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greeespan:il nostro sistema finanziario e' malato
- Subject: greeespan:il nostro sistema finanziario e' malato
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Sat, 27 Jul 2002 06:36:35 +0200
da affari e finanza lunedi 22 Luglio 2002 "Il nostro sistema finanziario è malato" ALAN GREENSPAN Stralcio del rapporto sulla politica monetaria della Federal Reserve letto al Congresso il 16 luglio. Durante i quattro mesi e mezzo trascorsi dalla mia ultima audizione, l’economia ha continuato ad espandersi, in gran parte lungo le linee che avevamo previsto. Sebbene le incertezze della prima parte del 2002 non siano state ancora superate del tutto, l’economia Usa sembra aver retto ad una serie di duri colpi – forti cali dei mercati azionari, un netto taglio alla spesa per investimenti e i tragici attentati terroristici dello scorso settembre – che nei precedenti cicli congiunturali avrebbero indotto una forte contrazione. L’esiguità e la brevità della recessione sono testimoni della resistenza e flessibilità dell’economia statunitense. Ma mentre l’economia registra una buona tenuta, non sorprende la persistenza degli effetti dei recenti eventi. La spesa continuerà per qualche tempo ad adeguarsi ai cali dei corsi azionari. Nelle ultime settimane, i valori sono scesi ulteriormente anche per la crescente preoccupazione sui problemi di governo societario e trasparenza aziende che si erano accumulati durante il periodo precedente di crescita frenetica. Siamo di fronte a grosse incertezze sull’andamento degli investimenti e la ripresa degli utili, le potenziali ulteriori rivelazioni di illeciti delle grandi aziende, i possibili rischi legati ad eventi politici mondiali e al terrorismo. Malgrado ciò, esistono i presupposti di un ritorno a una sostenuta crescita: gli squilibri nelle scorte e nei beni d’investimento sono stati eliminati; l’inflazione è bassa e non ci aspettiamo sorprese; la crescita della produttività è sostenuta dando sostegno alla spesa delle famiglie e delle imprese e attenuando la pressione di costi e prezzi. Nel valutare le azioni di politica monetaria, il Comitato per le Operazioni di Mercato Aperto ha ammesso che, con ogni probabilità, gli orientamenti espansivi adottati lo scorso anno in risposta ai decisi tentativi di frenare l’economia non si dimostreranno compatibili nel tempo con una crescita sostenuta e con la stabilità del prezzi. D’altro canto, con un’inflazione contenuta e con scarsi segnali di pressioni, abbiamo deciso di mantenere tale orientamento in attesa delle prove che le forze che stanno inibendo la crescita economica sono venute meno quel tanto che basta per consentire ai solidi fondamentali di far avvertire la loro presenza. Come è già avvenuto in passato, il comportamento delle giacenze ha fornito un decisivo impulso all’iniziale rafforzamento dell’economia. I produttori, i grossisti e gli operatori al dettaglio hanno compiuto passi vigorosi per tutto il 2001 per eliminare un indesiderato accumulo di merci che si era manifestato quando, alla fine del 2000, la domanda era rallentata. Con l’inizio di quest’anno, con livelli di giacenze che apparentemente si sono meglio allineati alle vendite previste, il ritmo della riduzione delle stesse ha iniziato a rallentare, e gli sforzi di limitare ulteriori cali hanno fornito slancio alla produzione. Ora in diversi settori la liquidazione fa posto alla ricostituzione delle scorte, ma se nei prossimi trimestri queste inizieranno a crescere più delle vendite, il contributo alla crescita del Pil degli investimenti per rimpinguare le scorte diminuirà. La forza della domanda giocherà un determinante ruolo nel determinare l’espansione. La spesa delle famiglie ha retto bene durante la fase di recessione e ha svolto il suo compito di forza stabilizzatrice. L’abbassamento dei tassi di interesse ha aiutato a limare gli oneri finanziari per le famiglie. Importante per incoraggiare la spesa sono stati i bassi livelli dei tassi di interesse sui mutui ipotecari, fattore che ha spinto le famiglie ad acquistare case, a rifinanziare i debiti, ad alleggerire gli oneri finanziari, a far leva sulla quota di loro proprietà delle abitazioni per finanziare le spese. Malgrado le preoccupazioni sulle prospettive economiche, i corsi azionari, il terrorismo, i conflitti geopolitici, non sembra che i consumatori abbiano fatto economie. Al contrario, questo mese hanno risposto entusiasticamente ai nuovi incentivi dei costruttori di automobili. Le segnalazioni indicano un significativo miglioramento delle vendite in giugno. Per contro, la spesa delle imprese è molto