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gli strateghi del disastro
- Subject: gli strateghi del disastro
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Sun, 7 Mar 2004 08:05:01 +0100
da l'unità martedi 01.03.2004 Gli strateghi del disastro di Nicola Cacace Nessuna sorpresa per i dati diffusi ieri dall'Istat: i dati negativi della crescita e dell'inflazione erano noti da tempo, così come era noto che il dato occupazionale, l'unico positivo, era drogato dai 700mila immigrati regolarizzati e quindi emersi dal nero. Il fatto grave è che l'Italia è assente da anni dai settori del futuro, elettronica, chimica fine, aeronautica. Ma anche attività di consulenza, informatica, logistica, merchant bank, sia per l'incapacità culturale dell'imprenditoria ad utilizzare l'austerità sindacale degli ultimi anni per il salto di qualità richiesto dall'Euro, che dal favore con cui il sistema fiscale ha trattato le rendite finanziarie rispetto a quelle produttive. Anche lo slogan caro a Berlusconi "meno tasse per tutti" è finito in un flop: nel 2003 la pressione fiscale è aumentata al 42,8% del Pil (41,9% nel 2002) ma ciò non riduce la pericolosità del messaggio. Il paese ha bisogno soprattutto di un sistema fiscale più equo. E, conoscendo la filosofia dominante della destra in tutto il mondo, secondo cui "le tasse sono una coercizione della libertà individuale e lo Stato sociale è uno strumento sbagliato di redistribuzione del benessere", si può essere certi che questi signori riproveranno a varare un sistema fiscale ancora più iniquo. Infatti ieri Berlusconi, dopo la diffusione dei dati Istat, ha subito replicato "per agganciare la ripresa Usa ed asiatica, è necessario abbassare le tasse". Ma qual è lo slogan dell'Ulivo in materia? Al momento non c'è uno slogan dominante anche se è stato da molti - Fassino, Bersani, Parisi, Letta e Melandri tra gli altri - ricordato "che non è possibile avere botte piena e moglie ubriaca". Oggettivamente la partita su questo tema non è facile, avendo tutte le ricerche confermato la grande sensibilità dei cittadini al capitolo Tasse, in un paese "arrabbiato" perché un italiano su tre le evade o le elude e dove gli esempi di sprechi della pubblica amministrazione locale, regionale e centrale non sono pochi. Eppure il problema non è di quelli che si possono eludere e il centrosinistra deve trovare il modo di essere più esplicito facendo capire la portata politica e pratica della partita e le sostanziali differenze tra destra e sinistra. "Un fisco più equo per tutti" potrebbe essere uno slogan di sinistra, spiegando che il "meno tasse per tutti" di Berlusconi in realtà significa "meno tasse per i ricchi e meno Stato sociale per tutti". MODELLI PREVALENTI DI SISTEMI FISCALI. Semplificando si possono individuare tre modelli prevalenti di pressione fiscale, il modello americano, il modello centroeuropeo ed il modello scandinavo. Modello americano. Pressione fiscale intorno al 30%, spesa sociale inferiore al 20% del Pil e Stato sociale ridotto al minimo. Sanità pubblica (Medicare e Medicaid) solo per anziani poveri, sanità privata dai costi crescenti con 50 milioni di cittadini senza alcuna copertura sanitaria né pubblica né privata perché non abbastanza ricchi per pagarsela, pensione sociale per tutti i lavoratori pari al 30% del salario e metà dei lavoratori attuali che non avranno pensione integrativa perché impossibilitati a pagarsela, maternità retribuita solo per il 2% delle lavoratrici, ferie retribuite pari a meno di 10 giornate l'anno, indennità di disoccupazione per sei mesi pari al 60% del salario, istruzione pubblica sempre più povera di fondi ed istruzione privata sempre più cara, contratti individuali nettamente prevalenti sui contratti collettivi. Modello centroeuropeo. Pressione fiscale tra il 42% ed il 45%, spesa sociale di poco inferiore al 30% e Stato sociale abbastanza diffuso. Sanità pubblica e gratuita per tutti i cittadini dove l'Italia sta da anni peggiorando la sua posizione con una spesa privata crescente che oggi supera il 30% della spesa sanitaria complessiva. Pensioni pubbliche per tutti intorno al 75% dei guadagni dell'ultimo decennio, con paesi come l'Italia che risente sempre più del rapido invecchiamento della popolazione, della precarietà crescente dell'impiego e dei costi dell'assistenza sociale caricati sul Budget previdenziale dei lavoratori dipendenti. A differenza degli Usa, in Europa la maternità retribuita è garantita dovunque così come le ferie che vanno da 4 a 5 settimane l'anno. Tranne che in Italia (e in G.B.) dove l'indennità di