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margini di sviluppo in informatica
- Subject: margini di sviluppo in informatica
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 29 Apr 2004 06:59:20 +0200
da Boiler |giornale di scienza, innovazione e ambiente 11.04.2004 ICEBERG La seconda legge di Moore di MICHAEL S. MALONE IL MAGGIORE OSTACOLO al nostro futuro tecnologico non è la legge di Moore. Grazie alle recenti innovazioni nel settore della semiconduzione, entro il 2010 i processori arriveranno a contenere un miliardo di transistor, per una potenza di oltre venti gigahertz. No, il vero problema è molto più banale: riguarda la durata delle batterie. Che valore ha un cellulare super-accessoriato che si scarica dopo appena venti minuti? O un portatile che pesa otto chili e ti schiaccia le gambe? La questione si può riassumere in una parola sola: wireless. Quando nel 1965 Gordon Moore, cofondatore dell 'Intel, formulò la sua celebre legge, avrebbe potuto tranquillamente anche anticipare l'avvento dell'elettronica senza fili. Ma a quell'epoca i circuiti integrati erano considerati l'innovazione più stabiliante e nessuno ancora immaginava che un giorno si sarebbero usati milioni di chip, ognuno composto da milioni di transistor. e che non si sarebbe potuto collegarli tutti a una spina. Eppure è successo. Oggi, dopo dieci anni di straordinari progressi in materia di batterie e tecnologie "verdi", rischiamo di lasciar morire di fame i nostri dispositivi wireless. La prima legge di Moore è un'arma a doppio taglio: più transistor allo stesso prezzo sono una benedizione per i computer, ma un inferno per le batterie. Se la potenza del processore raddoppia, lo stesso vale per il consumo. Se non riusciamo a gestire i chip di prossima generazione e a farli operare al massimo delle loro potenzialità, sarà un disastro per il mercato dei semiconduttori, dell' elettronica di consumo, delle telecomunicazioni, dell'informatica, e in generale per l'economia mondiale. La legge di Moore potrebbe condurci a una fine indecorosa, non perché non riusciamo a costruire i nuovi chip ma - ironia della sorte - perché non riusciamo a farli funzionare. Che ne direste dunque di una seconda legge di Moore, da dedurre dal saggio originale in cui l'esperto formulò la prima? Come fa giustamente notare Tom Hayes di Applied Materials VP, quella leggendaria pubblicazione non si conclude con il brano a tutti noto, bensì affronta anche le possibili strategie di sopravvivenza consigliabili ad aziende che decidano di non seguire i ritmi incalzanti dettati dalla legge. Per citare le parole profetiche di Moore, «sarebbe molto più economico costruire sistemi su larga scala a partire da funzioni minori, interconnesse separatamente. La disponibilità di varie applicazioni, unita al design e alle modalità di realizzazione, consentirebbe alle società di gestire la produzione più rapidamente e a costi minori«. Non si tratta certo del mitico logaritmo sulla memoria dei chip, ma in queste parole è implicita un'altra legge importante: quella che riguarda l'efficienza dei dispositivi elettronici. Come nel caso della prima, si tratta di un patto. La prima legge - come ha spiegato il pioniere del networking Robert Metcalfe - rappresentava la promessa, da parte dell'industria informatica, di fare di tutto, nei limiti consentiti dalla fisica, per migliorare le prestazioni secondo tre direttive (velocità, compattezza e prezzo) ogni 18 o al massimo 24 mesi. Ma per raggiungere una vera efficienza occorre molto di più. Qual è questa quarta direttiva mancante? L'esaustività. In occasione dell'ultimo Intel Developer Forum, l'amministratore delegato Patrick Gelsinger ha invocato «un netto cambiamento di paradigma» nella costruzione dei semiconduttori per risolvere i problemi di alimentazione. Ma questo da solo non basta. Dobbiamo migliorare i layout e le tecniche di raffreddamento, creare interconnessioni migliori, ridurre il codice in eccesso, rallentare i processori più veloci del necessario e, naturalmente, progettare batterie migliori. Secondo le parole di Moore, l'inefficienza è un problema che può essere risolto solo con una visione a tutto tondo. L' intera industria dell'elettronica deve giurare di sforzarsi di superare i limiti dell'ingenuità umana. Tale accordo dovrebbe includere produttori di semiconduttori, aziende di chip, società di telecomunicazioni, produttori di batterie, università e istituzioni (a proposito: se il governo di Washington volesse davvero rendere l'America competitiva a livello mondiale, forse farebbe bene a concentrarsi sulle batterie. Non avranno la stessa visibilità di una missione su Marte, ma di certo hanno un impatto maggiore sulle nostre vite). La Semiconductor Industry Association, l'American Electronics Association e tutte le associazioni di categoria dovrebbero impegnarsi per fare di questo il grande sforzo congiunto del secolo. La controparte - consumatori che abbiano voglia di pagare per avere accesso a continue innovazioni - non sarà difficile da trovare. Resta solo un dubbio: quale potrebbe essere l'equivalente in questo senso della celebre formula «il doppio ogni 18 o 24 mesi»? C'è bisogno di qualcosa di impegnativo ma non impossibile. Proviamo questo: la seconda legge di Moore sostiene che l'efficienza complessiva di un qualunque sistema elettronico raddoppia ogni 24 mesi. All'inizio probabilmente sembrerà facile, ma fra qualche anno diventerà un'impresa titanica, al di là di ogni umana immaginazione. Ma questo discorso valeva anche per la prima legge di Moore, eppure siamo ancora qui, quarant'anni dopo, a fare i miracoli per andare avanti tenendo il passo che lui ha stabilito per noi. Chi ci dice che non ci riusciremo anche questa volta?
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