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tlc le linee non rimarranno vuote ma per riempirle ci vuole tempo
- Subject: tlc le linee non rimarranno vuote ma per riempirle ci vuole tempo
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Fri, 03 May 2002 19:05:20 +0200
da affari e finanza PRIMO PIANO lunedi 29 Aprile 2002 "Le linee non rimarranno vuote ma per riempirle ci vuole tempo" GIUSEPPE TURANI Fino a non molti mesi fa le società di telecomunicazioni, sia vecchie che nuove, erano il grande business moderno, il grande motore delle Borse di tutto il mondo, e la grande speranza del futuro. Oggi, invece, sono una specie di malattia dei listini, una sorta di epidemia, una maledizione insomma. Non guadagnano soldi o ne guadagnano troppi pochi. Hanno montagne di debiti con le banche (e qui parliamo delle Grandi, insomma delle aziende exmonopoliste) al punto da mettere in difficoltà le stesse banche. Fra i nuovi arrivati, non si contano più i fallimenti e anche colossi sicuri, come Vodafone, deludono i mercati perché i conti non sono come dovrebbero essere. Che cosa è successo? «E’ successo che la storia si è rovesciata e che oggi nelle tlc il coltello per il manico ce l’hanno i clienti. E questo ha cambiato tutto». Francesco Caio è stato uno dei fondatori di Omnitel e di Infostrada in Italia e oggi è amministratore delegato di una società, Nextcalibur (servizi tlc in rete), che è una delle poche a andare bene. Il settore lo conosce da anni e ancora oggi vi lavora dentro con successo. «Cinquesei anni fa spiega le promesse della tecnologia nel campo delle tlc erano chiare e erano fondamentalmente due. Da una parte i costi sarebbero scesi a una media del 30% all’anno. Dall’altra sarebbero spuntati nuovi servizi e questo avrebbe allargato il business per tutti». E le cose non sono andate così? «I costi sono scesi non del 30%, ma addirittura del 5060% all’anno, e questo ha finito per creare qualche problema. Ma la cosa più grave riguarda i nuovi servizi». Non hanno funzionato? «In gran parte possiamo dire che non sono nemmeno apparsi. Cinquesei anni fa si era tutti convinti che l’ecommerce sarebbe presto diventato una realtà planetaria, importante, con tutto il mondo che stava attaccato al computer a ordinare salami, impianti hifi, libri e televisori. Insomma, grande traffico». E non è andata così? «No. Qualcosa si sta muovendo e probabilmente nel giro di qualche anno (ma quanti?) l’ecommerce magari sarà davvero una grande realtà. Per ora è marginale. Ci sono buoni segnali, qualche azienda del settore va bene. Ma la "grande rivoluzione" non c’è ancora stata». Altri esempi? «Si può fare una lista lunghissima. Dalla musica online allo stesso Internet». In che senso? «Qualche anno fa, sembrava che tutti avremmo finito per passare la vita davanti allo schermo del Pc collegati a Internet, che ci avrebbe fornito qualsiasi cosa: notizie, divertimenti, film, telegiornali, ecc. Tutto questo non è successo. La partita io me la guardo ancora sul televisore (e lo voglio con uno schermo sempre più grande e con il suono stereofonico). Per telefonare uso il telefono e non Internet, e per fare la spesa vado in corso Vittorio Emanuele o al supermercato. E poi, se vogliamo dirle tutte, c’è stata anche l’utopia dell’Internet mobile, quello fatto con il telefonino». Un disastro? «No. Ma insomma si è visto che non è che la gente si mette agli angoli delle strade a navigare su Internet con il telefonino». Tutto questo che cosa significa? «Significa che il mondo delle tlc, 56 anni fa, aveva immaginato per oggi un mondo che di fatto si svolgeva tutto quando attraverso le reti di comunicazione. Ma non è stato così. Basta guardarsi intorno: la gente, alla fine, si alza ancora alla mattina, va in ufficio, lavora, torna a casa. La società telematica, in cui tutto avviene attraverso le