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amministrazione condivisa
- Subject: amministrazione condivisa
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Wed, 17 Dec 2003 06:59:04 +0100
da lavoce.info dicembre 2003 GREGORIO ARENA* L'AMMINISTRAZIONE CONDIVISA 1. Premessa Se confrontata con quella che era ancora alla fine degli anni Ottanta, non c'è dubbio che l'amministrazione italiana attuale presenti segni notevoli di cambiamento, inteso sia come introduzione nel sistema di nuovi modelli organizzativi ed operativi, sia come entrata in vigore di nuove norme; è vero che per quanto riguarda l'implementazione di tali novità legislative il giudizio deve necessariamente variare da situazione a situazione, ma è diffusa la percezione di un cambiamento in atto. E infatti se si prende in esame il nostro sistema amministrativo si vede che non c'è profilo su cui non siano intervenute, in alcuni casi anche radicalmente, le riforme degli anni Novanta: dalle procedure all'organizzazione, dalle funzioni alla gestione del personale, dalle nuove tecnologie delle informazioni alla tipologia dei controlli, dai rapporti fra i pubblici poteri centrali e locali ai mezzi, tutti gli elementi del sistema sono stati, in misura maggiore o minore, modificati. Ma il cambiamento prodotto da tali riforme è ancora più profondo di quanto non possa apparire prendendo in esame soltanto gli elementi che compongono il sistema amministrativo. Il punto essenziale è che le grandi leggi di riforma degli anni Novanta contengono tutte, esplicitamente o implicitamente, nuovi princìpi (trasparenza, partecipazione, semplicità, distinzione fra politica e amministrazione, sussidiarietà) che si sono affiancati o sostituiti ai princìpi tradizionali che hanno finora regolato l'azione amministrativa e che stanno cambiando i rapporti fra pubbliche amministrazioni e cittadini, dando vita a nuovi modelli di amministrazione. Questo lavoro si propone appunto di illustrare sinteticamente un nuovo modello di amministrazione che si sta sviluppando sotto i nostri occhi da alcuni anni e che, pur presentando grandi potenzialità e caratteristiche del tutto nuove rispetto ai modelli tradizionali dell'amministrazione di regolazione e di quella di prestazione, è stato finora pressoché ignorato. Questo nuovo modello, di cui è prevedibile nei prossimi anni un notevole sviluppo, è stato definito amministrazione condivisa perché innova rispetto ai modelli tradizionali non tanto sul piano degli obiettivi perseguiti o dell'organizzazione utilizzata, quanto sul piano delle modalità di azione e dei soggetti coinvolti: in estrema sintesi, nel modello tradizionale di amministrazione questa ultima persegue l'interesse pubblico per conto degli amministrati, mentre nell'amministrazione condivisa gli amministrati non sono più tali, bensì sono cittadini attivi e responsabili che "alleandosi" con l'amministrazione contribuiscono alla soluzione di problemi di interesse generale. All'interno del modello complessivamente definito amministrazione condivisa sono presenti due profili distinti che a loro volta danno vita a due modelli diversi di amministrazione, a seconda che la collaborazione fra amministrazioni e cittadini nasca da una richiesta rivolta dall' amministrazione ai cittadini (modello della co-amministrazione) o invece derivi da un' autonoma iniziativa dei cittadini che si attivano nell'interesse generale (modello dell'amministrazione della sussidiarietà). Tuttavia pur presentando profili teorici e operativi diversi fra loro i due modelli sono riconducibili all'interno di un unico schema concettuale, in quanto entrambi fondati su un paradigma nuovo, paritario e pluralista, che prevede che i rapporti fra amministrazioni e cittadini possano basarsi non solo sulla contrapposizione ma anche sulla collaborazione, cioè sull'alleanza contro un avversario comune rappresentato dalla complessità delle società moderne, in vista del perseguimento di un obiettivo comune, la soddisfazione dell' interesse generale. 2. Il paradigma bipolare 2.1. Cittadini-amministrati L'espressione "paradigma bipolare" è utilizzata da Sabino Cassese per indicare il binomio sul quale si è basato (e tuttora in gran parte si basa) il rapporto fra amministrazioni pubbliche e cittadini; tale concezione è espressa in maniera esemplare nei seguenti brani di due illustri studiosi del secolo passato. In primo luogo Santi Romano, che nel suo Corso del 1930 affermava che "I soggetti nel campo del diritto amministrativo possono essere di diverse specie . Ma la distinzione che ci sembra fondamentale e a cui quindi occorre subordinare le altre, è quella tra soggetti attivi e soggetti passivi della potestà amministrativa. Bisogna, così, contrapporre, da un lato i soggetti che amministrano e che, nel loro insieme, costituiscono . la pubblica amministrazione, e, dall'altro, gli amministrati".1 In secondo luogo Massimo Severo Giannini, che nelle sue Lezioni del 1950 a sua volta affermava che: "Nelle