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e-government per inciuci
- Subject: e-government per inciuci
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 16 May 2002 18:48:27 +0200
il manifesto - 12 Maggio 2002 E-government per inciuci vecchio stile? Iniezioni di tecnologia informatica senza affrontare i problemi organizzativi e di competenza esistenti nella burocrazia pubblica. Ricetta vecchia e sprechi sicuri FRANCO CARLINI Vanno e vengono le parole nel settore dell'alta tecnologia. Talora segnalano l'effettivo emergere di nuove tendenze, ma spesso sono vestiti che ricoprono precedenti promesse mai realizzate, magari riverniciandole di nuove suggestioni. Uno dei termini più popolari di questi tempi, ovviamente in lingua inglese, è l'e-government, sovente abbreviato in «e trattino gov» (e-gov). L'espressione è suggestiva, anche se arriva un po' tardi, quando il prefisso e- sembrava già passato di moda. Ma proprio lì sta la sua forza: essendosi rivelati illusori l'e-commerce e in genere l'e-business, si spera tuttavia che la massiccia introduzione di tecnologie elettroniche e di rete nelle amministrazioni pubbliche possa svolgere quella funzione di volano e di spinta che il mercato privato non ha garantito. In altre parole dietro tanto entusiasmo per l'e-gov c'è anche una vecchia idea, assai poco liberista: che lo stato (i vari stati nazionali) farebbe bene a spendere molto in infrastrutture tecnologiche, in questo modo assicurando commesse di lungo termine alle aziende dei computer e delle telecomunicazioni che di questi tempi appaiono un po' acciaccate. Allo stesso filone concettuale, quello di bussare ai ministeri nei momenti di difficoltà appartiene l'azione di lobby che anche in Italia si sta svolgendo nei confronti del ministero delle comunicazioni (Gasparri) perché, magari di concerto con quello per l'innovazione tecnologica (Stanca), favorisca lo sviluppo di reti a larga banda nel nostro paese, infrastruttura quanto mai necessaria per l'economia. La metafora richiama quella delle «autostrade dell'informazione» che venne lanciata nell'ormai lontanissimo 1995 in America da Al Gore. Si tratterebbe di inventare, anche in questo caso, robuste esenzioni fiscali per coloro che investono in reti di telecomunicazione, con meccanismi analoghi alla legge Tremonti bis, la quale permette di detrarre il 50% dei nuovi investimenti produttivi (e aggiuntivi). Curiosa davvero questa riscoperta del ruolo trainante (e persino dirigista) dello stato; la quale riscoperta, oltre a tutto, ha il benefico effetto di ridare apparentemente ruolo a un ministero come quello delle comunicazioni che invece, a rigore di logica, di buon senso e di riforme. andrebbe definitivamente chiuso, a prescindere da chi lo diriga: essendo le Poste ormai un'azienda autonoma, esistendo bene o male (talora persino bene) un'autorità indipendente di regolazione delle comunicazioni, essendo la Rai diretta da un consiglio di amministrazione nominato dai presidenti di Camera e Senato e vigilata da una apposita commissione parlamentare, a che serve quel ministero che il centro sinistra così come il centro destra tengono accuratamente in piedi? La risposta è assai semplice: serve a gestire un potere politico e di negoziazione tra partiti e aziende del settore, magari nell'occasione riciclando precedenti boiardi di stato: una funzione di cui sinceramente non si sente alcun bisogno. Ministero anomalo a parte, l'e-gov, nelle sue migliori formulazioni, contiene una promessa sociale, quella che, vestendosi di efficienza elettronica, lo stato possa meglio servire i cittadini, nell'occasione denominati «clienti». L'espressione può apparire fastidiosa e in effetti lo è, ma a essere onesti vuole indicare una cosa importante: per il semplice fatto di pagare, il cliente di un negozio è titolare di certi diritti e il negoziante ha un interesse diretto e assai materiale a trattarlo bene, non per bontà d'animo, ma per utilità: dall'incontro di due interessi egoistici (quello del venditore e quello del compratore) nasce un reciproco benessere. Così il cittadino cliente è per sua natura (di cittadino) titolare di certi diritti che la legge gli garantisce, ma anche un cliente pagante, attraverso le tasse e i bolli e dunque deve essere trattato con lo stesso rispetto che i commessi di un autosalone riservano a un potenziale compratore. Qui entra in gioco dunque la tecnologia. La formulazione ingenua e ottimistica, che viene spinta con particolare convinzione dal ministero dell'innovazione (il ministro Stanca, già Ibm) immagina che una massiccia infusione di computer e reti nella pubblica amministrazione possa darle quella efficienza che finora è mancata e spingere i funzionari e tutto il personale a un salto