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microbiologia: sussurri di batteri
- Subject: microbiologia: sussurri di batteri
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 12 Jun 2003 06:46:29 +0200
da boiler.it giornale di scienza, innovazione e ambiente 19.05.2003 BIOLOGIA Sussurri di batteri di STEVE SILBERMAN . In mare come allo scrutinio di un referendum... . I batteri, «creature straordinarie» . Da ricerche isolate a fiume in piena . La regina della microbiologia BONNIE BASSLER è una bella quarantenne iperattiva. Alle conferenze spesso la scambiano per una laureanda. Cinque mattine a settimana, percorre due chilometri a piedi per arrivare alla Ymca locale e tenere il suo corso di aerobica. Quando un rappresentante della MacArthur Foundation, l'autunno scorso, le ha telefonato chiedendole timidamente se conosceva qualcuno che meritasse il riconoscimento della fondazione, nota nel mondo per premiare le menti più geniali, lei ha risposto: «Mi dispiace, ma non frequento persone di così alto livello». Il succo della chiamata, ovviamente, era che la Bassler - professore associato di biologia molecolare a Princeton - è lei stessa un genio unanimamente riconosciuto. Più di dieci anni fa, si è messa a studiare un fenomeno che i suoi colleghi ritenevano di nessuna importanza: la comunicazione batterica. Ora si ritrova in prima linea in una rivoluzione scientifica di portata epocale. L'idea che i microrganismi abbiano qualcosa da dirsi è una novità assoluta. Per oltre un secolo, le cellule batteriche sono state considerate organismi egoisti e opportunisti, poco più che semplici dispositivi votati all'autoriproduzione. Proliferavano nelle piante e nei tessuti animali, nei ghiacci polari e nei crateri vulcanici, negli additivi della benzina e nelle radiazioni: esseri estremamente adattabili ma dalla vita, in fin dei conti, noiosa. L'«unico scopo» di un batterio - scriveva il genetista François Jacob nel 1973 - è «quello di generare due batteri». Le ultime ricerche, invece, suggeriscono l'ipotesi che l'esistenza dei microrganismi sia molto più articolata: ad alta gradazione sociale, fatta di continue relazioni, insomma un susseguirsi di incessanti interazioni. La Bassler e altri studiosi hanno scoperto che i batteri comunicano fra loro, attraverso molecole simili ai feromoni. Tramite tale network di cellule, questi esseri riescono a conservare una traccia collettiva dei cambiamenti che avvengono nel loro ambiente, a tramare con gli esemplari della loro stessa specie, a stabilire alleanze di mutuo soccorso con altri tipi di microbi, ad annientare gli organismi ostili e a comunicare con quelli che li ospitano. Questa strategia di gruppo è la stessa solitamente riferita alle api, alle formiche, alle persone, ma mai prima d'oro messa in relazione con i microrganismi. L'anno scorso, la Bassler e i suoi colleghi sono riusciti a decodificare un linguaggio molecolare utilizzato da molte delle più terribili particelle di distruzione di massa presenti in natura, come quelle responsabili della diffusione del colera, della tubercolosi, della polmonite, della setticemia, delle ulcere, del tumore allo stomaco, della peste bubbonica e del morbo di Lyme. Oggi perfino la Big Pharma, di fronte al numero crescente di microbi che si sta dimostrando resistente ai farmaci attuali, sta dando credito al loro lavoro. La Bassler e gli altri pionieri del suo campo, comunque, ci hanno regalato molto più che una serie di potenziali bersagli farmaceutici. Le loro scoperte indicano che la capacità di stabilire reti sociali di mutuo supporto non è solo uno dei presupposti all'origine della vita. È il primo e il più importante di essi. In mare come allo scrutinio di un referendum... La seppia a coda mozza vive nei bassi fondali delle Hawaii, nascondendosi nella sabbia durante il giorno e riemergendo per cacciare quando cala l'oscurità. Nelle notti di luna, la sua ombra dovrebbe renderla visibile ai predatori, ma questo mollusco possiede un "organo luminoso" che emana un bagliore bluastro, in perfetto accordo con la luce riflessa dall'acqua. Il segreto della capacità di questo animale di simulare il chiarore lunare risiede in una fitta comunità di batteri luminescenti, i Vibrio fischeri. Pochi minuti dopo la nascita, nella seppia inizia a circolare, attraverso una cavità del corpo, l'acqua del mare, che contiene milioni di microrganismi diversi. Le ciglia dell'organo luminoso li espellono tutti, tranne le cellule