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immobili l'oro sotto il mattone
- Subject: immobili l'oro sotto il mattone
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Sun, 8 Feb 2004 08:07:16 +0100
il manifesto - 04 Febbraio 2004 L'oro sotto il mattone ROBERTA CARLINI «Sa quante agenzie immobiliari sono nate a Milano nel 2003? Mille». Sarà un piccolo segnale, ma il numero che Mario Breglia, presidente di «Scenari immobiliari», butta lì al termine del nostro colloquio sulla ricchezza immobiliare, è più indicativo di tante tabelle: a Milano lo scorso anno sono nate 4 agenzie immobiliari in più ogni giorno. Potenza del franchising, del fai-da-te, dell'intraprendenza giovanile (e della mancanza di altri lavori). Ma anche sicuro segno di un mercato febbrile, che negli ultimi anni ha vissuto incrementi di volumi e di valori stratosferici. Un fenomeno molto raccontato sotto il profilo economico e finanziario, pochissimo indagato però sotto il versante della distribuzione del reddito e della ricchezza. Al galoppo In valori correnti, la curva dei prezzi delle abitazioni in Italia ha un solo segno: sale, sale e sale. Diventa più movimentata se si introducono i valori a prezzi costanti, cioè depurati dall'inflazione: allora si vede che comunque la tendenza è all'aumento, ma con dei picchi improvvisi (all'inizio dei decenni: Settanta, Ottanta, Novanta) e delle discese morbide. Con l'inizio del nuovo secolo e millennio, com'è noto, siamo di nuovo in salita ripida. Grosso modo, in termini reali, c'è un raddoppio dei valori in trent'anni. Per essere più precisi, la Reddy's group (società internazionale di valutazioni immobiliari, sede a Milano) sforna i seguenti valori: dal `61 al 2003 i prezzi immobiliari sono cresciuti in media del 10% all'anno. Nel frattempo il costo della vita in media cresceva del 7,2% all'anno. Conclusione: «l'incremento reale composto è pari al 2,3% all'anno in 42 anni». Ottimo affare, il mattone. Negli ultimi anni poi, con la crisi della borsa, è diventato (quasi) l'unico: «In quattro anni i prezzi delle case sono cresciuti in media del 24,4% in termini reali nelle città più grandi e del 13,4% nelle altre» (Nomisma, centro studi bolognese che ha uno dei più importanti osservatori immobiliari in Italia). Ma chi ci ha guadagnato? «Le famiglie che avevano già case, quelle che hanno comprato negli anni `90», dice Alberto Lunghini, amministratore delegato di Reddy's Group. «Consideriamo il fatto - dice Lunghini - che l'Italia ha una proprietà immobiliare molto diffusa, dunque i beneficiari di questo aumento di ricchezza sono anche i piccoli proprietari». Sta di fatto che se uno è proprietario solo della casa in cui vive, l'effetto di aumento del valore dell'immobile non è poi così forte, non potendo venderla per andare a vivere sotto i ponti. «Certo, la prima casa non è un investimento. Pure, nell'aumento di valore c'è un aumento della sicurezza. Per gli altri invece - pluriproprietari di case e terreni, capannoni, uffici eccetera - c'è un vero aumento di ricchezza. Infine - conclude Lunghini - per chi è rimasto fuori dal mercato, ossia 4 milioni e mezzo di famiglie, entrare adesso è quasi impossibile, mentre contemporaneamente lievitano gli affitti». Prima (provvisoria) conclusione: il boom del mercato immobiliare polarizza la società tra chi è dentro e chi è fuori. Nella media nazionale, «chi è dentro» (proprietario dell'abitazione in cui vive) è sul 70% del totale. Ma nelle grandi città (quelle sopra i 500mila abitanti) la percentuale scende al 55% e tra gli operai al 54% (mentre sale al 75% per imprenditori e liberi professionisti). Seconda conclusione, anch'essa provvisoria: l'incremento di ricchezza «spendibile» riguarda soprattutto i proprietari di seconde, terze, quarte (eccetera) case e di immobili adibiti ad uso diverso (uffici, capannoni, terreni). Già, ma chi sono? A Nord e Sud L'esplosione del mercato immobiliare - in termini di numero di compravendite - comincia in Italia ben prima della crisi della borsa (avvenuta nel 2001-2002). Come si vede dal grafico, l'ascesa comincia nel `96. Il buon andamento dell'economia, la discesa dei tassi di interesse (con l'accessibilità dei mutui) invitano le famiglie sul mercato. Che poi si impenna, anche come valori. «E' denaro aggiuntivo che arriva sul mercato», dice Breglia. Che vuol dire, scusi? «Beh, in parte c'è il ritorno dei capitali dall'estero con lo scudo fiscale di Tremonti; e poi una diversa gestione dei flussi». Le capitali della ricchezza - e dell'investimento - immobiliare sono Roma e