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la nuova strategia di gates
- Subject: la nuova strategia di gates
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Tue, 24 Sep 2002 06:50:50 +0200
il manifesto - 15 Settembre 2002 L'architetto Bill e il socio Steve Ecco cosa si nasconde dietro la scelta del fondatore della Microsoft di lasciare il timone a Ballmer. La nuova divisione dei compiti al vertice di una delle maggiori potenze economiche mondiali. I contrasti interni tra manager, gli effetti dei prestiti generosi per le stock option e la stretta del controllo dopo il terremoto degli scandali finanziari. E in silenzio Gates progetta il suo futuro FRANCO CARLINI Da due anni e mezzo William Gates III detto Bill non controlla più la gestione operativa dell'azienda che fondò 27 anni fa e che da allora ha raccolto profitti per 50 miliardi di dollari. La sua carica è «soltanto» di presidente e di Architetto Capo (Chief software architect). Il giorno per giorno invece è affidato al nuovo Chief Executive Officer (Ceo), Steve Ballmer. Mai caratteri furono più diversi: freddo e persino scostante Bill, quanto invece è irruente e sanguigno Steve. In rete è tuttora possibile vedere e scaricare un filmato in cui Ballmer sale sul palco come un invasato per gasare l'auditorio come un vero show men. Ma la differenza di carattere non significa che tra i due ci sia contrasto, ma semmai una nuova divisione dei compiti. Gates si è messo in una posizione più defilata per due motivi: per sganciare la Microsoft dalla sua immagine, che non è poi così accattivante e soprattutto per dedicarsi a riprogettare un futuro che, dopo più di un quarto di secolo di successi monopolistici non può più essere lo stesso. Se Ballmer deve presidiare il mercato attuale, a Gates tocca invece il compito di disegnare nuovi prodotti e servizi per un mondo dove il personal computer non ha più la centralità assoluta che aveva in passato e dove le reti di comunicazione svolgono un ruolo decisivo, al punto che un Pc non connesso è ormai un oggetto pressoché inutile. Ovviamente i due ruoli sono complementari e così chi voglia capire dove sta puntando il monopolista del software farà bene a leggersi il memo interno che il 6 giugno scorso Steve Ballmer ha spedito per posta elettronica a tutti i dipendenti. Si intitola «Realizzare il potenziale» e poco dopo venne riproposto pubblicamente durante un incontro con gli analisti finanziari; lo si può leggere all'indirizzo www.eweek.com/article2/0,3959,98631,00.asp. Un analogo messaggio al popolo dei dipendenti Microsoft venne emesso da Gates nel 1995; quello di intitolava «L'ondata Internet» («The Internet tidal wave») e sia pure con ritardo prendeva atto che la rete Internet era una cosa importantissima che già aveva cambiato il mondo dell'informatica e che tutta la Microsoft doveva riallinearsi al nuovo contesto. In quella occasione Gates esibiva il meglio delle sue capacità che non sono mai state quelle di un inventore, ma di un innovatore che sa cogliere il vento e mettere la sua barca secondo la nuova direzione, inseguendo con abilità e alla fine sorpassando le barchette che si erano mosse per prima. La barchetta che correva felice era la Netscape con il suo programma di navigazione in rete, la quale venne raggiunta e schiacciata dall'Internet Explorer di Microsoft che oggi, secondo le rilevazioni appena emesse dal sito WebSideStory detiene ormai il 96 per cento del mercato, mentre Netscape si è ridotta a un misero 2,4 per cento. Ma oggi appunto? Il memo di Ballmer spiega che l'enfasi ormai non deve esser più posta sulla sola tecnologia, ma sulla capacità di Microsoft di essere al servizio di clienti sempre più esigenti, i quali appunto vogliono pienamente realizzare il loro potenziale: «questa non è una generica dichiarazione di principio, ma una vera