new economy il lavoro dopo la bolla



dal manifesto

     
    
 
    
 

17 Marzo 2002 
  
 
   
Il lavoro dopo la bolla
Come gli informatici statunitensi hanno affrontato la crisi della new
economy F. C. 

Quando la Nuova Economia tirava, per le aziende dell'alta tecnologia era un
dramma trattenere a sé i dipendenti migliori. Furono in molti allora a
abbandonare solide imprese delle Old Economy per gettarsi con entusiasmo
nelle nuove stelle nascenti, le startup. O magari per crearne di proprie,
contando sul generoso contributo del Venture Capital.
Specialmente nella cultura californiana, creare la prima versione di un
nuovo prodotto software, da se stessi inventato, è il sogno della vita.
Anche un famoso romanzo (ma assolutamente realistico) di Douglas Coupland
come "Microserfs", pubblicato nel lontanissimo 1966, raccontava con grande
anticipo sui tempi la vicenda di alcuni giovani che abbandonavano il
territorio dell'estremo nord ovest, dove lavoravano alla Microsoft,
caricavavano tutto su di un furgone e inseguivano in California il loro
desiderio di realizzare la Release 1.0 di un nuovo software (in Italia è
stato tradotto da Feltrinelli, con il titolo di "Microservi").
Nell'epoca della New Economy c'entrava molto, com'è ovvio, l'idea che in
quel modo si potesse diventare miliardari a vent'anni, ma non era l'unico
elemento forte a spingere all'abbandono del noto: altri fattori importanti
erano la voglia-piacere di essere imprenditori di se stessi e la relativa
gratificazione che deriva dal farsi un nome, prima che un conto in banca.
Ma non era l'unico fenomeno: proprio per effetto della grande domanda di
forza lavoro qualificata, negli anni più recenti, una serie di cause di
lavoro riusciva a regolare, almeno parzialmente, gli aspetti più selvaggi
del mercato hi-tech. A promuoverle, anche organizzandosi in associazione,
se non in sindacato, furono specialmente i lavoratori temporanei (in gergo
i "temps") della Microsoft. Fecero notare ai giudici che svolgevano
esattamente le stesse funzioni, negli stessi uffici e con la stessa
dipendenza gerarchica, dei lavoratori assunti; l'unica differenza
consisteva nel cartellino personale di riconoscimento (di colore diverso) e
nel fatto che formalmente essi venivano pagati da agenzie private, che a
sua volta fatturavano alla Microsoft. Grazie a questo marchingegno non
potevano usufruire di molti benefici aziendali, per esempio della
possibilità di comprare azioni a prezzi di favore.
Molte di queste cause ebbero successo, anche perché la stessa Microsoft
(cui i soldi certo non mancano) decise di andare verso una regolarizzazione
del rapporto di lavoro. C'era evidentemente la consapevolezza che il
patrimonio umano è decisivo in un'azienda, e che esso viene tutelato non
solo pagandolo adeguatamente, ma anche "riconoscendolo". Dunque non è così
strana la richiesta di sicurezza e di continuità del rapporto di lavoro:
capita anche nell'America dell'alta tecnologia e non soltanto nell'Italia
del sommerso.
Quando la bolla finanziaria scoppiava - giusto due anni fa, nel marzo
dell'anno 2000 - si è assistito a molti fenomeni anche contradditori: il
primo è il "ritorno a casa" di molti lavoratori che si erano trovati con il
portafoglio pieno di stock options dal valore ormai nullo, pezzi di carta.
Dunque era meglio il posto fisso e lo stipendio regolare. Ovviamente
pagando dei prezzi: giovedì scorso, per esempio, la Microsoft ha ridotto
dal 25 al 15% sulla paga base la speciale indennità che riconosceva ai suoi
dipendenti nell'area della Silicon Valley: glie l'aveva attribuita
nell'anno 2000 per evitare che scappassero, ma adesso non ha più quella
paura e non sente alcun bisogno di quell'incentivo monetario.
Nello stesso tempo e in alcuni casi, altri hanno preferito la strada del
consulente free lance: infatti per le aziende, nei momenti di difficoltà,
risulta più conveniente far lavorare quelli di fuori, con contratti al
volo, contemporaneamente riducendo la forza lavoro fissa. E questo spinge
verso la libera professione e la microimprenditorialità persone che non
necessariamente l'avrebbero scelta. Il fenomeno è favorito dalla grande
facilità con cui negli Stati Uniti è possibile creare nuove aziende, anche
piccole e individuali (la famose SOHO: Small Office, Home Office). Non
serve notaio né lunghe code alla Camera di Commercio. Chi voglia fare gli
interessi delle piccole aziende italiche farebbe bene forse a abbattere le
barriere burocratiche e i costi che oggettivamente facilitano e promuovono
il lavoro in nero.