inflazione e riforma degli indicatori
- Subject: inflazione e riforma degli indicatori
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Mon, 16 Jun 2003 06:57:40 +0200
1 ALDO CARRA *INFLAZIONE: DOPO TANTE POLEMICHE SI IMPONE UNA RIORGANIZZAZIONE DEGLI INDICATORI DI IMPATTO DELL'INFLAZIONE Premessa Le azioni di policy, in una fase di scarsa crescita dei redditi soprattutto da lavoro e da pensione, non possono non tener conto degli effetti dell'inflazione sulla disponibilità delle famiglie. L'esigenza di conoscere questi effetti si è fatta, nell'ultimo anno, più forte che nel passato perché i consumatori hanno percepito un’inflazione molto più elevata di quella registrata dall'ISTAT e questa percezione ha influito su quantità e struttura dei consumi. Perché questo scarto? E' vero che la percezione è sicuramente influenzata da fattori soggettivi che la amplificano, ma è anche vero che l'inflazione rilevata ha alcune distorsioni e si è dimostrato che esse producono effetti in un’unica direzione: sottostimarne la dinamica mensile, soprattutto nei periodi di accelerazione. Quindi, se l'inflazione percepita è più elevata di quella reale, quella rilevata è quasi certamente più bassa. Ma, soprattutto, è ancora sufficiente misurare l'inflazione come si fa attualmente? In una recente ricerca sulla rilevazione dei prezzi, condotta con IRES-CGIL ed ICU, sono emerse diverse criticità dalle quali sono scaturite precise proposte. Occorre misurare l'impatto dell'inflazione sulle famiglie, tenendo conto delle diverse tipologie di reddito e della condizione socio familiare. Ciò è indispensabile sia per costruire interventi di policy in grado di tutelare le fasce di reddito più deboli, sia per intervenire sui meccanismi di formazione dei prezzi. * Ricercatore IRES2 1. L'euroinflazione L'inizio del 2000 è stato caratterizzato da una accelerazione dell'inflazione, dopo il rallentamento del 2001 ed in coincidenza con l'entrata in vigore dell'euro. L'Eurostat ha calcolato che, nei primi sei mesi del 2002, l'effetto changeover ha influito per uno 0,2 in Europa e recentemente, per l'Italia, il governatore Fazio ha parlato di un effetto pari allo 0,5%. Ma, la percezione dei consumatori è andata ben oltre. La stessa Banca Centrale Europea ha denunciato l'esistenza, in tutti i paesi dell'area euro, di un ampio divario tra inflazione percepita ed inflazione rilevata e questa tesi è stata condivisa da tanti studiosi che ritengono che i dati ufficiali sottostimano sistematicamente il tasso di inflazione. In realtà, non sono state fatte indagini rigorose per misurare l'inflazione percepita. Resta però il fatto che tutte le valutazioni concordano nell'indicare un’inflazione percepita pressoché doppia di quella rilevata e che mai in passato si era registrato uno scarto così rilevante. Una prima spiegazione della dimensione così clamorosa è data dal fatto che i consumatori hanno avvertito, nel momento del passaggio all'euro, consistenti incrementi e che, al contrario, lo scalino avvertito non ha trovato sufficiente riscontro nei dati delle rilevazioni che man mano venivano resi noti. In Italia, addirittura, a Gennaio, l'inflazione è cresciuta meno rispetto alla media europea. Il grafico che segue mostra come l'inflazione italiana sia costantemente superiore a quella media europea. Ma, quando quest'ultima raggiunge le Variaz. Perc. dic 01 su nov 01 gen 02 su dic 01 feb 02 su gen 01 mar 02 su feb 01 mar 02 su nov 01 Italia 0,1% 0,4% 0,3% 0,3% 1,1%Francia 0,1% 0,5% 0,1% 0,5% 1,1%Germania 0,1% 0,9% 0,3% 0,2% 1,5%PREZZI AL CONSUMO (DATI ARMONIZZATI) 3 punte massime, l'inflazione italiana sembra appiattirsi come se ci fosse un effetto frenante, di perequazione, quando ci sono impennate. Questo fenomeno collima con i risultati della ricerca: ci sono nella rilevazione ISTAT criticità strutturali che ne rallentano la dinamica proprio nelle fasi di maggiore accelerazione. 2. L'inflazione percepita L'inflazione percepita dalle persone, proprio per la componente implicita di "soggettività" e di "sensazione", incorpora alcune distorsioni. Una prima riguarda l'orizzonte temporale. L’inflazione rilevata mostra l'aumento intervenuto rispetto a 12 mesi prima, cioè l'aumento tendenziale; il vissuto dei consumatori ha una memoria storica temporalmente più limitata (tre o quattro mesi) ed è fortemente influenzato dalla "velocità di corsa", cioè dall'intensità dell'accelerazione del fenomeno inflattivo. 