comunità statali attuali (Stato comunità), da un lato vi sono le autorità pubbliche, che si esprimono nello Stato organizzazione; dall'altro le persone, o soggetti privati, o cittadini . le quali possiedono alcuni diritti fondamentali. Vi sono, perciò, nelle comunità statali, due forze, l'autorità e la libertà, le quali hanno dei centri di appoggio e di espressione".2 Cassese sottolinea come, secondo questo punto di vista tradizionale ".lo Stato ed il diritto pubblico sono dominati dal conflitto Stato-cittadino, due poli irriducibili e in contrasto tra di loro. Questo paradigma si è formato lentamente nel passaggio da ordini, come quello europeo medievale o quelli extra-europei, dominati da un potere in cui non c'è differenziazione tra Stato e società civile, a un ordine, quali quelli in cui viviamo, fondati sulla separazione tra Stato e comunità.".3 4 Questo è dunque "il paradigma fondamentale del diritto pubblico nel XX secolo: due poli separati, né convergenti, né contrattanti, ma in contrapposizione, a causa della superiorità di uno sull'altro; a compensare tale superiorità, quello più forte è astretto a regole e doveri, mentre il privato agisce secondo il proprio interesse, in modo libero, salvo limiti esterni imposti dalla legge. Intorno a questo paradigma si sono formati e sviluppati i modi dello studio e del sapere giuridico, per cui può dirsi che ogni pur remoto suo angolo è influenzato da questa fondamentale contrapposizione".4 Ed infatti la più consueta modalità di rapporto fra amministrazioni e cittadini vede questi ultimi unicamente nel ruolo di amministrati, utenti, pazienti, assistiti, tutti termini utilizzati non a caso per indicare che nell'ambito del paradigma bipolare l'amministrazione può presentarsi sia come potere, sia come prestazione, ma in ogni caso il destinatario della sua azione è comunque sempre un soggetto passivo, mero destinatario dell'intervento pubblico, sia esso un'autorizzazione, una pensione o una terapia. Naturalmente l'amministrato può utilizzare nei confronti dell'amministrazione vari strumenti di tutela, da quelli più tradizionali come il ricorso al giudice amministrativo a quelli più recenti come il ricorso al difensore civico, ma la sua posizione di sudditanza nei confronti della pubblica amministrazione non cambia. 2.2. Cittadini-clienti Sempre nell'ambito del paradigma bipolare si è sviluppata di recente anche un'altra modalità di rapporto, apparentemente più moderna, che vede il cittadino nel ruolo non più di utente bensì di "cliente" e che risale ai primi anni Novanta, con l'introduzione anche nel nostro Paese delle Carte dei servizi, strumenti di tutela degli utenti dei servizi pubblici mutuati dall'esperienza inglese delle Citizens' Charters. Si tratta di una modalità di rapporto che tende esplicitamente a riprodurre nel settore pubblico la relazione fornitore-cliente, riconoscendo a quest'ultimo il diritto a precisi standards di qualità e 5 all'informazione su questi ultimi, nonché il diritto ad essere interpellato per conoscere il suo giudizio sulla qualità del servizio. In realtà per molte amministrazioni anche l'occasione delle Carte dei servizi è stata vissuta più come mero adempimento burocratico che non come stimolo a modificare il proprio modo di operare. D'altro canto sul versante dei cittadini da un lato l'informazione sull'esistenza degli standards previsti dalle Carte dei servizi è stata ed è scarsissima, dall'altro mancano gli strumenti (ma soprattutto la volontà) per rendere il giudizio degli utenti sulla qualità del servizio realmente significativo, facendo sì che produca effetti simili a quelli che nel settore privato produce il giudizio positivo o negativo dei clienti. Comunque, al di là del giudizio sull'efficacia delle Carte dei servizi e degli altri strumenti ad esse assimilabili, l'aspetto positivo della modalità di rapporto fondata sul concetto di cittadino come cliente sta nell'aver fatto uscire, almeno teoricamente, il cittadino dal ruolo passivo di amministrato per attribuirgli quello di sovrano: cercare di introdurre nei servizi pubblici l'impostazione definita "orientamento al cliente" vuol dire infatti cercare di spezzare la tradizionale autoreferenzialità delle nostre burocrazie per renderle consapevoli che l'esistenza stessa delle pubbliche amministrazioni, in tutti i settori, si giustifica solo se ed in quanto esse siano effettivamente utili al cittadino. "Servire" vuol dire letteralmente sia "esser servo di", sia "essere utile a": è in questo secondo significato che va letta la disposizione di cui all'art.98 della Costituzione, secondo la quale i pubblici dipendenti sono al servizio esclusivo della Nazione (cioè dei loro concittadini). Nel rapporto dell'amministrazione con il cittadino-cliente si manifesta poi con particolare chiarezza il ruolo che possono svolgere i cosiddetti "nuovi diritti" dei cittadini nei confronti dell'amministrazione, dal diritto all'efficienza ed efficacia dei servizi pubblici al