinato a ragionare sui capital gains; ne ha parlato molto questo giornale, che ultimamente ha lanciato anche la proposta di un «oil tax», ovvero una tassa sui futures del petrolio, proposta che ha suscitato anche polemiche tra i lettori. E' stato soprattutto un tema del movimento contro la globalizzazione: Attac ha costruito sulla Tobin tax, la tassa sulle speculazioni finanziarie, una campagna internazionale per alleggerire il debito dei paesi poveri. Ma il «Granello di sabbia» (titolo del libro di Bellofiore e Brancaccio per Feltrinelli) ha sempre avuto molta difficoltà a entrare nel dibattito che conta. Ora registriamo invece alcune novità. Intanto le proposte sull'applicazione della Tobin tax (dal nome dell'economista che la lanciò negli anni Settanta), sono discusse pubblicamente, dove l'audience è sicuramente alta. Poi sono perfino entrate anche nel Palazzo. Le proposte dei movimenti sono infatte diventate oggetto dei lavori parlamentari della Commissione finanze in Italia proprio quando l'ex ministro dell'ecomomia Giulio Tremonti metteva in moto la sua potente macchina della de tax. Proprio quando nel paese si tentava di copiare l'America sulla detassazione alla Reagan, ha fatto il suo ingresso a Montecitorio una proposta «alternativa». In Francia la legge voluta da Attac è stata introdotta formalmente nel 2001, ma sarà applicata solo quando anche gli altri paesi europei la recepiranno, mentre anche il parlamento belga ha approvato il testo della Tobin tax, che sarà immediatamente applicata. Il tabù dell'intoccabilità della finanza e dei guadagni speculativi di borsa vacilla? La risposta non è semplice. Diciamo che ci sono segnali positivi in un sistema economico che oltre a globalizzarsi tende sempre più a finanziarizzarsi. E non si tratta di dare giudizi moralistici sui guadagni di Borsa, o di meravigliarsi e spaventarsi per la voracità del capitale finanziario che tende a mangiarsi anche il capitale produttivo industriale, quanto di prendere atto dei fenomeni. «La riduzione dei tempi di possesso delle azioni - si legge nell'Atlante di Le Monde Diplomatique - appena sette mesi in media sulle Borse mondiali (già alla fine del 2001) dimostra che la speculazione è un obiettivo prioritario per i detentori di attivi finanziari». Tutto questo è ormai assodato. Meno facile è capire se e come si possono introdurre dei prelievi fiscali sulla rendita, che una volta era un concetto identificabile e stabile, ora è sfuggente e spesso invisibile (se non a cavallo con l'illecito). Secondo Angelo Marano, docente dell'Università della Tuscia che parlerà al convegno di Parma, il problema della rendita assume oggi una sua centralità nel contesto del declino italiano. «Ci troviamo - dice Marano - in una situazione nella quale tutti, dalle imprese, ai commercianti, ai proprietari, ai professionisti, alle stesse famiglie, cercando di trasformare i propri redditi in rendita di posizione, in monopolio, in speculazione». In assenza di alcun tentativo di contrasto, anzi con l'avallo dei principali policymaker, questi comportamenti si trasformano in un freno allo sviluppo. Anzi, rischiano «addirittura di far deragliare il sistema economico». Per rilanciare il discorso contro l'egoismo della rendita e introdurre quindi quello sulle proposte fiscali alternative, Marano si rifà prima ad Adamo Smith, il padre dell'idea della «mano invisibile» che sosteneva anche la tesi che senza symphaty, senza la condivisione dei valori comuni si rischia la rovina e poi a Enrico Berlinguer, che si batteva contro i «sovraprofitti di monopolio e le rendite». Nella tre giorni di Parma, che avrà il suo avvio ufficiale oggi a Bologna, interverrà tra gli altri