a quali industrie giova la guerra



dal sole24ore

                               
 
Mercoledì 12 Febbraio 2003 
  
AEROSPAZIO-DIFESA

A quali blue chips giova la guerra?
Viaggio nei settori "sensibili". Sotto i riflettori il comparto
aerospazio-difesa. I dati, i grafici, i giudizi degli analisti. 
di Nicola Borzi 
 
  
AEROSPAZIO-DIFESA

La guerra in Iraq "non basta"
a un settore a due velocità
La crisi dell'aviazione civile grava sul settore: non saranno i 100
miliardi di dollari di spese nel possibile conflitto a ridare fiato alle
multinazionali.
di Nicola Borzi 
Non sarà una eventuale guerra contro l'Iraq a modificare le prospettive
economiche e industriali del settore aerospazio-difesa. Su questo
concordano pressoché tutte le voci degli esperti e degli analisti
finanziari. Nonostante una spesa preventivata nell'ordine dei 100 miliardi
di dollari, la possibile azione militare contro il Paese del Golfo Persico
non cambierà radicalmente le tendenze del comparto.
La spesa aggiuntiva porterà, com'è ovvio, benefici a una vasta platea di
imprese e soggetti economici. Ma per una serie di ragioni che spiegheremo
più avanti non sarà per nulla facile riuscire a "leggere" i dati.
Sono stati invece altri due fattori, pressoché concomitanti, a modificare
le prospettive del comparto: l'elezione alla Casa Bianca a fine 2000 di un
presidente repubblicano, George Walker Bush Jr, e, poco più di nove mesi
dopo, l'attacco dell'11 settembre agli Stati Uniti, con la ridefinizione
integrale della politica militare statunitense. Fattori determinanti,
questi, per un settore che ha vissuto la "lunga traversa del deserto"
durante gli anni Novanta, quando le due amministrazioni democratiche di
Clinton avevano deciso il progressivo contenimento della spesa militare
statunitense.

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Una difficile ricognizione. Sono le stesse caratteristiche industriali del
settore aerospazio-difesa a rendere difficile la piena individuazione delle
linee di spesa (già di per sé quanto più possibile "riservate"). Quello che
viene comunemente definito "il complesso industrial-militare statunitense",
l'insieme cioé delle attività economiche-produttive che si muove in
simbiosi con (e quindi cerca di influenzare il) Pentagono, non è un
ordinato e lineare come un reparto militare schierato in parata.
Le imprese che producono armi sono suddivise in due grandi "famiglie", a
loro volta ulteriormente spezzettate: ci sono quelle interamente private e
quelle gestite direttamente invece dal Governo di Washington. Ma esiste poi
un vasto arcipelago, i cui continui mutamenti rendono pressoché impossibile
tracciarne una mappa, di imprese minori, "subbappaltatrici", che vivono
della riallocazione di parti delle megacommesse. Commesse che sono
sostanzialmente di tre tipi: realizzate interamente dai privati; gestite da
privati in impianti di proprietà del Governo Usa; gestite da personale
pubblico in impianti pubblici.
Il grosso calibro della grana di questa rappresentazione è poi dovuto a
un'altra serie di fattori. C'è un densissimo alone di riservatezza che
circonda non tanto la produzione in sé quanto il commercio internazionale
delle armi. Inoltre, occorre considerare l'estrema lunghezza del ciclo
produttivo che tra progettazione, commissione e realizzazione finale spesso
richiede dal momento del concepimento a quello del dislocamento periodi
superiori al decennio.Last but not least, il settore ha due "facce". La
definizione "aerospazio-difesa" accomuna, talvolta nella stessa azienda,
produzioni a fini civili (come quelle di aerei commerciali) e militari,
quindi committenze diverse: una in gravissima crisi e una in ripresa

