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Questo strano terrorismo contro l'Art. 18 ...
- Subject: Questo strano terrorismo contro l'Art. 18 ...
- From: riccioli5 <riccioli5 at supereva.it>
- Date: Fri, 22 Mar 2002 10:17:25 +0000
This is a forwarded message From: CENTRO SOCIALE LEONCAVALLO <csleo at tiscalinet.it> To: "cslist" <cslist at ecn.org> Date: Thursday, March 21, 2002, 9:04:35 PM Subject: cs: Questo strano terrorismo contro l'Art. 18 ... Questo strano terrorismo contro l'Art. 18, l'estensione dei diritti del lavoro e della cittadinanza Caro Marco, chi frena le riforme è contro l'Europa, ci scrivevi. E il tuo assassinio fa leggere con attenzione, oltre lo sgomento e il dolore. Noi, a differenza tua, non riteniamo "vergognoso" criticare il governo perché intende introdurre normative differenziate al Sud, rispetto al lavoro erogato al Nord.. Si chiamavano gabbie salariali, in tempi antichi e diversi. Oggi è tutto più complicato dove reddito e salario, vita e lavoro, si intrecciano e sono chiamati a produrre. E non sappiamo se adottare formule di pensionamento flessibile e graduale è una scelta senza alternative. Ma ne dubitiamo. Proprio perché siamo quei figli che verrebbero danneggiati dai padri che manifesteranno a Roma in difesa dell'Art. 18. Noi, che siamo gli atipici, i precari, uomini e donne a termine. Non ignoriamo le richieste di modernizzazione, ne siamo figli. A volte la chiamiamo globalizzazione e, per risposta, siamo chiamati impropriamente no-global. Non erano solo quelle che tu citi le richieste di Barcellona. Centinaia di migliaia di persone si sono contrapposte al Consiglio Europeo, con un'agenda totalmente diversa. Rifiuto della guerra e del terrorismo che ne è figlio, rifiuto del neoliberismo, per, perché questo è essenziale, un modello di sviluppo socialmente ed ecologicamente compatibile. Non crediamo che siamo temi astratti, senza dubbio non antistorici. Cerchiamo un nuovo statuto, non del lavoro, o dei lavori, ma della cittadinanza, una carta dei diritti che incorpori ciò che la nostra vita messa al lavoro oggi non comprende. La nostra presenza, il 23 marzo, ha questo senso. E un altro profondo. Riteniamo infatti di essere un antidoto numeroso ed orizzontale alla barbarie che vediamo manifestarsi. Come guerra in ogni angolo del globo, come aggressione sanguinosa nelle piazze, come omicidio eletto a forma di lotta politica. Tu a Genova forse non c'eri ma certamente l'hai seguita con attenzione. Lì c'era una moltitudine, parzialmente conchiusa nello Stadio Carlini che ha contratto un patto: non cadere in una spirale già conosciuta, in cui lotta e repressione si avvitano vicendevolmente. Ci siamo riusciti. Siamo francamente molto colpiti: abbiamo appena finito di ragionare sui nessi che legano Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, nostri compagni assassinati tanti anni fa, con Carlo Giuliani e i molti morti nelle piazze, sui treni, alle stazioni. Sulle zone grigie o nere che si manifestano in questo paese lungo le faglie del conflitto sociale. Puntuale come la morte titola un quotidiano a noi vicino. Inequivocabile il giudizio dato allora sull'omicidio di Massimo D'Antona, egualmente fermo quello di oggi. Ma con una rabbia che sale parallelamente alle risposte non date sui fatti di allora come su quelle che temiamo non vengano sui fatti di oggi, anzi ieri, 19 marzo 2002. Contro il disegno di questo governo in materia sociale, del lavoro e della salute, dell'immigrazione noi saremo a Roma e generalizzeremo più in là uno sciopero che crediamo necessario. Occuperemo i treni, gli autobus, qualunque mezzo di trasporto. Siamo egoisti, proprio perché pensiamo a un futuro migliore e cerchiamo di costruire una società diversa e più giusta, e queste parole, come sai, non sono nostre ma tue. Contro il terrorismo di stato per il conflitto e la democrazia manifestiamo a Roma il 23 marzo. Centro Sociale Leoncavallo
Questo strano terrorismo contro l'Art. 18, l'estensione dei
diritti del lavoro e della cittadinanza
Caro Marco, chi frena le riforme è
contro l'Europa, ci scrivevi. E il tuo assassinio fa leggere con
attenzione, oltre lo sgomento e il dolore.
