era digitale fine degli editori?



     
 
il manifesto - 30 Giugno 2002 
ERA DIGITALE 
Fine degli editori? 
F. C.
 
  
 
 
ERA DIGITALE 
Fine degli editori? 
Un nuovo ruolo a monte e a valle di produzione e distribuzione
F. C.
E gli editori? Che ne sarà di loro? Anche questa categoria, nello scenario
del tutto ipotetico descritto qui a fianco sembra tra quelle a rischio: se
ognuno può scrivere e inviare i propri testi a un sito Internet e chiunque
se li può fare stampare «on demand», che bisogno c'è di Adelfi, Einaudi,
Mondadori o Rizzoli? Infatti, a ben vedere, gli editori attualmente
derivano gran parte del loro giro di affari e prestigio dal fatto che
detengono un parziale ma significativo controllo del ciclo di produzione e
distribuzione. Difficile stampare senza passare per uno di loro e ancora di
più essere distribuiti in libreria. Ma in un mondo digitale e di stampa su
domanda, questo pezzo del ciclo può essere svolto benissimo senza di loro,
direttamente dall'autore e appoggiandosi a dei computer di servizio, oltre
a tutto con risparmi significativi sui costi. Certo il passaggio sarà
graduale e lento, per cento buoni motivi, ma a regime non è difficile né
strano immaginare un mondo di libri in cui gli editori non detengono più
quel potere-controllo.

Detta sinceramente non sarebbe una gran perdita: già oggi ci sono editori
che sono puri stampatori su commessa (si pensi al fiorente mercato dei
saggi che servono come pubblicazioni accademiche, per andare in cattedra)
in cui l'editore non esercita alcuna scelta né indirizzo: riceve il
dischetto e manda in tipografia.

L'era digitale anche in questo caso obbliga a cambiare e soprattutto a
concentrarsi al meglio sulla propria missione più vera, contemporaneamente
rassegnandosi all'idea che nuove tecnologie e nuovi soggetti facciano
meglio parte del lavoro precedente. Viceversa l'editore sarà costretto a
puntare tutto, e meglio di quanto oggi stia facendo, su due altri pezzi del
ciclo, dove il suo ruolo è decisivo e essenziale. A monte della stampa,
infatti, c'è la scelta dei titoli e degli autori, nonché la cura dell'opera
prima della stampa. A valle ci sono le azioni di promozione e valorizzazione.

Specialmente in un mercato di libri digitali dove si potrà assistere a un
grandissimo proliferare di opere spontanee, dal basso, per pura e legittima
voglia di provarci, la funzione di chi svolge una politica culturale,
scopre gli autori, realizza collane coerenti, diventa un valore. Liberati
dall'ansia della stampa, molti editori forse potrebbero ritrovare anche il
tempo e le energie per curare il rapporto con l'autore nella faticosa e
cruciale fase della scrittura. Oggi quelli che possono dedicare un
redattore a seguire davvero le opere in costruzione sono sempre più rari e
probabilmente gli unici libri davvero curati sono quelli scolastici (che
non per caso corrispondono a un mercato ricco e largo). Per il resto che
delusione. E invece si tratta, come per il Barolo, di puntare sulla
qualità, anziché sulla quantità, perché quest'ultima la garantisce già la
rete spontanea.

Insomma: più numerosi sono i libri, più brilleranno quelli di valore e gli
intermediari che sappiano guidare il lettore. Ecco dunque che, per la parte
finale del ciclo (il marketing), l'editore, con il suo sito web e le sue
pubblicazioni tenderà semmai ad assomigliare a una rivista culturale. Quali
soluzioni soddisfacenti si imporranno non è facile dire, ma si tratta di
ragionare già oggi «come se» la stampa e la distribuzione non ci fossero
più. Dunque non già dei siti Internet vetrina (anche un po' scadente), ma
dei siti culturali, per collane e temi, sempre in movimento: comunità di
autori-lettori. E incontri, letture pubbliche, eventi, per emergere tra i
milioni di libri della rete con idee forti e aggregate.