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new economy il lavoro dopo la bolla
- Subject: new economy il lavoro dopo la bolla
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Tue, 26 Mar 2002 17:49:50 +0100
dal manifesto 17 Marzo 2002 Il lavoro dopo la bolla Come gli informatici statunitensi hanno affrontato la crisi della new economy F. C. Quando la Nuova Economia tirava, per le aziende dell'alta tecnologia era un dramma trattenere a sé i dipendenti migliori. Furono in molti allora a abbandonare solide imprese delle Old Economy per gettarsi con entusiasmo nelle nuove stelle nascenti, le startup. O magari per crearne di proprie, contando sul generoso contributo del Venture Capital. Specialmente nella cultura californiana, creare la prima versione di un nuovo prodotto software, da se stessi inventato, è il sogno della vita. Anche un famoso romanzo (ma assolutamente realistico) di Douglas Coupland come "Microserfs", pubblicato nel lontanissimo 1966, raccontava con grande anticipo sui tempi la vicenda di alcuni giovani che abbandonavano il territorio dell'estremo nord ovest, dove lavoravano alla Microsoft, caricavavano tutto su di un furgone e inseguivano in California il loro desiderio di realizzare la Release 1.0 di un nuovo software (in Italia è stato tradotto da Feltrinelli, con il titolo di "Microservi"). Nell'epoca della New Economy c'entrava molto, com'è ovvio, l'idea che in quel modo si potesse diventare miliardari a vent'anni, ma non era l'unico elemento forte a spingere all'abbandono del noto: altri fattori importanti erano la voglia-piacere di essere imprenditori di se stessi e la relativa gratificazione che deriva dal farsi un nome, prima che un conto in banca. Ma non era l'unico fenomeno: proprio per effetto della grande domanda di forza lavoro qualificata, negli anni più recenti, una serie di cause di lavoro riusciva a regolare, almeno parzialmente, gli aspetti più selvaggi del mercato hi-tech. A promuoverle, anche organizzandosi in associazione, se non in sindacato, furono specialmente i lavoratori temporanei (in gergo i "temps") della Microsoft. Fecero notare ai giudici che svolgevano esattamente le stesse funzioni, negli stessi uffici e con la stessa dipendenza gerarchica, dei lavoratori assunti; l'unica differenza consisteva nel cartellino personale di riconoscimento (di colore diverso) e nel fatto che formalmente essi venivano pagati da agenzie private, che a sua volta fatturavano alla Microsoft. Grazie a questo marchingegno non potevano usufruire di molti benefici aziendali, per esempio della possibilità di comprare azioni a prezzi di favore. Molte di queste cause ebbero successo, anche perché la stessa Microsoft (cui i soldi certo non mancano) decise di andare verso una regolarizzazione del rapporto di lavoro. C'era evidentemente la consapevolezza che il patrimonio umano è decisivo in un'azienda, e che esso viene tutelato non solo pagandolo adeguatamente, ma anche "riconoscendolo". Dunque non è così strana la richiesta di sicurezza e di continuità del rapporto di lavoro: capita anche nell'America dell'alta tecnologia e non soltanto nell'Italia del sommerso. Quando la bolla finanziaria scoppiava - giusto due anni fa, nel marzo dell'anno 2000 - si è assistito a molti fenomeni anche contradditori: il primo è il "ritorno a casa" di molti lavoratori che si erano trovati con il portafoglio pieno di stock options dal valore ormai nullo, pezzi di carta. Dunque era meglio il posto fisso e lo stipendio regolare. Ovviamente pagando dei prezzi: giovedì scorso, per esempio, la Microsoft ha ridotto dal 25 al 15% sulla paga base la speciale indennità che riconosceva ai suoi dipendenti nell'area della Silicon Valley: glie l'aveva attribuita nell'anno 2000 per evitare che scappassero, ma adesso non ha più quella paura e non sente alcun bisogno di quell'incentivo monetario. Nello stesso tempo e in alcuni casi, altri hanno preferito la strada del consulente free lance: infatti per le aziende, nei momenti di difficoltà, risulta più conveniente far lavorare quelli di fuori, con contratti al volo, contemporaneamente riducendo la forza lavoro fissa. E questo spinge verso la libera professione e la microimprenditorialità persone che non necessariamente l'avrebbero scelta. Il fenomeno è favorito dalla grande facilità con cui negli Stati Uniti è possibile creare nuove aziende, anche piccole e individuali (la famose SOHO: Small Office, Home Office). Non serve notaio né lunghe code alla Camera di Commercio. Chi voglia fare gli interessi delle piccole aziende italiche farebbe bene forse a abbattere le barriere burocratiche e i costi che oggettivamente facilitano e promuovono il lavoro in nero.
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