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ecomafie:il ciclo del cemento e dei rifiuti
- Subject: ecomafie:il ciclo del cemento e dei rifiuti
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 10 Apr 2003 09:30:38 +0200
da lanuovaecologia.it Giovedì 10 Aprile 2003 CICLO DEL CEMENTO|Il Rapporto Ecomafia 2003 di Legambiente Le cifre di "mattone selvaggio" L'ecomostro di StrongoliLa forte ripresa della cementificazione del territorio e dell'abusivismo rappresentano la conseguenza diretta dell' annunciato, anche se finora scongiurato, terzo condono edilizio Nel 2002, l'abusivismo edilizio è tornato a sfondare nel nostro Paese il muro delle 30mila costruzioni illegali: esattamente 30.821, secondo le stime elaborate dal Cresme, per una superficie complessiva di 4.204.380 metri quadrati e un valore immobiliare stimabile in 2.102 milioni di euro. L'incremento registrato rispetto al 2001 è del 9%, ovvero 2.544 case abusive in più; s'inverte così bruscamente, dopo la "frenata" già segnalata nel precedente Rapporto Ecomafia, un ciclo virtuoso cominciato nel 1999 (a partire non solo simbolicamente, dalla demolizione del Fuenti) che aveva visto decrescere, costantemente, il numero di nuove costruzioni illegali. Il 55% del nuovo abusivismo edilizio si concentra nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa. Nell'ordine, per numero di case illegali, Campania, Sicilia, Puglia e Calabria. Sempre in queste quattro regioni, il 26,5% degli immobili costruiti nel 2002 è abusivo, ovvero poco più di una casa su quattro; Di nuovo in queste quattro regioni, si concentra il 47,7% delle infrazioni accertate dalle forze dell'ordine nel ciclo del cemento. E anche in questo caso, purtroppo, a guidare la classifica degli illeciti è la Campania. Sono i numeri più significativi del ciclo illegale del cemento tratti dal Rapporto Ecomafia 2003, presentato oggi da Legambiente, presso la direzione nazionale dell'associazione, a Roma. Cifre che mostrano in tutta la sua drammaticità la forte ripresa del "mattone selvaggio". E che rappresentano la conseguenza diretta dell'annunciato, anche se finora scongiurato, terzo condono edilizio. La ferma opposizione delle associazioni ambientaliste e di Legambiente in particolare (insieme alla netta presa di posizione del ministro dell' Ambiente, Altero Matteoli) hanno ricacciato indietro le proposte di legge affacciate in Parlamento. Ma è bastato annunciarle, appunto, per creare guasti immediati: insieme alla speranza di una nuova sanatoria, si sono riaccese anche le ruspe dell'industria dell'abusivismo. CICLO DEI RIFIUTI|Il Rapporto Ecomafia 2003 di Legambiente Legalità in discarica Stabilimento Enichem49 persone arrestate tra il 2002 e il gennaio del 2003, 177 le persone denunciate, 36 le società coinvolte, 12 le regioni interessate dai traffici illegali. In carcere dirigenti e dipendenti dello stabilimento Enichem di Priolo C'è ancora molto da fare, ma le forze dell'ordine e l'autorità giudiziaria stanno ottenendo importanti risultati contro le organizzazioni criminali attive nella gestione del ciclo illegale dei rifiuti. Sono 49 le persone arrestate tra il 2002 e il gennaio del 2003, 177 le persone denunciate, 36 le società coinvolte, 12 le regioni interessate dai traffici illegali. Le indagini sono state svolte, in maniera particolare, dal Comando tutela ambiente dell'Arma dei carabinieri (30 le ordinanze di custodia emesse da diverse Procure italiane), ma non è mancato il contributo dei Nuclei investigativi del Corpo forestale dello Stato, in particolare quello di Brescia, e della Guardia di finanza, che ha condotto una delle inchieste più clamorose: quell'operazione "Mar Rosso" che ha portato in carcere dirigenti e dipendenti dello stabilimento Enichem di Priolo, accusati di aver sversato in mare rifiuti contenenti mercurio (fino a 20.000 volte oltre i limiti di legge) e di aver "spedito" illecitamente in giro per