devolution senza le regioni



da la voce

17-04-2003
Devolution senza le Regioni

Massimo Bordignon


Con un senso di noia e solo per spirito di servizio, rendiamo conto dell'
ennesima puntata del processo di riforma costituzionale in corso nel nostro
Paese, avvertendo i lettori che quanto segue non è probabilmente ancora
definitivo, ma potrà essere modificato in futuro, al mutare degli equilibri
politici.
Il quadro istituzionale
Nella puntata precedente avevamo segnalato che mentre il disegno di legge
costituzionale di Bossi procedeva per la sua strada, se ne preparava un
altro in cui venivano conglobati sia il processo di devolution sia la
"riforma della riforma" del Titolo V, cercando di trovare un punto di
equilibrio tra le variegate e sostanzialmente incompatibili posizioni della
maggioranza di Governo sul tema. Questo equilibrio è stato trovato nel
disegno di legge costituzionale approvato dal Consiglio dei ministri di
venerdì 11 aprile.
In teoria, il nuovo testo dovrebbe ora iniziare il suo percorso
istituzionale: poiché si tratta di una riforma costituzionale richiede ben
quattro letture senza modifiche da parte del Parlamento. Il disegno di legge
originario di Bossi dovrebbe essere lasciato cadere contestualmente anche
se, per il momento, è stato comunque approvato alla Camera in prima lettura
lunedì 14 aprile per motivi "elettorali", dopo essere stato votato a
dicembre dal Senato.
Il condizionale è d'obbligo, perché il futuro del nuovo disegno di legge
dipende in realtà dagli equilibri politici che si creeranno nel lungo
periodo di tempo che ci separa dalla definitiva approvazione. Tanto per
cominciare, subito dopo averlo firmato, il ministro delle Riforme
istituzionali non ha fatto mistero della sua profonda insoddisfazione e
della necessità di interventi correttivi. Ulteriori modifiche sono dunque
possibili.
I contenuti
La segnalazione qui a fianco presenta in modo puntuale le principali novità
del testo costituzionale proposto rispetto all'attuale (anche se mai
applicato) Titolo V. Complessivamente, si notano con chiarezza tre elementi.
In primo luogo, un tentativo di semplificazione e di chiarificazione di una
materia assai complessa. Di qui, la giusta eliminazione di alcune materie
dall'area della competenza concorrente tra i due livelli di governo: per
esempio "la produzione e distribuzione dell'energia" o il controllo delle
"Casse di risparmio" o delle "Casse rurali". A questo tentativo di
semplificazione, va anche ascritta l'eliminazione tout court della
"legislazione concorrente" a favore di quella esclusiva, anche se nei casi
che contano davvero questa separazione di funzioni appare puramente di
facciata. Per esempio, nell'attuale Titolo V la tutela della salute è a
legislazione concorrente, il che significa che le norme generali sono a
carico dello Stato e l'organizzazione sanitaria e la legislazione di
dettaglio delle Regioni. Nel nuovo testo, la legislazione concorrente non c'
è più, ma ci sono due materie, le "norme generali sulla tutela della
salute", di competenza esclusiva dello Stato, e "l'organizzazione e
assistenza sanitaria", di competenza esclusiva delle Regioni. Lo stesso vale
per l'istruzione. Al di là dei nomi, quindi, non cambia nulla rispetto all'
attuale Titolo V. Questo è per certi versi ovvio visto che in campi così
delicati, che incidono fortemente sui diritti di cittadinanza, è
semplicemente impossibile evitare qualche forma di co-gestione tra i due
livelli di governo.
In secondo luogo, si osserva un drastico ridimensionamento dell'entità del
decentramento di funzioni ipotizzato dal Titolo V e, forse, perfino del
livello attuale. Per esempio, scompare dall'area delle competenze
concorrenti il "coordinamento del sistema tributario" che sembrava
attribuire alle Regioni un ruolo nella cogestione della finanza pubblica.
Eliminati anche i trasporti, già adesso in larga misura di competenza
regionale (chi definisce quando sono di "rilevanza nazionale" e quando sono
di "rilevanza regionale"?). Per settori quali l'agricoltura, l'industria, la
ricerca, e altri, per i quali un ruolo delle Regioni era già previsto, viene
ora stabilito con chiarezza che si tratta solo dell'agricoltura "regionale",
dell'industria "regionale" ecc. (Chissà cosa sarà mai l'industria regionale
o la ricerca regionale?)
In terzo luogo, si nota una forte ripresa del controllo del centro sulle
decisioni delle autonomie locali. In particolare, si stabilisce che tutta la
legislazione regionale nelle materie di propria esclusiva competenza è ora
soggetta, oltre che alla Costituzione e ai trattati internazionali, al
principio sovrano dell'"interesse nazionale". Si tratta della
re-introduzione a livello costituzionale di una vera e propria spada di
Damocle sull'effettiva autonomia regionale, e in questo senso è già stata
utilizzata in passato.
Conclusione. Il nuovo testo sembra configurare un ritorno al centralismo del
passato. Di tutto il complesso decentramento di funzioni previsto dall'
attuale Titolo V, rimane in piedi solo il trasferimento del personale e
degli edifici scolastici alle Regioni. Visto che l'organizzazione sanitaria
e la polizia amministrativa locale erano già di pertinenza delle Regioni,
tutta la novità della "devolution bossiana" consiste dunque nella norma che
attribuisce alle Regioni "la definizione della parte dei programmi
scolastici e formativi di interesse specifico della Regione", non prevista
dall'attuale Titolo V. Un po' poco, da tutti i punti di vista.
Il metodo
In attesa della prossima puntata, una parola sul metodo. Ancora una volta,
il dibattito sul decentramento costituzionale appare tutto interno all'
attuale compagine di Governo, teso a garantire complicati equilibri politici
interni e a soddisfare esigenze elettorali di breve o di lungo periodo
piuttosto che affrontare problemi reali. Anche la previsione di uno status
particolare per la città di Roma rientra in questa logica. Non si tratta del
tentativo di trovare una soluzione al problema reale del trattamento da
riservare alle grandi aree metropolitane - oggi, Roma ha le stesse
competenze e lo stesso meccanismo di finanziamento di Sulbiate Inferiore -,
quanto di "portare a casa" un risultato da sventolare di fronte ai propri
elettori. Non si cerca di costruire regole generali, ma si assale la
diligenza, alla ricerca di "quadre" che permettano a tutti di ottenere
qualcosa. Non ci sono studi, riflessioni, "libri bianchi" con i quali
accendere il confronto nel Paese. Perfino i principali oggetti della riforma
proposta, le Regioni stesse e gli altri enti locali, sono del tutto esclusi
dal dibattito. Se questo è un segno dell'afflato federalista dell'attuale
maggioranza, non c'è da stare allegri.