diritto alla semplicità ed economicità dell'azione amministrativa, dal diritto all'informazione a quello alla partecipazione, e così via. E' su questo terreno (oltre che su quello che si vedrà fra poco della sussidiarietà orizzontale), che si gioca oggi la realizzazione di una cittadinanza amministrativa capace di affiancare ed 6 integrare l'altra forma di cittadinanza, quella politica, consentendo alla sovranità popolare di dispiegarsi pienamente, nelle forme opportune, anche in quel particolare ambito dei rapporti fra cittadini ed istituzioni in cui queste ultime sono rappresentate da amministrazioni pubbliche. Ma nel considerare il cittadino come un "cliente" delle amministrazioni vi è anche un aspetto negativo, che emerge quando un malinteso spirito di emulazione del modello imprenditoriale induce chi opera nelle amministrazioni pubbliche a dimenticare che il termine "cliente" applicato ai cittadini è pur sempre soltanto una metafora, un modo cioè per sollecitare gli operatori pubblici ad avere nei confronti di quelli che altrimenti sarebbero dei semplici "amministrati" le stesse sollecitudini ed attenzioni che verso i clienti hanno coloro che forniscono beni e servizi in regime di mercato. Il rischio, altrimenti, è quello di dimenticare da un lato che il cliente è soltanto un soggetto che ha la capacità economica per acquistare sul mercato beni e servizi, mentre il cittadino è un soggetto titolare di diritti fondamentali, costituzionalmente riconosciuti e garantiti; dall'altro, che le pubbliche amministrazioni devono assolvere ad una specifica "missione costituzionale" e che nell'assolvimento di tale missione non esistono clienti ma soltanto cittadini. Ciascuna amministrazione ha infatti una sua funzione specifica, prevista e disciplinata dalle norme che ne regolano l'attività in vista del perseguimento dell'interesse pubblico; ma oltre alla funzione che caratterizza ciascuna amministrazione ve n'è poi una di carattere generale, disciplinata dall'art. 3,2°c. della Costituzione, il quale prevedendo che "E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese" attribuisce a tutte le istituzioni (e in primo luogo alle amministrazioni) il compito di perseguire il principio costituzionale di uguaglianza sostanziale. Si può allora dire che vi è una sorta di "missione costituzionale" dell'intero sistema amministrativo italiano, consistente nel garantire a tutti i cittadini le condizioni grazie alle quali ciascuno possa essere pienamente se 7 stesso, realizzando i propri progetti di vita e facendo fruttare le proprie capacità; e vi è poi una specifica missione costituzionale di ciascuna amministrazione, che consiste nel realizzare il principio di uguaglianza sostanziale mediante gli strumenti e nell'ambito dei limiti funzionali e territoriali previsti dalle norme che ne disciplinano l'attività. Ma se le pubbliche amministrazioni sono uno degli strumenti principali con cui la Repubblica persegue il principio costituzionale di uguaglianza sostanziale, allora la persona al cui pieno sviluppo va finalizzata tutta l'attività amministrativa non può essere, come vorrebbe il paradigma bipolare, in posizione di subordinazione rispetto all'amministrazione, dal momento che l'amministrazione è il mezzo e la persona il fine. In un'amministrazione che sia realmente, come afferma la Costituzione, strumento di promozione della dignità di ogni persona e della sua piena realizzazione come essere umano, il cittadino non può essere considerato né come un amministrato né come un cliente, bensì deve essere considerato come un protagonista nella realizzazione del proprio pieno sviluppo, insieme ed a pari titolo con l'amministrazione. 3. Cittadini-alleati Per impostare in modo nuovo il rapporto delle amministrazioni con i cittadini è necessario andare oltre il paradigma bipolare, dando vita ad un modello di amministrazione in cui amministrazione e cittadini perseguono insieme la missione costituzionale di cui all'art.3, 2°c.; nasce così una nuova modalità di rapporto, nella quale i cittadini non sono né amministrati né clienti, bensì alleati dell'amministrazione. Questo nuovo modello è stato denominato amministrazione condivisa per indicare con immediatezza che cittadini e amministrazioni non si limitano ad amministrare insieme, ma lo fanno alleandosi contro un avversario comune, la complessità delle società moderne e condividendo sia l'obiettivo, che consiste nel soddisfacimento di un interesse generale, sia le risorse che entrambi i soggetti del rapporto possono mettere in campo. 