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e-book da palpeggiare
- Subject: e-book da palpeggiare
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Sat, 06 Jul 2002 06:37:24 +0200
il manifesto - 30 Giugno 2002 E-book da palpeggiare FRANCO CARLINI E-book da palpeggiare Dopo un esordio deludente, l'editoria elettronica torna alla riscossa. Preso atto che la fisicità su carta è una dote non eliminabile del libro, si pensa a nuove soluzioni, come il «printing on demand», un servizio a cui stanno lavorando anche le Poste italiane. Due le vittime, in questo futuro: gli editori, che perderanno il controllo dell'intero ciclo di produzione e diffusione. E i librai, soppiantati dal servizio di stampa e consegna, a meno che non tornino a fare dei loro negozi dei luoghi di incontri e conversari FRANCO CARLINI Sembra passata, per il momento, l'enfasi eccessiva che nell'anno 2001 caratterizzò il tema «libro elettronico». Il quale e-book, come noto, è termine doppio, che viene ambiguamente usato per indicare sia la «macchina» per leggere i testi, che il testo stesso, impacchettato in un qualche formato.Ma già l'annuncio del Tablet Pc di Microsoft, in arrivo per l'autunno, riaccenderà il tema. La «tavoletta» di Bill Gates è in realtà un personal computer con alcune limitazioni di prestazioni, grande come un quaderno, senza tastiera. Ideale, si dice, per leggere e scrivere in situazioni di mobilità e, vogliono assicurare, di conforto. Ci si prepari dunque a una nuova ventata propagandistica. La frenata degli entusiasmi non significa tuttavia che allora non è successo niente nell'editoria e che il libro resterà in eterno quello che è. Tutt'altro. Proviamo a immaginare un possibile panorama, futuribile ma non troppo. Immaginiamo un romanzo, per esempio «Memorie di un'alpinista digitale». Lo scrive la nostra collaboratrice Sarah Tobias ed è il suo primo romanzo, dove mette a frutto le sue grandi doti di arrampicatrice sul granito di Yosemite, mescolandole con le sue attività digitali. Sarah non ha più bisogno di un editore. Scrive il suo racconto lungo e lo spedisce, bit dopo bit, a un qualche sito Internet che si accolla l'onere di mettere in vista i nuovi romanzi. Non c'è nessuna revisione del testo (se Sarah ha scritto bene, allora bene, ma se è un disastro nessuno glielo dirà). Il rapporto è diretto tra l'autrice e il suo pubblico che potrà leggere alcune pagine gratuitamente e poi decidere se acquistare l'intera opera oppure no. Per ogni copia scaricata il servizio online riconosce a Sarah una certa cifra, concordata in precedenza, riservando per sé una percentuale. In tale modello estremo (che in parte già esiste, ma non sta riscuotendo particolare successo, nemmeno quando a praticarlo è Stephen King) saltano tutte le vecchie intermediazioni, utili o pleonastiche che fossero: è l'opera che cerca i suoi lettori semplicemente presentandosi in uno o più siti, dove nessuna intelligenza viene erogata, se non quella incorporata nel software di archivio, con relativa gestione degli acquisti online. Ma poiché non funziona, un motivo certo ci sarà. Potrebbe trattarsi di un fattore contingente, la resistenza al cambiamento da parte dei lettori di libri; questo fenomeno certo esiste, tant'è vero che per un altro prodotto digitale, la musica, la fruizione e la distribuzione online dilaga, oltre a tutto in barba ai divieti e alla cause legali. Si potrebbe dunque sostenere che un pubblico giovane non ha nessun problema a scegliere, comprare e scambiare le musiche Mp3, mentre un pubblico probabilmente meno giovane come quello dei lettori di libri è più restio. Ma senza dubbio non si tratta solo di questo: per la musica il supporto si è dimostrato inessenziale, che si tratti di vinile, Cd, cassette, file. Non così per il libro. Il primo motivo, come è già stato scritto infinite volte (e fino alla