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I numeri del comparto: fatturato in calo. Secondo gli ultimi dati a
disposizione diffusi dalla Aia, l'Aerospace Industries Association,
l'associazione statunitense delle imprese del settore aerospazio-difesa,
l'industria aerospaziale Usa nel 2002 ha realizzato un fatturato di 148
miliardi di dollari, in calo di 5 miliardi, pari al 3,2%, rispetto ai 153
miliardi del 2001. A sostenere il fatturato del settore sono state proprio
le vendite di velivoli militari e sistemi d'arma al Pentagono che tuttavia
non sono riuscite a bilanciare il tracollo degli ordini e del fatturato dei
velivoli civili. Nonostante questo, però, le stime degli utili del settore
lo scorso anno hanno toccato quota 9 miliardi di dollari, il picco
dell'ultimo triennio.
Tuttavia, le previsioni formulate prima dell'aumento delle tensioni in Iraq
non erano certo positive per il settore. Secondo le stime della stessa Aia,
nel 2003 il fatturato del comparto dovrebbe calare ulteriormente di 9,7
miliardi di dollari rispetto al 2002 a quota 138 miliardi, soprattutto a
causa della fortissima contrazione delle vendite al settore civile per il
secondo anno consecutivo.

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L'effetto Twin Towers. Non va dimenticato infatti che il 2002 è stato
l'annus horribilis del trasporto aereo civile internazionale. Dopo gli
attacchi dell'11 settembre, le sole nove maggiori compagnie aeree
statunitensi hanno subito nello scorso anno perdite lorde per oltre 9
miliardi di dollari, a fronte di un indebitamento consolidato stimato in
circa 100 miliardi di dollari. Dimensioni mostruose, se si considera che la
capitalizzazione complessiva di Borsa delle nove aziende in questione non
superava, a fine anno, i 15 miliardi di dollari. Una situazione, queste,
che ha già causato i primi tracolli e che se non verrà velocemente
recuperata potrebbe portare al "meltdown" dell'intero comparto.


 La scheda: il settore aerospazio-difesa in Italia
La fotografia della novantina di imprese nazionali dei comparti aerospazio,
navale, terrestre ed elettronico secondo gli ultimi dati 2001. 


Tutto ciò porta molti analisti a considerare comunque che l'eventualità di
una guerra degli Stati Uniti (con o senza partner occidentali) contro
l'Iraq non avrà grosse ripercussioni immediate sull'industria aerospaziale
e della difesa. A "beneficiare" di più dell'investimento in un probabile
conflitto saranno le imprese che producono i "materiali di consumo"
(munizioni e missili in primis) e quelle impegnate nella logistica da, in e
per il fronte. Top 

I beni più richiesti: munizioni, missili, carburante. Poiché le industrie
del settore lavorano principalmente "per il magazzino", saranno queste
imprese a dover rimpiazzare le scorte andate "esaurite" e a dover fare
fronte alla domanda di mobilità delle decine o centinaia di migliaia di
uomini e mezzi. In questo settore, l'unico risultato di medio periodo potrà
essere ottenuto dall'eventuale miglioramento dei sistemi d'arma realizzato
in base ai dati ottenuti nelle "prove dal vero".
Lo ha confermato il 6 febbraio Mike Sears, responsabile finanziario della
Boeing - primo gruppo aerospaziale del mondo -, in una intervista a Gianni
Dragoni del Sole 24 Ore: «La guerra in Iraq, se ci sarà, non farà piovere
manna dal cielo sulla Boeing. Come al solito, in una guerra si utilizzano
soprattutto materiali che si consumano, bombe, munizioni, missili,
carburante, prodotti che in larga parte non ci riguardano. Quindi, un
eventuale conflitto in Iraq non si tradurrebbe in una manna per i nostri
ricavi Nella prospettiva della guerra abbiamo aumentato la produzione di
"Jdam" (le bombe intelligenti teleguidate utilizzate in Afghanistan, Ndr),
questo può generare un aumento di un paio di centinaia di milioni di
dollari di ricavi, nell'arco di dodici mesi».

