truffa nelle conserve



dalla stampa

  Domenica 9 Febbraio 
 
   
 
  IL 20 PER CENTO DELLE CONSERVE CONFEZIONATE IN ITALIA CONTIENE ESTRATTI
DI POMODORO CHE ARRIVANO DA PECHINO 
Truffa nella «pummarola» con concentrato cinese 
La Coldiretti: «Troppe etichette mentono» 

9/2/2003



ROMA 

La «pummarola» diventa cinese ma il consumatore non se ne accorge pensando
di acquistare un prodotto tutto italiano. Il 20 per cento delle conserve di
pomodoro confezionate nel nostro Paese contiene concentrato di prodotto che
arriva da Pechino. La denuncia è della Coldiretti che evidenzia il nuovo
attacco al «made in Italy». A essere messo in crisi non è solo l´orgoglio
dei prodotti nazionali, ma anche e soprattutto la sicurezza alimentare e la
correttezza nei confronti del consumatore che viene ingannato perché
sull´etichetta non trova alcuna indicazione dell´origine. Quest´anno a
causa del maltempo sono state importate 82 mila tonnellate di concentrato
di pomodoro dalla Cina, a fronte di una produzione nazionale ridottasi a
396 mila tonnellata. Il nostro paese è leader di questo settore non solo in
termini di quantità (è il secondo a livello mondiale) ma soprattutto per
qualità, tradizione e immagine. Il pomodoro viene utilizzato per
concentrati, pelati, polpe, cubettati, passate e succhi. «Il pomodoro
cinese di prima trasformazione - dicono i tecnici di Coldiretti - viene
mescolato con quello italiano e venduto in tutto il mondo sotto il marchio
del made in Italy. E´ necessario indicare la provenienza della materia
prima utilizzata nei trasformati di pomodoro per impedire che sia sfruttata
l´immagine delle zone tradizionali di coltivazione, ingannando i
consumatori e danneggiando gli imprenditori agricoli nazionali». L´Intesa
dei consumatori considera che «utilizzare produzioni estere e spacciarle
per produzioni nazionali significa ingannare i consumatori già vittime di
frodi e inganni». Rosario Trefiletti, presidente di Ferconsumatori
sollecita indagini su chi utilizza tali metodi, obbligandoli a specificare
ciò sulle etichette, altrimenti le associazioni dei consumatori renderanno
note le case produttrici invitando i cittadini al boicottaggio».
«L´importazione dalla Cina - spiega Lorenzo Bazzana, responsabile tecnico
economico di Coldiretti - è un fenomeno non nuovo, ma si è notevolmente
sviluppato negli ultimi anni. Il paese asiatico è il prncipale produttore
ortofrutticolo a livello mondiale. L´Italia ha fornito a Pechino macchine
per la trasformazione e oggi vediamo arrivare nel nostro paese il
concentrato. Con il semi lavorato la Cina si mette in diretta competizione
con le industrie mediterranee». Quella del pomodoro è solo l´ultima delle
battaglie per la tutela del made in Italy. E´ il caso delle farine di
frumento sia duro sia tenero: «L´Italia - aggiunge Bazzana - ha esportato
in altri paesi i macchinari e i mulini e oggi questi (ieri nostri clienti)
producono autonomamente. Assolutamente non s´intende porre limiti alle
esportazioni di tecnologia ma il problema è poter identificare i veri
prodotti italiani». Le trappole del falso sono diverse: dal latte sfuso
importato e trsformato in formaggi e yogurt nazionali, l´olio extravergine
d´oliva venduto senza indicare l´origine delle olive e spesso tagliato con
olio di altra provenienza. Ogni anno, poi, vengono importate in Italia 800
mila tonnellate di pasta destinate alla produzione di «made in Italy». E
altro problema riguarda le imitazioni: dal parmesan al provolone, il
prosciutto San Daniele e Parma. C´è poi la questione della sicurezza
alimentare: «Sull´uso di sostanze chimiche - aggiunge Bazzana - la
legislazione Ue è la più restrittiva al mondo. Quando si importa da fuori
Europa un prodotto c´è il rischio che la materia prima sia stata trattata
con agenti vietati dalla Ue. Confidiamo in capillari controlli».