8 Per quanto riguarda l'obiettivo, cittadini ed amministrazioni condividono non tanto l'esercizio del potere (come nella partecipazione al procedimento amministrativo), quanto la funzione stessa dell'amministrare, la quale consiste appunto nella realizzazione della missione costituzionale affidata dalla Costituzione alle amministrazioni. I cittadini non si sostituiscono all'amministrazione, né le loro capacità vengono usate per supplire a carenze dell'amministrazione, bensì si tratta di una vera e propria alleanza fra soggetti tendenzialmente paritari, basata sull'autonomia e sulla responsabilità di tutti i soggetti coinvolti nel rapporto e finalizzata alla soluzione di problemi di interesse generale. La disponibilità dei cittadini a condividere con l'amministrazione parte delle proprie risorse e capacità dipende infatti da una loro autonoma assunzione di responsabilità rispetto ad un problema che viene percepito come un problema di interesse generale, la cui soluzione dipende però da molteplici comportamenti pubblici e privati. Lo stesso vale anche sul versante dell'amministrazione, perché anche per quest'ultima la decisione di utilizzare il modello dell'amministrazione federata, anziché di usare (ove ciò sia possibile) il potere, deriva da un'assunzione di responsabilità; per l'amministrazione, inoltre, utilizzare il modello dell'amministrazione federata significa rifiutare la contrapposizione su cui si basa il paradigma bipolare, accettando l'idea che per risolvere i problemi collettivi l'amministrazione ha bisogno di cittadini consapevoli e attivi, piuttosto che non assenti, passivi o addirittura ostili. C'è anche un profilo più strettamente teorico da considerare, che può avere però conseguenze pratiche significative. Come risulta dalle ormai numerose esperienze dei premi attribuiti alle amministrazioni più innovative (Centoprogetti del Dipartimento della Funzione Pubblica, il Premio Nathan del Comune di Roma, i premi di ForumPa e altri ancora) vi sono già nel nostro sistema amministrativo esperienze riconducibili al modello dell'amministrazione federata. Il problema è che essendo queste esperienze fondate più o meno esplicitamente sull'alleanza anziché sulla contrapposizione fra cittadini e amministrazioni, la loro presenza in un sistema amministrativo ancora largamente caratterizzato dalla prevalenza del paradigma bipolare 9 viene percepita come una stranezza (se non addirittura come una deviazione rispetto al modello dominante), anziché come il sintomo di un possibile diverso modo di essere dell'amministrazione. E poiché questo ovviamente frena molti operatori pubblici che pure sarebbero disponibili ad instaurare con i cittadini alleanze fondate sulla condivisione di risorse, ecco che emerge l'importanza di un adeguato inquadramento teorico di queste nuove esperienze. D'altro canto proprio queste esperienze di amministrazione federata già realizzate in varie parti d'Italia sembrano indicare che i nostri dipendenti pubblici sono perfettamente in grado di far funzionare il modello in questione; naturalmente, come per ogni altro cambiamento nell'amministrazione, anche in questo caso moltissimo dipende dalla formazione dei dipendenti e dalla comunicazione interna. Oltre che l'obiettivo, amministrazioni e cittadini nel modello dell'amministrazione federata condividono anche le risorse. Ora, mentre è chiaro quali siano le risorse che le pubbliche amministrazioni possono mettere in campo in termini di professionalità, strutture, mezzi, etc., meno evidenti sono le risorse con cui i cittadini, singoli e associati, possono contribuire al buon funzionamento di questo nuovo modello di amministrazione. Eppure basta guardarsi intorno e riflettere per rendersi conto che le persone sono portatrici non solo di bisogni ed esigenze, ma anche di capacità e risorse che, se opportunamente valorizzate dalle pubbliche amministrazioni, possono contribuire in maniera significativa al soddisfacimento sia delle loro esigenze, sia di interessi di carattere generale. Ciò emerge da un lato dall'analisi della Costituzione (tanto nella parte sui princìpi fondamentali quanto nel nuovo Tit.V), dall'altro dall'analisi della realtà italiana. Per quanto riguarda i princìpi costituzionali si può fare riferimento in generale proprio a quel principio "personalista" secondo il quale al centro dell'attività dei pubblici poteri deve esservi sempre la persona umana, con le sue esigenze ma anche con le sue capacità. Lo stesso art.3, 2°c., già citato, può essere letto in questa prospettiva, in quanto attribuendo alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli economici e sociali che impediscono il "pieno 10 sviluppo" della persona umana esso implicitamente sembra affermare che la rimozione degli ostacoli è condizione sufficiente alla piena realizzazione di ciascuno; se ne può quindi dedurre che ogni persona è portatrice di capacità latenti che la Repubblica può contribuire a far emergere grazie alla rimozione dei suddetti ostacoli. Anche l'art.2, se letto nella prospettiva dell'amministrazione federata, offre un fondamento costituzionale ad un rapporto fondato sull'alleanza fra pubblici poteri e cittadini: afferma infatti tale disposizione che "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo.e richiede l' adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale". I Padri costituenti, nel redigere tale disposizione, pensavano a doveri quali la