bassa. Le vendite mensili di computer e periferiche, per esempio, sono scese del 40% rispetto al picco registrato nel 1999. Anche le vendite di attrezzature per la comunicazione sono precipitate. La produzione è diminuita anche al di fuori dell’alta tecnologia: la produzione di aerei commerciali è crollata, un altro calo rilevante è da registrare nella costruzione di uffici e di edifici industriali. Il fallimento di molte imprese su Internet e le difficoltà del settore dell’alta tecnologia hanno condotto ad una significativa caduta della domanda di uffici. Tra il picco trimestrale registrato negli ultimi mesi del 2000 e il primo trimestre di quest’anno, il livello degli investimenti fissi in termini reali delle imprese è sceso dell’11%. Con le correzioni alle scorte in fase avanzata, gli investimenti fissi possono essere sul punto di riprendere la marcia. E’ probabile che una ripresa avvenga gradualmente rispetto alla norma storica e in maniera disomogenea nei diversi settori. Ad esempio, da un anno c’è una ripresa nella produzione di computer, ma con l’eccesso di capacità produttiva nelle telecomunicazioni, che permane tuttora, è probabile che gli investimenti in attrezzature per le comunicazioni restino contenuti per qualche tempo. Malgrado l’incoraggiante evoluzione delle prospettive, i mercati dimostrano volatilità e le aziende rimangono caute, atteggiamenti che riflettono i postumi degli shock che l’economia ha subito nel 2000 e nel 2001. Alla luce delle dimensioni di quegli shock, non c’è da sorprendersi se incertezza e preoccupazione persistono. Poiché nutrono ancora dubbi sulla ripresa, i manager continuano a limitare le spese per investimenti. E’ paradossale che l’uso di non imputare a conto economico i diritti di opzione concessi ai dirigenti, che ha contribuito a far lievitare gli utili fra il 1997 e il 2000, dia ora l’impressione di una debolezza dei profitti. Man mano che i guadagni di borsa si tramutavano in perdite, i lavoratori dipendenti diventavano restii ad accettare diritti d’opzione in luogo dei contanti, che invece sono spesati, contribuendo a rendere più esangue la crescita degli utili. La difficoltà di giudicare le tendenze degli utili è accentuata dalle rivelazioni sulle pratiche contabili fuorvianti da parte di diverse importanti aziende. Disfunzioni gestionali minano l’efficienza delle imprese. Mercati ben oliati hanno bisogno di informazioni precise per allocare capitali e risorse; gli operatori devono avere fiducia nella trasparenza e nell’equità del sistema di scambi. Le operazioni commerciali sono governate da leggi e contratti: se anche una modesta frazione di tali operazioni finisce in giudizio, i tribunali sono paralizzati. Il nostro sistema di mercato dipende dalla fiducia, nella parola dei colleghi delle controparti. La falsificazione e la frode distruggono il libero mercato e le colonne portanti della nostra società. In anni recenti, gli azionisti e i potenziali investitori sarebbero stati difesi dalle informazioni false se avesse retto uno dei tanti baluardi a salvaguardia dei sistemi di valutazione aziendale. In troppo casi c’è stato un cedimento. Avvocati, sindaci, revisori, consigli di amministrazione, analisti di Wall Street, agenzie di rating, investitori istituzionali, hanno tutti omesso di scoprire e denunciare chi aveva tradito la fiducia che è la linfa vitale dei mercati. Perché sono crollati i controlli incrociati? Alla base c’è la crescita delle capitalizzazioni della seconda metà degli anni 90, che ha creato un aumento sproporzionato delle occasioni in cui l’ingordigia la fa da padrona. Troppi dirigenti hanno cercato la strada più semplice per sfruttare i rialzi di mercato. La diffusione di azioni e opzioni ha creato incentivi perversi per gonfiare artificialmente gli utili con lo scopo di spingere al rialzo i titoli. L’incentivo creato dalle opzioni ha offuscato il giudizio di troppi capi azienda. Gli uomini non sono diventati più avidi che in passato, sono solo aumentate le strade che permettono all’avidità di manifestarsi con prepotenza. Il crollo delle barriere protettive ha permesso di dar vita a una di quelle bolle speculative che si vedono una volta ogni generazione. Con un calo delle occasioni per realizzare guadagni illeciti, è probabile che nel futuro non si verifichino più tante pratiche equivoche. Comunque sicuramente emergeranno attività illegali che erano state coperte in passato, man mano che capi azienda più timorosi rivedranno gli utili delle loro società. Ma anche se il peggio è passato, la storia insegna che il ricordo tende a svanire. E’ nostro dovere applicare le lezioni apprese in questo