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ecomafie,un fronte europeo
- Subject: ecomafie,un fronte europeo
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 14 Nov 2002 06:49:36 +0100
da lanuovaecologia.it Venerdì 8 Novembre 2002 FIRENZE|Le proposte di Libera e Legambiente Un fronte comune europeo contro le ecomafie Don Ciotti al Forum Le associazioni chiedono una "radiografia" dei traffici e delle organizzazioni coinvolte e l'inserimento dei reati ai danni delle risorse naturali nella Convenzione sul crimine organizzato transnazionale. Al Social Forum il Vecchio continente contro i nuovi "ecopirati" C'è un dato globale: con le archeomafie soprattutto, ma anche con il traffico della fauna protetta e con quello di rifiuti l'ecomafia conquista la scena internazionale. Anche il 2001, insomma, conferma gli scenari di ecocriminalità "globale" denunciati dal Rapporto Ecomafia di Legambiente: traffici di rifiuti, di specie protette e loro derivati, di opere d'arte e beni archeologici sono innetta espansione in tutto il mondo. Se ne è parlato oggi al Social Forum in un incontro che ha visto la partecipazione di don Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera e Francesco Ferrante, direttore generale di Legambiente e Nunzio Cirino Groccia, coordinatore nazionale dell'Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente. «Una caratteristica comune a queste attività illecite è l'assoluto rilievo del giro d'affari che garantiscono - commenta Nunzio Cirino Groccia, citando le stime elaborate dal National Intelligence Council americano - Circa 5 miliardi di euro l'anno sono il bottino garantito dal commercio di specie protette; altri 5-6 miliardi di euro arrivano dal mercato illecito di opere d'arte e reperti archeologici. E i traffici di rifiuti pericolosi fruttano agli ecocriminali tra i 12 e i 15 miliardi di euro». «Il business dell'ecomafia - incalza Ferrante - è la conferma dell'interesse delle organizzazioni criminali verso cemento, rifiuti e racket degli animali. E della loro capacità di sfruttare nuove opportunità, dall'archeomafia al caviale clandestino, all'incredibile giro di affari dei rifuti». LE NUOVE FRONTIERE Anche le rotte del malaffare ambientale sono in continua evoluzione. Quelle tradizionali vanno da Nord a Sud in entrambe le direzioni, con i rifiuti che viaggiano dai Paesi industrializzati a quelli in via di sviluppo, soprattutto quelli africani, e specie protette e reperti archeologici che seguono, spesso, l'itinerario inverso. La nuova "via dell'ecomafia" invece è quella Est-Ovest. L'apertura dei mercati europei, infatti, ha innescato una sorta di "integrazione" criminale. «Sia per quanto riguarda i traffici illegali di specie protette, sia per quanto riguarda le opere d'arte - spiega Cirino Goccia - è ormai evidente l'esistenza di vere e proprie organizzazioni dedicate al saccheggio delle risorse naturali, storiche e artistiche dei paesi dell'Est. E si conferma l'esistenza di organizzazioni criminali specializzate in traffici internazionali di reperti archeologici che, trafugati in Italia, raggiungono attraverso la Svizzera Inghilterra, Giappone e Usa». I numeri sono impressionanti: soltanto il contrabbando di specie protette frutta tra gli 8 e i 12 miliardi di euro, la pesca illegale rappresenta il 30% del mercato; buona parte dei 500 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi prodotte nel mondo viene smaltito illegalmente, in particolare nei paesi più poveri; in 10 anni, soltanto negli Stati Uniti sarebbero state importate dalle 10.000 alle 20.000 tonnellate di clorofluorocarburi, messi al bando dal protocollo di Montreal; il 65% del legname venduto nel mondo proviene da tagli illegali di alberi. L'ultima frontiera dei traffici illeciti di rifiuti, poi, mascherati sotto improbabili attività di riciclaggio, riguarda, come già accennato il mercato dei computer. Tra il 50% e l'80% del materiale elettronico di scarto raccolto negli Stati Uniti (contenente sostanze pericolose, come il mercurio, il cromo e il cadmio) verrebbe imbarcato e spedito, via mare, in Pakistan, India e Cina. Qui, nella provincia del Guangdong, a Nord-est di Honk Kong, in una miriade di piccolo villaggi sarebbe stata allestita una sorta di "industria" diffusa di riciclaggio. Che la Cina sia diventata una nuova "frontiera" di queste attività emerge anche da un'altra indagine, questa volta condotta in Italia: oltre 2.500 tonnellate di residui plastici, come è stato accertato dopo circa un anno d'inchiesta, ammassate a valle di un processo di selezione di rifiuti urbani, sono state spedite da alcuni porti italiani verso quello di Hong Kong. I RIFIUTI Rifiuti che vanno e rifiuti che tornano, e che a volte vengono fortunatamente respinti alle frontiere. I rottami metallici (ferro, acciaio, alluminio, rame e ottone) contaminanti radioattivamente che sono stati individuati al valico stradale di Sant'Andrea e a quello ferroviario di Gorizia: si tratta, nel 2001, di ben 1.802 tonnellate di rottami (erano 2.696 nel 2000 e ben 3.688 nel 1999). Un numero che resta rilevante anche se, rispetto al 1999 si è assistito a un dimezzamento dei quantitativi intercettati a fronte, vale la pena sottolinearlo, di circa un raddoppio dei flussi di rottami importati (dalle 567mila tonnellate del 1999 alle oltre 900mila del 2001). Un ulteriore dato che vale la pena sottolineare, anche con una qualche preoccupazione, è il deciso incremento del trasporto su gomma: si passa, infatti, dalle circa 50mila tonnellate in ingresso del 1999 alle oltre 234mila del 2001. Nessuna novità di rilievo, invece, è emersa per quanto riguarda le preoccupanti e circostanziate segnalazioni (già al centro del precedente Rapporto Ecomafia di Legambiente) relative ai traffici di rifiuti pericolosi che avrebbero investito diversi Paesi africani. Rifiuti prodotti anche nel nostro Paese e finiti, si supponeva, in Somalia, Malawi, Zaire, Sudan, Eritrea. LE PROPOSTE «L'orientamento assunto in Europa – conclude Francesco Ferrante, direttore generale di Legambiente – ci invita a formulare delle proposte all'Unione europea». Libera e Legambiente chiedono alle istituzioni dell'Unione l'ampliamento delle competenze dell'Europol, attualmente limitate ai soli materiali radioattivi, e quelle di Eurojust, la magistratura europea, a tutta la filiera dei crimini ambientali. Ce n'è anche per l'attività delle Nazioni Unite. «Bisogna introdurre - conclude Cirino Groccia - all'interno della Convenzione sul crimine organizzato transnazionale un riferimento esplicito ai fenomeni più gravi di criminalità ambientale. E va istituita una task-force che coinvolga personale dell'Unep, dell'Unesco e delle agenzie impegnate nella lotta al crimine organizzato per la realizzazione di una vera e propria "radiografia" dei traffici illeciti e delle organizzazioni criminali coinvolte».
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