di Vibrio fischeri, appunto, che, con l'apporto di ossigeno e aminoacidi, si moltiplicano e iniziano a emettere un bagliore. I sensori situati sulla superficie del corpo del mollusco registrano il grado di luminosità del cielo, e l'animale si apre formando una specie di corolla di iris che ne copre l'ombra sulla sabbia. Ogni mattina, la seppia espelle la maggior parte del suo tesoro di vibrioni luminosi, conservandone una quantità sufficiente a riprendere l'intero ciclo al momento necessario. All'inizio degli anni Sessanta, Woody Hastings, microbiologo dell'università dell'Illinois, notò, nelle sue colture in vitro di Vibrio fischeri, un particolare curioso. La popolazione batterica raddoppiava ogni venti minuti, ma il quantitativo dell'enzima cellulare all'origine degli impulsi luminosi, il luciferase, rimaneva inalterato per quattro o cinque ore, ripartendosi su un numero sempre maggiore di cellule. Solo quando la proliferazione era ormai abbondante, il bagliore nella provetta cominciava ad aumentare. Dal punto di vista di un Vibrio fischeri, ritardare la produzione di chiarore ha un certo senso. L'emissione di fotoni è un processo dispendioso per il metabolismo - spiegano i biologi - e il tenue riflesso generato da un organismo isolato tenderebbe a perdersi nell'immensità dell'oceano. Ma come fanno queste cellule a capire che hanno raggiunto la massa critica? Uno degli studenti di Hastings, Ken Nealson, ipotizzò che esse secernessero un elemento chimico e che questo, accumulandosi nell'ambiente, aiutasse il gruppo a individuare la soglia di densità ideale. Egli battezzò questa molecola sconosciuta "autoinduttore". La sua teoria risultò essere corretta, e al processo chimico di monitoraggio - un analogo biologico della verifica delle partecipazioni in Senato prima di procedere al voto - fu dato il nome di "percezione del quorum". Recentemente, gli scienziati hanno iniziato a capire che l'importanza della comunicazione intercellulare va ben oltre i semplici conteggi numerici. Molte attività batteriche - si è scoperto - hanno origine da complesse catene di segnali molecolari. Un esempio è quello della formazione di spore che aumentano la resistenza dei microbi agli antibiotici. Un altro è il diffondersi del contagio. Hastings, che oggi insegna a Harvard, ammette di aver sottovalutato l'importanza di ciò che aveva osservato in laboratorio. Egli pensava che la percezione del quorum fosse un comportamento specifico dei microrganismi marini che stava studiando. "Dal mio punto di vista quei batteri si trovavano a operare in condizioni del tutto particolari", spiega, con un accenno di rimpianto. «In realtà, non ci voleva molto per capire che lo stesso fenomeno doveva verificarsi anche in altri casi». I batteri, «creature straordinarie» Quando ancora frequentava l'Uc Davis, la Bassler sognava di diventare veterinario. Ma le dissezioni, durante l'ora di biologia, la facevano svenire. E detestava imparare a pappagallo i nomi dei muscoli e delle ossa. Allora iniziò a lavorare come volontaria in un laboratorio di biochimica. «Volevo curare il cancro», ricorda sorridendo, «ma poi ho scoperto che i batteri sono delle creature davvero straordinarie». Nel 1990, prese a collaborare col genetista Mike Silverman all'Agouron Institute di La Jolla, in California. L'istituto era situato in cima a una scogliera, sulla costa del Pacifico: organismi luminescenti brillavano nell'acqua nelle notti serene. Proprio Silverman e un suo laureando, Joanne Engebrecht, avevano mappato il circuito di percezione del quorum del Vibrio fischeri, clonando i geni produttori del luciferase. Ad Agouron, l'attenzione della Bassler fu catturata da un altro batterio marino, il Vibrio harveyi. Al contrario del Vibrio fischeri, queste cellule vivono in mare aperto o nell'intestino dei pesci, in conglomerati di varie specie. Mentre la vita monotona di un Vibrio fischeri è facilmente prevedibile, quella di questo microrganismo "cosmpopolita" assomiglia di più alla nostra, perché esso si trova a dover fare i conti, di minuto in minuto, con situazioni in continua evoluzione. Anche il Vibrio harveyi si illumina quando raggiunge una certa densità di popolazione. Ma la novità era che se in una coltura di questi microrganismi veniva introdotto un "miscuglio" di esemplari di altre specie, essi continuavano a splendere. La Bassler scoprì che quello che all'apparenza sembrava un unico sistema di segnalazione, in realtà ne comprendeva due: il