periodo per evitare che tali avvenimenti si ripetano in futuro. Gli azionisti devono percepire che il sistema di governo societario è strutturato in maniera appropriata, in modo che i vantaggi finanziari siano negoziati equamente fra gli azionisti stessi e coloro che ricoprono incarichi aziendali. Le manifestazioni di un governo societario poco rigoroso sono sintomatiche di un amministratore delegato che ha fallito il suo compito. La presenza di amministratori indipendenti, i cui voti non sono controllati dal Ceo, è importante per un consiglio di amministrazione efficace. Tuttavia, è opportuno stare attenti affinché nel processo non si creino conventicole di amministratori e luoghi di poteri in contrasto fra loro che possono nuocere notevolmente alla società. Un’organizzazione opera in maniera efficace solo se è imperniata su un centro d’autorità. Il Ceo dev’essere munito dei pieni poteri per realizzare le strategie aziendali e deve farsi carico della responsabilità di far conoscere i risultati della sua opera ad azionisti e potenziali investitori. Le leggi esistenti, naturalmente, vietano le frodi aziendali e l’informativa fuorviante. Ma anche un piccolo aumento della probabilità di sanzioni penali più severe per il comportamento scorretto può avere effetti importanti sul governo societario, perché tutto in un’azienda ruota intorno alla figura del suo massimo dirigente. Un Ceo che vuole informazioni obiettive dai sindaci le ottiene, e chi scoraggia l’adozione di scorciatoie da parte dei suoi collaboratori difficilmente si trova esposto a conseguenze negative. Non possiamo cambiare il carattere dei capi di un’azienda, ma possiamo cambiare il loro comportamento con incentivi e sanzioni. E’ necessario apportare delle modifiche alle norme contabili: nel formularle dobbiamo ricordare che la regolamentazione e la vigilanza dei mercati finanziari devono essere flessibili per adattarsi a una struttura finanziaria in costante evoluzione. Se la regolamentazione è statica distorce il flusso efficiente di capitale dai risparmiatori a coloro che investono. La questione più critica è il rafforzamento delle leggi che presiedono ai diritti di proprietà degli azionisti e di altri titolari di capitale. La frode e l’inganno sono un furto della proprietà. Se le leggi che regolano la vita dei mercati e delle aziende non sono ritenute eque, il nostro sistema economico non può realizzare appieno il suo potenziale. Molti osservatori ritengono che i timori sulle prospettive degli utili e le continue rivelazioni in merito ai bilanci abbiano contribuito ad abbassare sia i corsi azionari che il dollaro. Vorrei esprimere cautela su tali previsioni: i tassi di cambio sono più imprevedibili di tutte le altre variabili economiche. Non è stato ancora scoperto un indicatore utile a far prevedere i cambi neanche a distanza di un anno o due. La nostra capacità di attirare capitali dall’estero nei prossimi anni consentirà di aumentare gli investimenti. Il governo deve riconoscere il ruolo svolto da una prudente politica di bilancio nella promozione del risparmio e nel mantenimento delle condizioni che favoriscono gli investimenti. Il ritorno del disavanzo di bilancio è il risultato di fattori temporanei come la caduta delle entrate e l’aumento degli impieghi associati alla recessione. Queste influenze dovrebbero invertire la marcia nei prossimi 1<\->2 anni, ma il calo delle entrate non recupererà. L’aumento della spesa per la guerra al terrorismo e per rafforzare la sicurezza interna, nonché gli sgravi fiscali approvati l’anno scorso, hanno avuto un impatto. Purtroppo, i meccanismi disciplinari entro i quali erano prese le decisioni di bilancio federale negli ultimi 15 anni si sono arrugginiti. L’amministrazione e il Congresso possono dare un contributo alle prospettive dell’economia adottando provvedimenti che ripristinino la disciplina e che diano al bilancio federale un’impostazione che sostenga la crescita economica a lungo termine. La tendenza di fondo è quella di una di un’espansione del Pil reale nel 2002 in misura pari al 3,5<\->3,75%, un tasso di crescita leggermente superiore a quello previsto a febbraio. Prevediamo una buona crescita economica anche per l’anno prossimo, con la produzione che aumenta del 3,5<\->4%. Questi rialzi dovrebbero abbassare il tasso di disoccupazione al 5,25<\->5,5% entro la fine del 2003. L’inflazione resterà sotto controllo durante tutto il periodo, con un aumento dell’1,5<\->1,75%. Possiamo favorire il prolungarsi di quest’andamento con sagge politiche monetarie, di bilancio, fiscali e commerciali.
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