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hi tech in rosso fisso
- Subject: hi tech in rosso fisso
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Sun, 28 Apr 2002 08:44:46 +0200
il manifesto - 23 Aprile 2002 ---------------------------------------------------------------------------- ---- Hi tech in rosso fisso 20.000 esuberi in Ericsson, 6.000 da Lucent. Bill Gates davanti ai giudici antitrust E la bolla continua Non si ferma il tracollo dei titoli tecnologici e telefonici. Ieri la Worldcom ha perso il 33%, trascinando in caduta il Nasdaq FRANCESCO PICCIONI La ripresa è cominciata, dicono i «sette grandi» e il Fondo monetario internazionale. Può darsi - dimostrano i mercati - ma si continua a vedere nero, perlomeno a breve termine. A pagare il prezzo più alto di questa incertezza sono ancora le società più rappresentative del settore hi tech. E' non è di buon augurio. La giornata di ieri ha portato notizie tragiche sia dall'Europa che dagli Stati uniti. I vertici di Ericsson, gigante svedese della telefonia, hanno reso noto che la società ha chiuso il primo trimestre con perdite pari a 5,4 miliardi di corone svedesi (1.150 miliardi di vecchie lire), molto superiori alle attese degli analisti; e senza previsioni di ritorno a breve alla redditività. Il tracollo di Ericsson abbatteva le borse, che pure avevano digerito nei giorni scorsi anche le brutta performance di Nokia. Abbatteva certo di più i lavoratori dell'azienda, cui è stato annunciato un piano di tagli da 20.000 posti entro il 2003. La bolla della new economy è esplosa ormai da tempo, insomma, ma il «botto» continua a spargere macerie. D'altro canto non si capisce come si possa, in tempi ostici per i consumi di massa - depressi da blocco dello sviluppo di molti paesi emergenti, ondate di licenziamenti in occidente, precarietà occupazionale e bassi salari - sperare che le spese per la «comunicazione non di prima necessità» riprendano a crescere. La conferma, a stretto giro di fuso orario, arrivava da New York. Worldcom, la seconda società statunitense di telefonia a lunga distanza, ha rivisto al ribasso - per la seconda volta in pochi mesi - le previsioni relative a vendite e utili per il 2002. Il titolo ha perso in pochi minuti oltre il 33%, contribuendo a riportare il Nasdaq ai minimi dell'anno. Per un titolo che già aveva perso, in meno di 3 anni, oltre il 94% si prospetta così lo spettro di un finale a la Enron. L'accostamento non è davvero casuale: soltanto un mese fa la Sec (l'organismo federale di controllo della Borsa) aveva chiesto informazioni sulla contabilità del gruppo. Sembrava infatti «strano» che i vertici dell'azienda accordassero all'amministratore delegato, Bernard Ebbers, un prestito personale da 400 milioni di dollari dopo che le banche avevano già chiuso diverse linee di credito. Il quadro della giornata sembrava già grave con l'annuncio di Lucent Technology, primo produttore Usa di apparecchiature per le tlc - vendite in calo del 40%, perdite miracolosamente scese a 495 milioni dollari e tagli all'occupazione per circa 6.000 posti - quando Bill Gates andava a sedersi per la prima volta davanti ai giudici della causa antitrust intentatagli da 18 stati e dalla presidenza Usa sotto Bill Clinton. L'ormai maturo marpione cercava immediatamente di volgere a proprio favore l'aria pessimistica che arrivava da Wall Street: «Le sanzioni richieste svaluteranno la società e obbligheranno Microsoft a ritirare Windows dal mercato». Con quali conseguenze? «Le modifiche richieste dagli stati - separazione tra sistema operativo e programmi applicativi, browser per Internet in primo luogo - costerebbero al gruppo 10 miliardi di dollari. Il valore della società sarebbe portato a zero». Chiaro come il sole: il titolo Microsoft strava in quel momento perdendo il 3% a Wall Street e il discorso andava letto perciò così: volete voi contribuire al crollo generale del mercato e del sistema americano? Di fronte a tale pericolo, cosa volete che sia una violazione sistematica e strategica delle normative antitrust (che però, a rigore, sono uno dei più sbandierati vessilli che identificano il «sistema americano»)? Vedremo nelle prossime settimane se questa mozione «terroristica» avrà fatto effetto sui giudici. Per ora, e di certo, di «ripresa» si continua a parlare con formula interrogativa.
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