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la scatola nera della scienza i ricercatori flessibili
- Subject: la scatola nera della scienza i ricercatori flessibili
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Mon, 04 Mar 2002 17:33:51 +0100
dal manifesto 02 Marzo 2002 La scatola nera della scienza Dal "ricercatore massa" della Big Science ai ricercatori "flessibili" di oggi. Un testo che analizza l'organizzazione, l'uso delle risorse e la gestione dei risultati del lavoro scientifico. Temi che saranno discussi domani, alle 17, dal gruppo Laser al Teatro Polivalente Occupato di Bologna YURIJ CASTELFRANCHI Un quarto di secolo fa veniva dato alle stampe da Feltrinelli L'ape e l'architetto. Lavoro coraggioso di un gruppo di ricercatori (fra i quali un cattivo maestro del calibro e dell'energia di Marcello Cini che lo firmava insieme a Giovanni Ciccotti, Michelangelo de Maria, Giovanni Jona-Lasinio), il libro legava il progresso della scienza alle trasformazioni produttive, e mostrava quanto e in quali modi la ricerca scientifica risentisse (non solo al livello delle ricadute tecnologiche) del contesto sociale da cui emergeva. L'esperimento allora apparve fastidioso o velletario a molti, a destra e a sinistra. E oggi sembra essere stato rimosso dai più. Gli scienziati sono presi da altro. Preoccupati (giustamente) dello stato miserevole dei finanziamenti alla ricerca pubblica in Italia, indignati (comprensibilmente) per la condizione deplorevole in cui versa la cultura scientifica italiana, abbiamo visto di recente i ricercatori attivarsi per fare lobbying, lottare in difesa della ricerca e, cosa nuova, fare appello non più solo ai politici, ma al pubblico. Peccato però che l'analisi del rapporto problematico fra la scienza e il resto della società si fermi spesso a un livello superficiale e aneddotico. Concentrati sulla stigmatizzazione dei deficit culturali del pubblico, sulle patologie della comunicazione mediatica della scienza, pochi hanno cercato di analizzare come la scienza stessa sia cambiata radicalmente in questi anni, e come, di conseguenza, vadano ripensate le categorie e i modi per interpretarla, comunicarla, discuterla. Convinti del postulato che siamo tutti dominati da una paura irrazionale nei confronti della scienza (nonostante ricerche italiane e internazionali, che mostrano come la gente continui ad avere fiducia nella scienza, e stima per il lavoro dello scienziato), pochi ammettono che non c'è tanto una paura rivolta all'agire scientifico in sé, quanto una richiesta di partecipazione e comprensione, e una diffidenza forte nei confronti dei nessi, complessi, a volte ambigui, fra la ricerca e chi la finanzia, fra le innovazioni tecnologiche e il loro status di merce o strumento di controllo. Un grande passo avanti sarebbe allora quello di scendere in piazza anche per aprire una discussione democratica su tali aspetti. Per dichiararsi, mettersi in gioco anche politicamente, sul ruolo e il peso che vogliamo che brevetti, diritti di proprietà intellettuale, finanziamenti pubblici e privati, abbiano nella ricerca. Purtroppo, la maggior parte dei ricercatori sembra molto meno interessata, disponibile (e, forse, attrezzata culturalmente) a discutere in pubblico tali aspetti, quasi che analizzarli significasse denigrare l'attività "pura" dello scienziato. Per questo è un'ottima notizia l'uscita, per Derive Approdi, di Scienza Spa - Scienziati, tecnici e conflitti (pp. 168, 9,30 euro). Gli autori, che sono giovani ricercatori e filosofi della scienza, scrivono ricordando proprio l'Ape e l'architetto: "si sa che i cattivi maestri sono sempre seguiti da cattivi studenti. Dunque abbiamo intenzione di riprendere il filo rosso che lega scienza e produzione". Ci sono piaciuti i modi e i mezzi con cui l'hanno fatto. Scienza Spa non è un libro, ma un esperimento di hacking epistemologico. Come L'ape e l'architetto è un lavoro di gruppo, ma lo è in forma ancor più radicale. Gli autori si firmano come L.a.s.e.r., "laboratorio autonomo scienza epistemologia ricerca": un collettivo nato nel 1996 ma che ha antenati in esperimenti risalenti alle occupazioni universitarie della Pantera. Non si tratta di un gruppo nel senso classico, ma quasi di un'intelligenza collettiva distribuita, interdisciplinare, delocalizzata. Nel solco delle esperienze di Luther Blisset/Wu Ming, del copyleft, del free software, Laser produce un testo che è dichiaratamente NoAuthor: "un libro di cui il lettore si può appropriare interamente come autore". In un momento in cui domina la dinamica perversa e nevrotica del numero di pubblicazioni come metro unico di valutazione della produttività scientifica, Laser scrive: "chiunque, in qualsiasi modo, sente di aver fatto proprie le riflessioni proposte condividendole o avversandole, [...] può sentirsi a pieno diritto Autore del libro" e "può inserire nel proprio curriculum vitae la realizzazione di quest'opera". Non c'è unità di tempo, luogo, registro linguistico, in Scienza Spa. C'è un testo che ha appendici intercalate ai capitoli, che ricombina i modi e i timbri dell'inchiesta, dell'intervista, assieme a quelli tipici del saggio politico o sociologico. C'è un discorso che è reticolare nella logica e nel mezzo. Nickname come "Laser-Roma", "Laser-Losanna", "Laser-Manchester", interagiscono via mail in un contrappunto di analisi e racconti su come, nel nuovo contesto postfordista, siano