e propria chiamata all'azione», scriveva Ballmer. Si tratta in sostanza di ripensare tutti gli aspetti del modo di lavorare di Microsoft, a tutti i livelli, formulando un nuovo codice di condotta ispirato ai valori di «onestà, integrità e rispetto». Che cosa c'è sotto? Che cosa vuol dire tutto ciò? Da un lato ci sono le scottature della causa antitrust non ancora conclusa che però nelle testimonianze e nelle sentenze già emesse hanno messo in luce una disinvoltura eccessiva dei funzionari Microsoft nel condurre aggressivamente gli affari (contratti capestro, con abuso di posizione dominante). Dall'altro c'è la netta consapevolezza che i prodotti della casa di Redmond non sono all'altezza delle aspettative dei clienti: il monopolio genera inevitabilmente questi fenomeni; da un lato ci si siede sui clienti conquistati e dall'altro si lanciano nuovi software anche quando non sono sufficientemente collaudati e robusti. Proprio nei giorni scorsi la Microsoft ha rilasciato un insieme di aggiornamenti alla suo più recente sistema operativo, Windows XP, che contengono le pezze e i rimedi ai numerosi difetti che i clienti hanno riscontrato sulla loro pelle. Cruciale, soprattutto dopo l'11 settembre, è la questione della sicurezza, dove la Microsoft ha dimostrato le sue maggiori carenze: mese dopo mese i siti della rete Internet hanno segnalato buchi e bachi nei suoi software, eventualmente usati dai pirati per penetrare in computer indifesi e ogni volta, malvolentieri, gli ingegneri di Microsoft dovevano ammettere e correre ai ripari, tappando i buchi. E' evidente che tutto ciò non accresce la fama né l'appetibilità di questi prodotti. Naturalmente queste cose sono più facili a dirsi che a farsi: la Microsoft aveva appena aderito alla richieste della commissione di controllo sulla borsa (SEC), adottando sistemi di contabilità più rigorosi che un altro piccolo scandalo emergeva. E' la storia di Rick Belluzzo, che fino allo scorso aprile era Chief Operative Officer di Microsoft e che venne costretto alle dimissioni a seguito di seri contrasti con Ballmer. Ora in una comunicazione tardiva alla Sec la Microsoft rivela di aver dimenticato di farsi restituire da Belluzzo un prestito di 15 milioni di dollari che aveva fatto allo stesso Belluzzo come anticipo delle stock option che egli avrebbe potuto riscuotere. Quella dei prestiti generosi ai manager è una pratica che molte aziende dell'informatica adottarono nell'epoca della New Economy e delle disinvolture contabili, ma ora la Sec chiede comportamenti molto più rigorosi e trasparenti. Un'altra storia, lecita, ma non simpatica, riguarda la fondazione intitolata a Gates e a sua moglie. La Bill & Melinda Gates Foundation (www.gatesfoundation.org) svolge effettivamente un ruolo benemerito, investendo miliardi in progetti di lotta alle malattie, specialmente in Africa; sono molti soldi e per di più spesi bene, nel senso che non vengono spediti a governi poco democratici e magari anche corrotti, ma vanno a iniziative specifiche, la cui gestione viene controllata e verificata. Il capitale è di 24,2 miliardi di dollari e nel solo anno 2000 sono stati spesi 555 milioni di dollari in progetti globali per la salute dei più poveri al mondo. Fin qui tutto bene, se non fosse che, nella sua autonomia, la Fondazione nel maggio scorso ha anche deciso alcuni investimenti profittevoli, comprando azioni delle industrie farmaceutiche come Merck e Pfizer per 205 milioni di dollari: la cosa è del tutto lecita, ovviamente, ma solleva un qualche conflitto di interessi, nel senso che da un lato si finanzia la lotta alle malattie ma dall'altro ci si attrezza per riscuoterne i benefici, sotto forma di profitti della case farmaceutiche che alla fine venderanno i medicinali contro l'Aids e la malaria.
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