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Gli investimenti dell'era Bush. Tuttavia, come spiegava Alessandro
Plateroti sul Sole 24 Ore del 25 gennaio scorso, «se le prospettive
dell'economia americana sono incerte, quelle dell'industria della difesa
sono decisamente migliori», sia «a medio» che «a lungo termine..., le
migliori dai tempi di Ronald Reagan. Per rispondere alla sfida del
terrorismo internazionale e per combattere le "nazioni canaglia" come
l'Iraq l'amministrazione Bush ha speso l'anno scorso 345 miliardi di
dollari, ha chiesto 359 miliardi per il 2003 e prevede una spesa aggiuntiva
di 100 miliardi in caso di guerra all'Iraq. Lo stesso Pentagono prevede un
fabbisogno di 408 miliardi entro il 2007, mentre secondo il Congressional
Budget Office la spesa americana in armamenti si attesterà su una media di
430-480 miliardi nei prossimi 20 anni; per quanto riguarda gli investimenti
in nuovi sistemi d'arma, invece, la spesa dovrebbe salire dai 128 miliardi
di quest'anno a 190 miliardi nel 2012».

Non sarà una eventuale guerra contro l'Iraq, dunque, a modificare le
tendenze del settore difesa. Come molti ritengono, semmai, più che a
pacificare la regione il probabile conflitto nel Golfo potrebbe aumentare
ulteriormente l'instabilità dell'area. E maggiore instabilità significa
ulteriore necessità di difesa. 
  
AEROSPAZIO-DIFESA

"Il trend di settore dipende 
dal tipo di conflitto"
Secondo gli analisti l'indice del comparto si muoverà al rialzo. Ma il suo
andamento e quello delle principali società è strettamente legato ai tempi
e agli esiti della "guerra annunciata".
di Nicola Borzi 
La Borsa non scommette sul settore aerospazio-difesa. Anzi, ritiene che
nell'eventualità di un conflitto i titoli del comparto potrebbero seguire
il ribasso generale dei mercati, anche se con una tendenza alla flessione
meno accentuata del resto del mercato.
E' questa l'opinione di alcuni analisti che seguono le azioni del settore
quotate al Nyse, il New York Stock Exchange, ovvero la Borsa "storica" di
Wall Street dove sono quotate le azioni delle aziende della cosiddetta "old
economy".




L'andamento del settore in Borsa 
 




Secondo l'opinione di un analista di un primario istituto di credito
nazionale, «occorre innanzitutto considerare che i titoli del settore sono
stati spinti al rialzo dalle aspettative di elevata crescita del settore
seguite all'elezione di George Walker Bush Jr alla presidenza Usa alla fine
del 2000. Attese che solo parzialmente mantenute, tant'è che oggi l'indice
del settore sta ritracciando al ribasso, visto che quei tassi di crescita
non sono stati raggiunti e che alcune delle maggiori società del comparto,
colpite dalla crisi dell'aviazione commerciale, hanno presentato anche
recentemente dei "profit warning", come nel caso di Boeing».
Quanto alle prospettive a breve termine del comparto, l'esperto afferma:
«Non mi aspetto che una eventuale guerra all'Iraq spinga i titoli al
rialzo, visto che i fondamentali, al di là delle commesse, non sono tali da
sostenere una ripresa delle quotazioni. In generale l'indice del settore
potrebbe essere soggetto a un trend leggermente migliore dell'indice Dow
Jones, ma non positivo, visto che dopo il primo grande aumento degli
stanziamenti per il Pentagono gli anni successivi non potranno vedere il
protrarsi di simili incrementi percentuali della spesa militare
statunitense. Tuttavia il trend dipende anche dal tipo di conflitto che si
può verificare, dalla sua estensione temporale e dal rischio di un suo
allargamento ad altri Stati della regione mediorientale».

"Difficile azzarda re previsioni"
Arduo invece sbilanciarsi sui possibili scenari a medio termine: «Non entro
direttamente nelle previsioni a tre-cinque anni. Ritengo che chi si
avvicina a questo genere di analisi debba tenere in debita attenzione i
multipli classici delle imprese industriali. In una analisi orientata più a
breve, invece, suggerisco di considerare il "sentiment" e le indicazioni
grafiche. Alcuni titoli sono vicini a doppi minimi, ma non scommetterei su
una ripresa imponente, quanto piuttosto in operatività a breve concentrata
su spread modesti».
Un altro aspetto sul quale punta l'indice l'analista è il diverso peso
delle commesse militari sui fatturati delle maggiori imprese del settore.
«Occorre ovviamente fare dei distinguo tra i singoli casi di società
quotate. Se prendiamo ad esempio United Tecnologies, uno dei giganti del
settore con una capitalizzazione di 30 miliardi di dollari, occorre
considerare che, a parte la produzione di elicotteri civili e militari e
alla divisione Pratt & Whitney, l'impresa rappresenta un tipico caso di
conglomerata industriale che raggruppa una delle maggiori società mondiali
di ascensori e scale mobili, quale Otis, e un importante segmento attivo
nella produzione di impianti di refrigerazione, condizionamento aria e
riscaldamento. Un altro gigante, Boeing, si trova a dover fronteggiare
soprattutto il calo delle commesse del settore dell'aviazione civile, che
ha una incidenza maggiore sul suo fatturato».
AEROSPAZIO-DIFESA

