e-book da palpeggiare



     
 
il manifesto - 30 Giugno 2002 
 
E-book da palpeggiare 
FRANCO CARLINI
 
 
E-book da palpeggiare 
Dopo un esordio deludente, l'editoria elettronica torna alla riscossa.
Preso atto che la fisicità su carta è una dote non eliminabile del libro,
si pensa a nuove soluzioni, come il «printing on demand», un servizio a cui
stanno lavorando anche le Poste italiane. Due le vittime, in questo futuro:
gli editori, che perderanno il controllo dell'intero ciclo di produzione e
diffusione. E i librai, soppiantati dal servizio di stampa e consegna, a
meno che non tornino a fare dei loro negozi dei luoghi di incontri e
conversari
FRANCO CARLINI
Sembra passata, per il momento, l'enfasi eccessiva che nell'anno 2001
caratterizzò il tema «libro elettronico». Il quale e-book, come noto, è
termine doppio, che viene ambiguamente usato per indicare sia la «macchina»
per leggere i testi, che il testo stesso, impacchettato in un qualche
formato.Ma già l'annuncio del Tablet Pc di Microsoft, in arrivo per
l'autunno, riaccenderà il tema. La «tavoletta» di Bill Gates è in realtà un
personal computer con alcune limitazioni di prestazioni, grande come un
quaderno, senza tastiera. Ideale, si dice, per leggere e scrivere in
situazioni di mobilità e, vogliono assicurare, di conforto. Ci si prepari
dunque a una nuova ventata propagandistica. La frenata degli entusiasmi non
significa tuttavia che allora non è successo niente nell'editoria e che il
libro resterà in eterno quello che è. Tutt'altro. Proviamo a immaginare un
possibile panorama, futuribile ma non troppo. Immaginiamo un romanzo, per
esempio «Memorie di un'alpinista digitale». Lo scrive la nostra
collaboratrice Sarah Tobias ed è il suo primo romanzo, dove mette a frutto
le sue grandi doti di arrampicatrice sul granito di Yosemite, mescolandole
con le sue attività digitali. Sarah non ha più bisogno di un editore.
Scrive il suo racconto lungo e lo spedisce, bit dopo bit, a un qualche sito
Internet che si accolla l'onere di mettere in vista i nuovi romanzi. Non
c'è nessuna revisione del testo (se Sarah ha scritto bene, allora bene, ma
se è un disastro nessuno glielo dirà). Il rapporto è diretto tra l'autrice
e il suo pubblico che potrà leggere alcune pagine gratuitamente e poi
decidere se acquistare l'intera opera oppure no. Per ogni copia scaricata
il servizio online riconosce a Sarah una certa cifra, concordata in
precedenza, riservando per sé una percentuale.

In tale modello estremo (che in parte già esiste, ma non sta riscuotendo
particolare successo, nemmeno quando a praticarlo è Stephen King) saltano
tutte le vecchie intermediazioni, utili o pleonastiche che fossero: è
l'opera che cerca i suoi lettori semplicemente presentandosi in uno o più
siti, dove nessuna intelligenza viene erogata, se non quella incorporata
nel software di archivio, con relativa gestione degli acquisti online.

Ma poiché non funziona, un motivo certo ci sarà. Potrebbe trattarsi di un
fattore contingente, la resistenza al cambiamento da parte dei lettori di
libri; questo fenomeno certo esiste, tant'è vero che per un altro prodotto
digitale, la musica, la fruizione e la distribuzione online dilaga, oltre a
tutto in barba ai divieti e alla cause legali. Si potrebbe dunque sostenere
che un pubblico giovane non ha nessun problema a scegliere, comprare e
scambiare le musiche Mp3, mentre un pubblico probabilmente meno giovane
come quello dei lettori di libri è più restio.