1,5 1,7 1,9 2,1 2,3 2,5 2,7 2,9 3,1 3,3 3,5 Italia Area euro gen 2002 gen 2001 4 Una seconda distorsione è connessa alla "linearità" della crescita. Un aumento dei prezzi lineare, lento e progressivo, che dopo dodici mesi si traduca in prezzi più elevati del 3% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, quasi non viene percepito. Un aumento improvviso del 3%, seguito da una stabilizzazione, anche se in un anno produce lo stesso effetto, viene immediatamente percepito e nel vissuto soggettivo si amplifica, anche a causa della preoccupazione che l’impennata possa ripetersi. Lo "scalino" dell’euro ha certamente prodotto questo effetto. Una terza distorsione nella percezione è data dalla frequenza d’acquisto dei prodotti, quasi a prescindere dal loro valore. Se il prezzo dei beni di uso quotidiano, spesso di scarso valore, non aumenta e cresce, invece, quello dei beni di uso meno frequente (auto, mobili, alberghi..), la percezione dell’inflazione è "debole". Se, invece, avviene il contrario la percezione è "forte". Ad inizio 2002 sono aumentati i prezzi di frutta, ortaggi, caffè, giornali ed il consumatore è stato ed è ancora sottoposto ad una dose quotidiana di aumenti ed alla giornaliera constatazione che i beni che compra abitualmente costano di più rispetto all’ultima volta che lo ha fatto. Questo "stress da inflazione" si è intrecciato con lo "stress da euro", facendo diventare azioni quotidiane, piacevoli e rilassanti come prendere un caffè ed un giornale, "stressanti". Questi prodotti a basso valore unitario ma ad acquisto ricorrente, hanno subito forti aumenti Poiché si tratta di prodotti di uso quotidiano è chiaro che questi aumenti hanno una forte valenza psicologica e tendono ad amplificare la sensazione di aumenti generalizzati nei prezzi. Per questi motivi, è chiaro che l'inflazione percepita non può essere assunta a riferimento rigoroso per decidere se l'inflazione rilevata è errata o fortemente sottovalutata. Ma questo non ci esime dal cogliere il messaggio che ne scaturisce: è evidente, infatti, che le informazioni che vengono fornite non rispondono all'esigenza dei consumatori di trovare nei dati ufficiali il riscontro di quanto percepito e vissuto. 5 3. L’inflazione rilevataI consumatori - cittadini, come è noto, si trovano di fronte informazioni diverse sullo stesso fenomeno: da un lato perché, oltre all'indice generale dei prezzi al consumo, ci sono altri due indicatori ufficiali come l'indice dei prezzi delle famiglie di impiegati ed operai (sempre fornito dall'ISTAT) e l'indice armonizzato con i prezzi europei, elaborato dall'Unione Europea con gli stessi dati elementari rilevati dall'ISTAT; dall'altro lato, perché, a fine anno, quando vengono completati i conti economici, viene fornito un altro indice che è quello dei prezzi impliciti nei consumi nazionali. Quest'ultimo indice, come si vede nella tavola seguente, è sempre anche di poco superiore agli altri tre. Rispecchiando i consumi effettivi delle persone e tenendo conto dei cambiamenti dei prodotti sul mercato, anche questo scarto è fonte di convinzione che l'inflazione rilevata sia più bassa di quella reale. I diversi indicatori dell'inflazione Il 2002 non è stato inserito perché non si conoscono ancora i dati del deflatore dei consumi L'esistenza di ben quattro indicatori per uno stesso fenomeno dimostra, già di per sé come, nel caso della misurazione dell'inflazione, siamo di fronte ad un indicatore complesso che può essere costruito con criteri e metodologie 1996 1997 1998 1999 2000 2001 INDICE PREZZI AL CONSUMO 4,0 2,0 2,0 1,7 2,5 2,7INDICE FAMIFLIE IMPIEGATI ED OPERAI 3,9 1,7 1,8 1,6 2,6 2,7INDICE ARMONIZZATO EURO 4,0 1,9 2,0 1,7 2,6 2,7DEFLATORE CONSUMI FAMIGLIE 4,4 2,2 2,1 2,1 2,8 2,96 diverse secondo l'obiettivo che si vuole raggiungere ed il punto di vista che si vuole rappresentare. Ma, paradossalmente, questa grande varietà da un lato sembra eccessiva e può generare solo confusione o strumentalizzazione. Basti pensare in quanti