disoccupazione è generalmente garantita per sei mesi e solo per il 40% del salario, nella maggioranza degli altri paesi europei l'indennità di disoccupazione può arrivare sino a uno-due anni ed al 75% della retribuzione. L'istruzione pubblica è garantita a tutti sino all'università, con parziale eccezione dell'Italia, dove l'istruzione privata guadagna spazi anche grazie a contributi pubblici crescenti. Modello scandinavo (Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca). Pressione fiscale pari o superiore al 50%, spesa sociale di poco inferiore al 40% e Stato sociale ricco e diffuso. Sanità pubblica ed istruzione gratuite per tutti, comprese spese universitarie. Sistema pensionistico che, anche dopo le recenti riforme, resta pubblico anche se con rendimenti (rapporto tra pensione e salario) decrescenti per l'allungamento della vita media. Diritti di maternità "ricchi" per tutte le lavoratrici (il cui tasso di attività è a livelli record), ferie annue di almeno 5 settimane, asili nido ed assistenza familiare, a vecchi e giovani, di gran livello. Sono gli unici paesi che, con poche differenze da paese a paese, conducono da anni politiche di sostegno dei giovani e della natalità. Per esempio in Svezia lo Stato contribuisce ai costi della natalità con assegni familiari per ogni nato, sino al compimento del diciottesimo anno (non una tantum come in Italia), per tutti i cittadini, sposati e non sposati, dipendenti e autonomi, assegni da 1500 euro/anno per il primo figlio, 2000 per il secondo, etc .. EQUITÀ DELLE IMPOSTE. La riforma Tremonti si propone di passare dalle attuali 5 aliquote Irpef a 2 aliquote, il 23% ed il 33% per i redditi sotto e sopra i 200 milioni di lire. Un sistema a due aliquote toglie progressività alle imposte, non c'è un solo sistema al mondo a due sole aliquote (la proposta di riforma di Bush ne comprende quattro). È possibile ridurre la pressione fiscale individuale senza ridurre la pressione fiscale generale a due condizioni, combattere con più rigore l'evasione fiscale oggi stimata al 30% e magari ridurre le attuali 5 aliquote Irpef a 4 o anche a 3, con esenzione totale al disotto di certi redditi, al fine di mantenere una buona progressività delle imposte con un risultato di redistribuzione del carico fiscale che non può non contribuire ad un aumento dei consumi delle famiglie troppo compressi da un decennio di politiche fiscali e retributive che hanno impoverito le classi medie e quelle povere. DIFFERENZIARE LE IMPOSTE TRA REDDITI DA PRODUZIONE E DA FINANZA. L'attuale declino del paese è in gran parte dovuto al fatto che l'economia finanziaria è stata largamente favorita rispetto a quella produttiva realizzando un forte impoverimento dei redditi dei fattori produttivi, capitale e lavoro, soprattutto quest'ultimo, a vantaggio delle rendite finanziarie. Oggi le rendite finanziarie sono tassate con aliquote addirittura inferiori a quella del primo scaglione Irpef. Se si vuole lasciare l'attuale opzione della tassazione fissa non progressiva, si dovrebbe farlo con un'aliquota almeno leggermente superiore alla minima dell'Irpef (23%) oppure, come si fa nella maggior parte dei paesi europei, computarla nell'imposizione complessiva (comprensive income taxation). Non dovrebbe essere difficile far capire ai cittadini che se vogliono godere di uno Stato sociale sul modello centroeuropeo, non dico scandinavo, con istruzione pubblica di qualità e disponibile per tutti, con copertura delle spese sanitarie totale sia pure temperata da Ticket per interventi e farmaci non "salvavita", con provvedimenti di sostegno per giovani e famiglie, con ammortizzatori sociali atti a coniugare flessibilità con sicurezza d'impiego, la pressione fiscale complessiva dello Stato non può scendere al disotto del livello europeo del 42%-45%, mentre la pressione individuale può e deve essere ridotta se meglio graduata sui livelli individuali di reddito e via via che la lotta all'evasione fiscale - che ammonta a circa 250mila miliardi delle vecchie lire, cioè al 10% del Pil - ottiene qualche successo. Alle ultime elezioni politiche svedesi i socialdemocratici sono prevalsi sulle destre che promettevano una forte riduzione delle imposte. Non sarà impossibile far capire agli italiani che il "meno tasse per tutti" di Berlusconi nasconde un più sgradevole "meno tasse per i ricchi e meno servizi per tutti" e che il declino del paese è anche legato ad una filosofia pauperistica che punta solo a ridurre salari e pensioni invece di favorire innovazione, istruzione e ricerca.
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