la crescita puo' attendere



     
il manifesto - 11 Luglio 2002 
 
 
La crescita può attendere 
Il governo presenta il Dpef. Unica certezza: colpire la sanità pubblica e
incentivare la previdenza privata
BRUNO PERINI
La crescita del prodotto interno lordo promessa dal duo
Berlusconi-Tremonti? Bisogna aspettare il 2003 e forse il 2004. Il rapporto
deficit/pil? Va rivisto e ridimensionato. Le privatizzazioni? Si faranno.
Ma non quelle importanti. Gli introiti da privatizzazione degli immobili?
Sono scomparsi. La riduzione delle tasse? Doveva scattare dopo i 100 giorni
del governo Berlusconi. Ora è rinviata al 2003, se e solo se ci sarà la
crescita dell'economia che tutte le previsioni danno in fortissimo ritardo.
Insomma, tanti «se» e tanti «forse». Tante bugie e tanta confusione. E
soprattutto un castello di carta costruito su previsioni che vengono
puntualmente smentite dai fatti. L'unica strada che il governo sembra
seriamente intenzionato a percorrere è quella della destrutturazione della
sanità pubblica con un modello tardo-thatcheriano che prevede come
protagonisti i gruppi assicurativi privati, uno dei quali tra l'altro ha
come azionista di maggioranza proprio Silvio Berlusconi. Il documento di
programmazione economico finanziaria partorito dal governo Berlusconi,
dunque, esprime bene l'immagine del suo leader: fino a quando si trattava
di costruire o distruggere leggi per difendere gli interessi del premier
tutto funzionava. Non appena il capo del governo e i suoi ministri si sono
seduti al tavolo per indicare le linee di politica economica per i prossimi
anni hanno prodotto una strategia che giustamente l'ex ministro delle
Finanze, Vincenzo Visco, ha definito "appesa a un filo". Se infatti ci si
addentra nei meandri dell'opera ingegneristica che verrà presentata alla
Camera entro il 22 luglio si capisce perchè il commissario europeo agli
Affari economici e monetari, Pedro Solbes, è così severo sulla natura della
politica economica italiana. «Il bilancio italiano ha misure una tantum,
cioè non strutturali, che per di più vengono utilizzate per ridurre il
carico fiscale che invece è una modifica strutturale. La cosa che
maggiormente ci preoccupa - continua Solbes - oltre alla quantità del
debito, è la qualità delle finanze pubbliche italiane». La precarietà del
documento si capisce dalle mille limature e rinvii fatte dal ministro
Tremonti. Il commercialista aveva cominciato con previsioni idilliache
sulla crescita del Pil, tanto da farsi ridere alle spalle anche da
economisti moderati. Si parlava di crescita del 3 per cento nel 2002, poi
si è capito che tutto slittava in un futuro indterminato. Subito dopo è
arrivata la politica della cartolarizzazione, aspramente criticata da
Eurostat e subito ridimensionata. Durante tutto questo scorcio di
legislatura, poi, sono stati inscenati parecchi teatrini sulla riduzione
delle tasse, calcolata su previsioni di crescita inesistenti. Oggi, come
nel 2001, si promette che la riduzione ci sarà davvero, ma non si dice che
non si potrà realizzare con questi livelli di crescita. Non a caso alla
vigilia della presentazione del Dpef si annuncia una limatura, dallo 0,5%
allo 0,3% del rapporto deficit/Pil programmato per il 2004. L'indebitamento
netto strutturale toccherà, sempre nel 2004, lo 0,1% rispetto allo 0,3 per
cento. Anche il rapporto debito/Pil per il 2004 viene stato rivisto dal
100% al 99,8%. Immutati gli obiettivi 2003. L'avanzo primario è stato
fissato al 4,7% nel 2002, 5,1% nel 2003, 5,5% nel 2004, 5,8% nel 2005 e 5,7
nel 2006.

«Tutta la linea di politica economica del Governo è basata sull'attesa di
qualcosa che vada per il verso giusto. Ma se nel 2003 l'economia andrà un
po' meglio di quest'anno quasi sicuramente non sarà sufficiente», commenta
Vincenzo Visco. «Si va avanti così, alla giornata. Il Governo mette fuori
bilancio mezzo punto di Pil di debito, che va aggiunto agli indebitamenti
indicati nel Dpef. Poi ci sono altri debiti che non sono contabilizzati.
Tutta la linea di politica economica, prosegue Visco, è basata sull'idea
che le riforme che hanno fatto nei 100 giorni faranno aumentare il tasso di
crescita dell'economia e quindi ci sono dei numeri basati su queste ipotesi
di crescita del tutto improbabili rispetto a quella tendenziale. Tutto lì.
Nonostante questo hanno grosse difficolta' sui dati di bilancio con
sottostime di disavanzi tendenziali. Sperano nella provvidenza. E se gli
allentamenti dei vincoli di bilancio erano scontati grazi agli
stabilizzatori automatici loro vanno oltre, e infatti la Commissione Ue ha
già cominciato a bacchettarci». L'ex ministro del Tesoro dubita anche della
riduzione dello stock di debito che, dice, non mi pare probabile nelle
dimensioni in cui loro la indicano». Niente di nuovo nemmeno sul fronte
delle privatizzazioni, osservano anche i più moderati. L'unica
privatizzazione vera, ovvero quella dell'Enel, viene rinviata a data da
stabilirsi, quando i mercati andranno meglio». Il sospetto è che il governo
non abbia nessuna intenzione di mollare alcune aziende ancora controllate
dallo Stato. Non perchè Berlusconi abbia riscoperto la funzione del
capitale pubblico ma perchè dove ci sono aziende che fanno affari come Enel
e Eni lui non vuole mollare l'osso ai privati.