occupazione il vuoto intorno all'auto



dal manifesto

     
    
 
    
 

14 Marzo 2002 
  
 
   
Il vuoto intorno all'auto 
Ai 33.000 posti in meno alla Fiat si sommano quelli persi nell'indotto e
con la vendita di società del gruppo 
LORIS CAMPETTI 




Sembra fatto apposta: mentre scriviamo la seconda puntata sulla crisi della
Fiat e sul rischio che si produca a Torino un'emergenza sociale, con decine
di migliaia di disoccupati, le agenzie battono le cifre della crisi
dell'automobile in Europa. A febbraio nuova flessione dei mercati, -1,4%.
Poca cosa, si dirà. Senonché, il marchio Fiat perde il 13,2%, la Lancia il
36,8% e l'Alfa il 13,4%. La quota Fiat in Europa scende dall'11,6 al 9,9%.
Questi dati confermano le preoccupazioni della Fiom torinese, che al
sindaco Chiamparino sembrano eccessive (vedi le interviste nella pagina).
Come scrivevamo martedì, l'80-85% delle auto targate Fiat è di provenienza
esterna, le componenti assemblate sono prodotte da altre imprese. Vediamo
dunque l'effetto del calo produttivo a Torino sull'indotto, che negli
ultimi anni si è solo marginalmente emancipato dall'esclusività della
produzione per la Fiat. I dati esaminati dalla Fiom fanno riferimento ai
calcoli più recenti della Camera di commercio: "L'indotto auto a Torino
conta 1.222 aziende con circa 70.000 addetti. Oltre l'85% nel settore
metalmeccanico, il rimanente 15% è distribuito in altri comparti; 267
aziende producono servizi. La Fiat assorbe oltre il 60% dei volumi
produttivi dell'intera componentistica della provincia di Torino". Dunque,
se la prevista perdita di posti di lavoro alla Fiat è di 32-33 mila unità,
nell'indotto l'ordine di grandezza sarebbe di decine di migliaia di posti.
A meno che, la Fiat non decida di dirottare su Torino la produzione di
qualche nuovo modello.
Torino è l'epicentro del piano di dismissioni annunciate dalla Fiat, con
l'obiettivo di incassare qualcosa come 2-3 miliardi di euro per ridurre
l'indebitamento. Iniziamo con la Magneti Marelli. La climatizzazione e la
fabbrica dei motori per l'interno (per alzare e abbassare i sedili, per
esempio) sono già state vendute a società giapponesi. In vendita: lo
stabilimento di Venaria di illuminazione (820 occupati diretti e 700
dell'indotto, a cui guarda con interesse un fondo pensioni Usa; la Seima di
Grugliasco (320 + 300); i Sistemi Sospensione a Rivalta e Mirafiori (740 +
500); l'Autronica di Venaria (150 + 700). Alla Teksid sono in vendita, con
lo stabilimento di Carmagnola, 1.500 lavoratori diretti e 550 indiretti.
Possibile anche la cessione della Fiat Avio o di una sua parte, il settore
militare è quello più appetibile. L'azienda ha un suo mercato e tra i
possibili acquirenti troviamo la General Electric, la società americana di
cui era vicepresidente l'attuale presidente della Fiat, Paolo Fresco, e il
cui ex presidente è oggi un consulente della Fiat. Sulla graticola del
mercato ci sono 2.256 diretti e 2.500 indiretti. Segue il Comau System e il
Comau Service, per un totale di 4.540 diretti e 2.500 nell'indotto. La
Gesco svolge attività amministrative per il gruppo: erano 1.500 i
dipendenti trasferiti dalla Fiat a questa società creata per la bisogna,
300 sono stati riportati all'interno della Fiat e ora si parla di cedere i
1.200 "residui" a terzi, in prima fila tra i potenziali acquirenti c'è la
Artur Andersen, quella che ha certificato i famigerati bilanci Enron.
Guarda caso, l'amministratore delegato della Gesco viene proprio dalla