Sei "giganti in armi" per contendersi 
la leadership
I dati delle società del comparto aerospazio-difesa: fatturati in crescita
per tutti (dall'1% al 32%), tranne che per Boeing (-5% nei primi nove mesi
del 2002), appesantita dal calo delle vendite di velivoli civili. 



 
United Technologies (ticker: UTX)
United Technologies è una conglomerata industriale attiva in quattro
settori principali: Pratt & Whitney (motori aeronautici e sistemi di
proulsione per veicoli spaziali), Flight Systems (sistemi elettrici per
elicotteri), Otis (ascensori e scale mobili) e Carrier (sistemi di
riscaldamento, condizionamento, refrigerazione).
Nell'esercizio chiuso al 31 dicembre 2002, i ricavi di United Technologies
sono cresciuti dell'1% a 28,21 miliardi di dollari, mentre il risultato
netto di competenza è cresciuto del 16% a 2,21 miliardi di dollari, grazie
soprattutto alla crescita del fatturato di Otis, a maggiori margini lordi e
al calo degli oneri finanziari e delle spese per ammortamenti.
Il titolo Utx è quotato al Nyse: nell'ultimo anno il range è stato tra un
minimo di 48,83 dollari e un massimo di 77,75. Ieri ha chiuso a quota
62,62, in calo del 2,13 per cento sulla seduta precedente, con una
capitalizzazione di 29,45 miliardi di dollari. 
 
 
Raytheon (ticker: RTN)
Raytheon è una conglomerata industriale che produce sistemi elettronici per
la difesa, missili, radar, sensori, apparati elettrottici; sistemi di
intelligence, sorveglianza e riconoscimento; sistemi di comando, controllo,
comunicazione e informazione; sistemi navali; sistemi di controllo del
traffico aereo e servizi tecnici. Raytheon Aircraft produce velivoli
commerciali e speciali e una vasta gamma di aerei con propulsione a
turbina, turboprop e a pistoni.
Nell'esercizio al 31 dicembre 2002, il fatturato di Raytheon è cresciuto
del 5% a 16,76 miliardi di dollari. Il risultato delle attività correnti,
al netto delle componenti straordinarie e degli effetti di cambio, è stato
pari a 755 milioni di dollari, con un aumento di 18 milioni sull'esercizio
precedente. La crescita del fatturato è stata trainata dalle attività nel
settore della difesa, mentre quella del risultato netto è stata influenzata
dal calo dei costi di marketing.
Nell'ultimo anno il titolo RTN quotato al Nyse ha variato tra un minimo di
26,3 e un massimo di 45,7 dollari. Ieri il titolo ha chiuso a quota 29,47
dollari, in calo dello 0,87% sulla seduta precedente, con una
capitalizzazione di 11,96 miliardi di dollari. 
 