casi in questi mesi la maggior crescita dell'indice armonizzato è stata usata per dire che quello dell'ISTAT era sottostimato, mentre, in realtà, i due indici sono calcolati con gli stessi dati di base rilevati dall'ISTAT, ma sono solo aggregati diversamente. Dall'altro lato, colmo del paradosso, questa molteplicità non soddisfa tutti perché non riesce a rappresentare la ricca articolazione delle situazioni reali che producono la percezione, o meglio le diverse percezioni. Questa constatazione induce a pensare a due tipi di intervento. a) uno interno alla attuale struttura di indicatori e volto a migliorarne la qualità e sintetizzato nella parte finale di questo paper con 8 precise proposte. b) un altro, più radicale, mirato ad una vera e propria riscrittura degli indicatori dell' inflazione. E' quello che proverò a mettere al centro di questo paper. Penso, infatti che proprio l'ampiezza ed anche l'asprezza del dibattito che si è dispiegato sull'inflazione in questi mesi, impongono un qualcosa di più dei semplici aggiustamenti, forse, una riorganizzazione strutturale e più profonda degli strumenti statistici che misurano l'inflazione, per fornire indicazioni utili alla politica economica e sociale e per rispondere alle variegate esigenze dei consumatori. 7 4. Una nuova struttura di indicatoriPer riconfigurare un nuovo set di indicatori capace di rispondere a questo insieme variegato di esigenze è necessario definire quali sono gli obiettivi, per perseguire i quali, la statistica deve fornire gli strumenti conoscitivi adeguati. Una prima schematizzazione può essere la seguente: 1. poter prendere misure di politica economica per intervenire sia sui prezzi che sulla produzione (monitoraggi, misure per calmierare…) 2. disporre di un indicatore da utilizzare come dato ufficiale - con valore legale per operazioni quali adeguamento automatico degli affitti, rivalutazioni legali. 3. poter prendere misure di carattere sociale a sostegno di fasce di reddito deboli e particolarmente colpite dagli aumenti dei prezzi . Per rispondere al 1° ed al 2° obiettivo sono sufficienti due indicatori: quello armonizzato mensile e quello implicito annuale; Per rispondere al 3° non sono sufficienti, né l'attuale indice dei prezzi al consumo, né quello per famiglie di operai ed impiegati. Ci si potrebbe, quindi, orientare per consolidare sia l'indice armonizzato europeo - assumendolo anche per la rivalutazione monetaria e gli affitti e, per tutto quanto richieda un indice "ufficiale con valore legale"-, sia quello implicito nei consumi - che riflette il vero incremento dei prezzi incorporato e prodotto dall'effetto congiunto delle variazioni quantitative e di quelle di qualità dei prodotti consumati. Essi rispondono bene rispettivamente al 1° ed al 2° obiettivo. Per il 3° obiettivo, invece, bisogna pensare a costruire nuovi indicatori anche come strumento di supporto per più efficaci misure di politica economica . 8 Si potrebbe, qui, pensare ad un set articolato che incorpori più pienamente le tante informazioni implicite nella rilevazione dei consumi delle famiglie. Il primo problema che si pone è, quindi, sempre dando per acquisiti i due indici - armonizzato ed implicito - che hanno valore generale, di discutere dell'opportunità che, in questo set di indicatori specifici di impatto. si applichi un concetto di consumi più vicino alla percezione delle persone e più in grado di spiegare i comportamenti dei consumatori. L'inclusione, oggi, nell'indice dei consumi di beni come auto ed elettrodomestici che gran parte delle persone acquista ogni cinque-dieci anni, o di mobili che molti acquistano una o due volte nella vita, risponde sì al concetto di consumo da un punto di vista macro-economico (quadratura del conto economico tra produzione-consumi-investimenti), ma non al concetto di consumo delle famiglie. Per esse, infatti, l'acquisto dell'auto o di mobili od elettrodomestici, è acquisto di un bene durevole, pluriennale, vissuto più come un investimento che come un consumo. Non solo, ma nel vissuto quotidiano, il fatto che il prezzo di quei beni in un dato periodo aumenti o diminuisca, è percepito solo da chi, in quello stesso periodo, acquista quei beni. In sostanza, ci sono spese consistenti (casa, trasporti con auto ed assicurazione) che fanno differenza secondo se la famiglia le sostiene; ci sono, poi, spese pluriennali, di investimento, che poco hanno a che fare con la percezione dell'inflazione e col concetto di consumo dal punto di vista del consumatore. 