gli strateghi del disastro



da l'unità
martedi 01.03.2004

Gli strateghi del disastro
di Nicola Cacace

 Nessuna sorpresa per i dati diffusi ieri dall'Istat: i dati negativi della
crescita e dell'inflazione erano noti da tempo, così come era noto che il
dato occupazionale, l'unico positivo, era drogato dai 700mila immigrati
regolarizzati e quindi emersi dal nero. Il fatto grave è che l'Italia è
assente da anni dai settori del futuro, elettronica, chimica fine,
aeronautica.
Ma anche attività di consulenza, informatica, logistica, merchant bank, sia
per l'incapacità culturale dell'imprenditoria ad utilizzare l'austerità
sindacale degli ultimi anni per il salto di qualità richiesto dall'Euro, che
dal favore con cui il sistema fiscale ha trattato le rendite finanziarie
rispetto a quelle produttive. Anche lo slogan caro a Berlusconi "meno tasse
per tutti" è finito in un flop: nel 2003 la pressione fiscale è aumentata al
42,8% del Pil (41,9% nel 2002) ma ciò non riduce la pericolosità del
messaggio. Il paese ha bisogno soprattutto di un sistema fiscale più equo.
E, conoscendo la filosofia dominante della destra in tutto il mondo, secondo
cui "le tasse sono una coercizione della libertà individuale e lo Stato
sociale è uno strumento sbagliato di redistribuzione del benessere", si può
essere certi che questi signori riproveranno a varare un sistema fiscale
ancora più iniquo. Infatti ieri Berlusconi, dopo la diffusione dei dati
Istat, ha subito replicato "per agganciare la ripresa Usa ed asiatica, è
necessario abbassare le tasse".
Ma qual è lo slogan dell'Ulivo in materia? Al momento non c'è uno slogan
dominante anche se è stato da molti - Fassino, Bersani, Parisi, Letta e
Melandri tra gli altri - ricordato "che non è possibile avere botte piena e
moglie ubriaca".
Oggettivamente la partita su questo tema non è facile, avendo tutte le
ricerche confermato la grande sensibilità dei cittadini al capitolo Tasse,
in un paese "arrabbiato" perché un italiano su tre le evade o le elude e
dove gli esempi di sprechi della pubblica amministrazione locale, regionale
e centrale non sono pochi.
Eppure il problema non è di quelli che si possono eludere e il
centrosinistra deve trovare il modo di essere più esplicito facendo capire
la portata politica e pratica della partita e le sostanziali differenze tra
destra e sinistra.
"Un fisco più equo per tutti" potrebbe essere uno slogan di sinistra,
spiegando che il "meno tasse per tutti" di Berlusconi in realtà significa
"meno tasse per i ricchi e meno Stato sociale per tutti".
MODELLI PREVALENTI DI SISTEMI FISCALI.
Semplificando si possono individuare tre modelli prevalenti di pressione
fiscale, il modello americano, il modello centroeuropeo ed il modello
scandinavo.
Modello americano. Pressione fiscale intorno al 30%, spesa sociale inferiore
al 20% del Pil e Stato sociale ridotto al minimo. Sanità pubblica (Medicare
e Medicaid) solo per anziani poveri, sanità privata dai costi crescenti con
50 milioni di cittadini senza alcuna copertura sanitaria né pubblica né
privata perché non abbastanza ricchi per pagarsela, pensione sociale per
tutti i lavoratori pari al 30% del salario e metà dei lavoratori attuali che
non avranno pensione integrativa perché impossibilitati a pagarsela,
maternità retribuita solo per il 2% delle lavoratrici, ferie retribuite pari
a meno di 10 giornate l'anno, indennità di disoccupazione per sei mesi pari
al 60% del salario, istruzione pubblica sempre più povera di fondi ed
istruzione privata sempre più cara, contratti individuali nettamente
prevalenti sui contratti collettivi.
Modello centroeuropeo. Pressione fiscale tra il 42% ed il 45%, spesa sociale
di poco inferiore al 30% e Stato sociale abbastanza diffuso. Sanità pubblica
e gratuita per tutti i cittadini dove l'Italia sta da anni peggiorando la
sua posizione con una spesa privata crescente che oggi supera il 30% della
spesa sanitaria complessiva. Pensioni pubbliche per tutti intorno al 75% dei
guadagni dell'ultimo decennio, con paesi come l'Italia che risente sempre
più del rapido invecchiamento della popolazione, della precarietà crescente
dell'impiego e dei costi dell'assistenza sociale caricati sul Budget
previdenziale dei lavoratori dipendenti. A differenza degli Usa, in Europa
la maternità retribuita è garantita dovunque così come le ferie che vanno da
4 a 5 settimane l'anno. Tranne che in Italia (e in G.B.) dove l'indennità di
disoccupazione è generalmente garantita per sei mesi e solo per il 40% del