 
Northrop Grumman (ticker: NOC)
Northrop Grumman è una impresa della difesa che produce sistemi e apparati
hi-tech, servizi e soluzioni per il settore militare e l'elettronica
commerciale, integrazione di sistemi, tecnologie informatiche, sistemi e
navi a propulsione nucleare e non-nucleare. Northrop Grumman ha impianti in
44 Stati Usa e 25 Paesi, al servizio dell'esercito degli Stati Uniti e di
altre nazioni, di Governi e clienti corporate.
Nel dicembre 2002 la società ha acquisito per incorporazione TRW
Incorporated, industria produttrice di sistemi e servizi tecnologici per
l'aerospazio, l'informatica e l'auto. Il business principale di TRW, che
ora è una delle divisioni di Northrop Grumman, è la costruzione di prodotti
e la vendita di servizi di engineering, ricerca e tecnologie per
l'industria e il Governo Usa nei settori dell'auto, dei sistemi
informatici, della difesa e dell'aerospazio.
Nell'esercizio al 31 dicembre 2002, grazie all'effetto della fusione per
incorporazione le vendite di Northrop Grumman sono cresciute del 32% a
17,21 miliardi di dollari mentre il risultato netto è aumentato del 52% a
697 milioni di dollari, grazie alle acquisizioni di Newport News and Litton
e di un calo della tassazione dovuto all'eliminazione dell'ammortamento
dell'avviamento.
Nell'ultimo anno il titolo NOC quotato al Nyse ha variato tra un minimo di
87,2 e un massimo di 135 dollari. Ieri il titolo ha chiuso invariato a 91,4
dollari, con una capitalizzazione di Borsa di 10,34 miliardi di dollari. 


 
Lockheed Martin (ticker: LMT)
Lockheed Martin è una società industriale attiva nella ricerca,
progettazione, produzione e integrazione di prodotti e servizi ad alta
tecnologia in settori che variano dai velivoli ai veicoli spaziali ai
sistemi di lancio di missili, dall'elettronica ai sistemi informatici e
alla gestione dell'energia.
Nell'esercizio chiuso al 31 dicembre 2002, il fatturato della Lockheed
Martin è cresciuto dell'11% a 26,58 miliardi di dollari, mente il risultato
netto ha raggiunto i 533 milioni di dollari con un aumento sull'anno
precendente di 43 milioni realizzato grazie alla crescita delle attività
commerciali spaziali e a un calo degli oneri finanziari.
Nell'ultimo anno il titolo LMT quotato al Nyse ha variato tra un minimo di
48,57 e un massimo di 71,52 dollari. Ieri il titolo ha chiuso invariato a
48,8 dollari, con una capitalizzazione di Borsa di 22,26 miliardi di
dollari circa. 
 
 
Boeing (ticker: BA)
Boeing, società quotata al Nyse, sviluppa e produce aerei commerciali,
velicoli militari e sistemi spaziali e missilistici in tre aree distinte:
velivoli commerciali, velivoli militari e missili, aerospazio e comunicazioni.
Secondo l'ultima trimestrale al 30 settembre scorso, nei primi nove mesi
del 2002 il fatturato di Boeing è calato del 5% rispetto allo stesso
periodo del 2001 a 40,37 miliardi di dollari, mentre il risultato netto è
diminuito del 37% su base annua a 1,73 miliardi di dollari. La contrazione
è stata causata dal calo delle vendite di velivoli civili, da una
contrazione dei margini lordi e dall'aumento degli oneri finanziari.
Nell'ultimo anno il titolo BA quotato al Nyse ha variato tra un minimo di
28,53 e un massimo di 51,07 dollari. Ieri il titolo ha chiuso invariato a
29,84 dollari, con una capitalizzazione di Borsa di 23,85 miliardi di
dollari circa. 
 

 
General Dynamics (ticker: GD)
General Dynamics, società quotata al Nyse, realizza sistemi per la difesa
per l'esercito Usa e i Paesi occidentali alleati di Washington operando nei
comparti dei sistemi di combattimento, marina, sistemi e tecnologie
dell'informazione e aerospaziale.
Secondo gli ultimi dati della trimestrale al 30 settembre dello scorso
anno, nei primi nove mesi del 2002 i ricavi di General Dynamics sono
cresciuti del 15% a 9,92 miliardi di dollari rispetto al fatturato al 30
settembre 2001, mentre il risultato netto è aumentato del 9% sullo stesso
periodo del 2001 a 760 milioni di dollari. La crescita delle vendite
riflette l'accelerazione del comparto tecnologie e sistemi di informazione
realizzata grazie ad alcune acquisizioni. La crescita degli utili è stata
ridotta parzialmente da una contrazione del margine operativo.
Nell'ultimo anno il titolo GD quotato al Nyse ha variato tra un minimo di
63,36 e un massimo di - 111,18 dollari. Ieri il titolo ha chiuso invariato
a 65,4 dollari, con una capitalizzazione di Borsa di 13,14 miliardi di
dollari circa.