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il welfare di bassolino e il reddito di cittadinanza
- Subject: il welfare di bassolino e il reddito di cittadinanza
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 5 Feb 2004 06:57:11 +0100
il manifesto - 29 Gennaio 2004 Il welfare di Bassolino La Campania approva una legge sul reddito di cittadinanza 350 euro al mese Questo l'importo per il reddito di cittadinanza di oltre 20mila famiglie ALFONSO DE VITO NAPOLI Con l'approvazione martedì in tarda serata da parte del consiglio, la Campania è arrivata prima tra le regioni italiane sulla sperimentazione di un reddito di cittadinanza. Si tratta del trasferimento monetario di 350 euro mensili per 20.000 famiglie individuate sulla base del reddito (sotto i 5.000 euro l'anno) e di altri parametri che saranno definiti dal regolamento di attuazione. In Campania le statistiche parlano di circa 20000 famiglie che vivono molto al di sotto della soglia della povertà, ma attestano a duecentomila quelle che hanno consumi inferiori all'80% della soglia di povertà. La legge regionale appena varata è dunque una coperta ancora troppo corta, ma in controtendenza rispetto ad una finanziaria che ha tagliato i fondi alle istituzioni locali. L'approvazione da parte del consiglio regionale è stata, sin da subito, una strada in salita. Il percorso era, infatti, iniziato oltre un anno fa, con un'iniziativa del Prc che in sede di discussione del bilancio aveva chiesto di indirizzare sul reddito di cittadinanza 150 miliardi di vecchie lire derivanti dalla vendita di beni regionali di non immediata utilità sociale (Forza Italia ha però affermato che non c'è copertura finanziaria). Dopo mesi di confronto nel tentativo di accogliere molte delle richieste arrivate dalle forze politiche e sociali, il risultato è un pacchetto di servizi, concentrato sulla lotta alla dispersione scolastica, sul diritto alla mobilità e sulla prevenzione sanitaria, che accompagnerà il sostegno monetario e sarà disponibile per tutti i membri del nucleo familiare. Ma la vera novità è che alla misura potranno accedere cittadini italiani e migranti risiedenti nella regione da almeno cinque anni. «Per famiglie intendiamo i nuclei di convivenza, quindi anche le famiglie di fatto - spiega Adriana Buffardi assessora alle politiche sociali. Ben sappiamo che il reddito di cittadinanza è più di una misura di contrasto alla povertà, ma la legge si autodefinisce sperimentale perché consapevole che questa strada non potrà essere interamente percorsa senza una concreta assunzione di responsabilità del governo centrale». Così si concretizza una misura che, seppur parzialmente, prova a fare i conti con dati inequivocabili: la regione è ai primi posti per i tassi di disoccupazione strutturale e giovanile ed anche i recenti incrementi di produttività non sembra abbiano sortito effetti particolarmente sensibili sul terreno occupaz ionale. Il lungo iter che ne ha accompagnato l'approvazione ha avuto poi il merito di proporre all'attenzione pubblica un confronto sui modelli di welfare locale. Costretta nelle gabbie di risorse limitate la legge ha dovuto misurarsi con un dibattito che è ancora aperto: sussidio di povertà o nuovo status della cittadinanza, welfare dei diritti o delle «opportunità»? I movimenti sociali ad esempio hanno criticato il carattere familiare dell'erogazione e la sua poca entità monetaria. In ogni caso ora l'attenzione si sposta sul regolamento attuativo che dovrà individuare con precisione i criteri di selezione e i meccanismi di erogazione dei servizi. «Il compito delle lotte sociali - secondo Mario della Rete noglobal - sarà di ampliare la portata e la consistenza dell'intervento». «Questa legge per cui ci siamo battuti - spiega Franco Maranta consigliere regionale del Prc - non è la migliore delle misure possibili, ma apre la strada ad una battaglia nazionale per il salario sociale. E' grave però che su iniziativa di An si sia affidata la verifica fra tre anni alla Giunta esautorando l'unico organo elettivo, il consiglio, dalla sua funzione». REDDITO DI CITTADINANZA Tutto in famiglia BENEDETTO VECCHI La decisione del consiglio regionale della Campania di dare il via a una sperimentazione di reddito di cittadinanza sono in controtendenza rispetto alla costante, ma inesorabile contrazione dello stato sociale made in Italy che ha caratterizzato da più di un decennio l'operato dei governi nazionali e che ha subito un'accelerazione con quello preseduto da Silvio Berlusconi. Attorno a questa proposta, presentata da Rifondazione comunista, la discussione ha visto prendere la parola forze politiche, sindacati confederali e di base, disoccupati, associazioni di migranti e tutti quei movimenti sociali che cercano di contrastare le coseguenze delle politiche neoliberiste tanto a livello nazionale che a livello locale. Una discussione importante per una realtà come la Campania, segnata dal marchio della disoccupazione di massa, dalla povertà, ma anche da un esercito in crescita di uomini e donne che lavora in nero nelle spregiudicate e aggressive fabbriche diffuse dell'abbigliamento, del settore alimentare e, più recentemente, nell'assemblaggio della poca elettronica di consumo prodotta in Italia. La decisione della giunta Bassolino segna quindi un passo avanti rispetto allo stato delle cose. Segna cioè il discrimine tra un prima e un dopo. E tuttavia il provvedimento votato martedì ha anche significative zone d'ombra. Il tema del reddito di cittadinanza è un tema che divide, che fa inarcare le sopracciglie, accende gli animi. I suoi fautori sottolineano gli effetti tellurici della «controrivoluzione neoliberista» che innalza la produttività e distrugge i diritti sociali di cittadinanza. Il reddito di cittadinanza è, in questo caso, una misura che risponde adeguatamente ai rivoluzionati laboratori della produzione incarnata nella figura del precario. I suoi detrattori mettono invece l'accento sul lavoro come unità di misura della cittadinanza piena e guardano alla piena occupazione come all'obiettivo da raggiungere. Inoltre, ne esistono diverse versioni, dall'esperimento tentato dal passato governo di centrosinistra sul «reddito di inserimento», a quella elaborata da giuristi e economisti e definita come un «reddito minimo sociale» da considerare alternativo al sussidio di disoccupazione. Ce n'è anche un'ulteriore variante, che finora non è riuscita a trasformarsi in proposta politica e che guarda al reddito di cittadinanza come un diritto universale alla redistribuzione della ricchezza prodotta sganciato dalla prestazione lavorativa. Per valutare il provvedimento della giunta Bassolino conviene tenere a mente questa versione dato il suo carattere insieme pragmatico e «radicale». Pragmatico perché non si sottrae alla discussione sul reperimento fiscale del reddito da erogare, radicale perché non considera più il lavoro come condizione della cittadinanza. Per la regione Campania si ha diritto ai (pochi) denari stabiliti dal provvedimento se si è poveri. Inoltre, è un reddito destinato alle famiglie e non ai singoli, quasi che il vivere in famiglia svolga il ruolo che il lavoro ha svolto in passato per definire la cittadinanza. Per Basssolino è il primo passo verso un nuovo welfare state. Sta ora ai movimenti sociali non farlo diventare un passo verso uno stato compassionevole dell'esclusione sociale.
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