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impresa a rete modello di crescita
- Subject: impresa a rete modello di crescita
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Sun, 19 May 2002 08:03:31 +0200
dal sole24ore Mercoledì 15 Maggio 2002 ore 19:42 Produzione & mercati - Per Unioncamere sono già oltre 120mila le società che fanno parte di gruppi aziendali Impresa a rete, modello di crescita Distretti industriali nel 30% delle province - Resta pesante il deficit infrastrutturale Barbara Fiammeri ROMA - Si intensifica la tendenza all'alleanza tra le piccole e medie imprese italiane. Da uno studio dell'Unioncamere sui modelli di sviluppo territoriale emerge che nel 30% delle province sono presenti distretti produttivi e nel 5% distretti turistici e che, in generale, più di 120mila società fanno parte di gruppi d'impresa. La scelta di «fare sistema», avverte Unioncamere, può risultare determinante soprattutto in questo momento: «Posso anticipare - ha spiegato il presidente Carlo Sangalli - che sulla base delle indagini congiunturali condotte ad aprile dal nostro centro studi la produzione delle piccole e medie imprese è cresciuta dell'1,4% rispetto al trimestre precedente». Nonostante la tendenza sia ancora negativa (-1,5% rispetto al primo trimestre dello scorso anno) il dato segnala, sempre secondo Sangalli, un'inversione di rotta della crescita. A confermarlo sono anche i primi dati sulla nascita di nuove imprese che nel primo trimestre 2002 sono state circa 11mila e che si aggiungono alle 120mila neonate nel 2001 alle quali Unioncamere ha attribuito il 40% della nuova occupazione creata lo scorso anno. Nel rapporto si sottolinea che mentre in Paesi come Germania, Olanda, Belgio e Regno Unito si è affermato in molte regioni il modello dominato dalla grande impresa, in Italia le imprese medio-piccole tendono ad aggregarsi sia in presenza che in assenza della grande impresa. Nei distretti industriali (secondo la definizione quantitativa stabilita dall'Istat) sono presenti il 45% dei lavoratori manifatturieri contro l'11% della grande impresa. «In Italia c'è un Paese reale, con una realtà economica che cresce e si sviluppa, costituita principalmente da piccole e medie imprese riunite in distretti - ha detto il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli - e un Paese legale, costituito dai numerosi strumenti volti a favorire lo sviluppo che, però, spesso creano dei vincoli». Le Camere di commercio, ha aggiunto Tripoli, «possono essere un grande strumento di semplificazione, concentrando nel sistema tutta una serie di strumenti di politica di sviluppo che ora sono disseminati e che creano un po' di confusione nel loro utilizzo da parte delle imprese». Spetta al Governo e alle Regioni decidere ma - avverte Unioncamere - qualunque sia la scelta, questa deve avvenire in tempi rapidi pena un'ulteriore perdita di competitività del sistema produttivo. A questo proposito il rapporto ribadisce il grave deficit infrastrutturale del Paese (soprattutto su comunicazioni e energia) e in particolare del Sud: le 20 province che presentano la minor infrastrutturazione sono tutte concentrate nel Mezzogiorno (ad eccezione di Rieti) e, al contrario, le 50 più dotate sono nel Centro-Nord ad esclusione dell'Aquila. In attesa che lo Stato faccia il suo mestiere, per recuperare competitività le imprese puntano sull'innovazione. Nei prossimi due anni il 50% delle imprese italiane procederà a introdurre innovazioni nella propria azienda. Il rapporto di Unioncamere individua quattro tipologie di imprenditori: gli innovatori continui (29,2% del totale, invariato rispetto a due anni fa) che sono più rappresentati nel Nord-Est del Paese (32,4%) e nel Nord-Ovest (31,2%) mentre Sud e Centro seguono rispettivamente con il 22,8% e il 25,4%; gli innovatori «discontinui» (12,6%) che hanno investito negli ultimi due anni ma non intendono farlo in futuro e che sono, comunque, in forte calo rispetto al 22,2% della precedente rilevazione; i «nuovi innovatori», orientati a innovare per la prima volta nei prossimi due anni (19,2% del totale contro 17,2% due anni fa) guidati da aziende del Sud (22%) e, infine, i «refrattari» che non hanno innovato nel passato e non vogliono farlo neanche in futuro. Questi ultimi rappresentano in percentuale 4 imprese su 10 (39%), in forte aumento rispetto a due anni fa quando le imprese erano 3 su 10. La percentuale dei «refrattari» è aumentata nel Centro (43,8%) e nel Sud (43%) mentre è diminuita nel Nord-Est (38%) e nel Nord-Ovest (35,8%).
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