primo indicava la presenza di altre cellule di Vibrio harveyi, mentre il secondo percepiva la vicinanza di altri tipi di batteri. Lei e i suoi colleghi riuscirono a creare in laboratorio dei "meccanismi di trasmissione" modificati - in grado di reagire esclusivamente a segnali dell'uno o dell'altro tipo - e quindi a differenziare i due circuiti. L'operazione ha richiesto un impegno sovrumano, in piena sintonia con la personalità della ricercatrice, incline per carattere a farsi ossessionare da qualsiasi cosa: il suo peso, il suo senso di colpa per non aver trascorso abbastanza ore in laboratorio e soprattutto i suoi batteri, di cui parla con incrollabile entusiasmo. «Sapevate che il termine "vibrio" vuol dire "vibrante"? Tranne l'Escherichia coli, che è un microrganismo un po' pigro, i microbi, visti al microscopio, appaiono sempre in movimento», esordisce. «I batteri sono migliori di noi. Sono la forma base dell'esistenza». Silverman, oggi in pensione, ricorda una Bassler «deferente e dagli occhi sgranati» al suo arrivo nel laboratorio, ma racconta come ben presto la ragazza cominciasse a compiere passi da gigante con le sue ricerche, superando ogni più rosea aspettativa. «Con il minimo stimolo, diventava inarrestabile». Ma, forse perché i suoi microbi luminescenti sembravano poter avere un'influenza tutt'altro che significativa dal punto di vista sanitario e commerciale, le scoperte della ricercatrice furono a lungo considerate curiosità marginali dalla scienza ufficiale. Ma in realtà aveva più ragioni di essere ottimista di quanto pensasse. Nel 1994, avrebbe firmato un contratto come professore associato a Princeton. Thomas Silhavy, presidente del comitato di selezione, era rimasto particolarmente colpito dai progressi da lei compiuti in così poco tempo in un campo appena nato come quello della percezione del quorum. «Un'intuizione preziosa, destinata a diventare la base di una nuova disciplina», spiega Silhavy. Da ricerche isolate a fiume in piena Oggi la microbiologia si sta sviluppando a una velocità impressionante. All'inizio degli anni Novanta, sono stati pubblicati degli studi sui sistemi di segnalazione cellulare dell'Agrobacterium tumefaciens, che provoca tumori negli organi legnosi delle piante, dell'Erwinia carotovora, l'agente del marciume batterico nelle carote, e di un altro microrganismo particolarmente dannoso, la Pseudomonas aeruginosa, responsabile del dieci per cento delle infezioni comunemente contratte negli ospedali. Spesso letale per i malati di fibrosi cistica, per le vittime di ustioni e per qualunque individuo dal sistema immunitario compromesso, quest'ultimo microbo resiste agli antibiotici circondandosi di una pellicola protettiva (l'equivalente biologico di una fortezza). Peter Greenberg, ricercatore dell'Università dell'Iowa, che aveva una figlia affetta da fibrosi cistica, riuscì a scoprire che la produzione di tale pellicola era innescata da un sistema di segnali molecolari. Alcuni microrganismi - si è scoperto - riescono addirittura a danneggiare le reti di comunicazione di altre specie. Gli staffilococchi responsabili dello shock tossico, per esempio, emettono segnali molecolari "di disturbo" delle colonie batteriche vicine, disattivando i loro circuiti di percezione del quorum prima che diventino operativi. La percezione del quorum ha delle significative implicazioni dal punto di vista terapeutico. Con l'Era dell'Antibiotico, è stato lanciato un forte attacco ai batteri patogeni, promuovendo farmaci che li annientassero il più velocemente possibile. Questo approccio radicale ha portato, nei microrganismi, a quella che i genetisti definiscono "massima pressione selettiva". In pratica, il nostro è stato un contropiede di cinquant'anni su un avversario che si riproduce ogni venti minuti. Le ricerche della Bassler prospettano invece nuove ipotesi terapeutiche, che non uccidano i batteri ma ne danneggino piuttosto le reti di trasmissione dati. Un possibile approccio sarebbe quello di bloccare i recettori dei segnali molecolari in modo che le cellule non diventino mai virulente; un altro sarebbe quello di prendere di mira i meccanismi intracellulari di duplicazione del Dna. A Princeton, la Bassler iniziò a studiare la misteriosa molecola che consentiva al Vibrio harveyi di comunicare con le altre specie. Nel 2002, riuscì finalmente a identificarla, denominandola Ai-2 (autoinduttore 2). Con l'aiuto del dipartimento di chimica dell'università, la ricercatrice fu