Ma senza dubbio non si tratta solo di questo: per la musica il supporto si
è dimostrato inessenziale, che si tratti di vinile, Cd, cassette, file. Non
così per il libro. Il primo motivo, come è già stato scritto infinite volte
(e fino alla nausea), riguarda le sue doti di maneggevolezza che restano
superiori a quelle di ogni e-book. Ma c'è ben di più: nella musica la
sensorialità è legata direttamente alla fruizione, nel libro invece è un
valore aggiunto, quasi inavvertito ma assolutamente essenziale: palpeggiare
le pagine fa parte della lettura. E c'è poi un'altra dote, di cui le
musiche che vengono comunque fruite in modo sequenziale non hanno bisogno,
la «sfogliabilità»: certamente i saggi, ma talora anche i romanzi, vengono
prima esplorati e poi letti con itinerari non lineari (l'indice, la
bibliografia, la prefazione, qualche brano qua e là).

Curiosamente questi percorsi di pascolamento (browsing) si esercitano su di
un oggetto che invece, per sua natura, è lineare e chiuso, con un'inizio,
una fine e un ordine del discorso. Dopo una sfogliata del genere la
sensazione di possedere già quel testo e di averne una mappa mentale è
vivida e essenziale.

Dunque la fisicità su carta sembra una dote non eliminabile e i suoi
simulacri (i «gira pagina» elettronici) non generano lo stesso benefico
effetto cognitivo.

Da qui allora il passo successivo nel nostro modello: il romanzo di Sarah
rimane pur sempre su di un server in rete, ma permette tre modalità di
lettura: solo elettronica, ovvero sul monitor; oppure su carta (me lo
stampo io); o infine come vero libro, stampato su mia richiesta, su fronte
e retro, con copertina e tutto.

La terza è senza dubbio la soluzione più interessante e non per caso in
molti ci stanno lavorando: sul fronte delle stampanti ne esistono già di
specializzate e ottime che lo permettono; e su quello della distribuzione,
il potenziale mercato del «printing on demand» sta suscitando le fantasie
di diversi intermediari: ne vanno esaminando la fattibilità gli editori, le
catene di distribuzione, le grandi librerie e anche altri soggetti. Per
esempio le Poste Italiane hanno studiato un servizio del genere: attraverso
il loro sito ordini un libro, loro te lo stampano e te lo consegnano a casa
(i postini già ce li hanno).

Qui le vittime sono due: i librai e gli editori. I primi perché soppiantati
dal servizio di stampa e consegna, e i secondi perché non detengono più il
controllo dell'intero ciclo di produzione e diffusione.

Vediamo nel caso delle librerie: la loro crescita in dimensioni (modello
Feltrinelli Mondadori) le ha già trasformate in una sequenza di scaffali
dove prelevare e pagare. Di fatto sono già sulla strada di perdere il loro
ruolo di intermediari con valore aggiunto: tutto quello che fanno è di
portare il libro vicino al cliente e di esibire in adeguate e simpatiche
scaffalature la produzione recente.

I computer di cui i bookstore sono dotati evitano la necessità di formare
venditori intelligenti e colti; questo riduce i costi, ma deprime il
servizio di consiglio, guida, socialità. Paradossalmente è ormai più
comunitario e sociale un sito come Amazon.com che una grande libreria in
Largo Argentina a Roma: su Amazon si possono leggere le opinioni degli
altri lettori, consultare interi capitoli (pratica oggi proibita dai
rivestimenti di plastica), ricevere consigli personalizzati che sono un po'
schematici perché generati dal software, sulla base delle visite e degli
acquisti precedenti, ma comunque utili.

Dunque nel nostro modello l'utilità dei bookstore va a cadere. Dovranno
chiudere? Non è detto. Potrebbero trasformarsi (o meglio tornare a essere)
luoghi di incontri dei lettori, con meno spazi ma più divani e tavoli,
molte connessioni Internet e le adeguate macchine sempre pronte per la
stampa su richiesta. Luoghi di incontro del genere potrebbero vendere anche
musica, e infatti lo stesso problema si pone per i negozi di dischi. Il
loro destino migliore è di essere centri di incontro e di conversari: un
po' libreria e un po' biblioteca pubblica.