mutati i modi di produzione della scienza e il lavoro di ricercatori e tecnici. La scienza non è una scatola nera che produce in output solo idee e conoscenze neutre sul mondo (da applicare poi, eventualmente, in innovazioni tecnologiche). anche un oggetto da smontare, su cui "mettere le mani" (hacking, dicevamo), per vedere come al suo interno si manifesti il conflitto sociale. E per immaginare pratiche di "sottrazione del sapere" scientifico, pensarne un uso sociale, una trasformazione, una produzione liberata dalla pura dimensione mercantile e privatistica. Laser analizza come alla catena di montaggio di epoca fordista corrispose, nell'ambito dell'organizzazione del lavoro scientifico, la nascita della Big Science: grandi gruppi di ricerca, grandi finanziamenti, forte sostegno da parte degli Stati nazionali e in particolare delle commesse militari, organizzazione gerarchica e quasi militare dei gruppi di ricerca. La ricerca scientifica divenne una catena di montaggio, ciascun individuo o équipe erano responsabili di una sola fase del lavoro. Oggi invece, scrive Laser, "al postfordismo nel sistema produttivo fa eco una riorganizzazione della ricerca, fin nei suoi fondamenti epistemologici". I gruppi sono spesso immensi, ma anche delocalizzati e profondamente interdisciplinari. La parola chiave è network. "Alla politica produttiva della scienza fordista basata sul controllo si sovrappone la politica produttiva della scienza postfordista basata sulla connessione". Il ricercatore della Big Science, un "ricercatore massa", inquadrato in una gigantesca catena di montaggio della produzione scientifica, sempre più spesso è sostituito da un ricercatore autonomo, free-lance della conoscenza, che è ora manager e imprenditore, ora un precario costretto a lavorare gratis in attesa di un posto. "In una parola potremmo dire che il suo nome è Il Dottor Flessibile". Se i finanziamenti per i grandi progetti di ricerca restano enormi e anzi continuano a crescere, oggi l'interesse militare e quello degli Stati nazionali sono affiancati, e a volte sorpassati, da quelli delle organizzazioni internazionali: "il mondo della ricerca deve rivolgersi a istituzioni di credito, banche, organizzazioni internazionali che trasformano la scoperta scientifica in un'operazione finanziaria e imprenditoriale". Tagli alla ricerca, riorganizzazione della ricerca stessa, fanno sì che flessibilità del lavoro, progetti a breve termine, subappalti della ricerca e collaborazioni esterne diventino fenomeni comuni: "si incentivano gli spin off, piccole imprese ad alto tasso tecnologico svezzate dalle università [...] Nei centri di ricerca, nelle università e nelle imprese lo scienziato assume direttamente l'onere di instaurare collaborazioni multidisciplinari, reperire finanziamenti e gestire direttamente la commercializzazione della ricerca". Ecco allora mutare la politica della ricerca, la gestione dei suoi risultati. E, con esse, anche la percezione della gente e la gestione degli indirizzi e dei risultati della ricerca stessa: "nel fordismo l'indirizzo scientifico era deciso su scala nazionale e vincolato alle esigenze geopolitiche della Guerra Fredda. Sebbene l'innovazione tecnologica fosse fuori dal controllo democratico dei cittadini, il suo svolgersi avveniva secondo direttive chiare e pubbliche, come l'esigenza di produrre tecnologia nucleare [...] la fede nella scienza era comune sia all'ideologia borghese, che chiedeva alla scienza gli aumenti di produttività e la diminuzione del lavoro vivo, che a quella anticapitalista, che attribuiva alla scienza la capacità di superare il lavoro salariato. Nel postfordismo la committenza della ricerca è affidata ai mercati, e contemporaneamente il carattere progressista assoluto dell'innovazione tecnologica è messo in discussione da più punti di vista. Decadendo i luoghi del dibattito scientifico, il processo di innovazione appare come una scatola nera, il cui meccanismo interno è inaccessibile a interessi sociali diversi dal profitto. Con queste premesse, non rimane che accettarne gli sviluppi senza discussione, o rifiutarlo in blocco con spirito spesso reazionario, senza proporre alternative". Ma la risposta politica sensata, secondo Laser, non è quella del rifiuto (o della mera azione diretta luddista), bensì quella della sottrazione. Aprire la scatola nera, metterci le mani su, politicamente ed epistemologicamente, e usare la scienza per produrre liberazione. "Se la scienza e la tecnologia non sono neutrali, bisogna capire come invertire il segno di questa non neutralità al fine di aprire il sapere scientifico agli interessi di chi vuole una società diversa da quella attuale [...] Perché ciò sia possibile, il sapere deve essere sottratto. La parte in cui si spiega cosa sia tale sottrazione dei saperi, e come praticarla, è forse la più interessante del libro, anche se quella più preliminare e meno definita. A rischio di deludere il lettore, non ne parliamo. Di proposito, per invitare a compiere ciò che Laser auspica: utilizzare il libro, magari avversandolo, per aprire la discussione. Chiunque lo faccia, stando a Laser e all'idea del copyleft, è Autore a pieno titolo. Speriamo allora, che di autori-hacker ce ne siano molti. Un testo come Scienza Spa nasce per essere smontato, ricombinato, per avere un seguito. Anzi, un reticolo di seguiti.
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