l'Italia ingenti quantitativi di veleni. LE TERRE DELLA DIOSSINA Alle organizzazioni criminali viene affidata, anche da imprenditori conniventi, un'ampia gamma di rifiuti: scorie di metallurgia, fanghi conciari, polveri di abbattimento fumi, terre provenienti da attività di bonifica, trasformatori con oli contaminati da Pcb, i famigerati policlorobifenili. Le conseguenze di questi smaltimenti sono gravissime e si manifestano nel tempo, come dimostra l'allarme diossina scattato tra le province di Caserta e Napoli. Qui per anni, come ha più volte denunciato Legambiente, i clan della camorra, a cominciare dal sodalizio più pericoloso, quello dei Casalesi, hanno gestito la fase terminale di imponenti traffici illegali di rifiuti. Le "terre dell'ecomafia" - così vennero ribattezzate dalla prima Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti - sono diventate oggi le "terre della diossina", riscontrata nel latte vaccino, sui terreni, nel foraggio. Sull'origine di questa contaminazione non sembrano esserci dubbi: «Le risultanze investigative - si legge in un comunicato della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, che coordina le indagini - hanno consentito di ipotizzare le cause dell'evento, consistenti nelle reiterate attività abusive di discarica e abbandoni dei rifiuti e dall'incenerimento degli stessi». Attività che proseguono ancora oggi, non solo in provincia di Caserta. Tra Qualiano, Giuliano e Villaricca, in provincia di Napoli, si consumano quasi ogni giorno abbandoni e incendi di rifiuti, come ha evidenziato, anche in questo caso dopo le continue denunce di Legambiente, una recentissima indagine della Procura della Repubblica di Napoli. Va sottolineato, infine, quanto emerso in Calabria durante una recente missione della Commissione parlamentare d'inchiesta: la procura di Reggio Calabria avrebbe in corso un'indagine relativa a un vasto traffico di rifiuti speciali, anche di origine ospedaliera, diretti da Nord verso Sud, che sarebbe gestito da due famiglie della 'ndrangheta reggina. UN PO' DI NUMERI La quantità di rifiuti che continua a sparire dalla sempre difficoltosa contabilità del settore è davvero impressionante: una nuova montagna - alta 1.120 metri per 3 ettari di base, pari a 11,2 milioni di tonnellate di rifiuti - si è andata ad aggiungere a quella "spuntata" nel precedente Rapporto Ecomafia, appena 30 metri più bassa, se può consolare, di quella emersa lo scorso anno. Ma altri numeri confermano la gravità della situazione: sono 4.866 le discariche abusive censite dal Corpo forestale, per una superficie di ben 19 milioni di metri quadrati, 4 milioni in più rispetto al dato del primo censimento, realizzato nel 1986. Diminuisce invece il numero dei siti illegali (erano 5.978 sempre nel 1986): «Non siamo più in presenza di comportamenti errati occasionali da parte di singoli cittadini - si legge nel rapporto del Cfs - ma ci troviamo di fronte a fenomeni, come dimostrato anche da indagini e operazioni di polizia giudiziaria portate a termine, riconducibili a organizzazioni illecite che controllano l'utilizzo delle discariche abusive». I risultati delle operazioni svolte dal Comando tutela ambiente dei Carabinieri in questo settore segnalano un'incidenza dell'illegalità nella gestione complessiva dei rifiuti pari al 42,5% dei controlli effettuati. La Sicilia resta, nel 2002, la prima regione in Italia per quanto riguarda gli illeciti riscontrati nel ciclo dei rifiuti, seguita dalla Campania e dal Veneto, un dato quest'ultimo che rappresenta la spia di una situazione davvero difficile in questa regione. Il 38,6% degli illeciti accertati, infine, si concentra nelle 4 regioni a tradizionale presenza mafiosa. I CONTI NON TORNANO Per quanto riguarda la gestione formalmente legale, i numeri presentati da Fise-Assoambiente, suscitano ulteriori interrogativi: l'Italia sembra essere un paese virtuosissimo, con il 45,5% dei rifiuti