Milano. Qui i prezzi delle abitazioni nel solo 2003 sono saliti, sull'anno precedente, rispettivamente del 16,6 e dell'11,8%. Alle due capitali corrispondono due tipologie di investimenti privati. «Roma convoglia tutta la ricchezza del centro-sud - spiega Breglia - Il ricco del Sud, di solito un libero professionista, spesso della provincia, sbarca sul mercato romano per comprare una palazzina, un garage con 100 posti macchina, degli uffici: si infila negli interstizi lasciati liberi dalle grandi immobiliari che stanno mettendo a frutto i patrimoni ex-pubblici». Interstizi grassi, a quanto pare. «Il ricco del Nord - prosegue Mario Breglia - è il piccolo e medio imprenditore che vive tra Bologna e Venezia, che si è scoperto un'anima immobiliare. Compra, compra di tutto, magari per affittare il terreno a un costruttore: tutta la pianura pdana è un grande cantiere. E ancora: capannoni, terreni». Ultimo, «il ricco milanese compra a Milano. O all'estero: a Tallin, che tra un po' avrà l'euro, e dove ora gli uffici costano solo 1.000 ? al metro quadro». Il nuovo rentier I due esperti da noi consultati operano nel campo della valorizzazione degli immobili: quel campo che le grandi società di intermediazione stanno «arando» per conto dei fondi immobiliari, pronti a sbarcare alla grande in Italia per gestire le aree di pregio - centri storici, ma anche importanti snodi dei servizi - acquistate (spesso dalla ex proprietà pubblica), valorizzate e «normalizzate» dagli intermediari. Ma entrambi ci confermano che sopravvive e anzi cresce la domanda «privata», per le abitazioni come per le destinazioni commerciali: il vecchio bastione dell'investimento sul mattone e della rendita fondiaria. Solo che il nuovo rentier deve darsi un po' più da fare nella gestione e valorizzazione del suo investimento. «Alcune grandi famiglie ricorrono a fondi lussemburghesi, altri sperano nell'arrivo dell'istituto del trust anche qui in Italia: ma la gran parte ha ancora una gestione diretta e personale del patrimonio». Quante, come e dove sono queste famiglie, che gestiscono tre o quattro case, palazzine, garage (o imprese: si sta diffondendo il fenomeno del leasing immobiliare)? Secondo i dati della Banca d'Italia, i proprietari di abitazioni diverse da quella principale sono soprattutto imprenditori e liberi professionisti (il 27,3%) e, nell'ambito del alvoro dipendente, i dirigenti (30,9%). Ma gli stessi esperti di Bankitalia avvertono: quei dati sono sottostimati, c'è una reticenza nelle risposte. Allora, andiamo a vedere i dati Ici. Nel `93 - anno in cui fu istituita l'imposta - fu fatto uno studio secondo il quale su 22 milioni di immobili circa il 50% era prima casa. Da allora, lo stock delle abitazioni è salito a 28.328.810, ma è anche successo di tutto: alcuni enti pubblici hanno venduto, molte famiglie hanno comprato la prima casa. Ma nessuno ha pensato che fosse utile aggiornare quell'inchiesta: premesso che tutte le case sono ricchezza, infatti, un conto è «la prima casa», un conto sono le altre. Su Roma, un calcolo approssimativo degli uffici del comune ci dice che a fronte di circa 600mila «prime case» ce ne sono altrettante che non lo sono. Di queste però almeno 150.000 sono di enti pubblici e 40.000 «in uso gratuito»: oltre 400mila, dunque, sarebbero nel patrimonio di privati (famiglie, costruttori, società). Anche in questo caso, di fronte alla scarsità di dati pubblici (v. la scheda in pagina) dobbiamo affidarci ad alcuni indicatori. Come quello che dice che c'è una forte ripresa del mercato delle seconde case. Secondo Nomisma, «le transazioni per le seconde case sono aumentate di cinque volte in cinque anni». E il rapporto Centro Einaudi-Bnl sul risparmio dà la percentuale di famiglie che ha comprato la seconda casa: dallo 0,3% del `97-98 all'1% del 2001 all'1,5% del 2002. Dentro il boom generale, il segmento «ricco» del mercato si vede anche da un altro indicatore: la domanda degli immobili «di pregio». Sentiamo l'osservatorio Gabetti: «Possiamo dire che nel 2002, anche in maniera abbastanza sorprendente, la domanda si è rafforzata soprattutto sul segmento più alto, quello delle abitazioni di pregio (...) andando controcorrente rispetto alla scarsa disponibilità di spesa delle famiglie e al momento di crisi congiunturale del nostro paese. Una domanda - conclude Gabetti - che sembra ricalcare quello che succede anche nel segmento alto del mercato automobilistico, laddove i trend di acquisto sono migliori rispetto ai segmenti più bassi».
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