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ambiente:appuntamento con la sete
- Subject: ambiente:appuntamento con la sete
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Sun, 16 Dec 2001 11:37:16 +0100
da boileri it di mercoledi 12 dicembre 2001 AMBIENTE Appuntamento con la sete di Claudia Giammatteo RUBINETTI A SECCO. Pozzi inquinati. Gigantesche dighe che spremono acqua a monte, svuotano letti dei fiumi a valle. Nello scenario drammatico della sete mondiale si è appena conclusa, a Bonn, la conferenza internazionale dedicata al peggiore spettro d’inizio secolo: la crisi di acqua potabile. Affollata da mille rappresentanti di governi, organizzazioni internazionali governative e non governative, rappresentanti del mondo dell’industria e della scienza, invitati dal governo federale tedesco. Ultima occasione – secondo gli osservatori – per affrontare lo spettro della sete prima del prossimo Earth Summit di Johannesburg, nel 2002. E per mantenere la promessa solenne fatta un anno fa dalla Dichiarazione d’inizio millennio dalle Nazioni Unite: dimezzare la popolazione senza acqua potabile prima del 2015. Emergenza silenziosa A fare da filo conduttore, per cinque giorni, dati drammatici: tre miliardi di persone con difficile accesso all’acqua, di cui meno della metà – 1 miliardo e trecento milioni – del tutto prive d’acqua da bere. Sete destinata ad aggravarsi con il previsto aumento della popolazione: per dare da bere a 77 milioni di persone che ogni anno si aggiungono, serve tutta l’acqua del fiume Reno. Sete, killer silenzioso, unito a condizioni igieniche precarie: «Seimila persone al giorno, 2 milioni di bambini», ripetono Unesco e Oms, «muoiono per mancanza d’acqua potabile e scarsa igiene. Vale a dire, quattro volte il numero di vittime del virus Hiv, che riceve molta più attenzione sui giornali. Ma gli investimenti per fare fronte alla strage sono al di sotto della soglia minima». Per nuove condotte idriche e sanitarie si spendono 16 miliardi di dollari l’anno. Pochi, confrontati con 11 miliardi di dollari l’anno spese in gelati e 105 miliardi spesi in alcool nella sola Europa. Il cocktail siccità e scarsa sanità fa strage in Africa: seimila morti al giorno, 2 milioni di morti l’anno, come una città come Milano. Con l’aumento della popolazione di 400 milioni di persone entro 2010 – si legge nei rapporti dedicati al continente africano – almeno 17 nazioni africane non avranno accesso ad acqua potabile fra dieci anni”. Lo spettro della sete minaccia la produzione di cibo, lo sviluppo, prosciuga la natura. «Per evitare una catastrofe mondiale in termini di perdita di risorse essenziali e sofferenza umana serve un’azione senza precedenti a tutti i livelli, mondiale, nazionale, regionale e locale – hanno dichiarato i ministri dell’ambiente africani in una dichiarazione congiunta – e considerare l’acqua il vero motore dello sviluppo sostenibile». Cinque proposte per evitare la catastrofe Un piano per salvare le fonti d’acqua potabile, in cinque punti, è quello che il Wwf ha portato alla Conferenza di Bonn. L’emergenza più calda, è la prevenzione dei conflitti tra nazioni vicine legati all’acqua, sempre più vicina: «Duecento fiumi che attraversano i confini tra stati, e 13 dei principali laghi e fiumi del pianeta sono condivisi da cento paesi. Il rischio di conflitti è costante». Molto critico, il Wwf verso le grandi dighe «con impatti devastanti a lungo termine e anche costosi da smantellare». Tanto da invitare governi e agenzie di sviluppo a «ritirare i progetti più discutibili dal punto di vista economico, sociale ed ecologico». Ed è lo stesso Wwf, al terzo punto, a ricordare il peso crescente dell’inquinamento nella sete «la contaminazione delle falde idriche», accusa l’associazione ambientalista, «vieta a 3.3 miliardi di persone l’accesso alle fonti d’acqua potabile», mietendo vittime: «250 milioni di casi di malattia legate all’acqua contaminata, che causano dai 5 ai 10 milioni di morti». Inquietante, infine, l’incognita del cambiamenti climatici: aumento medio delle temperature previsto – da 1.4 a 4.5 gradi – condurrà a un aumento delle precipitazioni dal 3 al 15 per cento. Ma l’acqua dal cielo non significa disponibilità di acqua. In primo luogo perchè «le precipitazioni non saranno uniformi: le zone aride diventeranno sempre più’ aride mentre le zone a forte precipitazioni saranno colpite da eventi eccezionali». Ad alluvioni e siccità – fa capire il Wwf – bisogna abituarsi. Per soprattutto “basta sfruttare la natura. Prosciugare laghi e fiumi, non per scopi umanitari, ma per avvantaggiare le industrie e irrigare i campi”. Alla competizione per arrivare all’acqua la natura paga un prezzo altissimo: la distruzione delle metà delle zone umide mondiali e il crollo del 50% delle specie di acqua dolce dal 1970 ad oggi. Gli ecosistemi di acqua dolce –ha ripetuto a Bonn la portavoce del WWF Jamie Pittock –sono i piu’ minacciati in natura. Più delle foreste, più delle coste, più degli oceani. Molti fanno finta di non saperlo. ” La “Carta dell’acqua” «Per evitare la catastrofe», ha spiegato a Bonn Klaus Kopfer, numero uno dell’Unep, «bisogna inseguire due obiettivi apparentemente contrastanti: preservare le risorse idriche sotto sforzo, aprire l’accesso di acqua potabile al maggior numero possibile di persone». Ed è proprio rendere disponibile acqua potabile a tutta l’umanità il punto fondamentale della nuova “Carta dell’acqua” firmata a Bonn. Un pacchetto di raccomandazioni approvato quasi all’unamità, che sarà ufficializzato al prossimo Earth Summit di settembre, a dieci anni esatti dall’appuntamento di Rio de Janeiro. Venticinque paragrafi per tentare di risolvere i temi più scottanti legati all’acqua. Per dire sì alle nuove tecnologie, e ai capitali privati se servono ad allargare la disponibilità di acqua potabile. E no alla privatizzazione dell’acqua. “No” ribadito all’apertura della conferenza dal padrone di casa, il Ministro dell’ambiente tedesco Juergen Trittin: «quello che vale per elettricità, gas e telecomunicazioni non può essere applicato all’acqua potabile. Insostituibile, come l’aria che respiriamo». E la responsabilità – fa capire il verde Trittin – è principalmente sulle spalle di tutti i governi, alle prese con una risorsa “limitata e vulnerabile”. “Acqua per tutti” , è un obiettivo raggiungibile: «C’è acqua sufficiente per tutta l’umanità», chiude il documento firmato a Bonn, «a patto di cambiare il modo in cui è gestita».
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