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il fallimento di banca mondiale e fmi
- Subject: il fallimento di banca mondiale e fmi
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Mon, 2 Jun 2003 15:38:09 +0200
da lanuovaecologia.it Giovedì 15 Maggio 2003 ECONOMIA| Una conferenza del Nobel per l'economia all'Università di Urbino Stiglitz: «Vi svelo i misteri della globalizzazione» L'ex consigliere economico dell'amministrazione Clinton spiega il fallimento delle politiche di Banca mondiale e Fondo monetario internazionale. E individua l'alternativa nella democratizzazione e nella maturazione della "globalizzazione sociale" Un'intera giornata con il premio Nobel ed ex capo economista della Banca Mondiale Joseph Stiglitz. Il professore, attualmente docente alla Columbia University, ha tenuto, venerdì 9 maggio, nella facoltà di Economia di Urbino, una lunga lezione dal titolo "La politica economica ai tempi della globalizzazione", di fronte a una nutrita platea stipata nella sala conferenze di Palazzo Brandani Battiferri. Le critiche pungenti del più scomodo tra i teorici del "Mondo diverso possibile" sono state snocciolate con l'arguzia e la competenza di sempre. Tra i temi guida della lezione, l' analisi dei processi di globalizzazione, con i loro impressionanti impatti sociali ed economici. E una lunga inquisizione al Fondo monetario internazionale e alle sue perverse politiche economiche. Stiglitz non è certamente un "no global" come, per comodità, molti lo definiscono. Semplicemente ritiene che la ricetta di apertura e liberalizzazione dei mercati che la comunità internazionale impone indiscriminatamente a tutti i paesi in via di sviluppo non sia sempre quella giusta. «La globalizzazione è stata lodata come depositaria di quella forza che avrebbe portato una nuova età di crescita per i paesi in via di sviluppo, consentendo loro di colmare la distanza che li separa dai paesi più ricchi - dice il professore della Columbia - Allo stesso tempo però è stata messa alla gogna per aver aumentato la povertà e, da molti, anche per aver impedito la crescita. C'è un elemento di verità in entrambe le prospettive: la globalizzazione può portare maggior crescita, ma non necessariamente, e può portare maggiore povertà, ma non necessariamente». È questa in realtà la debolezza di tutte le teorie sulla globalizzazione economica pre-Stiglitz: la complessità dell'internazionalizzazione dei mercati e della finanza non è più sufficiente a spiegare i processi economici globali, senza che le sia affiancata la considerazione delle sue ricadute sociali. «I riflettori vanno puntati - argomenta il Nobel - sulle nuove dinamiche di globalizzazione sociale capaci di condizionare la globalizzazione economica, rendendola meno aggressiva di quanto lo è già, almeno nei paesi meno sviluppati». Globalizzazione sociale certamente molto più lenta di quella economica, perché è «nata più tardi» e non è ancora corredata da quelle «norme condivise» che ne dovrebbero tutelare il funzionamento. Per questo il Nobel auspica che i politici delle grandi potenze focalizzino i propri sforzi in questa direzione. «La condotta politica di Europa e Stati Uniti non deve basarsi solo sul controllo dell'inflazione e della disoccupazione come nei primi modelli di political economy - spiega - ma sulla capacità di innovazione delle imprese rileggendo in maniera etica e sostenibile i rapporti commerciali con il Sud del mondo». In questo compito, secondo Stiglitz, hanno completamente fallito sia la Banca Mondiale che il Fondo Monetario Internazionale. Sotto accusa le azioni economiche che questi organismi prescrivono ai paesi che intendano ricevere il loro supporto finanziario. «Queste azioni sono sempre le stesse, in ogni parte del mondo e in ogni congiuntura: liberalizzazione dei mercati dei capitali, privatizzazione massiccia, taglio alla spesa pubblica con riforma del sistema pensionistico, riduzione delle barriere alle importazioni e dei sussidi alle esportazioni - accusa Stiglitz - Compito dell'economista invece è capire e spiegare le conseguenze delle scelte, mentre il compito di prendere le decisioni dovrebbe essere lasciato a un processo politico democratico. F mi e la Banca Mondiale, che non sono stati eletti dalla popolazione di quei paesi, sembrano ignorare il principio della sovranità democratica e pretendono che loro scelte siano sempre quelle giuste per tutti». La globalizzazione, ha concluso il Nobel, non è un mistero. E questo è già un buon punto di partenza per costruire l'alternativa. Con un'altra una nota di speranza: «La politica è indietro coi tempi: sembra che sia incapace di comprendere quello che una società civile sempre più vigile, da Seattle in poi, ha già evidenziato. Ho fiducia che quando la globalizzazione sociale sarà più matura, avrà più strumenti per modellare quella economica, oggi soggiogata ad interessi troppo particolari».
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