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devolution senza le regioni
- Subject: devolution senza le regioni
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Wed, 23 Apr 2003 07:57:02 +0200
da la voce 17-04-2003 Devolution senza le Regioni Massimo Bordignon Con un senso di noia e solo per spirito di servizio, rendiamo conto dell' ennesima puntata del processo di riforma costituzionale in corso nel nostro Paese, avvertendo i lettori che quanto segue non è probabilmente ancora definitivo, ma potrà essere modificato in futuro, al mutare degli equilibri politici. Il quadro istituzionale Nella puntata precedente avevamo segnalato che mentre il disegno di legge costituzionale di Bossi procedeva per la sua strada, se ne preparava un altro in cui venivano conglobati sia il processo di devolution sia la "riforma della riforma" del Titolo V, cercando di trovare un punto di equilibrio tra le variegate e sostanzialmente incompatibili posizioni della maggioranza di Governo sul tema. Questo equilibrio è stato trovato nel disegno di legge costituzionale approvato dal Consiglio dei ministri di venerdì 11 aprile. In teoria, il nuovo testo dovrebbe ora iniziare il suo percorso istituzionale: poiché si tratta di una riforma costituzionale richiede ben quattro letture senza modifiche da parte del Parlamento. Il disegno di legge originario di Bossi dovrebbe essere lasciato cadere contestualmente anche se, per il momento, è stato comunque approvato alla Camera in prima lettura lunedì 14 aprile per motivi "elettorali", dopo essere stato votato a dicembre dal Senato. Il condizionale è d'obbligo, perché il futuro del nuovo disegno di legge dipende in realtà dagli equilibri politici che si creeranno nel lungo periodo di tempo che ci separa dalla definitiva approvazione. Tanto per cominciare, subito dopo averlo firmato, il ministro delle Riforme istituzionali non ha fatto mistero della sua profonda insoddisfazione e della necessità di interventi correttivi. Ulteriori modifiche sono dunque possibili. I contenuti La segnalazione qui a fianco presenta in modo puntuale le principali novità del testo costituzionale proposto rispetto all'attuale (anche se mai applicato) Titolo V. Complessivamente, si notano con chiarezza tre elementi. In primo luogo, un tentativo di semplificazione e di chiarificazione di una materia assai complessa. Di qui, la giusta eliminazione di alcune materie dall'area della competenza concorrente tra i due livelli di governo: per esempio "la produzione e distribuzione dell'energia" o il controllo delle "Casse di risparmio" o delle "Casse rurali". A questo tentativo di semplificazione, va anche ascritta l'eliminazione tout court della "legislazione concorrente" a favore di quella esclusiva, anche se nei casi che contano davvero questa separazione di funzioni appare puramente di facciata. Per esempio, nell'attuale Titolo V la tutela della salute è a legislazione concorrente, il che significa che le norme generali sono a carico dello Stato e l'organizzazione sanitaria e la legislazione di dettaglio delle Regioni. Nel nuovo testo, la legislazione concorrente non c' è più, ma ci sono due materie, le "norme generali sulla tutela della salute", di competenza esclusiva dello Stato, e "l'organizzazione e assistenza sanitaria", di competenza esclusiva delle Regioni. Lo stesso vale per l'istruzione. Al di là dei nomi, quindi, non cambia nulla rispetto all' attuale Titolo V. Questo è per certi versi ovvio visto che in campi così delicati, che incidono fortemente sui diritti di cittadinanza, è semplicemente impossibile evitare qualche forma di co-gestione tra i due livelli di governo. In secondo luogo, si osserva un drastico ridimensionamento dell'entità del decentramento di funzioni ipotizzato dal Titolo V e, forse, perfino del livello attuale. Per esempio, scompare dall'area delle competenze concorrenti il "coordinamento del sistema tributario" che sembrava attribuire alle Regioni un ruolo nella cogestione della finanza pubblica. Eliminati anche i trasporti, già adesso in larga misura di competenza regionale (chi definisce quando sono di "rilevanza nazionale" e quando sono di "rilevanza regionale"?). Per settori quali l'agricoltura, l'industria, la ricerca, e altri, per i quali un ruolo delle Regioni era già previsto, viene ora stabilito con chiarezza che si tratta solo dell'agricoltura "regionale", dell'industria "regionale" ecc. (Chissà cosa sarà mai l'industria regionale o la ricerca regionale?) In terzo luogo, si nota una forte ripresa del controllo del centro sulle decisioni delle autonomie locali. In particolare, si stabilisce che tutta la legislazione regionale nelle materie di propria esclusiva competenza è ora soggetta, oltre che alla Costituzione e ai trattati internazionali, al principio sovrano dell'"interesse nazionale". Si tratta della re-introduzione a livello costituzionale di una vera e propria spada di Damocle sull'effettiva autonomia regionale, e in questo senso è già stata utilizzata in passato. Conclusione. Il nuovo testo sembra configurare un ritorno al centralismo del passato. Di tutto il complesso decentramento di funzioni previsto dall' attuale Titolo V, rimane in piedi solo il trasferimento del personale e degli edifici scolastici alle Regioni. Visto che l'organizzazione sanitaria e la polizia amministrativa locale erano già di pertinenza delle Regioni, tutta la novità della "devolution bossiana" consiste dunque nella norma che attribuisce alle Regioni "la definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione", non prevista dall'attuale Titolo V. Un po' poco, da tutti i punti di vista. Il metodo In attesa della prossima puntata, una parola sul metodo. Ancora una volta, il dibattito sul decentramento costituzionale appare tutto interno all' attuale compagine di Governo, teso a garantire complicati equilibri politici interni e a soddisfare esigenze elettorali di breve o di lungo periodo piuttosto che affrontare problemi reali. Anche la previsione di uno status particolare per la città di Roma rientra in questa logica. Non si tratta del tentativo di trovare una soluzione al problema reale del trattamento da riservare alle grandi aree metropolitane - oggi, Roma ha le stesse competenze e lo stesso meccanismo di finanziamento di Sulbiate Inferiore -, quanto di "portare a casa" un risultato da sventolare di fronte ai propri elettori. Non si cerca di costruire regole generali, ma si assale la diligenza, alla ricerca di "quadre" che permettano a tutti di ottenere qualcosa. Non ci sono studi, riflessioni, "libri bianchi" con i quali accendere il confronto nel Paese. Perfino i principali oggetti della riforma proposta, le Regioni stesse e gli altri enti locali, sono del tutto esclusi dal dibattito. Se questo è un segno dell'afflato federalista dell'attuale maggioranza, non c'è da stare allegri.
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