di qualità. Ancora nei giorni scorsi, in occasione del salone romano della pubblica amministrazione (ForumPA) il ministro della funzione pubblica Frattini ha fatto notare come dopo la fase dell'autocertificazione (dovuta essenzialmente a Bassanini), sia ora possibile fare del tutto a meno anche di tale procedura cartacea: se l'ufficio anagrafe già possiede in maniera precisa e digitale tutti i miei dati, perché l'Enel deve chiedermeli di nuovo per accendere un contatore? Basta che l'una banca dati consulti l'altra e che le due si scambino in maniera elettronica un cenno di assenso: «Franco Carlini esiste, è vivo, e abita effettivamente in via Tal dei Tali». Come è facile immaginare dietro tali transazioni elettroniche, concettualmente banali, si celano mille insidie e difficoltà: ovviamente problemi di riservatezza, ma anche di autenticità e sicurezza dei dati. E giganteschi problemi di armonizzazione tra i diversi archivi. Qui c'è un'eredità del passato (gli informatici la chiamano «legacy») che comporta inevitabili inerzie e grandi problemi hardware e software: allo stato delle cose sarebbe persino più facile e meno costoso progettare degli archivi tutti nuovi, che far parlare tra di loro quelli esistenti. Cosa evidentemente impossibile. Ambiziosissimi progetti di e-gov sono stati lanciati negli anni scorsi un po' da tutti i paesi, sia nell'occidente ricco che nel sud del mondo. Tutti stanno rivelando quanto l'architettura ideale disegnata dai loro promotori sia in realtà difficile e costosa a realizzarsi. Tra i più attivi il governo inglese, che ha una speciale ministra per il problema, quello francese e quello americano. L'Unione europea sostiene, finanzia e lancia persino dei concorsi annuali che premiano le più intelligenti innovazioni in questo campo. In qualche caso sembra di sognare: può capitare nella solita Finlandia (paesi tra i più cablati al mondo e patria dei cellulari Nokia) che quando uno cambia casa gli basti segnalare il cambiamento, via Internet o di persona, a un unico sportello; le nuove informazioni verranno automaticamente propagate a tutte le organizzazioni pubbliche e private coinvolte nel cambiamento di indirizzo, dalla mutua ai telefoni, dalle imposte al registro automobilistico. Ma forse non c'è bisogno di andare così lontano: cronisti fino a ieri disattenti hanno infine scoperto, in occasione del ForumPA, che da tempo l'Inps offre ai suoi assistiti un servizio «sconvolgente»: dagli sportelli territoriali dell'istituto, via telefono o via Internet, ognuno può ottenere in maniera precisa e chiara lo stato dei suoi versamenti pensionistici, anno per anno, con eventualmente l'indicazione di «quanto gli manca» per la pensione, gli importi dei versamenti volontari da effettuare, se del caso, e tutto quanto lo riguarda. La richiesta telefonica prevede una risposta via lettera riservata, con il sistema Postel, che arriva puntuale il giorno dopo. Curiosamente (e colpevolmente) l'Istituto di previdenza non ha mai sufficientemente pubblicizzato tale servizio, che è reso possibile sia dalla esistenza di un archivio ben fatto e aggiornato, che risale ormai a diversi anni fa. E' un caso di studio che molti altri paesi ci invidiano e che contrasta con altre sconvolgenti inefficienze della macchina amministrativa italiana. Valga per tutti il caso del registro automobilistico (il Pra), sovente ai disonori delle cronache per la lentezza nelle immatricolazioni e per la pervicacia con cui sovente si rifiuta di prendere atto dell'avvenuta rottamazione e continua a pretendere il bollo di circolazione per vetture ormai finite in fonderia. Forse che i computer dell'uno sono migliori di quelli dell'altro? Non di questo si tratta; la differenza è nella organizzazione: nel caso dell'Inps si tratta di un ente pienamente titolare dei propri dati, e che dunque è stato in grado di organizzarsi adeguatamente per lavorare meglio al proprio interno e per meglio servire i famosi clienti. Nel caso dell'auto, diversi enti configgono per il possesso dei database e nessun riformatore di sinistra come di destra è stato finora capace di sciogliere il relativo conflitto di interessi. Da qui la vera e principale lezione che dovrebbe sempre ricordare chiunque pronunci la parola e-gov: le tecnologie aiutano (tantissimo) e sono un'ottima occasione per fare meglio, ma vanno sempre considerate degli strumenti, delle ancelle, rispetto ai problemi di riorganizzazione della struttura organizzativa e umana. In caso contrario, quando computer e reti vengano immessi nei precedenti apparati senza cambiarli, avranno l'effetto di peggiorare addirittura le cose o comunque di congelare all'infinito una macchina organizzativa inadeguata.
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