partecipazione alla vita politica del Paese, il pagamento dei tributi, l'assolvimento degli obblighi militari e simili; ma nulla impedisce oggi, in una diversa prospettiva dei rapporti fra amministrazioni e cittadini, di includere fra tali doveri di solidarietà anche la collaborazione dei cittadini con l'amministrazione pubblica per la soluzione di problemi che interessano l'intera comunità. Ma nella Costituzione vi è oggi un riferimento esplicito alle persone come portatrici non solo di esigenze ma anche di capacità che possono essere mobilitate nell'interesse generale: si tratta dell'ultimo comma dell'art.118 del nuovo Tit.V, che afferma che "Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà". L'introduzione in Costituzione del principio di sussidiarietà orizzontale rappresenta una novità radicale nei rapporti fra cittadini e pubblici poteri perché mina alle radici il paradigma bipolare: se i cittadini non solo sono in grado di assumere autonomamente iniziative nell'interesse generale, ma i pubblici poteri devono sostenere tali iniziative, salta l'assunto così bene espresso nel brano di Santi Romano sopra citato, secondo il quale "... la distinzione che ci sembra fondamentale ... è quella tra soggetti attivi e soggetti passivi della potestà amministrativa. Bisogna, così, contrapporre, da 11 un lato i soggetti che amministrano e che costituiscono . la pubblica amministrazione e, dall'altro, gli amministrati". Tale distinzione di ruoli, con la conseguente contrapposizione fra soggetti che amministrano e soggetti che sono "amministrati", non si giustifica più alla luce del principio di sussidiarietà orizzontale; o meglio si giustifica solo in quei settori, tipici dell'amministrazione autoritativa o di regolazione, dove entra in gioco l'esercizio del potere amministrativo. Ma laddove invece si tratta di esercitare una funzione, dove il binomio cioè non è più autorità/libertà bensì funzione/interesse, la contrapposizione fra amministrazione ed amministrati su cui si fonda il paradigma bipolare non ha ragion d'essere e, anzi, considerata la complessità di una società come quella italiana attuale, rischia di costituire un ostacolo alla soluzione dei problemi della collettività. Il modello dell'amministrazione federata trova riscontri anche nei fatti, cioè nell'analisi della realtà italiana. Questa possibilità di impostare in modo nuovo il rapporto fra amministrazione e cittadini deriva dal fatto che, anche grazie alla Costituzione, in questi ultimi cinquanta anni la società italiana si è andata progressivamente caratterizzando per il suo pluralismo. Da sempre il nostro Paese è ricco di tradizioni diverse, che tuttora si manifestano attraverso le mille espressioni delle culture locali; ma su questo terreno già così vario si sono poi sviluppati negli ultimi decenni associazioni, gruppi e, in generale, centri di riferimento di interessi attivi in tutti i campi possibili ed immaginabili. Anche il sistema amministrativo non poteva rimanere estraneo a queste vicende, tant'è che al pluralismo sociale corrisponde un pluralismo amministrativo altrettanto articolato e significativo. E' un sistema amministrativo complesso, caratterizzato da un accentuato plurimorfismo (cioè dalla varietà di modelli organizzativi) e pluricentrismo (cioè dalla varietà di centri di riferimento di interessi pubblici) che non sono altro che lo specchio del nostro pluralismo sociale: anche sotto questo profilo la nostra amministrazione (come tutte le amministrazioni) rispecchia, nel bene e nel 12 male, pregi e difetti della società di cui è parte ed al cui servizio è stata istituita. Ebbene, uno dei pregi della società italiana è proprio quello di essere piena di risorse, vivace, attiva, intraprendente, capace di affrontare ogni genere di ostacoli, ivi compresi quelli creati da una burocrazia che spesso sembra fare di tutto non per sostenere, ma per ostacolare il dispiegarsi di queste capacità. Rispecchiare questo aspetto della nostra società, essere in sintonia con essa, significa che l'amministrazione deve saper diventare uno dei "luoghi" in cui la varietà, le capacità, in una parola le risorse della società italiana possono manifestarsi, contribuendo alla soluzione dei problemi che riguardano tutti. Finora queste risorse sono state trascurate e sprecate perché i soggetti destinatari degli interventi pubblici non sono stati considerati come persone ma piuttosto come utenti, amministrati, assistiti, pazienti o, al massimo, "clienti". Il modello dell'amministrazione federata comporta invece, come s'è visto, un cambiamento radicale nell'impostazione dei rapporti fra cittadini ed amministrazioni, fondato sull'idea che il cittadino cui i soggetti pubblici rivolgono la propria attività non è un problema da risolvere bensì una persona che ha competenze, idee, tempo, energie e capacità che, opportunamente integrate con le risorse umane, organizzative, finanziarie, etc. dell'amministrazione in questione, possono essere determinanti