Licenziato
senza giusta causa e reintegrato nel posto di lavoro grazie all'articolo
18. La storia di Orazio Galasso, 56 anni, rappresentante della Rsu Cgil, è
ormai il simbolo della lotta casertana per il si al referendum del 15 e 16
giugno prossimi. La sua vicenda racconta nel modo più chiaro ed efficace
possibile a cosa serve la tutela dell'articolo 18. Non a caso Galasso è
divenuto quasi automaticamente il portavoce del comitato provinciale per
il "si" al referendum.
Una storia, quella di Orazio, che comincia nell'ottobre dello scorso
anno, nei locali dell'impianto Stoppani Sud, nella Marcianise industriale
del sud casertano. Galasso informa il capo dello stabilimento che nel
piazzale antistante l'impianto esistono tremila pedane e piccole quantità
di Salcromo M33 e lo invita a rimuoverle e a posizionarle al coperto per
la sicurezza degli operai e della comunità cittadina. Dopo una settimana,
il 22 ottobre, gli uomini dell'arma dei Carabinieri effettuano un blitz
che porta al sequestro proprio di quel materiale. Galasso è chiamato dai
carabinieri per fornire spiegazioni. Il 5 febbraio scorso gli viene
improvvisamente notificata la lettera di licenziamento nella quale
l'azienda annuncia di valutare in seguito eventuali azioni per i danni
economici subiti.
Una decisione che ovviamente fa rumore e mobilita ben presto le
coscienze dei partiti politici e delle istituzioni. Il consiglio comunale
di Marcianise approva a maggioranza un documento di solidarietà al
lavoratore licenziato per aver esercitato il suo diritto alla parola
mentre il comitato per il "si" fa subito di Orazio il suo vessillo. Il 3
marzo il lavoratore deposita ricorso ex articolo 700 cpc: chiede il
reintegro nel posto di lavoro deducendo, tra l'altro, la mancanza di
immediatezza della contestazione degli addebiti, e rivendica il carattere
non diffamatorio delle dichiarazioni rilasciate all'Arma. Sul fronte
opposto la ditta gli contesta, invece, il venir meno del rapporto di
fiducia «tra lavoratore ed organizzazione aziendale» e denuncia il «grave
danno all'immagine subito». Le frasi contestate ad Orazio? «La ditta
Stoppani si occupa di riciclare materiale di rifiuto salcromo e possono
esserci problemi di salute per la rottura dei sacchetti contenenti tale
materiale di rifiuto del processo produttivo». Il giudice ha dato però
ragione a Galasso. «Non sembra ravvisarsi un criterio di proporzionalità -
recita la sentenza - tra affermazioni non oggettivamente diffamatorie (in
quanto non rese ad organi di stampa ma a carabinieri in corso di indagini)
e di contenuto non ben chiarito, e l'asserito danno all'immagine e
l'irrogazione di una sanzione così grave». Orazio Galasso, ha stabilito il
giudice del lavoro, deve essere reintegrato nel suo posto di lavoro.
«La prima battaglia è vinta e, grazie alla tutela garantita dall'art.
18, ci sono buoni motivi per credere che anche in sede definitiva venga
confermata l'illegittimità del licenziamento», ha commentato Enrico Milani
nella duplice veste di avvocato che lo ha difeso e di segretario
provinciale di Rifondazione Comunista. «Il lavoratore Orazio Galasso - ha
aggiunto - è stato vittima di un licenziamento assurdo e fuori da ogni
logica; unica sua colpa quella "aver osato" esprimere la propria
preoccupazione ai Carabinieri della stazione di Marcianise, che in quel
giorno si trovavano all'interno della Stoppani Sud, per accertamenti sulla
presenza di materiali potenzialmente inquinanti se lasciati, come in quel
caso, all'aperto. Crediamo fermamente che questa battaglia per
l'estensione dell'art. 18, oggi più che mai, debba continuamente ricordare
a tutti che la democrazia non può fermarsi fuori dalle fabbriche, perché i
diritti non possono prescindere da nessun numero arbitrariamente
individuato». Anche il responsabile provinciale lavoro di Rifondazione,
Renato Delle Femmine ha salutato con soddisfazione il reintegro di Orazio:
«Grazie a questo risultato oggi l'articolo 18 diventa una scelta di
civiltà e di forte indicazione nel mondo del lavoro verso chi pensa che la
precarizzazione rappresenti un segno di giustizia e di civiltà. Il
risultato è oltremodo contro corrente rispetto all'imbarbarimento di
questo Governo».
Antonella Palermo
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