salario, nella maggioranza degli altri paesi europei l'indennità di
disoccupazione può arrivare sino a uno-due anni ed al 75% della
retribuzione. L'istruzione pubblica è garantita a tutti sino all'università,
con parziale eccezione dell'Italia, dove l'istruzione privata guadagna spazi
anche grazie a contributi pubblici crescenti.
Modello scandinavo (Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca). Pressione
fiscale pari o superiore al 50%, spesa sociale di poco inferiore al 40% e
Stato sociale ricco e diffuso. Sanità pubblica ed istruzione gratuite per
tutti, comprese spese universitarie. Sistema pensionistico che, anche dopo
le recenti riforme, resta pubblico anche se con rendimenti (rapporto tra
pensione e salario) decrescenti per l'allungamento della vita media. Diritti
di maternità "ricchi" per tutte le lavoratrici (il cui tasso di attività è a
livelli record), ferie annue di almeno 5 settimane, asili nido ed assistenza
familiare, a vecchi e giovani, di gran livello. Sono gli unici paesi che,
con poche differenze da paese a paese, conducono da anni politiche di
sostegno dei giovani e della natalità. Per esempio in Svezia lo Stato
contribuisce ai costi della natalità con assegni familiari per ogni nato,
sino al compimento del diciottesimo anno (non una tantum come in Italia),
per tutti i cittadini, sposati e non sposati, dipendenti e autonomi, assegni
da 1500 euro/anno per il primo figlio, 2000 per il secondo, etc ..
EQUITÀ DELLE IMPOSTE.
La riforma Tremonti si propone di passare dalle attuali 5 aliquote Irpef a 2
aliquote, il 23% ed il 33% per i redditi sotto e sopra i 200 milioni di
lire. Un sistema a due aliquote toglie progressività alle imposte, non c'è
un solo sistema al mondo a due sole aliquote (la proposta di riforma di Bush
ne comprende quattro). È possibile ridurre la pressione fiscale individuale
senza ridurre la pressione fiscale generale a due condizioni, combattere con
più rigore l'evasione fiscale oggi stimata al 30% e magari ridurre le
attuali 5 aliquote Irpef a 4 o anche a 3, con esenzione totale al disotto di
certi redditi, al fine di mantenere una buona progressività delle imposte
con un risultato di redistribuzione del carico fiscale che non può non
contribuire ad un aumento dei consumi delle famiglie troppo compressi da un
decennio di politiche fiscali e retributive che hanno impoverito le classi
medie e quelle povere.
DIFFERENZIARE LE IMPOSTE TRA REDDITI DA PRODUZIONE E DA FINANZA.
L'attuale declino del paese è in gran parte dovuto al fatto che l'economia
finanziaria è stata largamente favorita rispetto a quella produttiva
realizzando un forte impoverimento dei redditi dei fattori produttivi,
capitale e lavoro, soprattutto quest'ultimo, a vantaggio delle rendite
finanziarie. Oggi le rendite finanziarie sono tassate con aliquote
addirittura inferiori a quella del primo scaglione Irpef. Se si vuole
lasciare l'attuale opzione della tassazione fissa non progressiva, si
dovrebbe farlo con un'aliquota almeno leggermente superiore alla minima
dell'Irpef (23%) oppure, come si fa nella maggior parte dei paesi europei,
computarla nell'imposizione complessiva (comprensive income taxation).
Non dovrebbe essere difficile far capire ai cittadini che se vogliono godere
di uno Stato sociale sul modello centroeuropeo, non dico scandinavo, con
istruzione pubblica di qualità e disponibile per tutti, con copertura delle
spese sanitarie totale sia pure temperata da Ticket per interventi e farmaci
non "salvavita", con provvedimenti di sostegno per giovani e famiglie, con
ammortizzatori sociali atti a coniugare flessibilità con sicurezza
d'impiego, la pressione fiscale complessiva dello Stato non può scendere al
disotto del livello europeo del 42%-45%, mentre la pressione individuale può
e deve essere ridotta se meglio graduata sui livelli individuali di reddito
e via via che la lotta all'evasione fiscale - che ammonta a circa 250mila
miliardi delle vecchie lire, cioè al 10% del Pil - ottiene qualche successo.
Alle ultime elezioni politiche svedesi i socialdemocratici sono prevalsi
sulle destre che promettevano una forte riduzione delle imposte. Non sarà
impossibile far capire agli italiani che il "meno tasse per tutti" di
Berlusconi nasconde un più sgradevole "meno tasse per i ricchi e meno
servizi per tutti" e che il declino del paese è anche legato ad una
filosofia pauperistica che punta solo a ridurre salari e pensioni invece di
favorire innovazione, istruzione e ricerca.