al fine di garantire sia il soddisfacimento di esigenze individuali, sia la soluzione di problemi di interesse generale. Ciò è tanto più vero se si considera che, proprio perché la nostra è una società pluralista, è naturale che i soggetti che daranno vita ad esperienze di amministrazione condivisa saranno quasi sempre persone "situate", ovvero inserite a vario titolo e modo in una formazione sociale la cui presenza arricchisce, direttamente o indirettamente, il rapporto che si instaura con l'amministrazione. E' proprio nelle formazioni sociali, del resto, che la persona acquisisce molti di quei saperi sociali, di quelle capacità ed esperienze che possono consentire di instaurare quel rapporto paritario e reciprocamente utile che sta alla base del modello dell'amministrazione federata. 13 3.1. La co-amministrazione Come s'è accennato sopra, il modello dell'amministrazione condivisa può realizzarsi o per iniziativa dell'amministrazione, che autonomamente decide di uscire dal paradigma bipolare, oppure per iniziativa dei cittadini, che si attivano sulla base dell'art.118, u.c.. Nel primo caso, definito co-amministrazione, è l'amministrazione che, come si capirà meglio dagli esempi che seguono, sollecita i cittadini ad affrontare insieme un problema di interesse generale cui l'amministrazione da sola non può dare soluzione oppure può darla in maniera meno efficiente che non alleandosi con i cittadini. Come si è accennato, vi sono già nel nostro sistema amministrativo esperienze che costituiscono, spesso inconsapevolmente, esempi di applicazione del modello dell'amministrazione condivisa. 5 I casi in questione sono molto diversi fra loro quanto a rilevanza teorica e pratica, nonché dal punto di vista dei settori interessati. Inoltre, proprio perché la decisione di condividere le proprie risorse è una decisione del tutto autonoma, possono esservi gradi diversi di condivisione a seconda dei soggetti coinvolti, del tipo di intervento da attuare, del momento in cui l'esperienza di amministrazione condivisa si realizza, e così via, per cui anche il mix finale di risorse condivise è molto vario: in alcuni casi i cittadini che coamministrano mettono a disposizione una quantità minima di capacità, tempo, esperienze, etc., in altri invece il loro ruolo (sia individualmente sia associati) è cruciale ai fini della soluzione di un problema di interesse generale. Dall'analisi dei casi risulta anche che il modello in questione dà i migliori risultati proprio in quei settori (e non sono pochi) in cui la pubblica 14 amministrazione, per indurre un numero rilevante di soggetti a comportamenti conformi alla realizzazione dell'interesse generale, può fare un uso del potere molto limitato (o non può farne uso affatto). Si tratta di settori in cui l'imposizione di obblighi produce effetti solo se accompagnata da una intensa, capillare e costosa azione sanzionatoria delle eventuali inadempienze: ne sono un esempio la tutela ambientale, la gestione del traffico urbano, la sicurezza nei luoghi di lavoro e sulle strade, etc.. Oppure si tratta di settori in cui l'imposizione di obblighi per ottenere comportamenti conformi all'interesse generale non è nemmeno ipotizzabile, come nel caso della prevenzione sanitaria. In tutti i casi comunque il funzionamento dell'amministrazione condivisa dipende dall'autonomia e dal senso di responsabilità di tutti i soggetti coinvolti nel rapporto ma, soprattutto, dei cittadini. La disponibilità di questi ultimi a condividere con l'amministrazione parte delle proprie risorse e capacità dipende in altri termini da una loro autonoma assunzione di responsabilità rispetto ad un problema che deve essere percepito, grazie ad un'efficace comunicazione pubblica, come un problema che riguarda tutti, la cui soluzione dipende però essenzialmente da molteplici comportamenti privati. Passando ad alcune esperienze concrete si può notare come, sia pure con i limiti già individuati sopra trattando dei cittadini-clienti, molte amministrazioni erogatrici di servizi hanno imparato a considerare gli utenti dei servizi pubblici come soggetti in grado, se adeguatamente sollecitati, di fornire valutazioni, giudizi, suggerimenti, etc. sulla qualità dei servizi medesimi; e vi sono ormai diversi esempi, soprattutto a livello locale, di amministrazioni che con modalità varie chiedono ai propri utenti di valutare il servizio offerto e di formulare proposte di miglioramento. Si tratta certamente di un profilo particolare di quell'orientamento al cliente che, come s'è visto, rappresenta un'evoluzione recente nell'ambito del paradigma bipolare; ma questo modo di impostare il rapporto fra le amministrazioni erogatrici di servizi ed i destinatari dei servizi stessi può anche essere letto, in un'altra prospettiva, come un avvicinamento al modello 15 dell'amministrazione condivisa, in quanto vede nell'utente un soggetto dotato di conoscenze, esperienze ed in generale competenze di vario genere che possono essere