9 Pertanto, occorrerebbe costruire indicatori di impatto dell'inflazione che distinguano le spese quotidiane, le spese per l'affitto, quelle per mettere su casa, quelle per comprare un'auto ed usarla. E' su questa idea che, penso, sarebbe utile nel sito della Fondazione avere un confronto dal quale possa scaturire una proposta di riordino da sottoporre al vaglio di esperti, economisti, politici. 5. Sintesi della ricercaL'analisi dettagliata della attuale rilevazione ha mostrato diverse criticità. Esse sono raggruppabili in due aree: 1. Qualità della rilevazione comunale 2. Scelte di rilevazione e metodologiche compiute dall'ISTAT 1. Qualità della rilevazione comunale 1.1) Mancata rilevazione strutturale. La rilevazione dovrebbe riguardare tutti i capoluoghi di provincia, ma, in realtà un numero significativo di comuni non effettua per niente la rilevazione. Si tratta di 30 comuni capoluogo nelle cui province risiedono quasi 11 milioni di abitanti. L’influenza di questa grave carenza sull’andamento dell’inflazione non può essere stimata a-priori. Rappresentando, l’indice dell’inflazione, un andamento nel tempo è chiaro che l’assenza di una parte di comuni di per sé non significa che la misurazione è sistematicamente falsata in una unica direzione. Se, infatti, 10 l’andamento reale dell’inflazione nei comuni mancanti fosse identico a quello dei comuni rispondenti, il risultato complessivo non cambierebbe. Ma è anche vero che, non essendo questa rilevazione di carattere campionario, l’assenza di un numero così significativo di comuni certamente influisce sulla rappresentatività e sulla rispondenza dei risultati alla realtà nel suo complesso soprattutto perchè quasi tutti i comuni mancanti sono collocati nel Sud e la popolazione non rappresentata raggiunge il 33% della popolazione meridionale. Recentemente l'ISTAT ha annunciato che altri quattro comuni faranno la rilevazione a partire dal 2003, ma nessuno di essi è collocato al sud. Una mancata rilevazione, così consistente e così concentrata, pone, quindi, un serio problema rispetto all’organizzazione di questa importante rilevazione. Tanto più che, come si vedrà di seguito, nel Sud, non solo è tanto consistente il numero dei capoluoghi che non effettuano per niente la rilevazione, ma è anche più diffuso il sospetto che nei comuni in cui l'indagine viene svolta, sono rilevanti i casi di dati ripetuti e, quindi, il sospetto che alcuni rilevatori non la effettuano periodicamente. Una rivisitazione del meccanismo,perciò, si impone: o si trova un modo per convincere/incentivare tutti i capoluoghi a farla o l'ISTAT si impegna direttamente con propri rilevatori, oppure si riducono, con criteri metodologici adeguati, i comuni su cui si basa la rilevazione. 1.2) Mancata rilevazione periodica .Tra i comuni che non effettuano per niente la rilevazione, ed alcune situazioni di eccellenza, costituite da comuni, come ad esempio Milano, che rendono disponibili sul sito Internet addirittura le singole quotazioni mensili dei singoli prodotti rilevati, si colloca una fascia di comuni sulla quale è lecito nutrire dubbi sul fatto che le rilevazioni siano fatte con la dovuta accuratezza. 11 Si tratta di alcuni comuni nei quali è evidente che molti prezzi vengano ripetuti per più mesi, alimentando il sospetto che la rilevazione non sia compiuta diligentemente tutti i mesi. Con ciò non si vuol dire che in tutti i casi di prezzi che si ripetono, la rilevazione non viene fatta, ma, se ordinando i comuni per numero di ripetizioni, si scopre che ci sono comuni nei quali i dati ripetuti sono sistematicamente di tre-quattro volte superiori a quelli dei comuni con minori ripetizioni, il sospetto non appare infondato. L’importanza di questo fenomeno è indiscutibile. Ripetere per due, tre, quattro mesi il prezzo di un prodotto che , invece, ha subìto aumenti, significa produrre una sottostima della crescita dell’inflazione. E' vero, infatti, che