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la crescita puo' attendere
- Subject: la crescita puo' attendere
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Mon, 15 Jul 2002 18:48:32 +0200
il manifesto - 11 Luglio 2002 La crescita può attendere Il governo presenta il Dpef. Unica certezza: colpire la sanità pubblica e incentivare la previdenza privata BRUNO PERINI La crescita del prodotto interno lordo promessa dal duo Berlusconi-Tremonti? Bisogna aspettare il 2003 e forse il 2004. Il rapporto deficit/pil? Va rivisto e ridimensionato. Le privatizzazioni? Si faranno. Ma non quelle importanti. Gli introiti da privatizzazione degli immobili? Sono scomparsi. La riduzione delle tasse? Doveva scattare dopo i 100 giorni del governo Berlusconi. Ora è rinviata al 2003, se e solo se ci sarà la crescita dell'economia che tutte le previsioni danno in fortissimo ritardo. Insomma, tanti «se» e tanti «forse». Tante bugie e tanta confusione. E soprattutto un castello di carta costruito su previsioni che vengono puntualmente smentite dai fatti. L'unica strada che il governo sembra seriamente intenzionato a percorrere è quella della destrutturazione della sanità pubblica con un modello tardo-thatcheriano che prevede come protagonisti i gruppi assicurativi privati, uno dei quali tra l'altro ha come azionista di maggioranza proprio Silvio Berlusconi. Il documento di programmazione economico finanziaria partorito dal governo Berlusconi, dunque, esprime bene l'immagine del suo leader: fino a quando si trattava di costruire o distruggere leggi per difendere gli interessi del premier tutto funzionava. Non appena il capo del governo e i suoi ministri si sono seduti al tavolo per indicare le linee di politica economica per i prossimi anni hanno prodotto una strategia che giustamente l'ex ministro delle Finanze, Vincenzo Visco, ha definito "appesa a un filo". Se infatti ci si addentra nei meandri dell'opera ingegneristica che verrà presentata alla Camera entro il 22 luglio si capisce perchè il commissario europeo agli Affari economici e monetari, Pedro Solbes, è così severo sulla natura della politica economica italiana. «Il bilancio italiano ha misure una tantum, cioè non strutturali, che per di più vengono utilizzate per ridurre il carico fiscale che invece è una modifica strutturale. La cosa che maggiormente ci preoccupa - continua Solbes - oltre alla quantità del debito, è la qualità delle finanze pubbliche italiane». La precarietà del documento si capisce dalle mille limature e rinvii fatte dal ministro Tremonti. Il commercialista aveva cominciato con previsioni idilliache sulla crescita del Pil, tanto da farsi ridere alle spalle anche da economisti moderati. Si parlava di crescita del 3 per cento nel 2002, poi si è capito che tutto slittava in un futuro indterminato. Subito dopo è arrivata la politica della cartolarizzazione, aspramente criticata da Eurostat e subito ridimensionata. Durante tutto questo scorcio di legislatura, poi, sono stati inscenati parecchi teatrini sulla riduzione delle tasse, calcolata su previsioni di crescita inesistenti. Oggi, come nel 2001, si promette che la riduzione ci sarà davvero, ma non si dice che non si potrà realizzare con questi livelli di crescita. Non a caso alla vigilia della presentazione del Dpef si annuncia una limatura, dallo 0,5% allo 0,3% del rapporto deficit/Pil programmato per il 2004. L'indebitamento netto strutturale toccherà, sempre nel 2004, lo 0,1% rispetto allo 0,3 per cento. Anche il rapporto debito/Pil per il 2004 viene stato rivisto dal 100% al 99,8%. Immutati gli obiettivi 2003. L'avanzo primario è stato fissato al 4,7% nel 2002, 5,1% nel 2003, 5,5% nel 2004, 5,8% nel 2005 e 5,7 nel 2006. «Tutta la linea di politica economica del Governo è basata sull'attesa di qualcosa che vada per il verso giusto. Ma se nel 2003 l'economia andrà un po' meglio di quest'anno quasi sicuramente non sarà sufficiente», commenta Vincenzo Visco. «Si va avanti così, alla giornata. Il Governo mette fuori bilancio mezzo punto di Pil di debito, che va aggiunto agli indebitamenti indicati nel Dpef. Poi ci sono altri debiti che non sono contabilizzati. Tutta la linea di politica economica, prosegue Visco, è basata sull'idea che le riforme che hanno fatto nei 100 giorni faranno aumentare il tasso di crescita dell'economia e quindi ci sono dei numeri basati su queste ipotesi di crescita del tutto improbabili rispetto a quella tendenziale. Tutto lì. Nonostante questo hanno grosse difficolta' sui dati di bilancio con sottostime di disavanzi tendenziali. Sperano nella provvidenza. E se gli allentamenti dei vincoli di bilancio erano scontati grazi agli stabilizzatori automatici loro vanno oltre, e infatti la Commissione Ue ha già cominciato a bacchettarci». L'ex ministro del Tesoro dubita anche della riduzione dello stock di debito che, dice, non mi pare probabile nelle dimensioni in cui loro la indicano». Niente di nuovo nemmeno sul fronte delle privatizzazioni, osservano anche i più moderati. L'unica privatizzazione vera, ovvero quella dell'Enel, viene rinviata a data da stabilirsi, quando i mercati andranno meglio». Il sospetto è che il governo non abbia nessuna intenzione di mollare alcune aziende ancora controllate dallo Stato. Non perchè Berlusconi abbia riscoperto la funzione del capitale pubblico ma perchè dove ci sono aziende che fanno affari come Enel e Eni lui non vuole mollare l'osso ai privati.
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