speciali prodotti, esclusi gli inerti, avviati a recupero. Il 53% di questi rifiuti passa, però, attraverso centri di stoccaggio e di pre-trattamento e addirittura l'87% di quelli stoccati e "pre-trattati" finisce in discarica. Non bisogna essere degli esperti del settore per intuire che qualcosa non torna, soprattutto alla luce di due considerazioni e due dati di fatto: i prezzi praticati in questi centri sono molto inferiori, per la stessa tipologia di rifiuti, a quelli degli impianti di smaltimento. Affidando i propri rifiuti a una di queste strutture, il produttore si vede sollevato da qualsiasi responsabilità circa l'effettiva destinazione dei rifiuti stessi. Sostanzialmente tutte le indagini avviate finora sulla base dell'articolo 53 bis sono caratterizzate da una serie di "trattamenti" e "riutilizzi" mai effettuati e di miscelazioni illecite. E ancora, sono innumerevoli i casi di capannoni riempiti da rifiuti da "recuperare" o "riutilizzare", lasciati in "omaggio" alla collettività da società nel frattempo fallite. STRADA SPIANATA PER GLI ECOFURBI È facile immaginare quale effetto possa avere avuto, in questa situazione, la nuova interpretazione della definizione di rifiuto prevista nell'articolo 14 del decreto legge 138 del 2002, che spiana la strada a ecofurbi e trafficanti senza scrupoli, specializzati in false attività di recupero. Presunte attività di riciclaggio, come già segnalato da Legambiente, fanno da sfondo anche ad alcune indagini condotte nel nostro paese per quanto riguarda i traffici internazionali di rifiuti, con la Cina tra le mete preferite. Anche in questo caso, le attività illecite sono mosse da ragioni sostanzialmente economiche. In un incontro internazionale promosso dal Riia (Royal institute of international affairs), un prestigioso istituto di ricerca londinese, sono stati forniti i prezzi relativi allo smaltimento di una tonnellata di rifiuti pericolosi: si va tra i 100 e i 2.000 dollari di un paese industrializzato, a seconda della tipologia di rifiuto, ai 2,5 massimo 50 dollari richiesti in un paese in via di sviluppo. ECOMAFIE| Il procuratore antimafia sul Rapporto di Legambiente Convivenza e connivenza Piero Luigi VignaLa ritrovata sensibilità delle procure, l'abusivismo e la "coabitazione" con l'impresa mafia, le tecniche di prevenzione delle infiltrazioni. Intervista con Piero Luigi Vigna «Una delle cose che più mi ha colpito negli ultimi mesi, in positivo naturalmente, è l'attenzione delle Procure distrettuali alla salvaguardia dell'ambiente, prima completamente dimenticata e ora, finalmente, centrale». Lo ha dichiarato il procuratore nazionale antimafia Piero Luigi Vigna alla presentazione del Rapporto Ecomafia 2003. Ma se è vero che aumentano le misure di contrasto, l'allarme sugli ecoreati contenuto nel dossier di Legambiente mostra che la guardia va tenuta ancora alta. A cominciare, ad esempio, dal ciclo del cemento. Le costruzioni illegali aumentano dappertutto in Italia, ma soprattutto nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, dove si concentra il 55% delle nuove costruzioni abusive. Allora procuratore, si può dire che abusivismo edilizio e mafia vanno a braccetto? Dove c'è la mafia e dove la fiducia dei cittadini - duole dirlo, ma questa la più grande operazione che ha fatto la mafia - si rivolge verso la criminalità mafiosa anziché verso le istituzioni statali, è un dato ovvio che lì ci deve essere un'espansione dell'illegalità. A Sud l'illegalità continua a non essere più percepita come tale? La cosa singolare, che emerge dallo studio di un istituto di economia, è che la pressione della criminalità organizzata sulle attività d'impresa è meno avvertita in Sicilia che non in altre regioni del Sud, perché è diventata un dato strutturale, che quindi non colpisce più. Il cittadino lo accetta e la convivenza diventa connivenza. C'è stata una "introitazione" del dato mafioso: è questa la