reti, non c’è». Ma ci sono le reti … «Sì, in Europa si calcola che le reti in fibra ottica siano utilizzate al 2% della loro capacità. Immaginando l’imminente arrivo di una società telematizzata, tutti sono corsi a sistemare reti in giro per l’Europa, migliaia di chilometri. Ma oggi su quelle reti non scorre assolutamente niente, il nulla. Sono intasate, invece, metropolitane e autostrade, esattamente come una volta». Insomma, tutti hanno puntato su uno scenario che invece non si è realizzato. E questo ha scombinato tutto il settore? Industrie, operatori, gestori di reti, ecc.? «Esattamente. Guardi, io non dico che quello scenario fosse sbagliato. Sono quasi sicuro che fra qualche anno i ragazzini dalle pizzerie si manderanno fotografie via telefonini Umts. Ma non domani mattina. Come penso che l’ecommerce farà strada, ma non nei tempi immaginati qualche anno fa». E’ per questo che l’Umts va a rilento? «Oggi c’è l’obiettivo interesse degli operatori a ritardare. Loro dicono di no, naturalmente, ma è così. Per la semplice ragione che i costi degli investimenti sono certi, i ricavi assai meno». Insomma, come diceva Cuccia: i debiti sono certi, per i crediti ne parliamo. «C’è una maggior prudenza. E anche due altri elementi». Quali? «Il più importante è che non esiste oggi una domanda urgente, non soddisfatta per questi nuovi servizi. Se lei rimane bloccato in autostrada o in una strada di campagna, ha il suo telefonino e può chiamare i soccorsi. Non può mandare al garagista la fotografie dell’auto, ma può comunque chiedere i soccorsi. E la stessa cosa si può dire della telefonata con sua moglie o con il suo capoufficio. Fra qualche anno (ma quando?) farà solo videotelefonate, ma per ora fa le telefonate normali e tutto va bene. Insomma, non è vitale passare alla tecnologia successiva. Questo i gestori l’hanno capito e quindi si muovono con i piedi di piombo. Cinquesei anni fa gli abbonati ai telefonini, nel mondo, erano intorno ai 100 milioni. Oggi sono un miliardo. Sa che cosa significa questo?» No. Dica lei. «Significa che, di fatto, tutti quelli che potevano permetterselo, oggi hanno un telefonino, con il quale parlano, sono raggiungibili, comunicano, sbrigano i propri affari. Cinquesei anni fa si andava a proporre un servizio, uno strumento, che quasi nessuno aveva. Oggi tutti quelli che possono pagarselo, ne hanno uno in tasca, spesso anche due o tre. Fargliene comperare degli altri sta diventando difficile. Bisogna appunto cambiare modello e tecnologia, inventare dei servizi nuovi, ecc. Ecco perché tutti stanno riscoprendo la virtù della cautela. Anche perché la tecnologia non sta ferma, e ci sono delle novità». Ad esempio? «Il più clamoroso è il protocollo 802.11. Oggi in una città come Londra comincia a diffondersi. Dove c’è una rete 802.11, come all’aeroporto, lei arriva, apre il suo notebook (dotato di apposita scheda), si collega via radio con Internet, legge la sua posta, scarica e invia documenti. Non sta lì a spaccarsi gli occhi su un telefonino, lo fa con il suo notebook, come se fosse alla sua scrivania e non ha bisogno di cavi, di spine, di innesti. In molti cominciano a pensare, ad esempio, che per tutta una certa utenza business, questo sarà l’Internet mobile più che quello dei telefonini». Ma che cosa è che paga, allora, in questo settore? «Ascoltare la clientela e fornirle quello che le serve. Noi, con Nextcalibur, andiamo dalle imprese e chiediamo, ad esempio, ti serve un servizio di posta elettronica assolutamente sicuro, a prova di intercettazioni e di virus? Bene, non ti preoccupare di niente, te le forniamo noi e ti assicuriamo che funzionerà. Ma questo è tutto un altro lavoro rispetto a quello di chi immaginava che il mondo si sarebbe fermato per stare tutto il giorno collegato in Rete».
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