nausea), riguarda le sue doti di maneggevolezza che restano superiori a quelle di ogni e-book. Ma c'è ben di più: nella musica la sensorialità è legata direttamente alla fruizione, nel libro invece è un valore aggiunto, quasi inavvertito ma assolutamente essenziale: palpeggiare le pagine fa parte della lettura. E c'è poi un'altra dote, di cui le musiche che vengono comunque fruite in modo sequenziale non hanno bisogno, la «sfogliabilità»: certamente i saggi, ma talora anche i romanzi, vengono prima esplorati e poi letti con itinerari non lineari (l'indice, la bibliografia, la prefazione, qualche brano qua e là). Curiosamente questi percorsi di pascolamento (browsing) si esercitano su di un oggetto che invece, per sua natura, è lineare e chiuso, con un'inizio, una fine e un ordine del discorso. Dopo una sfogliata del genere la sensazione di possedere già quel testo e di averne una mappa mentale è vivida e essenziale. Dunque la fisicità su carta sembra una dote non eliminabile e i suoi simulacri (i «gira pagina» elettronici) non generano lo stesso benefico effetto cognitivo. Da qui allora il passo successivo nel nostro modello: il romanzo di Sarah rimane pur sempre su di un server in rete, ma permette tre modalità di lettura: solo elettronica, ovvero sul monitor; oppure su carta (me lo stampo io); o infine come vero libro, stampato su mia richiesta, su fronte e retro, con copertina e tutto. La terza è senza dubbio la soluzione più interessante e non per caso in molti ci stanno lavorando: sul fronte delle stampanti ne esistono già di specializzate e ottime che lo permettono; e su quello della distribuzione, il potenziale mercato del «printing on demand» sta suscitando le fantasie di diversi intermediari: ne vanno esaminando la fattibilità gli editori, le catene di distribuzione, le grandi librerie e anche altri soggetti. Per esempio le Poste Italiane hanno studiato un servizio del genere: attraverso il loro sito ordini un libro, loro te lo stampano e te lo consegnano a casa (i postini già ce li hanno). Qui le vittime sono due: i librai e gli editori. I primi perché soppiantati dal servizio di stampa e consegna, e i secondi perché non detengono più il controllo dell'intero ciclo di produzione e diffusione. Vediamo nel caso delle librerie: la loro crescita in dimensioni (modello Feltrinelli Mondadori) le ha già trasformate in una sequenza di scaffali dove prelevare e pagare. Di fatto sono già sulla strada di perdere il loro ruolo di intermediari con valore aggiunto: tutto quello che fanno è di portare il libro vicino al cliente e di esibire in adeguate e simpatiche scaffalature la produzione recente. I computer di cui i bookstore sono dotati evitano la necessità di formare venditori intelligenti e colti; questo riduce i costi, ma deprime il servizio di consiglio, guida, socialità. Paradossalmente è ormai più comunitario e sociale un sito come Amazon.com che una grande libreria in Largo Argentina a Roma: su Amazon si possono leggere le opinioni degli altri lettori, consultare interi capitoli (pratica oggi proibita dai rivestimenti di plastica), ricevere consigli personalizzati che sono un po' schematici perché generati dal software, sulla base delle visite e degli acquisti precedenti, ma comunque utili. Dunque nel nostro modello l'utilità dei bookstore va a cadere. Dovranno chiudere? Non è detto. Potrebbero trasformarsi (o meglio tornare a essere) luoghi di incontri dei lettori, con meno spazi ma più divani e tavoli, molte connessioni Internet e le adeguate macchine sempre pronte per la stampa su richiesta. Luoghi di incontro del genere potrebbero vendere anche musica, e infatti lo stesso problema si pone per i negozi di dischi. Il loro destino migliore è di essere centri di incontro e di conversari: un po' libreria e un po' biblioteca pubblica.
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