un prezzo non rilevato per alcuni mesi, quando poi viene rilevato riporta il livello dell’indice all’altezza giusta, ma è anche vero che: 1) per i mesi ripetuti l’inflazione misurata è stata inferiore a quella reale e questo incide, a fine anno, sul tasso medio di inflazione dell’anno; 2) se si alternano nei diversi mesi i casi di ripetizione dei prezzi, l’indice risulta permanentemente sottovalutato. E’ poi vero che se l’indice è costantemente sottovalutato la dinamica tra un anno ed il successivo non risulta falsata, ma è anche vero che risulta rallentata la dinamica complessiva e si altera il profilo mensile dell'indice. Il fenomeno, perciò, richiede un attento monitoraggio e, se necessario, l'esclusione dei dati che si sospetta siano trascinati dal mese precedente a quello successivo. 1.3) Sistema di selezione dei rilevatori Il fenomeno prima rilevato deriva dal fatto che pochi comuni dispongono della qualità e delle risorse necessarie per realizzare una rilevazione così complessa e che spesso essi vivono la rilevazione come un incombenza burocratica. E' necessario, perciò, che si crei una rete di rilevatori ISTAT, cosa già sperimentata per altre rilevazioni, sia per effettuare, dove 12 necessario, la rilevazione, sia per coordinare e controllare le rilevazioni dei comuni. 2. Metodologie adottate 2.1) Rilevazioni trimestrali Molti prodotti (il 22% del paniere) vengono rilevati trimestralmente. L'effetto di questa scelta può soltanto produrre l' effetto di attenuare il tasso di inflazione calcolato rispetto a quello reale, perché produce l'effetto scalino (due mesi uguale il terzo salita) invece dell'effetto salita lineare e continua. E’ vero che essa non influenza il tasso tendenziale perché quando al terzo mese si fa l'aggiornamento l'indice si ricolloca al livello giusto, ma,, nei mesi di mancato aggiornamento, si ha una sottovalutazione del livello dell'indice. 2.2) Stagionalità. Quello della stagionalità è uno degli aspetti critici più rilevanti dell'indice dei prezzi: si tratta del fenomeno della mancata stagionalità nel senso che il sistema di ponderazione, che pure in Italia viene rivisitato ogni anno, è un sistema annuale, cioè attribuisce ai prodotti lo stesso peso in tutti i mesi dell'anno. Si tratta come è evidente di un limite e di una causa non irrilevante dello scarto tra inflazione percepita e rilevata. Estremizzando il concetto si può ipotizzare che ad inizio anno aumentino molto i prodotti invernali e rimangano stazionari (anche perché non rilevati) i prodotti estivi. Poiché i prodotti invernali pesano ad inizio anno meno del reale (perché il loro peso è spalmato nell'anno) ed i prodotti estivi pesano più del reale (per lo stesso motivo) ne risulterà che l'indice generale sarà sottovalutato rispetto a quello reale e percepito. Lo stesso fenomeno si ripeterà in estate. 13 L'introduzione di un sistema di ponderazione differenziato per mese o per trimestre, pertanto, si impone. Essa richiede elementi di conoscenza dei consumi mensili o trimestrali delle famiglie che l'Istat non dovrebbe avere difficoltà a costruire utilizzando l'apposita indagine. Anche in questo caso viene avanzata l'obiezione che poiché la stagionalità c'è sempre, ciò non incide sul tasso tendenziale; ma anche in questo caso si può replicare, osservando che, intanto, viene alterato il profilo dell'indice, in secondo luogo quando il tasso di inflazione è crescente, la mancata stagionalizzazione produce attenuazione. 2.3) Ripetizione dati precedenti. Il fenomeno della ripetizione dei dati precedenti prima esaminato come effetto di scarsa diligenza di comuni e rilevatori ha una dimensione più ampia. E' l'Istat stesso a dichiarare che tra le metodologie di elaborazione dei dati adottate rientra quella di provvedere, nei casi di assenza di dati per mancata comunicazione-rilevazione da parte del comune, imputando i dati registrati nel mese precedente. Anche in questo caso va sottolineato che le scelte operate producono un effetto distorcente in una unica direzione: attenuare la dinamica dell'inflazione. Sarebbe opportuno, perciò, introdurre algoritmi che scelgano, quantomeno, i tassi medi di crescita di prodotti analoghi o di province vicine, o escludere temporaneamente dall'indice il prezzo ed il peso dei prodotti mancanti. 