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porti ostaggio della guerra tra terminalisti e armatori
- Subject: porti ostaggio della guerra tra terminalisti e armatori
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Mon, 26 Jul 2004 07:33:02 +0200
dal secoloxix di domenica 25 luglio 2004 L' ANALISI Genova, porto ostaggio della guerra tra i terminal e i colossi armatoriali Da qualche tempo la portualità internazionale registra uno scontro senza precedenti, la cui eco ha raggiunto anche il porto di Genova. Sino a qualche anno fa il modello di porto di gran lunga dominante era incentrato sulla figura del terminalista "puro", vale a dire autonomo e indipendente rispetto alle compagnie armatoriali ("shipping line"). Il modello si basava su un assunto specifico: si riteneva che il terminalista "puro" avesse il massimo interesse ad operare più compagnie armatoriali per sbarcare/imbarcare i loro contenitori in tempi rapidi e in modo efficiente, così da soddisfarle tendenzialmente tutte. Questo modello è stato però messo violentemente in discussione dal "gigantismo navale", che ha contagiato le shipping line di tutto il mondo. La tendenza delle shipping line è, infatti, quella di allearsi in concentrazioni sempre più grandi, con l'obiettivo di controllare più traffico possibile. Strumento di questa politica sono i nuovi tipi di nave che hanno ormai invaso il mercato, concepite per trasportare un numero doppio di contenitori (se non di più) rispetto a quelle di vecchio tipo. Superato il tabù di Panama, nel senso che ora le navi vengono costruite senza più tener conto delle misure imposte dalla strettezza del canale per il suo attraversamento, le navi "post panamax" e "ultra post panamax" girano vorticosamente per tutti i mari e non tollerano attese nei porti o sovrapposizioni con altre linee. In breve, esse debbono poter contare su aree e spazi (di banchina e di piazzale) a loro dedicate per poter finalmente controllare la parte del ciclo operativo del trasporto costituita dalla fase di sbarco, imbarco e inoltro a destinazione dei contenitori, sinora di competenza esclusiva del terminalista. Le shipping line, insomma, vogliono "fare da sole" e gestire esse stesse i terminal in modo da sbarcare/imbarcare e inoltrare i contenitori trasportati e arrivare così al controllo totale della catena del trasporto da loro originato. Da questa esigenza sono sorti, in varie parti del mondo, terminal gestiti direttamente dalle multinazionali del mare e dei container. E quando si legge degli interessamenti al porto di Genova di Maersk Sea Land e Msc (Aponte), non si assiste ad altro che ad una delle fasi (o battaglie) della guerra in corso. Chi ha ragione? Certo, se si guardano i numeri in gioco, le maggiori compagnie di linea hanno molte frecce al loro arco. Padrone del traffico, sembrano poter effettivamente garantire volumi assai significativi. Ma ci sono anche altri aspetti da non sottovalutare e che complicano il quadro. Se predomina la "Nave" e non il "Porto", l'ideale per la prima è trovare sempre una banchina disponibile dove poter operare i contenitori in qualunque momento, al di là di ogni programmazione o ritardo. E questo, probabilmente, nel medio lungo periodo può costituire un disincentivo al traffico. Per il "Porto", l'ideale è invece avere le banchine e i piazzali sempre pieni, mettendo in competizione le Compagnie Amatoriali tra loro per poter ottenere il servizio più rapido e migliore, in un processo di produzione per quanto possibile programmato. Soprattutto, si deve ricordare che suddividere il porto tra le maggiori shipping line (inevitabilmente poche tra esse, per la mancanza di banchine) potrebbe avere un effetto dirompente sul traffico complessivo, perché le compagnie amatoriali che non riuscissero a trovare un loro spazio si vedrebbero penalizzate (se non addirittura escluse) dalle assegnazioni di terminal ai loro più fortunati concorrenti, con seri impatti sulla tutela della stessa concorrenza. Del resto, uno dei principi fondamentali del porto, inteso come servizio alla generalità delle merci, è costituito dall'obbligo imposto ad ogni terminalista di prestare la propria attività a chiunque chieda di sbarcare o imbarcare i contenitori (si tratta di un principio sancito in tutte le concessioni). *esperto di diritto portuale
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