in grado di saperne anche la composizione: si trattava prevalentemente di boro, un elemento diffuso praticamente ovunque nella biosfera, ma del quale non si è mai individuata la precisa funzione biologica. Clonando il gene codificatore dell'Ai-2, la Bassler e i suoi colleghi scoprirono che almeno cinquanta specie batteriche possiedono il corredo genetico necessario alla produzione di tale molecola. L'Ai-2 sarebbe, in pratica, l'Esperanto dei microrganismi: un linguaggio molecolare per la comunicazione tra specie diverse, che questi esseri parlano, sotto i nostri occhi, da più di un milione di anni. Non tutti sono d'accordo, però. L'anno scorso, Paul Williams, della Nottingham University, ha pubblicato un saggio intitolato Bacterial Cell-to-Cell Communication: Sorry, Can't Talk Now - Gone to Lunch! («Comunicazione batterica intercellulare: spiacenti, ora non possiamo parlare - Siamo a pranzo!»). Secondo Williams, l'Ai-2 funge da segnalatore molecolare nel Vibrio harveyi, ma nella maggior parte degli altri organismi è solo un prodotto metabolico di scarto. La regina della microbiologia Alla fine degli anni Novanta, i National Institutes of Health rifiutarono di finanziare la Bassler, suggerendole diplomaticamente di rivolgersi a un altro comitato l'anno successivo. Per molti anni, le maggiori fonti di appoggio economico della ricercatrice sono state la National Science Foundation e l'Office of Naval Research, impegnato in un'attenta opera di monitoraggio dei meccanismi di percezione del quorum dal momento che le pellicole di protezione batteriche danneggiano l'acciaio delle navi, sporcano l'acqua e rallentano la navigazione. «La cosa positiva è che non bisognava contendersi i soldi con nessuno», ricorda la Bassler. «Quella negativa era che i soldi non c'erano». Nell'ultimo anno, però, i saggi pubblicati in tutto il mondo hanno dimostrato che la ricercatrice aveva ragione riguardo all'Ai-2. Ed è saltato fuori qualche soldo in più. Quest'anno il laboratorio della Bassler ha ottenuto il suo primo finanziamento dai Nih. E una parte dei 500 mila dollari della Fondazione MacArthur potrebbe essere utilizzata per incentivare scienziati di altri settori a interessarsi della comunicazione intercellulare. Gruppi di ricerca sulla percezione del quorum stanno nascendo in Inghilterra, in Germania, a Singapore, in Svezia e in Brasile, nonché in molte altre università americane. Per un numero crescente di ricercatori, il termine "percezione del quorum" è una definizione troppo limitata. Molti preferiscono "segnalazione intercellulare", una locuzione che sottolinea come l'elemento comunicativo sia l'istanza fondamentale di ogni forma di vita e non solo di alcune eccezioni. Alcuni ritengono che la trasmissione molecolare sia stata una delle prime fasi dell'evoluzione che ci ha portati a diventare le creature complesse che siamo oggi. Il meccanismo di divisione del lavoro nelle colonie batteriche assomiglia molto a quello che regola lo sviluppo e la differenziazione dei tessuti animali. «In che modo un cuore si distingue da un fegato?», spiega la Bassler. «Probabilmente la comunicazione molecolare è stata il punto di partenza per l'evoluzione degli organismi multicellulari». Il riconoscimento della Fondazione MacArthur ha trasformato la Bassler da sconosciuta ricercatrice in (per citare una sua definizione autoironica) "regina della percezione del quorum". Ma lei non si è assolutamente montata la testa. Le fa piacere che il suo corso di genetica avanzata sia altrettanto seguito delle sue lezioni di aerobica, ma a renderla più felice è sempre la vita di laboratorio. Ama starsene tra le sue provette e i suoi vetrini, che - a suo dire - riservano una sorpresa ogni giorno. Le sue scoperte ci hanno insegnato che anche gli esseri che occupano gli ultimi gradini della scala dell'evoluzione darwiniana possiedono un tratto caratteristico fino a poco tempo fa considerato patrimonio esclusivo della specie umana: l'inclinazione a scambiarsi continue informazioni sul mondo circostante. Secondo la Bassler, l'instaurazione delle reti di comunicazione intercellulare nelle comunità microbiche ha determinato una svolta analoga a quella originata «dal passaggio dalla vita in fattoria a quella al centro di Manhattan. I batteri conoscono se stessi e gli altri, sanno distinguere amici e nemici, e sono impegnati in una guerra biologica contro di noi da oltre un milione di anni».
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