ogm, scienziati e industria



da le monde diplomatique febbraio 2003

Ogm, gli accademici al servizio dell'industria


Bernard Cassen
Spesso gli scienziati vengono accusati di chiudersi in una torre d'avorio
disinteressandosi dei problemi dei loro concittadini - le cui tasse,
peraltro, finanziano la ricerca pubblica. Un esempio fra tutti: in Francia,
negli anni '90, due istituzioni prestigiose quali l'Accademia delle scienze
e l'Accademia di medicina hanno mantenuto il più totale silenzio sul grande
scandalo del sangue infetto. Si trattava di indifferenza, o addirittura di
ignoranza, da parte dei baroni della medicina in un settore di loro
competenza? O, come qualcuno ha subito affermato, di un gesto d'omertà
destinato a «coprire» i colleghi responsabili di mancata assistenza a
trasfusi in pericolo?
Per non essere tacciate di ignorare i problemi che appassionano l'opinione
pubblica, le Accademie nazionali di medicina e farmacia, il 12 dicembre
2002, e il giorno dopo anche l'Accademia delle scienze si sono risolte tutte
insieme a rendere pubblici i rapporti sugli eventuali pericoli per la salute
degli organismi geneticamente modificati (Ogm). La scelta del momento non
poteva essere più opportuna. A fine gennaio si sarebbe conosciuta la sorte
di José Bové, condannato a quattordici mesi di carcere per aver strappato
alcune piante transgeniche nel Centro di cooperazione internazionale di
ricerca agronomica per lo sviluppo (Cirad). Sempre a fine gennaio, la Corte
d'appello di Grenoble avrebbe emesso la sua sentenza sui dieci militanti
della Confederazione contadina e di Attac condannati in prima istanza, a
Valence, a periodi variabili di carcere per gli stessi motivi di Bové.
Rapporti clonati Inoltre gli Ogm sono al centro di una dura battaglia
commerciale a livello internazionale: ci si chiede se la moratoria europea
sulle importazioni di piante transgeniche sarà tolta o meno. Pressata dalle
multinazionali del complesso genetico-industriale, l'amministrazione Bush si
mostra impaziente (1): alcuni stati membri dell'Unione europea (Ue) - tra
cui la Francia - si ostinano a non dare seguito alle proposte della
Commissione di Bruxelles che, al contrario, ha fatto suoi i desiderata di
Washington. Per riprendere il titolo di un articolo del Financial Times (10
gennaio 2003), «sugli Ogm gli Stati uniti sono pronti a dichiarare guerra»
denunciando l'Ue all'Organo per il regolamento delle vertenze (Ord)
dell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto).
Il che rende evidente l'importanza dei rapporti fra i tre. Diciamolo
chiaramente, gli industriali, il commissario europeo incaricato del
commercio Pascal Lamy, e il suo collega americano Robert Zoellick, hanno
tutti i motivi per essere soddisfatti: per gli accademici, gli Ogm non
pongono particolari problemi di salute pubblica. I titoli dei capitoli del
rapporto delle Accademie di medicina e farmacia (2) sono molto chiari: «non
esiste alcun rischio particolare legato al modo di produrre gli Ogm», «gli
eventuali rischi degli Ogm sulla salute sono controllabili», «i vantaggi
attesi prevalgono sugli eventuali rischi», «i vincoli normativi che
attualmente limitano la ricerca sugli Ogm e il loro uso, andrebbero
rivisti».
Zoellick, che fustigava «le politiche europee anti-scientifiche» ha infine
trovato alleati di gran peso nell'Accademia delle scienze, il cui rapporto
(3) supera addirittura le sue aspettative. Non è che un semplice clone del
precedente: è insolito che il mondo della ricerca dia prova di una tale
unanimità... Ma si tratta del mondo della ricerca o della cinghia di
trasmissione dell'industria? La domanda è legittima per almeno tre ragioni:
sono stati ignorati i lavori di altre istituzioni o personalità scientifiche
sullo stesso argomento; le Accademie si sono pronunciate in un settore, la
politica commerciale, che non è minimamente di loro competenza; infine, e
questo probabilmente spiega tutto il resto, alcuni dei loro membri sono
legati ai grandi gruppi industriali del settore.
Sarebbe bastato che gli accademici sapessero leggere l'inglese per
raffreddare il loro bell'ottimismo su, per esempio, la non nocività
dell'ingestione di alimenti Ogm e sull'assenza di rischi delle coltivazioni
di Ogm in pieno campo. Sia la prestigiosa Royal Society britannica che la
British Medical Association (Bma) mostrano, al contrario, serie
preoccupazioni in proposito (4). La Bma dichiara infatti che «una ricerca
sui possibili effetti nocivi degli Ogm alimentari sulla salute dell'uomo non
è ancora stata fatta. In nome del principio di precauzione, le
sperimentazioni di Ogm in pieno campo non dovrebbero essere più
autorizzate».
Gli accademici non sembrano turbati neppure dalle domande formulate in
francese questa volta, da Jacques Testart, ricercatore capo dell'Institut
