protezione del clima e riflessi sulle imprese



da ecodallecittà
martedi 9 marzo 2004

Executive summary del rapporto "Riflessi sulle imprese di una politica di
protezione del clima", predisposto dal Kyoto Club per conto di Fiera Milano
International e presentato al convegno tenutosi il 2 marzo 2004 a Next
Energy

a cura di Gianni Silvestrini

Novità in arrivo nel 2004 sul fronte delle fonti rinnovabili e dell'
efficienza energetica.

E' stato infatti approvato il decreto di recepimento della Direttiva europea
sulla produzione di elettricità da fonti rinnovabili che contiene diversi
elementi di novità, a iniziare dalla possibilità di valorizzare
adeguatamente l'elettricità solare da moduli fotovoltaici.
Destinata ad avere anche maggiori conseguenze è la prossima apertura anche
nel nostro paese del mercato dell'efficienza energetica che implicherà
investimenti di 1 miliardo di euro in un quinquennio e il coinvolgimento di
diversi attori, dai distributori elettrici e del gas alle Regioni, dalle
Energy service companies ai produttori di tecnologie ad alto rendimento.
Entrambe le nuove norme sono state concepite per contribuire al
raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto.
E proprio per valutare le possibili implicazioni sulle imprese delle
strategie di riduzione delle emissioni di gas serra, è stato predisposto un
apposito studio dal Kyoto Club, un'associazione di oltre 90 fra imprese ed
enti locali.
La ricerca, presentata a Milano il 2 marzo all'apertura della mostra
convegno Next Energy, ha analizzato 10 settori calcolando le riduzioni delle
emissioni di gas serra ottenibili in uno scenario tendenziale e in uno
"spinto" in un arco temporale esteso al 2015.
Per un'analisi completa degli effetti occorrerebbe utilizzare modelli
macro-economici che evidenzino gli impatti intersettoriali delle scelte
compiute. Alcuni settori infatti sono destinati ad avvantaggiarsi da una
politica "climatica" e altri potranno esserne svantaggiati. Il bilancio
netto dipende dalla struttura industriale dei diversi paesi e dall'efficacia


