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truffa nelle conserve
- Subject: truffa nelle conserve
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Tue, 18 Feb 2003 06:46:32 +0100
dalla stampa Domenica 9 Febbraio IL 20 PER CENTO DELLE CONSERVE CONFEZIONATE IN ITALIA CONTIENE ESTRATTI DI POMODORO CHE ARRIVANO DA PECHINO Truffa nella «pummarola» con concentrato cinese La Coldiretti: «Troppe etichette mentono» 9/2/2003 ROMA La «pummarola» diventa cinese ma il consumatore non se ne accorge pensando di acquistare un prodotto tutto italiano. Il 20 per cento delle conserve di pomodoro confezionate nel nostro Paese contiene concentrato di prodotto che arriva da Pechino. La denuncia è della Coldiretti che evidenzia il nuovo attacco al «made in Italy». A essere messo in crisi non è solo l´orgoglio dei prodotti nazionali, ma anche e soprattutto la sicurezza alimentare e la correttezza nei confronti del consumatore che viene ingannato perché sull´etichetta non trova alcuna indicazione dell´origine. Quest´anno a causa del maltempo sono state importate 82 mila tonnellate di concentrato di pomodoro dalla Cina, a fronte di una produzione nazionale ridottasi a 396 mila tonnellata. Il nostro paese è leader di questo settore non solo in termini di quantità (è il secondo a livello mondiale) ma soprattutto per qualità, tradizione e immagine. Il pomodoro viene utilizzato per concentrati, pelati, polpe, cubettati, passate e succhi. «Il pomodoro cinese di prima trasformazione - dicono i tecnici di Coldiretti - viene mescolato con quello italiano e venduto in tutto il mondo sotto il marchio del made in Italy. E´ necessario indicare la provenienza della materia prima utilizzata nei trasformati di pomodoro per impedire che sia sfruttata l´immagine delle zone tradizionali di coltivazione, ingannando i consumatori e danneggiando gli imprenditori agricoli nazionali». L´Intesa dei consumatori considera che «utilizzare produzioni estere e spacciarle per produzioni nazionali significa ingannare i consumatori già vittime di frodi e inganni». Rosario Trefiletti, presidente di Ferconsumatori sollecita indagini su chi utilizza tali metodi, obbligandoli a specificare ciò sulle etichette, altrimenti le associazioni dei consumatori renderanno note le case produttrici invitando i cittadini al boicottaggio». «L´importazione dalla Cina - spiega Lorenzo Bazzana, responsabile tecnico economico di Coldiretti - è un fenomeno non nuovo, ma si è notevolmente sviluppato negli ultimi anni. Il paese asiatico è il prncipale produttore ortofrutticolo a livello mondiale. L´Italia ha fornito a Pechino macchine per la trasformazione e oggi vediamo arrivare nel nostro paese il concentrato. Con il semi lavorato la Cina si mette in diretta competizione con le industrie mediterranee». Quella del pomodoro è solo l´ultima delle battaglie per la tutela del made in Italy. E´ il caso delle farine di frumento sia duro sia tenero: «L´Italia - aggiunge Bazzana - ha esportato in altri paesi i macchinari e i mulini e oggi questi (ieri nostri clienti) producono autonomamente. Assolutamente non s´intende porre limiti alle esportazioni di tecnologia ma il problema è poter identificare i veri prodotti italiani». Le trappole del falso sono diverse: dal latte sfuso importato e trsformato in formaggi e yogurt nazionali, l´olio extravergine d´oliva venduto senza indicare l´origine delle olive e spesso tagliato con olio di altra provenienza. Ogni anno, poi, vengono importate in Italia 800 mila tonnellate di pasta destinate alla produzione di «made in Italy». E altro problema riguarda le imitazioni: dal parmesan al provolone, il prosciutto San Daniele e Parma. C´è poi la questione della sicurezza alimentare: «Sull´uso di sostanze chimiche - aggiunge Bazzana - la legislazione Ue è la più restrittiva al mondo. Quando si importa da fuori Europa un prodotto c´è il rischio che la materia prima sia stata trattata con agenti vietati dalla Ue. Confidiamo in capillari controlli».
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