ancheAlessandro Santoro, docente all'Università di Milano Bicocca. Il suo compito sarà quello di tracciare un quadro sulla tassazione dei capitali. E' il tempo delle scelte radicali? Santoro se lo chiede. La via europea Nei fatti, spiegherà l'economista, per quanto riguarda l'Europa la libera circolazione dei capitali e l'integrazione dei mercati finanziari hanno determinato «la riduzione della tassazione dei redditi finanziari, la riduzione della tassazione dei profitti a livello societario per le multinazionali in grado di avvantaggiarsi della concorrenza fiscale, la riduzione della progressività derivante dal fatto che, in misura crescente, i redditi da capitale vengono tassati con aliquote fisse che prescindono dal raddito complessivo di chi percepisce questi redditi. Inoltre è palese, soprattutto qui da noi, l'aumento dell'evasione e dell'elusione fiscale, favorite dall'assenza di controlli, dalla diffusione dell'anonimato, «nonché dalla capacità dei mercati finanziari di introdurre sempre nuove forme e tipologie di distribuzione dei redditi finanziari in grado di evitare (legalmente) la tassazione». E allora? Sempre secondo Santoro, c'è da fissare una pre-condizione. Qualsiasi discorso sulla tassazione dei capitali non può che essere europeo. Andrebbe sviluppata un'iniziativa politica che induca l'Unione europea a rivedere sia i termini di formulazione, sia i tempi di applicazione della nuova direttiva sulla tassazione del risparmio. «I paesi - dice Santoro - che non accettano di rivelare l'identità degli investitori stranieri andrebbero costretti ad adottare da subito (e non dal 2011) un'aliquota del 35% sui redditi da capitale percepiti da non residenti». Il principio andrebbe imposto anche ai paesi membri che continuano a sottrarsi allo scambio di informazioni. In secondo luogo bisognerebbe pensare all'introduzione di tassazioni ad hoc sulle multinazionali europee, mentre in Italia andrebbe introdotta un'aliquota unica, per esempio del 23%, sull'interesse e il guadagno da capitale. Da Cernobbio a Parma Ci saranno 92 relatori internazionali e italiani, 3 tavole rotonde, 4 sessioni plenarie, 6 seminari paralleli, riunioni e gruppi di lavoro, oltre 80 organizzazioni e associazioni rappresentate: questi alcuni dei numeri del II forum dell'Impresa di un'economia diversa, la «controcernobbio» organizzata da Sbilanciamoci e che inizia oggi a Bologna (Facoltà di Economia, alle 17.30) con una tavola rotonda sul declino industriale dell'Italia (R. Bindi, F. Bertinotti. N. Rossi, G. Marcon, M. Pianta, G. Guidi, M. Maulucci). Il Forum prosegue dal 3 al 5 settembre a Parma (alla Facoltà di Economia, in V. Kennedy e al Teatro al Parco), con tre sessioni sui temi al centro del dibattito di quest'anno: perché abbiamo bisogno del Welfare (D. Mitterrand, L. Balbo, A. Fumagalli, G. Bologna ); perché abbiamo bisogno delle tasse (C. Guerra, A. Marano, A. Santoro, R. Murray, M. Gubbiotti), la responsabilità sociale d'impresa (G. Rinaldini, F. Garibaldo, A. Pettifor, F. Alberti, U. Musumeci, V. Comito, R. Troisi). Segue poi la tavola rotonda sul caso Parmalat (con Malagutti, Marchisio, Arrighetti) e sei seminari paralleli il 4 pomeriggio su vari temi: la critica dello sviluppo, il Wto, l'industria bellica e la spese militari, la precarizzazione, le guerra per il petrolio. Le conclusioni il 5 settembre con la tavola rotonda con i rappresentanti delle esperienze dell'altra economia e le proposte per un'economia diversa: ad intervenire sono: T. Perna, S. Sassen, M. Albert, R. Petrella, F. Gesualdi. Per registrarsi ed avere informazioni sul programma: www.sbilanciamoci.org, tel. 06 8841880.
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