2.4) Scelte relative al peso dei prodotti ed al paniere Il modo in cui sono calcolati i pesi ed i prezzi di alcuni prodotti e la definizione di un unico indice nel quale nessuno riesce a riconoscersi sono la causa principale delle critiche che piovono sull'ISTAT. Basti ricordare alcuni esempi: l' assicurazione auto è calcolata al netto dei rimborsi e pesa così per lo 0,4% mentre nei bilanci di famiglia pesa per 14 2,5%; l'affitto ha un peso ridotto del 3% per tener conto dei tanti che hanno casa di proprietà e ciò rende l'indice poco significativo sia per chi ha casa che per chi non ce l'ha; le medicine sono calcolate a prezzo pieno invece che al prezzo effettivamente pagato come si fa per l'indice armonizzato. L'importanza del problema pesi è aumentata per due motivi: - perché, nel 2002, si sono registrate variazioni nei prezzi fortemente differenziate che vanno dal +14% dei giornali e dal +13% di ortaggi e legumi freschi al -10,7% dei materiali per il trattamento delle informazioni; - perché, in alcuni casi, si è verificato un intreccio perverso di effetto peso ed effetto prezzo: così è stato per i medicinali per i quali i prezzi risultano diminuiti del -2,2%, cioè meno del prezzo reale a carico dei malati, ma che pesano più del reale (2,8% il doppio di quanto dicono i bilanci di famiglia) e per le assicurazioni auto che sono aumentate del 9,4%, ma che pesano molto meno del reale. E ' chiaro che, in presenza di fenomeni così clamorosi, si possono avere variazioni profondamente diverse secondo il modello di consumi che caratterizza una famiglia. Una semplice simulazione effettuata operando sui dati ISTAT, aumentando o diminuendo il peso di alcuni prodotti per adattarli ad alcune tipologie di famiglie, mostra come l'inflazione possa variare da un +2% per una famiglia con reddito più elevato e consumi più sofisticati ad oltre il 4% per una famiglia con reddito basso.Ciò significa che questa inflazione ha prodotto una forte redistribuzione del reddito a danno delle fasce medio basse e questo è un dato che è obbligatorio conoscere, bene e periodicamente, anche per attivare le necessarie misure sociali. Questa situazione rende improcrastinabile l'esigenza di costruire indicatori differenziati per tipologie di famiglie da aggiungere-affiancare all'indice generale incrociando fasce di reddito e tipologie di famiglie con differenti strutture dei consumi. 15 2.5) Criteri di aggregazione e presentazione dei dati L’ISTAT presenta i dati con diversi livelli di aggregazione, associando i singoli prodotti a gruppi di voci di spesa (alimentari, abbigliamento..). Come si è detto, nella percezione delle persone, non conta tanto se crescono gli alimentari o le spese ricreative, ma se crescono o no le spese quotidiane (frutta e verdura, pane e pasta, caffè e giornali..) o quelle stagionali ( libri scolastici, vacanze..) o quelle straordinarie pluriennali ( auto, mobili..). E nella percezione, al di là dei valori di spesa, le prime influiscono più delle seconde, e le seconde più delle terze. Sarebbe, perciò, il caso di elaborare indicatori che rispecchino queste tipologie di spesa. Se, ad esempio, si dicesse che le spese quotidiane sono aumentate del 4,7% (cosa che si ottiene aggregando voci di capitoli diversi come ortaggi, frutta, caffè, giornali, cinema..),mentre le spese a frequenza settimanale sono aumentate del 3,1% e quelle a più lunga frequenza del 2,3% la distanza tra inflazione percepita ed inflazione registrata si accorcerebbe ed i consumatori sentirebbero una maggiore sintonia tra la loro percezione e la misurazione statistica. La proposta che si avanza, quindi, è di aggiungere alla tradizionale classificazione dei prodotti nuove aggregazione delle voci di spesa che meglio corrispondano alla percezione delle persone. Aggregare le voci relative alle spese quotidiane e ricorrenti, alle spese stagionali invernali ed estive, a quelle straordinarie pluriennali sarebbe certamente un primo utile passo nella direzione di rendere i dati rilevati più leggibili e più vicini al modo in cui i consumatori li percepiscono. |
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