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era digitale fine degli editori?
- Subject: era digitale fine degli editori?
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Fri, 05 Jul 2002 18:04:37 +0200
il manifesto - 30 Giugno 2002 ERA DIGITALE Fine degli editori? F. C. ERA DIGITALE Fine degli editori? Un nuovo ruolo a monte e a valle di produzione e distribuzione F. C. E gli editori? Che ne sarà di loro? Anche questa categoria, nello scenario del tutto ipotetico descritto qui a fianco sembra tra quelle a rischio: se ognuno può scrivere e inviare i propri testi a un sito Internet e chiunque se li può fare stampare «on demand», che bisogno c'è di Adelfi, Einaudi, Mondadori o Rizzoli? Infatti, a ben vedere, gli editori attualmente derivano gran parte del loro giro di affari e prestigio dal fatto che detengono un parziale ma significativo controllo del ciclo di produzione e distribuzione. Difficile stampare senza passare per uno di loro e ancora di più essere distribuiti in libreria. Ma in un mondo digitale e di stampa su domanda, questo pezzo del ciclo può essere svolto benissimo senza di loro, direttamente dall'autore e appoggiandosi a dei computer di servizio, oltre a tutto con risparmi significativi sui costi. Certo il passaggio sarà graduale e lento, per cento buoni motivi, ma a regime non è difficile né strano immaginare un mondo di libri in cui gli editori non detengono più quel potere-controllo. Detta sinceramente non sarebbe una gran perdita: già oggi ci sono editori che sono puri stampatori su commessa (si pensi al fiorente mercato dei saggi che servono come pubblicazioni accademiche, per andare in cattedra) in cui l'editore non esercita alcuna scelta né indirizzo: riceve il dischetto e manda in tipografia. L'era digitale anche in questo caso obbliga a cambiare e soprattutto a concentrarsi al meglio sulla propria missione più vera, contemporaneamente rassegnandosi all'idea che nuove tecnologie e nuovi soggetti facciano meglio parte del lavoro precedente. Viceversa l'editore sarà costretto a puntare tutto, e meglio di quanto oggi stia facendo, su due altri pezzi del ciclo, dove il suo ruolo è decisivo e essenziale. A monte della stampa, infatti, c'è la scelta dei titoli e degli autori, nonché la cura dell'opera prima della stampa. A valle ci sono le azioni di promozione e valorizzazione. Specialmente in un mercato di libri digitali dove si potrà assistere a un grandissimo proliferare di opere spontanee, dal basso, per pura e legittima voglia di provarci, la funzione di chi svolge una politica culturale, scopre gli autori, realizza collane coerenti, diventa un valore. Liberati dall'ansia della stampa, molti editori forse potrebbero ritrovare anche il tempo e le energie per curare il rapporto con l'autore nella faticosa e cruciale fase della scrittura. Oggi quelli che possono dedicare un redattore a seguire davvero le opere in costruzione sono sempre più rari e probabilmente gli unici libri davvero curati sono quelli scolastici (che non per caso corrispondono a un mercato ricco e largo). Per il resto che delusione. E invece si tratta, come per il Barolo, di puntare sulla qualità, anziché sulla quantità, perché quest'ultima la garantisce già la rete spontanea. Insomma: più numerosi sono i libri, più brilleranno quelli di valore e gli intermediari che sappiano guidare il lettore. Ecco dunque che, per la parte finale del ciclo (il marketing), l'editore, con il suo sito web e le sue pubblicazioni tenderà semmai ad assomigliare a una rivista culturale. Quali soluzioni soddisfacenti si imporranno non è facile dire, ma si tratta di ragionare già oggi «come se» la stampa e la distribuzione non ci fossero più. Dunque non già dei siti Internet vetrina (anche un po' scadente), ma dei siti culturali, per collane e temi, sempre in movimento: comunità di autori-lettori. E incontri, letture pubbliche, eventi, per emergere tra i milioni di libri della rete con idee forti e aggregate.
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