delle politiche di intervento che verranno adottate.
Lo studio del Kyoto Club si limita a considerare la possibile evoluzione per
alcune tecnologie che potranno avvantaggiarsi da una politica incisiva sul
fronte climatico.
I primi quattro comparti analizzati riguardano prodotti che consentono di
minimizzare i consumi finali dell'energia (illuminazione, frigoriferi,
isolamento termico e superfici vetrate dell'edilizia residenziale), altri
quattro comparti riguardano l'impiego delle fonti rinnovabili (eolico,
biomasse, solare termico e solare fotovoltaico) e gli ultimi due sono
riferiti alla conversione di energia ad alta efficienza (mini-cogenerazione,
caldaie termiche).
La ricerca ha consentito di calcolare per il periodo 2005-2015 le riduzioni
delle emissioni di gas serra in uno scenario tendenziale e in uno "climatico
spinto", in presenza cioè di una precisa volontà di indirizzo a livello
nazionale e internazionale.
Un aspetto originale di questo studio è dato dalla valutazione delle
implicazioni sui comparti industriali coinvolti nella produzione delle
tecnologie analizzate. In un periodo di difficoltà economiche è infatti
importante verificare l'efficacia delle politiche che vengono adottate in
relazione agli investimenti effettuati.
I risultati delle analisi evidenziano la possibilità di ottenere consistenti
risparmi energetici sul lato delle tecnologie più efficienti nell'uso finale
dell'energia, -11 miliardi kWh/a (TWh/a), e di generare quantità non
marginali di elettricità sia dalle fonti rinnovabili, 15 TWh/a, che dalla
mini-cogenerazione, 13 TWh/a.
Nei 10 settori analizzati le emissioni di anidride carbonica nello scenario
tendenziale al 2015 si ridurrebbero per una quantità pari a 11 milioni di
tonnellate (Mt) (Fig. 1).
Nell'ipotesi di una politica "climatica" incisiva, alla stessa data le
riduzioni possono invece risultare 2,7 volte superiori (25 Mt/a CO2).
Come riferimento alle grandezze in gioco si consideri che nel periodo
2008-12 secondo il Protocollo di Kyoto l'Italia dovrebbe tagliare 90-100
milioni di t/a di CO2 (considerando anche gli interventi effettuabili all'
estero e contabilizzabili nel nostro paese).
Il valore aggiunto dei comparti analizzati varia in funzione non solo delle
quantità di prodotti venduti, ma dal loro costo unitario. Poiché i prodotti
a elevata efficienza energetica sono caratterizzati anche generalmente da un
maggior costo, la loro diffusione implica maggiori entrate per le industrie
del settore.
E' interessante evidenziare come lo scenario "Kyoto" porterebbe nell'arco
temporale 2005-2015, un fatturato per i diversi settori pari a 49 miliardi
di Euro (Fig. 2), con un incremento del 60% rispetto all'evoluzione delle
entrate di uno scenario tendenziale.
Va inoltre considerato che per alcune tecnologie le esportazioni
rappresentano uno sbocco importante. Per molti di questi comparti, la carta
dell'efficienza energetica può dunque risultare un elemento decisivo nel
vincere la sfida della competitività nei mercati internazionali.
Il costo dell'energia risparmiata (Cer) può in effetti risultare molto
contenuto nelle tecnologie di risparmio. Nella fig. 3 è riportato il Cer per
le soluzioni che consentono di ridurre il consumo di elettricità e si nota
come risulti quasi sempre inferiore al costo del kWh in bolletta (10-15
c?/kWh) e in alcuni casi anche inferiore al costo di produzione dell'energia
elettrica.
Se per molte soluzioni legate all'efficienza energetica il vantaggio
derivante dalla riduzione dei consumi energetici ne rende economicamente
utile l'impiego dal punto di vista della collettività, nel caso delle fonti
rinnovabili i costi risultano superiori rispetto alle soluzioni
convenzionali.
Se però si considerano anche le esternalità ambientali, il minor danno
rispetto all'utilizzo delle fonti fossili rende interessanti alcune
soluzioni (eolico, biogas) rispetto agli impianti a carbone o a olio
combustibile esistenti. Per altre tecnologie, come il solare fotovoltaico, i
prossimi 10-15 anni saranno decisivi per un drastico abbattimento dei costi
che consentirà di garantire l'emergere di uno scenario energetico
alternativo (in abbinamento con la produzione di idrogeno) e sostenibile dal
punto di vista ambientale.
In termini di potenza, nello studio è stato valutato un possibile incremento
al 2015 di 5.500 MW per le 3 fonti rinnovabili considerate e di 2.900 MW per
la minicogenerazione (fig. 4).
Considerato che le industrie delle fonti rinnovabili non sono molto radicate
nel nostro paese, è stata fatta un'analisi delle ricadute economiche di una
politica di rapido sviluppo delle energie verdi. E' emersa una situazione
meno critica del previsto, visto che per le tecnologie eoliche, solari
termiche e solari fotovoltaiche una cifra compresa tra il 50 e il 75% del
fatturato resta già oggi nel nostro paese e che questa percentuale potrebbe
accrescersi in presenza di una accorta politica di indirizzo.
Si è anche calcolato l'impatto sul carico della rete elettrica nei mesi
estivi, periodo nel quale si concentrerà il picco della richiesta nei
prossimi anni. Frigoriferi ad alta efficienza, lampade compatte fluorescenti
e collettori solari consentirebbero nello scenario "spinto" di ridurre la
richiesta di potenza di punta estiva di 1.100 MW (l'equivalente di due
centrali di media taglia) e quella invernale di 1.700 MW (fig. 5).
Un ulteriore contributo al soddisfacimento della punta estiva di 2.700 MW
potrà venire dai nuovi impianti che utilizzano fonti rinnovabili e da quelli
di minicogenerazione.
Nello scenario tendenziale questo contributo è molto inferiore e può essere
stimato in 300 MW per le soluzioni analizzate legate all'efficienza
energetica e in 1.000 MW per le rinnovabili e la cogenerazione.
Considerati gli aspetti strategici di lungo periodo, i vantaggi economici
sul medio periodo e le sicure positività ambientali, quella delineata
sembrerebbe dunque un'opzione da seguire con decisione. E del resto la
politica dell'Unione Europea sollecita i singoli Stati a favorire questo
percorso, come evidenziano le ultime Direttive sulle fonti rinnovabili e
sull'efficienza energetica negli edifici o le proposte di Direttive sulla
cogenerazione e sulla gestione della domanda.
Ma quali possono essere i feed-back negativi legati all'espansione di questi
settori?
Per alcuni comparti, come per i frigoriferi, le caldaie, le superfici
vetrate, l'illuminazione, si tratta di un passaggio a prodotti di qualità
superiore che implica una rimodulazione della produzione all'interno degli
stessi settori industriali. Certo le aziende più pronte si avvantaggeranno
maggiormente, ma complessivamente si tratta di settori che avranno tutto da
guadagnare da una politica spinta sul clima.
In altri casi considerati in questo studio, come nell'isolamento termico
degli edifici, non si tratta di una sostituzione di prodotti, ma di un
aumento della diffusione di materiali che quindi non crea problemi ad altri
settori (anzi la quota di valore aggiunto nella fase di installazione può
rilevarsi superiore alla stessa vendita di prodotti isolanti).
Per quanto riguarda infine la produzione elettrica con tecnologie che
utilizzano fonti rinnovabili o in cogenerazione, a fronte di un valore
aggiunto complessivo maggiore rispetto alla produzione elettrica
convenzionale sostituita, la diffusione della generazione distribuita potrà
incidere negativamente in alcuni settori dell'industria elettromeccanica,
trattandosi di tipologie di impianti generalmente prodotti da aziende
diverse.
In conclusione, considerati gli aspetti strategici di lungo periodo, i
vantaggi economici sul medio periodo e le sicure positività ambientali,
andrebbe perseguita una accorta strategia climatica basata su di un
equilibrato mix di interventi da fare in Italia e di altri da realizzare nei
paesi dell'est e in quelli in via di sviluppo.