cosa più preoccupante. Quindi non meraviglia che al Sud che ci sia un margine più ampio d'illegalità. I vertici dell'Anas hanno approvato un regolamento per impedire nuove infiltrazioni. Sì, tra l'altro prevedono che chiunque entri nei cantieri debba essere poter riconosciuto. Uomini e macchinari devono essere identificati da una targhetta con nome e matricola. E soprattutto prevedono l'esibizione della documentazione antimafia da parte di tutti i soggetti coinvolti non solo in appalti e subappalti, ma anche nelle forniture. Secondo lei saranno di qualche efficacia queste precauzioni? L'ho sottolineato come un dato positivo. Come dice lo stesso presidente dell'azienda, l'autoregolamentazione si affianca in questo caso alle norme statali, facendosi più stringente e stimolando anche il legislatore a recepire alcuni suggerimenti che provengono da quest'esperienza che sta per avere inizio. TRAFFICI|Dal commercio illegale di specie protette a quello del legname pregiato Rotte illegali Rifiuti radiattiviAl traffico dei rifiuti, che spesso si sovrappone con quello delle armi, sembrano legarsi alcuni misteri del nostro paese. Come quello dell'assasinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin Alle rotte dei traffici illeciti dei rifiuti, che spesso si sovrappongono con quelle delle armi, sembrano legarsi alcuni misteri del nostro paese, come quello delle navi a perdere affondate nel Mediterraneo e di cui si è persa traccia. Morti improvvise che suscitano ancora interrogativi, come quella del capitano di corvetta Natale De Grazia, indispensabile collaboratore della Procura presso la pretura di Reggio Calabria durante le indagini relative proprio ai carichi trasportati dalle navi fantasma. Delitti efferati, come quello di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Alla giornalista del Tg3 e al suo operatore, assassinati a Mogadiscio il 20 marzo del 1994, è dedicato un capitolo del Rapporto Ecomafia curato da Barbara Carazzolo, Alberto Chiara e Luciano Scalettari, tre giornalisti di Famiglia cristiana autori di innumerevoli articoli sui traffici illegali di armi e rifiuti e di un libro: "Ilaria Alpi, un omicidio al crocevia dei traffici". Dietro quel duplice omicidio, questa è l'ipotesi sostenuta da robusti riscontri, si potrebbero nascondere proprio traffici illegali, di rifiuti e di armi, scoperti da Ilaria Alpi durante il suo lavoro in Somalia. Non è la prima volta che viene ipotizzato uno movente di questa natura: già nel 1996 la relazione conclusiva della prima Commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti sottolineava l'inquietante coincidenza tra la segnalazione di smaltimenti illeciti al largo delle coste della Somalia e la cittadina in cui Ilaria aveva realizzato il suo ultimo servizio: Bosaso. Un'ipotesi ripresa anche in altre relazioni della successiva Commissione bicamerale d'inchiesta, quella della XIII legislatura. Restando in tema di traffici internazionali, rimane alta la preoccupazione di Legambiente sull'ampiezza e le conseguenze del commercio illegale di specie protette (flora e fauna). In questo Rapporto viene sottolineato, in particolare, quello del legname pregiato. I dati raccolti sono davvero impressionanti: il valore complessivo dei traffici illeciti viene stimato in 150 miliardi di dollari l'anno (OECD Environmental outlok, 2001). Almeno il 50% dei prelievi nel bacino amazzonico, in Africa centrale e del Sud-est asiatico è illegale (Royal institute of international affairs, 2002). E ancora, l'Ibama - l'Agenzia per l'ambiente del governo brasiliano - ha dichiarato nel 2002 che almeno il 70% del mogano esportato è frutto di tagli illegali, eseguiti su terre demaniali o di comunità indigene. Secondo il Fern, l'Istituto per le foreste dell'Unione europea, circa il 50% del legame tropicale che entra nei paesi dell'Unione è stato tagliato illegalmente.
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