national de la santé et de la recherche médicale (Inserm). «Quanti, tra gli
accademici, sanno che nessun assicuratore è disposto a coprire i rischi di
queste coltivazioni? Quanti hanno preso atto delle violazioni ai principi
della sperimentazione effettuata in luogo aperto (cioè nei campi)? Quanti
conoscono la distanza di disseminazione dei pollini?
Quanti sanno che non è mai stato realizzato nessun controllo sanitario
sistematico sui consumatori di Ogm, siano essi uomini o animali?» E si
potrebbe aggiungere: quanti conoscono gli studi del Comité de recherche et
d'information indépendantes sur le génie génétique (Crii-Gen) (5), il cui
consiglio scientifico è presieduto dal professor Gilles-Eric Seralini? Sarà
proprio questo comitato, peraltro, che a breve pubblicherà un'analisi
scientifica - realmente indipendente - sui lavori delle Accademie.
Questi studiosi, che sembrano ignorare completamente le ricerche che non
concordano con le loro prese di posizione, sono in compenso molto prolissi
su questioni che, queste sì, non hanno niente di scientifico.
È forse compito loro ordinare al ministro degli interni Nicolas Sarkozy,
come fa il rapporto dell'Accademia delle scienze, di «adottare una condotta
ferma», in particolare «sul controllo dell'ordine pubblico intorno alle
coltivazioni sperimentali di Ogm»? Sta a loro farsi paladini delle
multinazionali americane esigendo la rimozione della moratoria europea: «Con
l'entrata in vigore della nuova normativa, non c'è alcuna ragione obiettiva
per prolungare una moratoria (priva di fondamenti giuridici) sulle
autorizzazioni per la commercializzazione di Ogm»?
Queste prese di posizione si capiscono meglio esaminando la composizione del
gruppo di lavoro che ha preparato il rapporto dell'Accademia delle scienze.
È quasi interamente costituito da personalità il cui entusiasmo per gli Ogm
è conosciuto da tempo. Le sue conclusioni sono tanto credibili quanto quelle
di un comitato chiamato a pronunciarsi sui rischi del tabagismo, che fosse
formato da rappresentanti dei produttori di tabacco e da «scienziati» a loro
legati da contratti di ricerca. Vediamo alcuni esempi.
L'animatore del gruppo, Roland Douce, è stato opportunamente scelto: dal
1986 ha svolto le funzioni di responsabile della unité mixte Cnrs/Rhône
Poulenc (diventato Aventis) Agrochimie (Umr 41). Scorrendo gli altri nomi,
colpisce quello di Francine Cassé, il cui corso «Metodi di ottenimento e di
applicazioni agroalimentari e biomediche delle piante transgeniche» prevede
che alla fine lo studente sia capace di «citare esempi di applicazioni
potenziali della transgenesi vegetale in agricoltura, nell'industria
alimentare e farmaceutica». Non stupisce che in un articolo pubblicato su La
Recherche abbia potuto scrivere che l'opposizione agli Ogm si basa su
«motivazioni che le sfuggono».
Soluzioni «per» il Sud I lavori di Alain Rérat, del Cirad, sono spesso
citati sul sito dell'industria del vivente realizzato dalla Confédération
française des semenciers (Cfs), dal Groupement national interprofessionnel
des semences et plants (Gnis), e dall'Union des industries de la protection
des plantes (Uipp). Bisogna ammettere che il titolo di una delle ricerche su
cui sta lavorando è promettente: La transgenesi promuove un'agricoltura di
lunga durata. Weil è invece uno dei due responsabili di un progetto
congiunto del Cirad e della Fondation Aventis-Institut de France che si
propone di condividere con i paesi del Sud i benefici dell'agricoltura
«sostenibile». In particolare si tratta di dare «soluzioni alternative
all'uso di prodotti fitosanitari» (traduzione: gli Ogm). Quanto a Bernard Le
Buanec, è il segretario generale della Federazione internazionale dei semi
(Fis) e dell'Associazione internazionale dei selezionatori.
Un titolo che, curiosamente, il rapporto non menziona...
Quello stesso principio di precauzione che ha contato tanto poco per i
membri del gruppo di lavoro, sembra invece essere stato decisivo nella
selezione dei partecipanti al gruppo stesso: grazie a loro, non c'è il
minimo rischio di dispiacere agli industriali americani e ai loro colleghi
francesi ed europei.



note:


(1) Si legga Susan George, «Gli Stati uniti alla guerra degli Ogm», Le Monde
diplomatique/il manifesto, maggio 2002.

(2) Bulletin de l'Académie nationale de médecine, 2002, 186, n° 9, seduta
del 10 dicembre 2002.

(3) Accademia delle scienze, «Les plantes génétiquement modifiées», rapporto
Science et technologie, n° 13, dicembre 2002.

(4) The Royal Society, Genetically Modified Plants for Food Use, settembre
1998; The British Medical Association, Board of Science, The Impact of
Genetic Modification on Agriculture, Food and Health: an Interim Statement,
1999; Bma, The Health Impact of Gm Crop Trials, novembre 2002.