liberarsi da microsoft



 
 
il manifesto - 05 Maggio 2002  
 
 
Liberarsi da Microsoft
Numerosi paesi, sviluppati e no, migrano verso i sistemi operativi open source
F. C.
Nei tempi più recenti è aumentato il numero di paesi in via di sviluppo che
hanno deciso di abbandonare i sistemi software di Microsoft (Windows,
Office e dintorni) per abbracciare invece il software Open Source, proposto
da aziende di distribuzione alternative e di solito basato sul sistema
operativo Linux. L'ultimo in ordine di tempo è stato il Perù. Anche nei
paesi sviluppati e ricchi, per altro, la tendenza è a usare Linux in molte
situazioni governative: nelle università, in intere aree dell'Unione
Europea, in diversi dipartimenti o ministeri. Per Bill Gates è una tendenza
allarmante, che richiede perciò immediate contromisure. Un successo la
Microsoft l'ha spuntato in Messico: questo paese aveva deciso di far
crescere la propria cultura di base informatica e l'informatizzazione
diffusa proprio usando Linux, ma il progetto non era stato sviluppato
adeguatamente e così il mese scorso il governo messicano e la stessa
Microsoft hanno firmato un accordo di collaborazione di lunga durata, che
in sostanza annulla i precedenti progetti. Il risultato è stato ottenuto
grazie a un intenso lavoro diplomatico e anche grazie ai buoni uffici del
Dipartimento di Stato americano che ha per così dire stretto nell'angolo il
presidente messicano Fox.

Messico a parte, la tendenza dei paesi a liberarsi (o a ridurre) il peso
eccessivo dei prodotti Microsoft è evidente. Questo avviene sia per motivi
di costo (un sistema Linux completo, autoinstallante, costa tra i 50 e i
100 dollari e le licenze sono multiple), sia perché al di sopra della
piattaforma Linux esistono ormai programmi applicativi affidabili e quasi
confrontabili con quelli Microsoft, sia perché si tratta di software
aperto: di esso i programmatori locali possono vedere «cosa c'è dentro» ed
eventualmente modificarlo secondo le proprie esigenze e questa è una
formidabile occasione di flessibilità e personalizzazione.

Nessuna meraviglia dunque che molte delle parole offerte da Bill Gates alla
conferenza di Seattle con i funzionari governativi di tutto il mondo siano
state dedicate al ruolo dell'industria del software come creatrice di
ricchezza nazionale e al tema del software Open Source. Nell'occasione
Gates ha sviluppato questa teoria:

«L'approccio capitalistico» (alla generazione di ricchezza) prevede che il
software debba generare dei posti di lavoro e che la ricerca e sviluppo dei
governi debba fare altrettanto; perciò «la R&S deve essere condotta in modo
tale da poter essere commercializzata».

A prima vista la frase sembra arcana o ovvia, ma c'è un elemento razionale
sotto e c'è una paura, da parte dello stesso Gates, il quale da qualche
mese va conducendo un'azione di lobby e propaganda perché il governo
americano in primo luogo la smetta di finanziarie ricerche software che
vengono svolte sotto la filosofia dei sistemi aperti. E come mai? Perché
quando un software è Open Source, viene vincolato a una speciale licenza
d'uso, chiamata Gpl, la quale suona così: questo software può essere
liberamente diffuso, riprodotto e modificato, ma non può essere appropriato
da nessuno. In altre parole: se Microsoft trova un dipartimento
universitario che ha realizzato un ottimo algoritmo per il riconoscimento
vocale, lo può liberamente usare, ma non può chiuderlo in un suo prodotto e
venderlo come proprio.

Gates invece pensa che le università debbano liberamente sviluppare idee e
software - è un'ottima cosa dice - ma senza licenza Gpl, di modo che una
Microsoft di turno possa eventualmente acquistarlo e commercializzarlo. In
altre parole la mano pubblica deve operare al servizio dell'ecosistema
economico dell'Information Technology, e quello che è pubblico (le idee, i
programmi) deve diventare privato per poter produrre ricchezza, privata e
pubblica.

Il modello è coerente e finora ha funzionato, ma specialmente per Microsoft
stessa. Solo che oggi è in crisi e Gates lo sa: «Che bisogno c'è di rendere
aperto il codice sorgente di un sistema operativo?» si è chiesto
nell'occasione. Tutto quello che vi serve è che funzioni bene, che sia
standard e che non vi crei problemi.

Il fatto è che i problemi li crea (per esempio i bug di sicurezza e di
malfunzionamento), ma soprattutto che quando uno abbia esigenze diverse,
deve solo sperare che Microsoft prima o poi adotti le modifiche sperate. Ma
non può farci niente. Al contrario, un paese in via di sviluppo che
acquisti dei camion Toyota può sempre alzare il cofano (aprire il codice),
cambiare il carburatore, modificare l'anticipo del motore, insomma adattare
quei veicoli alle esigenze delle sue strade e del suo clima. E' la
cosiddetta legge di proprietà per cui quando si acquista un bene se ne può
fare ciò che si vuole. Ma che non vale per il software, che non viene
venduto, ma solo ceduto in licenza d'uso, con rigida proibizione di aprirlo
e toccarlo dentro.