utilizzate per migliorare l'efficienza e l'efficacia dei servizi pubblici nella loro configurazione tradizionale. Sviluppando ulteriormente questo tipo di impostazione si ha un ulteriore passaggio, consistente nel considerare gli utenti molto di più che non semplici (per quanto importanti) valutatori del servizio, ma addirittura possibili co-protagonisti nella gestione del servizio stesso. Un esempio di questo modo di applicare il modello dell'amministrazione condivisa riguarda in particolare le amministrazioni comunali ed è rappresentato dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani. E' una soluzione al problema della gestione dei rifiuti che soddisfa l'interesse generale ad uno smaltimento efficiente e rispettoso dell'ambiente, dunque è una soluzione ad un problema pubblico, ma non è una soluzione "pubblica" nel senso tradizionale del termine, perché non è il risultato unicamente dell'attività di un soggetto pubblico. In questo come in altri casi riguardanti problemi strutturali, di "sistema", il ruolo dell'amministrazione consiste nel risolvere il problema mobilitando le risorse pubbliche e private necessarie; nel caso specifico, l'amministrazione pubblica deve convincere migliaia di persone a differenziare i rifiuti presso la propria abitazione o luogo di lavoro. Per ottenere questo risultato, fondato sull'attivazione quotidiana di migliaia di cittadini, l'amministrazione può usare il potere, imponendo un certo comportamento e minacciando sanzioni per i casi di inadempienza; oppure (ed è di gran lunga il sistema più efficiente) può comunicare con i cittadini convincendoli, anche con incentivi economici, che quel particolare problema può essere risolto solo coamministrando, cioè mettendo ciascuno a disposizione una parte delle proprie capacità e risorse. Un altro settore in cui si potrebbe realizzare quell'alleanza fra amministrazione e cittadini in cui consiste l'amministrazione condivisa (ed in cui invece troppo poco si fa in tal senso) è quello della sanità, in cui la 16 soluzione del problema dipende in maniera evidente da un'autonoma assunzione di responsabilità da parte degli interessati. Come afferma la Costituzione, l'esigenza di "stare in salute" è un fondamentale diritto dell'individuo ma anche interesse della collettività (art.32, 1°c. Cost.). In genere la risposta a questa esigenza viene individuata nell'ottica del paradigma bipolare, dunque creando costose strutture sanitarie il cui ruolo nel far sì che le persone vivano a lungo e "stiano in salute" nel senso più pieno del termine è in realtà molto meno significativo di quanto non appaia.6 Invece, anche in questo settore si può far ricorso al modello dell'amministrazione condivisa per provocare in ogni cittadino un'autonoma assunzione di responsabilità circa la propria salute (per esempio rispettando alcune regole in materia di stili di vita, alimentazione, sport, fumo, bevande alcoliche, ambienti di vita e di lavoro e così via) e provocare al tempo stesso nell'amministrazione una speculare assunzione di responsabilità, spostando risorse dalla cura alla prevenzione. Il settore della sanità, che è uno di quelli in cui è più evidente la crisi dello Stato sociale, aiuta a comprendere come il modello dell'amministrazione condivisa possa contribuire anche a rendere meno drammatica la scarsità di risorse pubbliche per il funzionamento delle strutture tipiche del Welfare State. Nel caso della sanità, per esempio, questo modello fornisce un contributo indiretto al problema dei costi delle strutture sanitarie, in quanto attraverso la condivisione di responsabilità da parte dei cittadini nei confronti della propria salute (quella che comunemente si chiama prevenzione), si migliora lo stato di salute generale della popolazione evitando o riducendo il ricorso alle strutture sanitarie, ciò che consente un risparmio notevole di risorse pubbliche (per non parlare, evidentemente, delle sofferenze umane in tal modo evitate). 6 Fanno riflettere, a questo proposito, i dati riportati nella Relazione sullo stato del servizio sanitario della Provincia Autonoma di Trento per il 2000, secondo i quali la longevità dipende dai seguenti fattori: per il 50% dagli stili di vita, per il 20% dalla qualità dell'ambiente, ancora per il 20% dall'eredità genetica, ma solo per il 10% dalle cure sanitarie, cit. in L'Adige, 6 giugno 2002, pag.25. 17 In altri termini, il problema posto dalla crisi dello Stato sociale riguarda i costi crescenti di strutture pubbliche create per soddisfare diritti fondamentali come il diritto alla salute, all'istruzione, all'assistenza, alla mobilità, e così via; il modello dell'amministrazione condivisa fornisce una soluzione alternativa non tanto al problema dei costi delle strutture, quanto al problema originario, quello che ha dato luogo alla creazione stessa di tali strutture, ovvero il problema di come garantire il diritto alla salute, all'assistenza, etc.. Nella logica dell'amministrazione condivisa si parte dal problema e si cerca una soluzione nuova, che consenta di attivare risorse presenti nella società, piuttosto che risorse pubbliche; così facendo si riduce il peso che grava sulle strutture tradizionalmente deputate a fornire risposte al problema in questione e, spesso, si realizzano soluzioni qualitativamente migliori. 