Noi, a differenza tua, non riteniamo "vergognoso" criticare il governo perché intende introdurre normative differenziate al Sud, rispetto al lavoro erogato al Nord.. Si chiamavano gabbie salariali, in tempi antichi e diversi. Oggi è tutto più complicato dove reddito e salario, vita e lavoro, si intrecciano e sono chiamati a produrre. E non sappiamo se adottare formule di pensionamento flessibile e graduale è una scelta senza alternative. Ma ne dubitiamo. Proprio perché siamo quei figli che verrebbero danneggiati dai padri che manifesteranno a Roma in difesa dell'Art. 18. Noi, che siamo gli atipici, i precari, uomini e donne a termine. Non ignoriamo le richieste di modernizzazione, ne siamo figli. A volte la chiamiamo globalizzazione e, per risposta, siamo chiamati impropriamente no-global. Non erano solo quelle che tu citi le richieste di Barcellona. Centinaia di migliaia di persone si sono contrapposte al Consiglio Europeo, con un'agenda totalmente diversa. Rifiuto della guerra e del terrorismo che ne è figlio, rifiuto del neoliberismo, per, perché questo è essenziale, un modello di sviluppo socialmente ed ecologicamente compatibile. Non crediamo che siamo temi astratti, senza dubbio non antistorici. Cerchiamo un nuovo statuto, non del lavoro, o dei lavori, ma della cittadinanza, una carta dei diritti che incorpori ciò che la nostra vita messa al lavoro oggi non comprende. La nostra presenza, il 23 marzo, ha questo senso. E un altro profondo. Riteniamo infatti di essere un antidoto numeroso ed orizzontale alla barbarie che vediamo manifestarsi. Come guerra in ogni angolo del globo, come aggressione sanguinosa nelle piazze, come omicidio eletto a forma di lotta politica. Tu a Genova forse non c'eri ma certamente l'hai seguita con attenzione. Lì c'era una moltitudine, parzialmente conchiusa nello Stadio Carlini che ha contratto un patto: non cadere in una spirale già conosciuta, in cui lotta e repressione si avvitano vicendevolmente. Ci siamo riusciti. Siamo francamente molto colpiti: abbiamo appena finito di ragionare sui nessi che legano Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, nostri compagni assassinati tanti anni fa, con Carlo Giuliani e i molti morti nelle piazze, sui treni, alle stazioni. Sulle zone grigie o nere che si manifestano in questo paese lungo le faglie del conflitto sociale. Puntuale come la morte titola un quotidiano a noi vicino. Inequivocabile il giudizio dato allora sull'omicidio di Massimo D'Antona, egualmente fermo quello di oggi. Ma con una rabbia che sale parallelamente alle risposte non date sui fatti di allora come su quelle che temiamo non vengano sui fatti di oggi, anzi ieri, 19 marzo 2002. Contro il disegno di questo governo in materia sociale, del lavoro e della salute, dell'immigrazione noi saremo a Roma e generalizzeremo più in là uno sciopero che crediamo necessario. Occuperemo i treni, gli autobus, qualunque mezzo di trasporto. Siamo egoisti, proprio perché pensiamo a un futuro migliore e cerchiamo di costruire una società diversa e più giusta, e queste parole, come sai, non sono nostre ma tue. Contro il terrorismo di stato per il
conflitto e la democrazia manifestiamo a Roma il 23 marzo.
Centro
Sociale Leoncavallo
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