Artur Andersen. Per finire, sono in vendita la lastratura di Rivalta (450
dipendenti, è in corso una trattativa con Turinauto che ha già acquistato
le presse e alcune officine di Rivalta) e le presse di Mirafiori (1.150
diretti e 1.500 nell'indotto, è in corso una trattativa con il gruppo
Magnetto). Da qualche giorno si parla anche della possibilità di vendita
del settore difesa della Fiat Iveco (motori e sistemi di trasmissione per
gli autoblindo Ariete e Cantauro). Possibile acquirente la Finmeccanica,
dove potrebbe approdare come presidente Roberto Testore, l'ex
amministratore delegato della Fiat Auto licenziato dal Lingotto
contestualmente alla presentazione del piano di ristrutturazione.
Si dirà: per un operaio, cambiare padrone non vuol dire perdere il posto.
Già, ma in un quadro di drastici ridimensionamenti produttivi, a rischio
non ci sono soltanto condizioni di lavoro, anzianità, stipendio, orario e
trattamento acquisiti con anni di lotta, ma lo stesso posto di lavoro. Per
di più, chi si compra un pezzo di componentistica è una società che già
produce in quel settore in giro per il mondo e la prima cosa che farà sarà
di razionalizzare, attivare sinergie, tagliare posti là dove il costo del
lavoro è più alto o la domanda in discesa. Lo dice ll'esperienza: forse
qualche lettore del manifesto ricorderà la storia della Ficomirrors,
società della componentistica auto venduta dalla Fiat a una società
spagnola che, sotto Natale, cominciò a smontare le linee di montaggio per
trasferirle in un altro stabilimento, al Sud, e licenziare in blocco tutti
i 217 operai. Ci volle una durissima lotta sindacale per ridurre i danni e
tutelare un pezzo di futuro dei lavoratori.
Gestire il declino dell'auto a Torino, dicono i segretari della Fiom
torinese e della Quinta lega Mirafiori, Giorgio Airaudo e Claudio
Stacchini, equivarrebe a gestire la chiusura di Mirafiori e di tutto quel
che ruota intorno alla più grande fabbrica italiana. Rispondere alla
politica di deindustrializzazione e di fuga dalla città della Fiat solo con
gli ammortizzatori sociali, aggiungono, sarebbe una scelta suicida,
subalterna all'impresa. Lo dicono in polemica con il sindaco Sergio
Chiamparino, che ha in mente per la città un futuro di finanziarizzazione e
terziarizzazione, reperendo i fondi con i Boc (buoni occupazionali del
comune) e sostituendo il lavoro duraturo dei metalmeccanici con quello a
termine degli edili: uno dieci cento cantieri, obiettivo Olimpiadi. E in
casa Ds, c'è chi pensa solo a difendersi, magari offrendo alla Fiat
promesse di flessibilità a gogò, facilitata da una radicale sostituzione
della forza lavoro: fuori i vecchi e dentro i giovani. Nella sinistra
torinese c'è anche chi, pur riconscendo un ruolo importante alla Fiom - di
tenuta politico-sociale, per dirla in positivo, di guardia al bidone, per
dirla in negativo - ritiene chiusa la stagione della Fiat e dell'automobile
e non pensa che questo, alla fin fine, sia proprio un danno. Il dibattito a
sinistra, come si diceva una volta, è aperto. Andrebbe fatto subito, prima
che altri decidano per tutti e che Torino precipiti dentro l'emergenza
sociale. Se i dati che vi proponiamo sono realistici, tra le 100 e le 200
mila persone resteranno senza lavoro sotto la Mole. Tutti muratori? A
proposito, i sindacati dell'edilizia di Torino denunciano i primi segnali
di dumping sociale con l'arrivo dei rumeni, disposti a lavorare a 400 mila
lire al mese. (2/fine. La prima puntata è uscita martedì 12 marzo)