3.2. L'amministrazione della sussidiarietà L'altra modalità di realizzazione del modello dell'amministrazione condivisa, quella definita amministrazione della sussidiarietà, si fonda invece sull'autonoma iniziativa dei cittadini, che si attivano per realizzare attività di interesse generale, secondo quanto previsto dall'art.118, u.c. Cost. ("Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà").7 L'art.118, u.c. dipende dunque per la sua attuazione non dalle istituzioni, ma dai cittadini; spetta ad essi assumere l'autonoma iniziativa nell'interesse generale che costituisce il nucleo essenziale della disposizione. Tradizionalmente, secondo lo schema bipolare, il flusso del potere, delle. 18 informazioni, delle decisioni va dalle amministrazioni verso i cittadini; in questo caso invece il flusso si inverte, il potere di iniziativa ce l'hanno i cittadini perché dipende da loro, non dalle amministrazioni, realizzare esperienze di amministrazione condivisa fondate sul principio di sussidiarietà orizzontale. Dal punto di vista delle amministrazioni, però, l'inserimento nel nostro ordinamento del principio di sussidiarietà orizzontale consente di ampliare la gamma degli strumenti utilizzabili per la realizzazione della missione affidata loro dalla Costituzione all'art.3, 2°c.. Finora si poteva ritenere che solo i poteri pubblici potessero provvedere in tal senso, direttamente o attraverso l'azione di privati agenti nell'ambito di un rapporto di strumentalità nei confronti delle pubbliche amministrazioni; ora invece, grazie al principio di sussidiarietà orizzontale, la Repubblica ha trovato degli alleati che si assumono autonomamente l'onere di contribuire al difficile compito di creare le condizioni per la piena realizzazione di ciascuno, quegli stessi cittadini del cui pieno sviluppo la Repubblica deve appunto, secondo l'art.3, 2° c., farsi carico. I poteri pubblici, secondo l'art.118, u.c., devono favorire le autonome iniziative dei cittadini quando esse sono nell'interesse generale; ma la creazione delle condizioni per la piena realizzazione di ciascuna persona umana è sicuramente nell'interesse generale. Favorendo tali iniziative, pertanto, la Repubblica persegue, sia pure con strumenti diversi da quelli tradizionali ed in collaborazione con i cittadini stessi, la missione affidatale dall'art.3, 2°c. Cost.. Il principio di sussidiarietà orizzontale nell'accezione di cui all'art.118, u.c. Cost., tanto più se messo in relazione con l'art.3, 2°c., non postula dunque in alcun modo un "ritrarsi" dei soggetti pubblici di fronte all'autonoma iniziativa dei cittadini nell'interesse generale, anzi, al contrario, richiede un loro ulteriore attivarsi, in quanto permane pur sempre in capo a tali soggetti l'onere di realizzare la missione loro affidata dall'art.3, 2°c.; cambiano gli strumenti e le modalità di intervento, non la missione. L'interesse generale diventa allora il ponte che unisce l'art.3, 2°c. e l'art.118, u.c., i soggetti pubblici ed i cittadini: in un caso tale interesse è perseguito direttamente dai soggetti pubblici, in un altro dai cittadini ma sostenuti dai soggetti pubblici, in un rapporto "sussidiario" nel senso più 19 letterale del termine, in quanto è un rapporto di reciproca collaborazione e aiuto per il raggiungimento di un obiettivo comune. Ma ci sono anche altri "ponti", per così dire, che uniscono l'art.118, u.c. ed i primi articoli della Costituzione in materia di princìpi fondamentali. Uno è rappresentato dall'art.2, già citato, che "richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale"; un altro dall'art. 4, che al primo comma riconosce il diritto al lavoro, mentre il secondo comma dispone che "Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società". Il principio di sussidiarietà orizzontale da un lato apre nuovi spazi per la realizzazione di quanto previsto da entrambe queste disposizioni, dall'altro trova in esse un'ulteriore legittimazione, in particolare per quanto riguarda la maggiore cogenza del dovere dei poteri pubblici di "favorire" le autonome iniziative dei cittadini. Se infatti tali iniziative sono uno dei modi con cui i cittadini possono adempiere sia ai "doveri inderogabili di solidarietà", sia al "dovere di svolgere ... un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società", sarebbe inaccettabile che i soggetti pubblici non li sostenessero o peggio ancora li ostacolassero, tanto più tenendo conto che le iniziative autonome dei cittadini di cui all'art.118, u.c. in fondo non sono altro che una manifestazione di sovranità popolare, sia pure in forme e con strumenti inediti.
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